Sertorio Quattromani: differenze tra le versioni
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'''1560-1564''' Dal suo epistolario desumiamo che in questo intervallo di tempo si trasferisce a Roma, frequentando la Biblioteca Vaticana. Roma è una città colta ed erudita e, più di ogni altra cosa, cattolica: qui, avendo la possibilità di intessere una trama strettissima di relazioni con i vari esponenti della cultura romana cittadina e cortigiana, rivelò le sue prime indagini intorno al ''Canzoniere'' petrarchesco, alle sue fonti latine e duecentesche. In una lettera inviata da Roma, il 24 luglio 1563, a Marcello Ferrao, a Cosenza, così si esprime a proposito di una sua scoperta: «''Questi giorni di state per non perdere il tempo ho cominciato a fare un lungo discorso delle bellezze del Petrarca, perché sono infiniti, che il lodano, et non sanno per qual cagione egli merita di esser proposto a tutti gli altri poeti toscani; et ci ho aggiunto un altro discorso di tutti quei luoghi, che egli toglie da i scrittori latini, et da i compositori toscani. Et perché mi mancavano i poeti provenzali, de’ quali il Petrarca si è avvaluto assai, feci ciò intendere al mio gentilissimo Paolo Manutio, il quale desideroso di compiacermi, sapendo che erano nella libraria di Vaticano, ne ragionò col Papa, dalla cui santità impetrò che mi fussero aperte tutte le librarie quante volte io volea. […] Ho trovato primieramente tutto quello, che io andava cercando, cioè un diluvio di poeti provenzali, et fra gli altri Arnaldo Daniello, cotanto comendato dal Petrarca, et da Dante; et giuro a Vostra Signoria per la vita dell’Orsa, che io intendo la lingua provenzale poco men che l’italiana. Ho trovato ancora un fascio di poeti siciliani antichissimi, et sono quelli a punto, che racconta il Petrarca ne i'' Trionfi. ''[…] Ho procacciato parimente le rime di Bruno Accurso Montemagno da Pistoia, il quale dal Petrarca in fuori scrisse meglio di tutti gli altri antichi, et alcune compositioni di Messer Cino. Ho trasc‹r›itto oltre ciò molte cosette di P. Iacopo Alighieri figliuolo di Dante, assai belle, et poetiche, et mi maraviglio del Bembo, che scrisse nelle sue Prose che costui fu molto minore, et men chiaro non solamente del padre, ma di Dino Fres‹c›obaldi, che non fu troppo vago, né culto poeta. Percioché per quelle poche rime, che io ho potuto vedere delle sue, mi par che habbia avanzato ambedue se non in altro almeno in leggiadria, et dolcezza. Il Signor Torquato Bembo ha proferto prestarmi il Canzoniero del Petrarca, trascritto di mano del proprio auttore, dove spero trovar molte belle cose, et mi certificarò affatto del modo, che egli tenea in comporre. Et come che io tenga per fermo, che non sia questa la prima forma delle sue rime, pure non sarà che io non ci trovi mille cosette mutate, et annullate, et aggiunte per migliorarle''».
'''1565''' Prima di tornare a Cosenza, si sposta a Napoli per qualche mese.
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*Ead., ''“Pulzelle” e “Femine di mondo”. L’epistolario postumo di S. Quattromani'', in ''Alla lettera. Teorie e pratiche epistolari dai Greci al Novecento'', a cura di A. Chemello, Milano 1998, pp. 143-171
*Capacius I.C., ''Illustrium mulierum et illustrium litteris virorum Elogia'', Neapoli, I.I. Carlinus & C. Vitale, 1608, pp. 328-329
*Chioccarello B., ''De
*Cornacchioli T., ''Nobili, borghesi e intellettuali nella Cosenza del Quattrocento'', Cosenza 1985
*Cozzetto F., ''Aspetti della vita e inventano della biblioteca di S. Quattromani attraverso un documento cosentino del Seicento'', in «Periferia», 27 (1986), pp. 31-53
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