Tiberio: differenze tra le versioni

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|nome = Tiberio
|titolo = [[Imperatore romano]]
|immagine = Ritratto(Venice) diTiberius tiberioPortrait tipoof imperiumthe maius,'Imperium 13Maius' dctype cain Museo Archeologico Nazionale.jpg
|legenda = Busto di Tiberio <br>([[Museo archeologico nazionale di Venezia]])
|nome completo = [[lingua latina|latino]]: ''Tiberius Claudius Nero''<br />''Tiberius Iulius Caesar''<br />''Tiberius Iulius Caesar Augustus''<br/>[[lingua italiana|italiano]]: ''Tiberio Claudio Nerone''<br/>''Tiberio Giulio Cesare''<br/>''Tiberio Giulio Cesare Augusto''
|inizio regno = 17 settembre [[14]]
|fine regno = 16 marzo [[37]]
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}}
 
Membro della [[gens Claudia]], alla nascita ebbe il nome di '''Tiberio Claudio Nerone''' (''Tiberius Claudius Nero''). Fu [[Adozione nell'antica Roma|adottato]] da [[Augusto]] nel [[4]],<ref name="SvetonioAugusto65">{{cita|Svetonio|''Augusto'', 65}}.</ref> e il suo nome mutò in '''Tiberio Giulio Cesare''' (''Tiberius Iulius Caesar''); alla morte del padre adottivo, il 19 agosto [[14]], ottenne il nome di '''Tiberio (Giulio) Cesare Augusto''' (''Tiberius (Iulius) Caesar Augustus'')<ref group=N>L'uso del ''cognomen'' Claudiano è attestato unicamente a livello letterario nella dedica da parte di Tiberio in nome suo e del fratello posta nel [[6]] sul [[tempio di Castore e Polluce]] e nel [[10]] sul [[Tempio della Concordia (Roma)|Tempio della Concordia]], restaurati dal futuro imperatore. Da principe, Tiberio evitò di usare il ''nomen'' Giulio nella propria nomenclatura, facendosi chiamare Tiberio Cesare Augusto, sebbene questo sia attestato in alcune iscrizioni, come nella porzione superstite della ''lex de imperio Vespasiani'' ({{cita|Cassio Dione|LV, 27.4}}; {{cita|Swan 2004|p. 186}}; {{cita|Bert Lott 2012|p. 261}}; {{CIL|6|930}}; {{CIL|6|40339}}).</ref> e poté succedergli ufficialmente nel ruolo di ''[[Princeps senatus|princeps]]'', sebbene già dall'anno [[12]] fosse stato associato nel governo dell'[[Impero romano|Impero]].
 
In gioventù Tiberio si distinse per il suo talento militare, conducendo brillantemente numerose campagne lungo i confini settentrionali dell'Impero e in [[Dalmazia (provincia romana)|Illirico]]. Dopo un periodo di volontario esilio sull'isola di [[Rodi]], rientrò a Roma nel [[2]] e condusse altre spedizioni in Illirico e in Germania, dove pose rimedio alle conseguenze della [[battaglia della foresta di Teutoburgo|battaglia di Teutoburgo]]. Asceso al trono, operò molte importanti riforme in ambito economico e politico e pose fine alla politica di espansione militare, limitandosi a mantenere sicuri i confini, grazie anche all'opera del nipote [[Germanico Giulio Cesare]]. Dopo la morte di quest'ultimo, Tiberio favorì sempre più l'ascesa del [[prefetto del pretorio]] [[Lucio Elio Seiano|Seiano]], allontanandosi da Roma per ritirarsi nell'[[isola di Capri]]. Quando il prefetto mostrò di volersi impadronire del potere assoluto, Tiberio lo fece destituire e uccidere, ma evitò ugualmente di rientrare nella capitale.
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===== Dall'Illirico alla Macedonia, alla Tracia =====
{{Vedi anche|Campagne dalmato-illiriche (13-9 a.C.)}}
[[File:Tiberio Julio César, Museo Nacional de Arte Romano.jpg|thumb|left|upright=0.8|Statua togata di Tiberio ([[Museo nazionale di arte romana]], [[Merida]])]]
[[File:Drusus l'ancien Rome augGP2014.jpg|miniatura|sinistra|Busto di [[Druso maggiore]], fratello di Tiberio ([[Roma]], [[Musei Capitolini]])]]
 
Nel [[13 a.C.]] Tiberio fu nominato [[Console (storia romana)|console]] assieme a [[Publio Quintilio Varo]], e fu incaricato di organizzare le celebrazioni per il ritorno di Augusto dalla [[Gallia]]. Durante i giochi, Tiberio posizionò il giovane [[Gaio Cesare]], nipote e figlio adottivo di Augusto, di fianco al ''princeps'', col disappunto di quest'ultimo, che giudicava un simile gesto prematuro.<ref name="DioLIV25,1"/><ref>{{cita|Svetonio|''Tiberio'', 9}}; {{cita|Spinosa 1991|p. 42}}; {{cita|Levick 1999|p. 30}}; {{cita|Seager 2005|p. 19}}.</ref> Nel [[12 a.C.]] fu inviato da Augusto nell'[[Illiricum|Illirico]]:<ref>{{cita|Cassio Dione|LIV, 31, 1-2}}.</ref> [[Marco Vipsanio Agrippa|Agrippa]], infatti, che aveva a lungo combattuto contro le popolazioni ribelli della [[Pannonia]], morì appena tornato in Italia.<ref>{{cita|Cassio Dione|LIV, 28}}.</ref> La notizia della morte del generale provocò una nuova ondata di ribellioni tra le genti sconfitte da Agrippa,<ref name="cita|Cassio Dione|LIV, 31, 2">{{cita|Cassio Dione|LIV, 31, 2}}.</ref> in particolare [[Dalmazia (provincia romana)|Dalmati]] e [[Breuci]], e Augusto assegnò al figliastro il compito di pacificarle.<ref name="cita|Cassio Dione|LIV, 31, 2"/><ref group=N>Tuttavia, queste campagne non furono un mero atto di soppressione; infatti, il controllo di Roma avanzò in modo notevole a sud del Danubio, con l'intento di mettere in sicurezza i propri territori da possibili incursioni esterne ({{cita|Dzino 2010|p. 130}}; {{cita|Vervaet 2020|p. 152}})</ref>
 
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=== Allontanamento dalla vita politica (6 a.C.-4 d.C.) ===
[[File:MSR-Ra338-DM (9).jpg|miniatura|sinistra|Probabile ritratto di Giulia maggiore ([[Tolosa]], [[Museo Saint-Raymond]])]]
 
Perseguendo gli interessi politici della famiglia, Tiberio nell'[[11 a.C.]] dopo la morte di Agrippa era stato costretto da Augusto a divorziare dalla prima moglie, [[Vipsania Agrippina]], figlia di [[Marco Vipsanio Agrippa]], che aveva sposato probabilmente nel [[20 a.C.]] o nel [[19 a.C.]] e da cui aveva avuto un figlio, [[Druso minore]], nel [[14 a.C.]]<ref>{{cita|Levick 1999|pp. 27 e 31}}; {{cita|Swan 2004|p. 143}}</ref>, sposò dunque [[Giulia maggiore (figlia di Augusto)|Giulia maggiore]], figlia dello stesso Augusto<ref name="DioLIV35,4"/> e quindi sua sorellastra, vedova dello stesso Agrippa.<ref name="DioLIV31,2"/><ref>{{cita|Svetonio|''Augusto'', 63}}; {{cita|Grant 1984|p. 23}}; {{cita|Syme 1993|pp. 204, 473}}.</ref> Tiberio era sinceramente innamorato della prima moglie Vipsania e se ne allontanò con grande rammarico;<ref group=N>Svetonio racconta che, incontrando Vipsania dopo la separazione, Tiberio rimase commosso:{{Citazione|Per quanto concerne Agrippina, non soltanto soffrì all'atto della separazione ma, dopo il divorzio, avendola vista una sola volta per caso, la seguì con uno sguardo tanto felice e tanto commosso che si ebbe cura di non farla più venire in sua presenza.|{{cita|Svetonio|''Tiberio'', 7}}|Sed Agrippinam et abegisse post diuortium doluit et semel omnino ex occursu uisam adeo contentis et [t]umentibus oculis prosecutus est, ut custoditum sit ne umquam in conspectum ei posthac ueniret.|lingua=la}}</ref> il sodalizio con Giulia, vissuto dapprima con concordia e amore,<ref name="Svetonio_7">{{cita|Svetonio|''Tiberio'', 7}}.</ref> si guastò ben presto, dopo la morte del figlio ancora infante che era nato loro ad [[Aquileia]].<ref name="Svetonio_7" /> Il carattere di Tiberio, particolarmente riservato, si contrapponeva inoltre a quello licenzioso di Giulia, circondata da numerosi amanti.<ref name="Spinosa_48">{{cita|Spinosa 1991|p. 48}}.</ref>
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Per tutto il periodo della sua permanenza a Rodi (per quasi otto anni<ref name="Scarre29"/>), Tiberio mantenne un atteggiamento sobrio e defilato, evitando di porsi al centro dell'attenzione o di prender parte alle vicende politiche dell'isola: se non in un unico caso, infatti, non fece mai uso dei poteri di cui era stato investito.<ref name="Svetonio_11">{{cita|Svetonio|''Tiberio'', 11}}.</ref><ref group=N>Sebbene Svetonio sostenga che Tiberio abbia usato la sua ''tribunicia potestas'' per gettare in prigione chi l'aveva ricoperto di insulti durante un dibattito di filosofia, questo è probabilmente un errore, poiché in questa occasione Tiberio sembra piuttosto esercitare i poteri che gli derivavano dall{{'}}''imperium'' ({{cita|Levick 1999|pp. 237-238, n.24}}; {{cita|Rowe 2002|p. 50, n. 25}})</ref> Quando, tuttavia, nell'[[1 a.C.]] smise di goderne, decise di chiedere il permesso di rivedere i suoi parenti: stimava infatti che, seppure partecipe delle vicende politiche, non avrebbe più potuto in alcun modo mettere a repentaglio il primato di Gaio e Lucio Cesare. Ricevette tuttavia un rifiuto.<ref name="Svetonio_11" /> Decise allora di fare appello alla madre, che tuttavia non poté ottenere altro che Tiberio venisse nominato legato di Augusto a Rodi, e che dunque la sua disgrazia fosse almeno in parte celata.<ref name="Svetonio_12">{{cita|Svetonio|''Tiberio'', 12}}.</ref>
 
Si rassegnò così a continuare a vivere come un privato cittadino, timoroso e sospetto, evitando tutti coloro che venivano a fargli visita sull'isola, dove frequentò l'astrologo [[Trasillo di Mende|Trasillo]], che gli predisse che sarebbe stato richiamato a Roma per essere nominato ufficialmente erede di Augusto. Nel [[2 a.C.]] la moglie Giulia fu condannata all'esilio sull'isola di [[Ventotene (isola)|Ventotene]] e il suo matrimonio con lei fu di conseguenza annullato da Augusto: Tiberio, per quanto contento della notizia, cercò di dimostrarsi magnanimo nei confronti di Giulia, nel tentativo di riconquistare la stima di Augusto,<ref name="Svetonio_11" /> o forse conscio che, con l'allontanamento di Giulia, la sua posizione a Roma sarebbe stata ancora più precaria.<ref>{{cita|Levick 1999|p. 44}}; {{cita|Seager 2005|p. 28}}.</ref> Nell'[[1 a.C.]] decise di far visita a Gaio Cesare che era appena giunto a [[Samo (isola)|Samo]], dopo che Augusto gli aveva conferito l{{'}}''imperium'' proconsolare e lo aveva incaricato di compiere una missione in Oriente dove, morto [[Tigrane III]], il problema armeno si era riaperto. Tiberio lo onorò mettendo da parte ogni rivalità e umiliandosi ma Gaio, spinto dall'amico [[Marco Lollio (console 21 a.C.)|Marco Lollio]], fermo oppositore di Tiberio, lo trattò con distacco.<ref>{{cita|Svetonio|''Tiberio'', 12}}; {{cita|Cassio Dione|LV.10.19}}, che errando pone l'incontro a [[Chio (isola)|Chio]] e non a Samo, luogo in cui la presenza di Tiberio è confermata da un'iscrizione rinvenuta sull'isola (cf. {{cita|Swan 2004|p. 117}}).</ref><ref group=N>Velleio Patercolo, che era presente al seguito di Gaio Cesare, sostiene invece che fu quest'ultimo ad omaggiare Tiberio come un superiore, ma probabilmente si tratta di un'affermazione volta a sminuire l'umiliazione cui si era sottoposto Tiberio ({{cita|Velleio Patercolo|2.101.1}}; {{cita|Swan 2004|p. 117}}).</ref>
 
Soltanto nell'[[1|1 d.C.]], dopo sette anni dalla sua partenza, a Tiberio fu concesso di fare ritorno a Roma, grazie anche all'intercessione della madre Livia, ponendo fine a quello che aveva smesso di essere un esilio volontario. Gaio Cesare, che, infatti, si era allontanato da Lollio,<ref group=N>Forse [[Publio Sulpicio Quirinio]], che successe nell'ufficio di Lollio e che rimase vicino a Tiberio durante il suo esilio a Rodi, ebbe un ruolo rilevante nello scoprire i maneggi di Lollio e allontanarlo da Gaio ({{cita|Tacito|III.49}}; {{cita|Pettinger 2012|pp. 55-57}})</ref> decise di acconsentire al ritorno; Augusto, che aveva rimesso la questione nelle mani del nipote, lo richiamò così in patria, facendogli però giurare che non si sarebbe interessato in alcun modo al governo dello Stato.<ref name="Svetonio_13">{{cita|Svetonio|''Tiberio'', 13}}.</ref>
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[[File:Roma, cammeo con profilo di tiberio, sardonice, 14-37 dc, montatura forse francese del XVI secolo.jpg|miniatura|left|upright=1|[[Cammeo]] su montatura moderna raffigurante testa laureata di Tiberio ([[Art Institute of Chicago]])]]
 
I senatori dunque iniziarono a rivolgere preghiere a Tiberio perché assumesse il ruolo e il titolo che era stato di suo padre, e guidasse dunque lo Stato romano; Tiberio oppose resistenza alle richieste dei senatori, secondo Tacito<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|I, 7-13}}; cfr. {{cita|Woodman 1998|pp. 40-69}} per l'accessione di Tiberio in Tacito.</ref> per il suo disgusto per il potere assoltoassoluto e per il suo desiderio di esercitare il proprio ruolo in forma collegiale, mentre secondo Svetonio<ref name="cita|Svetonio|Tiberio, 24">{{cita|Svetonio|''Tiberio'', 24}}.</ref> come una manifestazione della sua ipocrisia. Tiberio lamentò la propria infermità fisica, rimproverando a chi lo incitava a prendere il potere di non sapere quale bestia mostruosa fosse l'impero, nonché ribadendo la sua inferiorità ad Augusto; avendo aiutato il padre adottivo nel decennio precedente, infatti, egli si dichiarò consapevole quanto fosse difficile esercitare il potere assoluto, suggerendo di assegnare il potere a più individui.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|I, 11}}; {{cita|Svetonio|''Tiberio'', 24}}; {{cita|Cassio Dione|LVII, 2.4}}; cfr. {{cita|Swan 2004|p. 318}} per la richiesta di Tiberio di aiutanti per gestire lo Stato.</ref> Non capendo le intenzioni di Tiberio, i senatori protestarono rumorosamente; Tiberio rispose facendo recitare le statistiche stilate da Augusto circa le dimensioni dell'impero, proponendo subito dopo una divisione in tre parti dello Stato.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|I, 11}}; {{cita|Cassio Dione|LVII, 2.4}}; cfr. {{cita|Schrömbges 1992|pp. 305-307}} per i presunti piani di Tiberio di dividere l'impero.</ref> Il senatore [[Gaio Asinio Gallo]] gli chiese dunque quale parte preferisse; dopo che Tiberio dichiarò che un solo uomo non poteva dividere e scegliere allo stesso tempo, Gallo spiegò che il motivo della sua domanda era quello di provare che era impossibile proporre una divisione dello Stato.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|I, 12}}; {{cita|Cassio Dione|LVII, 2.5-2.6}}.</ref> Tiberio oppose ancora resistenza, suscitando l'irritazione dei senatori; qualcuno gridò 'O accetti, o rifiuti!', qualcun altro gli disse in faccia che, se alcuni erano lenti a mantenere ciò che avevano promesso, lui era lento a promettere ciò che già teneva.<ref name="cita|Svetonio|Tiberio, 24"/> Alla fine Tiberio accettò l'offerta dei senatori, prima di irritarne gli stessi animi, lasciando tuttavia aperta la possibilità che un giorno si sarebbe liberato del suo incarico.<ref name="cita|Svetonio|Tiberio, 24"/> Non c'è tuttavia accordo sui motivi che spinsero Tiberio a temporeggiare, se egli fosse sincero nella sua riluttanza e sinceramente intenzionato a ritirarsi a vita privata, spinto da degli ideali di stampo Repubblicano, oppure se invece fosse frutto di una premeditata strategia, forse suggerita dallo stesso Augusto, o ancora motivata dalla rivolta delle legioni sul [[Reno]] o dalle congiure di Clemente e di Libone Druso.<ref>{{cita|Mazzarino 1973|p. 136}}; {{cita|Sage 1982|p. 309}}; {{cita|Mazzolani 1992|pp. 139-144}}; {{cita|Syme 1993|pp. 660-661}}; {{cita|Levick 1999|p. 68}}; {{cita|Alston 2002|pp. 21-23}}; {{cita|Seager 2005|p. 42}}; {{cita|Cowan 2011|pp. 234-238}}; {{cita|Pettinger 2012|pp. 163-168}}; {{cita|Gibson 2012|pp. 85-89}}.</ref>
 
=== Il principato (14-37) ===
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La morte di Germanico aprì la strada per la successione all'unico figlio naturale di Tiberio, [[Druso minore|Druso]], che aveva, fino a quel momento, accettato un ruolo secondario rispetto a Germanico, sebbene Tiberio avesse sempre mantenuto una meticolosa imparzialità fra i due.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|III, 55}}; {{cita|Spinosa 1991|p. 114}}; {{cita|Hurlet 1997|pp. 527-531}}; {{cita|Rose 1997|pp. 27-29}}.</ref> A Druso, con cui pure Tiberio condivideva una passione per il vino, il padre rimproverava un eccessivo amore per i giochi e una certa intemperanza, e si ritrovò a discutere con lui poiché, seguendo i consigli del gastronomo [[Marco Gavio Apicio|Apicio]], egli ripudiava i germogli di cavolo, che invece Tiberio considerava una prelibatezza.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|I, 72}}; {{cita|Cassio Dione|LVII.13.1-3}}; {{cita|Plinio il Vecchio|XIV.146 e XIX.137}}; {{cita|Levick 1999|p. 158}}.</ref> Tuttavia, già nel [[14]], Druso aveva fronteggiato la rivolta delle legioni sul Danubio; nel [[15]] aveva rivestito il suo primo consolato, a tre anni di distanza da quello del fratello adottivo, mentre detenne dal [[17]] l{{'}}''imperium maius'' in Illirico, celebrando a maggio del [[20]] l'ovazione che gli era stata votata dal Senato l'anno precedente. Nel [[21]], fu fatto console assieme a Tiberio (ancora una volta, a tre anni di distanza dal consolato che Germanico aveva condiviso col padre adottivo); nel [[22]], infine, su richiesta di Tiberio, fu concessa a Druso la ''tribunicia potestas''.<ref>{{cita|Spinosa 1991|p. 114}}; {{cita|Hurlet 1997|p. 571}}; {{cita|Levick 1999|pp. 44 e 158}}; {{cita|Gibson 2012|pp. 89-92}}.</ref> Nel contempo, tuttavia, Tiberio non trascurò i figli di Germanico: [[Nerone Cesare]] fu introdotto alla vita pubblica nel 20 (per l'occasione fu rilasciato un ampio donativo), gli venne promessa la questura con cinque anni di anticipo e gli venne data in moglie la figlia di Druso, [[Giulia Livia]]. Nel [[23]] fu introdotto alla vita pubblica anche il fratello minore, [[Druso Cesare]].<ref>{{cita|Levick 1999|p. 158}}; cfr. {{cita|Gibson 2012|pp. 41-57}}.</ref>
 
Intanto, [[Lucio Elio Seiano]], nominato [[prefetto del Pretorio]] insieme al padre nel [[14]] e rimasto da solo in carica nel [[15]], riuscì presto a conquistarsi la fiducia di Tiberio, il quale lo considerava il suo assistente al comando.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|IV, 7}}; {{cita|Levick 1999|p. 159}}; {{cita|Alston 2002|p. 30}}; {{cita|Champlin 2012|p. 362 e 370 n. 26}}.</ref> Accanto a Druso, dunque, favorito per la successione, si andò a collocare anche la figura di Seiano, che acquisì una grande influenza sull'opera di Tiberio: il prefetto del Pretorio, infatti, godette dell'amicizia intima dell'imperatore, mostrando nel carattere una riservatezza del tutto simile alla sua.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|IV, 1}}; {{cita|Champlin 2012|p. 378}}.</ref><ref group=N>Poiché molti aderenti di Seiano erano declamatori e uomini di lettere, è possibile che Seiano condividesse con Tiberio anche i gusti letterari e l'alta erudizione ({{cita|Champlin 2012|pp. 374-378}}).</ref> Seiano vide inoltre crescere enormemente il suo potere quando le nove coorti pretoriane furono raggruppate nella stessa città di Roma, presso la ''Porta Viminalis''.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|IV, 2}}.</ref> Tra Druso e Seiano si venne dunque a creare una situazione di aperta rivalità, tanto che i due giunsero anche alle mani.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|IV, 3}}; {{cita|Spinosa 1991|p. 130}}; {{cita|Levick 1999|pp. 159-160}}.</ref> Nel [[23]], lo stesso Druso morì dopo una malattia; l'opinione pubblica arrivò a sospettare, pur senza alcun fondamento, che potesse essere stato Tiberio a ordinare l'assassinio di Druso.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|IV, 10}}; {{cita|Cassio Dione|LVII.22.3}}.</ref> Otto anni più tardi Tiberio ricevette una lettera dove Seiano fu accusato di aver avvelenareavvelenato Druso, con la complicità della moglie di questi [[Claudia Livilla]].<ref>{{cita|Scarre 1995|p. 32}}; {{cita|Scullard 1992|p. 334}}; oggi la critica ritiene più probabile che Druso sia morto di morte naturale ({{cita|Levick 1999|p. 161}}; {{cita|Seager 2005|pp. 156-157 e 227}}; {{cita|Bert Lott 2012|p. 347}})</ref>
 
==== Dopo Druso: il ritiro a Capri e l'ascesa di Seiano (23-31) ====
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[[File:Gaius Caligula Head.jpg|miniatura|left|upright=0.9|Ritratto di Gaio, nipote e successore di Tiberio ([[Getty Villa]], [[Pacific Palisades]], [[California]])]]
 
Tiberio, ad ogni modo, non accelerò particolarmente la carriera di Gaio, facendolo questore con cinque anni di anticipo e dandolo in marito alla figlia di [[Marco Giunio Silano (console 15)|Marco Giunio Silano]], e non conferì a suo titolo onori particolarmente appariscenti, né tantomeno lo fece con Gemello, che rimase indietro rispetto al cugino, senza neppure ricevere la toga virile finché Tiberio rimase in vita; l'imperatore, infatti, dotato di una mente fortemente legalista, aveva sempre portato il precedente della propria carriera per promuovere quella dei suoi possibili successori, osteggiando accelerazioni eccessive come quella che era avvenuta per la carriera di Gaio e Lucio Cesare, e temendo che la mente del giovane Gaio potesse essere eccitata da onori eccessivi.<ref>{{cita|Cassio Dione|LVIII, 23.1}}; {{cita|Rose 1997|p. 31}}; {{cita|Levick 1999|pp. 207-209}}.</ref> Sebbene Tiberio fosse sempre più anziano, del resto, egli aveva sempre goduto di buone condizioni fisiche, tanto che dopo i trent'anni aveva smesso di consultare i medici, ritenendo che dopo quell'età bisognasse badare alla propria salute da soli; inoltre, è possibile che l'imperatore, che aveva sulla sua tavola vari tipi di frutta e verdura, fosse divenuto almeno in parte vegetariano.<ref>{{cita|Plinio il Vecchio|XIV.16, XIV.64, XV.54, XIX.64, XIX.90, XIX.137 e XIX.145}}; {{cita|Tacito, ''Annales''|VI, 46}}; {{cita|Svetonio|''Tiberio'', 42 e 68}}; {{cita|Syme 1984|p. 947}}; {{cita|Levick 1999|pp. 209-210}}, che fa notare come, secondo una versione, l'astrologo Trasillo aveva predetto a Tiberio che sarebbe vissuto un altro decennio (cfr. {{cita|Svetonio|''Tiberio'', 62}}; {{cita|Cassio Dione|LVIII.27.3}}).</ref>
 
[[File:JPaul Laurens The Death of Tiberius.jpg|miniatura|destra|upright=1.4|''Morte di Tiberio'' ([[Jean Paul Laurens]])]]
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===== La religione =====
[[File:Tiberius, Heraklion Archaeological Museum (30271262792).jpg|miniatura|left|upright=0.8|Ritratto di Tiberio col capo velato<ref>{{cita|Rose 1997|pp. 152-153}}: ''The hairstyle of Tiberius belongs to his posthumous type, and his usual wide forehead and lips have been diminished in size to conform more closely to those of Caligula''.</ref> ([[Museo archeologico di Candia|Museo Archeologico]], [[Candia]])]]
Tiberio credeva ferventemente nell'[[astrologia]],<ref>{{cita|Svetonio|''Tiberio'', 69}}.</ref> ma cionondimeno prese seriamente i propri doveri religiosi quale ''pontifex maximus'', rinforzando e ribadendo il rispetto per la tradizione.<ref>{{cita|Seager 2005|pp. 123-125}}.</ref> Dal [[14]], l'imperatore costituì, con il figlio Druso, Germanico, il fratello di questi [[Claudio]], e un gruppo di ventuno senatori estratti a sorte, i ''[[sodales Augustales]]'', sull'esempio dei ''[[sodales Titii]]'', che dovevano occuparsi del culto di Augusto, ormai divinizzato, e gradualmente dei ''manes'' dei membri defunti della casa imperiale;<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|I, 54}}; {{cita|Seager 2005|p. 120}}; {{cita|Bert Lott 2012|pp. 225-226}}.</ref> il culto di Augusto, ormai divinizzato, fu attivamente incoraggiato, a partire dal [[15]], quando fu concesso di innalzare un tempio ad Augusto nella colonia di [[Tarragona]], il che costituì da esempio e precedente per tutte le province; [[Cizico]], al contrario, accusata di aver trascurato il culto imperiale, fu privata della sua libertà.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|I, 78 e IV, 36}}; {{cita|Seager 2005|pp. 120-121}}.</ref>
 
Molta più riluttanza esercitò Tiberio nel gestire gli onori divini destinati a lui stesso;<ref>{{cita|Svetonio|''Tiberio'', 26}}.</ref> già nel [[15]], la città di [[Giteo]] chiese di poter istituire sei giorni di festività, di cui tre giorni sarebbero stati dedicati ad Augusto, Livia e Tiberio; l'imperatore, in una lettera, poi iscritta su una stele giunta sino a noi, ringraziò gli abitanti di Giteo per la devozione verso il padre, ma dichiarò di accontentarsi di onori più modesti, più adatti agli uomini, mentre gli onori divini andavano riservati esclusivamente ad Augusto; quanto a Livia, lasciò che ella prendesse una decisione autonoma.<ref>''SEG'' 11.922-23; {{cita|Levick 1999|pp. 139-140}}; {{cita|Seager 2005|p. 122}}.</ref> Nel [[23]], tuttavia, Tiberio concesse la costruzione di un tempio a sé stesso, a sua madre e al Senato in [[Asia (provincia romana)|Asia]]; questo precedente incoraggiò, nel [[25]], un'ambasceria dalla Spagna a chiedere al principe di poter innalzare un tempio in suo onore, ricevendo però un rifiuto; l'imperatore, infatti, dichiarò che aveva concesso alle città d'Asia di innalzare un tempio in suo onore poiché Augusto, a suo tempo, aveva permesso a [[Pergamo]] di erigerne uno dedicato a lui stesso e a Roma, e non avrebbe permesso che il culto del predecessore scadesse di valore per via dell'imitazione; quanto a sé stesso, ribadì che egli era un essere mortale, e che si accontentava di esercitare funzioni umane.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|IV, 37-38}}.</ref><ref group=N>La resistenza di Tiberio, tuttavia, non ebbe sempre l'effetto sperato; sacerdoti e culti in suo onore sono ampiamente attestati già sotto Augusto e durante il suo principato, soprattutto in Oriente ({{cita|Seager 2005|p. 121}}).</ref>
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La giustizia fu un tema focale in età tiberiana. Unico fra i successori di Augusto, Tiberio reclamò la ''iustitia'' quale una delle sue virtù ufficiali, e in vita fu chiamato ''iustissimus princeps'', nonché ''senator et iudex''.<ref>{{cita|Velleio Patercolo|II.129.2}}; {{cita|Levick 1999|pp. 89 e 180}}; cfr. {{cita|Cowan 2016|''passim''}}.</ref> In effetti, per prevenire abusi e corruzione, Tiberio stesso iniziò ad assistere ai processi ordinari che si tenevano nei tribunali, sedendo all'estremità della tribuna ed evitando che il corso della giustizia venisse deragliato dalla pressione dei potenti; infatti, già nel [[16]], era stata denunciata con violenza in Senato la corruzione che aveva luogo nei tribunali e l'eccessivo zelo dei delatori.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|I, 75 e II, 34}}; {{cita|Svetonio|''Tiberio'', 33}}; {{cita|Levick 1999|p. 180}}; {{cita|Rutledge 2001|p. 54}}; {{cita|Seager 2005|p. 126}}.</ref> Nei primi anni del suo principato, Tiberio fece sfoggio di ''ciuilitas'' nei casi che riguardavano più da vicino sé stesso e la sua famiglia,<ref group="N">Nel [[16]], Livia chiese al figlio di difendere personalmente la sua amica Plauzia [[Urgulania]], citata in giudizio; Tiberio acconsentì, ma mentre si recava in tribunale si fermò a conversare con chiunque lo approcciasse per strada, ritardando deliberatamente la sua apparizione. Alla fine, Livia fu costretta a pagare la somma richiesta per Urgulania ({{cita|Tacito, ''Annales''|II, 34}}; {{cita|Levick 1999|p. 182}}).</ref> le leggi furono amministrate con moderazione, e laddove i provvedimenti paterni erano caduti in disuso, Tiberio suggerì di applicarli in modo meno duro; così, quando, nel [[20]], fu proposta una mozione per limitare la ''lex Papia Poppea'', che penalizzava i celibi e incoraggiava i delatori, l'imperatore nominò una commissione di quindici uomini per rendere meno severa la legge; fra le altre cose, fu dunque aggiunta una clausola che esentasse gli uomini oltre i sessant'anni dalla legge, provvedimento in seguito annullato da [[Claudio]].<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|III, 25-28 e IV, 6}}; {{cita|Levick 1999|p. 182}}; {{cita|Rutledge 2001|pp. 57-58}}; {{cita|Seager 2005|pp. 118-119}}.</ref> L'imperatore scoraggiò, inoltre, un eccessivo rigore delle leggi contro il lusso nel [[16]] e nel [[22]], sostenendo che combattere vizi così radicati avrebbe solo fomentato rancori, e incoraggiando piuttosto ad esercitare una moderazione personale.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|II, 33 e III, 52-55}}; {{cita|Levick 1999|pp. 95 e 182}}; {{cita|Seager 2005|p. 118}}.</ref>
 
[[File:Ritratto di tiberio, 20 dc ca., da domus dei mosaici a roselle.JPG|miniatura|sinistra|upright=0.8|Ritratto di Tiberio ([[Grosseto]], [[Museo archeologico e d'arte della Maremma]])]]
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[[File:Base di tiberio con personificazioni delle città, da pozzuoli, 6780, 01.JPG|upright=1.4|sinistra|miniatura|Base di una statua colossale eretta in onore di Tiberio dagli ''Augustales'' di [[Puteoli]], con le personificazioni delle città dell'[[Asia (provincia romana)|Asia]] cui Tiberio portò aiuto nel [[17]]<ref>{{cita|Dopico Caínzos & Villanueva Acuña 2018|p. 124}}.</ref> ([[Napoli]], [[Museo archeologico nazionale di Napoli|Museo archeologico nazionale]])]]
 
Nell'amministrazione dell'impero, Tiberio diede fortemente priorità all'Italia sulle province: l'imperatore si mostrò più pronto a favorire la carriera di senatori provinciali di quanto non lo fosse stato Augusto, ma fu in genere molto meno generoso nel concedere la cittadinanza.<ref>{{cita|Levick 1999|pp. 99 e 137-138}}; per Tiberio e l'Asia, vedi {{cita|Slavazzi & Torre 2016|pp. 68-74}}; per Tiberio e la Spagna, vedi {{cita|Dopico Caínzos & Villanueva Acuña 2018|pp. 173-186}}.</ref> Si preoccupò principalmente di mantenere la pace nelle province e a rispondere a richieste di aiuto da parte dei provinciali, ma per il resto la sua attitudine fu fortemente passiva.<ref>{{cita|Levick 1999|p. 138}}.</ref> Comunque, quando nel [[17]] dodici città d'[[Asia (provincia romana)|Asia]] furono devastatecolpite da un devastante terremoto, Tiberio deciseintervenne. Decise di concedere loro una somma di dieci milioni di sesterzi ealla città di alleggerire[[Sardi il(città pesoantica)|Sardi,]] deila tributi;più inoltrecolpita dal terremoto, che fu anche esonerata per 5 anni dal pagamento dei tributi, come altre città coinvolte dalla calamità. Fu inoltre inviato sul posto un ex [[pretore (storia romana)|pretore]] accompagnato da cinque littori per accertare lo stato delle cose e occuparsi dei soccorsi immediati.<ref>{{cita|Velleio Patercolo|II, 126.2}}; {{cita|Tacito, ''Annales''|II, 47}}; {{cita|Svetonio|''Tiberio'', 48}}; {{cita|Cassio Dione|LVII, 17.7}}.</ref> Ad [[Emilio Retto]] che lo invitava a imporre nuove imposte, egli si oppose fermamente, rispondendo che ''è compito del buon pastore tosare le pecore, non scorticarle''; questo paragone, tuttavia, rifletteva ancora fermamente l'idea della superiorità dell'Italia sulle province.<ref>{{cita|Svetonio|''Tiberio'', 32}}; {{cita|Cassio Dione|LVII, 10.5}}; {{cita|Seager 2005|p. 147}}; la massima attribuita a Tiberio è una rielaborazione di una favola popolare (cfr. {{cita|Champlin 2008|pp. 416-417}}).</ref> Nonostante ciò, non mancarono i governatori che si macchiarono di estorsione e corruzione, tanto che sotto il suo principato undici casi simili vennero portati all'attenzione di Tiberio; l'imperatore, tuttavia, fece del suo meglio per punire coloro che avevano abusato della propria carica.<ref>{{cita|Levick 1999|p. 135}}; {{cita|Seager 2005|p. 145}}.</ref>
 
Peculiarità del principato di Tiberio furono degli incarichi provinciali particolarmente lunghi; caso eccezionale fu quello di [[Gaio Poppeo Sabino]], che governò per ben ventiquattro anni la [[Mesia]].<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|I, 80 e VI, 39}}.</ref> Questo atteggiamento dell'imperatore fu probabilmente determinato dalla sua volontà di tenere in carica personaggi competenti più a lungo possibile; ciò fu tuttavia esacerbato dalla riluttanza dei senatori di abbandonare la capitale e di assumere comandi provinciali, specie in vista di incarichi estremamente lunghi, tanto che Tiberio fu costretto a ordinare a coloro che erano stati designati governatori a lasciare Roma entro il mese di giugno; e ancora nel [[33]] l'imperatore si rammaricò in una lettera in Senato che gli uomini migliori erano del tutto restii a rivestire incarichi nelle province.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|VI, 27}}; {{cita|Cassio Dione|LVII, 14.5 e LVIII, 23.5}}; {{cita|Levick 1999|p. 128}}; {{cita|Seager 2005|p. 147}}.</ref> Altro aspetto caratteristico del principato tiberiano fu quello di trattenere a Roma i governatori provinciali, come [[Lucio Arrunzio (console 6)|Lucio Arrunzio]], che fu legato della [[Tarraconense|Spagna Tarraconense]] per un decennio rimanendo nella capitale.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|VI, 27}}.</ref> Questo comportamento fu forse determinato dal desiderio di Tiberio di premiare membri importanti dell'aristocrazia con incarichi importanti senza costringerli a rinunciare ai lussi della capitale, allo stesso tempo marcando la priorità che l'imperatore dava a Roma e all'Italia, o forse, in seguito al comportamento pericoloso e sedizioso di Pisone in Siria, Tiberio fu deciso ad essere molto più cauto nell'assegnare importanti comandi militari.<ref>{{cita|Levick 1999|pp. 128-129}}; {{cita|Drogula 2015|p. 149}}.</ref> Sotto il principato di Tiberio furono infine costruite strade in [[Africa (provincia romana)|Africa]], in [[Spagna romana|Spagna]] soprattutto nella parte nord-ovest, in [[Dalmazia (provincia romana)|Dalmazia]] e [[Mesia]] fino alle ''[[Porte di ferro]]'' lungo il [[Danubio]], e altre furono riparate come in [[Gallia Narbonense]].<ref>{{cita|Cook 1975|pp. 318}}.</ref>
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Dopo alcuni anni di pace, nel [[22]] Tacfarinas inviò ambasciatori presso Tiberio a Roma, affinché chiedessero per lui e per i suoi uomini la possibilità di risiedere stabilmente all'interno dei territori romani; se Tiberio non avesse accettato le condizioni, il numida minacciava di scatenare una nuova guerra che avrebbe protratto a oltranza. L'imperatore, tuttavia, considerò la minaccia di Tacfarinas come un oltraggio al potere di Roma, e ordinò di condurre una nuova offensiva contro i ribelli numidi.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|III, 73}}.</ref> Il comandante dell'esercito romano, Bleso, decise di adottare una strategia simile a quella che Tacfarinas aveva a sua volta adottato nel 18: egli divise il suo esercito in tre colonne, con le quali poté attaccare ripetutamente i nemici e costringerli alla ritirata. Il successo sembrò essere definitivo, tanto che Tiberio acconsentì alla proclamazione a ''imperator'' di Bleso.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|III, 74}}.</ref>
 
La guerra contro Tacfarinas ebbe fine soltanto nel [[24]]: nonostante le sconfitte sofferte fino ad allora, il ribelle numida continuava a resistere, e decise di condurre ancora un'offensiva contro i Romani.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|IV, 23}}.</ref> Cinse dunque d'assedio una piccola cittadina, ma fu subito attaccato dall'esercito romano e costretto a retrocedere; molti capi ribelli, tuttavia, furono catturati e uccisi. All'inseguimento dei fuggiaschi si lanciarono i battaglioni di cavalleria e le coorti leggere, rinforzate anche dagli uomini inviati dal re [[Tolomeo di Mauretania]], che alleato dei Romani, aveva deciso di scendere in guerra contro Tacfarinas, che aveva danneggiato anche il suo regno.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|IV, 24}}.</ref> Raggiunti, i ribelli numidi diederediedero nuovamente battaglia, ma furono duramente sconfitti; Tacfarinas, certo dell'inevitabilità di una sconfitta definitiva, si gettò nel mezzo delle schiere nemiche, e cadde trafitto dai colpi. Con la morte dell'uomo che l'aveva saputa organizzare, la rivolta ebbe fine.<ref>{{cita|Tacito, ''Annales''|IV, 25}}.</ref>
 
===== In Gallia =====
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|2=[[Tiberio Claudio Nerone (pretore 42 a.C.)|Tiberio Claudio Nerone]]
|3=[[Livia Drusilla]]
|4=[[DrusoTiberio Claudio Nerone (legato 67 a.C.)|Tiberio Claudio Nerone]]
|6=[[Marco Livio Druso Claudiano]]
|7=[[Alfidia]]
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* {{cita libro|autore=Steve H. Rutledge|autore2=|titolo=Imperial Inquisitions: Prosecutors and Informants from Tiberius to Domitian|pubblicazione=|edizione=|editore=Routledge|anno=2001|url=https://www.routledge.com/Imperial-Inquisitions-Prosecutors-and-Informants-from-Tiberius-to-Domitian/Rutledge/p/book/9780203186084|cid=Rutledge 2001}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Steve H. Rutledge|titolo=Tiberius' Philhellenism|rivista=The Classical World|anno=2008|pp=453-467|url=https://www.jstor.org/stable/25471968|lingua|cid=Rutledge 2008}}
* {{cita libro|autore=Chris Scarre|titolo=Chronicle of the Roman Emperors|url=https://archive.org/details/chronicleofroman00scar|anno=1995|città=Londra|lingua=|isbn=0-500-05077-5|cid=Scarre 1995}}
* {{cita libro|autore=Howard H. Scullard|titolo=Storia del mondo romano. Dalla fondazione di Roma alla morte di Nerone|editore=BUR|volume=vol.I-II|città=Milano|anno=1992|ISBN=88-17-11574-6|cid=Scullard 1992}}
*{{cita libro|autore=Robin Seager|titolo=Tiberius|pubblicazione=|edizione=2|editore=Blackwell Publishing|lingua=|anno=2005|url=https://archive.org/details/tiberius00seag_0|cid=Seager 2005}}