Stidda

organizzazione criminale italiana di stampo mafioso originaria della Sicilia

La stidda è un'organizzazione criminale italiana, che opera in prevalenza nella regione italiana della Sicilia. In particolare, è diffusa nelle province di Agrigento, Caltanissetta, Enna e Ragusa.

Etimologia del termine "stidda"

Il termine stidda in lingua siciliana significa "stella". Son quattro le spiegazioni possibili:

  • Nel gergo di Cosa Nostra il termine stidda assumerebbe il senso di una costellazione di gruppi malavitosi che gravitano attorno all'organizzazione principale.
  • Stidda però potrebbe essere anche il nome di un tatuaggio fatto in carcere che gli stiddari porterebbero come segno di riconoscimento (cinque segni verdognoli disposti a cerchio fra il pollice e l'indice della mano destra, a formare una stella). Pratiche simili non sono nuove nell'ambiente mafioso e carcerario.
  • Un'altra tesi vede l'origine del termine Stidda nella "Madonna della stella", santa patrona del comune di Barrafranca, in provincia di Enna. La tesi nacque dalle rivelazioni di Antonino Calderone, il quale dichiarò per primo che in quel paese «a parte la Famiglia appartenente a Cosa Nostra, vi è un'altra Famiglia, composta in gran parte da espulsi da Cosa Nostra, detta la Famiglia degli "Stiddari"»[1]

Storia

Origini

Secondo il collaboratore di giustizia Leonardo Messina, nella metà degli anni ottanta numerosi mafiosi della provincia di Caltanissetta, che erano stati legati al boss Giuseppe Di Cristina ed anche "messi fuori confidenza", cioè espulsi dalle loro cosche, organizzarono dei propri gruppi criminali, assoldando specialmente bande di microcriminalità minorile e malavitosi comuni[2]:

«Le "stidde" sono un'espressione di Cosa Nostra. Un uomo messo fuori confidenza che punge altri uomini diventa "stidda" [...] C'è stata una rottura perché in alcuni paesi si sono create due Famiglie. Uno di questi paesi è Riesi, centro storico per Cosa Nostra. Si è creato un gruppo dietro Di Cristina ed un gruppo dietro ai Corleonesi. Quelli di Di Cristina hanno creato il congiungimento di tutte le "stidde". Prima la "stidda" non aveva agganci con tutti mentre i riesani sapevano cosa vuol dire e quanti uomini d'onore nei paesi erano messi fuori confidenza. A questo punto hanno aggregato a loro Ravanusa, Palma di Montechiaro, Racalmuto, Enna ed altri paesi creando una corrente. Si conoscono tra di loro, sono gli uomini d'onore, buttati fuori, che combattono Cosa Nostra; è la stessa mafia e non un'altra organizzazione che viene da fuori[3]»

Nel 1987 a Gela iniziò un violento conflitto tra la banda stiddara capeggiata dall'ex pastore Salvatore Iocolano e i gruppi mafiosi appoggiati al boss latitante Giuseppe "Piddu" Madonia (rappresentante mafioso della provincia di Caltanissetta): sempre il collaboratore Leonardo Messina dichiarò che «prima Niscemi e Gela erano un'unica Famiglia perché c'erano pochi uomini d'onore. [...] A Gela [Giuseppe Madonia] aveva affiliato a Cosa Nostra Salvatore Polara [...]; man mano qualcuno se lo sono affiliato, a qualcuno hanno fatto la guerra»[3]; la faida iniziò con l'uccisione degli stiddari Salvatore Lauretta e Orazio Coccomini, uomini di Iocolano, ed in seguito i clan stiddari e mafiosi assoldarono numerosi minorenni come killer[4][5][6]: tra il 1987 e il 1990 avvennero oltre cento omicidi nella sola Gela, che culminarono nella cosiddetta «strage di Gela» (27 novembre 1990), in cui tre agguati scattati simultaneamente in diversi punti della città provocarono otto morti e undici feriti[7][8]. Il conflitto si estese anche a Niscemi e Mazzarino[9][10] e si allargò nella provincia di Agrigento (specialmente a Racalmuto, Palma di Montechiaro, Canicattì e Porto Empedocle), dove bande di fuoriusciti si armarono contro le cosche locali per il controllo degli affari illeciti e, nel giro di tre anni, vi furono più di trecento omicidi nella zona[11], che culminarono nella cosiddetta «strage di Porto Empedocle» (4 luglio 1990), in cui vennero trucidati tre mafiosi e feriti altri tre dal clan stiddaro dei Grassonelli[12].

Il 21 settembre 1990 il giudice Rosario Livatino venne ucciso lungo la strada statale Caltanissetta-Agrigento da alcuni stiddari di Canicattì e Palma di Montechiaro: il delitto venne compiuto per vendicare la severità delle sentenze del giudice e per lanciare un segnale di potenza militare verso Cosa Nostra[13].

Nel 1999 un gruppo di fuoco mafioso eseguì a Vittoria, in provincia di Ragusa, la cosiddetta «strage di San Basilio», avvenuta nel bar di un'area di servizio, in cui furono uccisi tre esponenti della Stidda di Vittoria, su ordine della cosca Emmanuello di Gela, che voleva eliminare i temibili alleati degli stiddari gelesi ed intendeva estendere attività criminali in quel territorio, dove la presenza di Cosa Nostra è tradizionalmente assente[14].

Situazione odierna

La quinta mafia ha una caratteristica tutta sua, cioè la capacità di evolversi e di cambiare le regole, la struttura interna e i rapporti tra le varie cosche. Oggi, la Stidda e tutti i gruppi che la compongono si strutturano secondo uno schema ben definito al cui apice c'è la figura del capo. Si è affermato un principio di mutua assistenza tra i membri della stessa cellula criminale e tra clan alleati o amici, non più singole cosche prive di collegamento, ma gruppi saldamente legati e consorziati. Con un elemento in più, quello della spietatezza delle azioni, che diventa decisivo nello sviluppo rapido delle carriere e nell'affermazione di giovani emergenti.

Attualmente, fatta eccezione per Palermo, esiste una cellula della Stidda nelle province della Sicilia centrale e orientale e anche in alcune regioni del nord. Le indagini nell'Italia settentrionale hanno confermato che oltre alle attività tradizionali, la Stidda si occupa anche di organizzare bande di rapinatori e di altre attività. Questo la porta a essere una mafia che cerca di mettere le mani in ogni attività illegale, al fine di trarne i maggiori guadagni possibili. Cellule della Stidda sono rintracciabili anche all'estero, come in Germania, segnale di come questa organizzazione criminale si stia evolvendo e rafforzando.

Area di attività

Benché le sue origini siano da localizzare nella zona del nisseno e dell'agrigentino, negli ultimi decenni ha avuto un rapido sviluppo che ha interessato numerosi comuni della Sicilia meridionale, fra i quali Agrigento, Favara, Porto Empedocle, Palma di Montechiaro, Ribera, Licata, Canicattì, Ravanusa, Caltanissetta, Butera, Gela, Mazzarino, Niscemi, Riesi, San Cataldo, Sommatino, Villalba, Enna, Villarosa, Piazza Armerina, Calascibetta, Agira, Catenanuova, Leonforte, Nicosia, Barrafranca, Pietraperzia, Acate, Vittoria e Comiso.

Stidda e Cosa Nostra. Differenze e similitudini

Rispetto a Cosa Nostra la Stidda è molto più debole, meno strutturata, alquanto frammentaria ma radicata specie in alcune zone come Vittoria e Lentini, dove Cosa Nostra è tradizionalmente assente.

Ciò comporta una più scarsa efficacia d'azione rispetto a Cosa nostra, minore interesse all'infiltrazione, maggiore facilità di controllo da parte dello Stato e maggiore circoscrizione del territorio oggetto di attività. Tuttavia, se la frammentarietà di tale organizzazione da un lato previene la comparsa di zone off-limits per lo stato, dall'altro permette una certa diffusione a macchia di leopardo nel territorio.

Inoltre la Stidda s'interessa in primo luogo di attività commerciali come lo spaccio di droga (nisseno, agrigentino), anche se non mancano tentativi (spesso riusciti) d'infiltrazione nella classe dirigente locale.

Altra attività tipica è il tradizionale pizzo mafioso che inibisce gravemente lo sviluppo economico e sociale del territorio, diffuso nelle zone dove opera l'attività criminale della Stidda, specialmente nel nisseno (Gela) e nel ragusano (Vittoria).

Note

Voci correlate