L'alimentazione primaria dell'acquedotto di Acqua Pia Antica Marcia di Roma era fornita dal restauro dell'antico acquedotto dell'Acqua Marcia, la cui ricostruzione fu affidata da papa Pio IX a Luigi Canina. Al termine dell'acquedotto è stata costruita la Fontana delle Naiadi in piazza Esedra.

La Fontana delle Najadi

Storia

La "Società dell'Acqua Pia Antica Marcia" nacque con il progetto di metà Ottocento di ripristinare l'antico acquedotto romano dell'Acqua Marcia. L'acquedotto Marciano, condotto a Roma nel 144 a.C. dal pretore Quintus Marcius Rex e reputato per qualità delle acque il miglior approvvigionamento della città, Plinio il Vecchio la definì "clarissima aquarum omnium" e "un dono fatto all'Urbe dagli dei"[1]; fu interrotto assieme agli altri condotti idrici durante l'invasione dei Goti (537-538 d.C.).

Nel 1868 la “Anglo Romana Water Company”, fondata nel 1865 ed in seguito ribattezzata “Società Anonima dell'Acqua Marcia”, diventò la "Società dell'Acqua Pia Antica Marcia"[2]. Il nome volle essere un tributo a papa Pio IX, il cui intervento economico fu di sostanziale importanza per la realizzazione dell'opera.

Il 10 settembre del 1870 il primo zampillo dell'Acqua Pia Antica Marcia sgorgò a piazza Esedra, l'attuale Piazza della Repubblica.

La domanda cresceva, però, con l'espandersi della città, e l'incremento dell'approvvigionamento non avvenne senza resistenze: nel 1929, al momento della captazione di una fonte secondaria da immettere nell'acquedotto situata in comune di Agosta, gli abitanti del paese si organizzarono in una vera e propria guerriglia e non permisero alla società Acqua Pia Antica Marcia la captazione della seconda fonte.

La concessionaria riuscì a completare l'ampliamento solo dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Nel 1964, alla scadenza della concessione alla Società Acqua Pia Antica Marcia, l'Acquedotto Marcio venne trasferito all'ACEA (Azienda Comunale Elettricità e Acque), divenuta dal 1945 l'unico gestore delle acque a Roma[3].

In seguito a ciò l'attività della Società dell'Acqua Pia Antica Marcia si spostò sul settore immobiliare. In questa nuova veste la società venne quotata alla Borsa di Milano nel 1973[4].

L'Acqua Marcia divenne la holding della famiglia Romagnoli, dalla quale dipendevano le attività immobiliari (Beni Stabili), di costruzioni (Cogefar), televisive (Odeon TV), cinemaografiche (Titanus)[5].

Nel 1994 Francesco Bellavista Caltagirone rilevò la società da Romagnoli, facendovi confluire altre attività e rendendola in questo modo la holding del proprio gruppo, chiamato per questo Gruppo Acqua Marcia. Dalla capogruppo dipendevano quattro sub-holding[6].

Nel 2006 la società fu cancellata dal listino di borsa a seguito dell'offerta pubblica d'acquisto lanciata dall'Acqua Marcia Holding S.A.[7].

Nel settembre 2012 la società decise di procedere al deposito presso il Tribunale di Roma di un'istanza prenotativa per l'accesso alla procedura concordataria (ex art. 161 comma 6 L.F.), decisione confermata nel CdA del gennaio successivo. A distanza di anni, nel 2017 la procedura non è ancora completata[8].

Note

  1. ^ "Clarissima aquarum omnium in toto orbe frigoris salubritatisque palma praeconio urbis Marcia est, inter reliqua deum munera urbi tributa". C. Plinii Secundi, Naturalis Historiae, Liber XXXI, XXIV, 41.
  2. ^ Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche, Acqua Pia Antica Marcia
  3. ^ Stefano Battilossi, Acea di Roma 1909-2000: da azienda municipale a gruppo multiservizi, vol. 1, FrancoAngeli, 2001.
  4. ^ Alessandro Aleotti, Borsa e industria. 1861-1989: cento anni di rapporti difficili, Milano, Comunità, 1990
  5. ^ Sunseri, Romagnoli, buco nell'Acqua Macia su La Repubblica, 19 giugno 1992
  6. ^ Paolo Conti, Dai mattoni ai giornali, le due anime dei Caltagirone, in Il Corriere della Sera, 4 agosto 2000, p. 2 (archiviato dall'url originale il 21 novembre 2015).
  7. ^ Titoli azionari iscritti e cancellati dal listino della Borsa di Milano
  8. ^ Acqua Marcia e il miliardo di sofferenze [collegamento interrotto], su ilsole24ore.com, 18 gennaio 2017. URL consultato il 12 luglio 2017.