Francesco Baracca

aviatore italiano (1888-1918)

Francesco Baracca (Lugo, 9 maggio 1888[2]Nervesa, 19 giugno 1918) è stato il principale asso dell'aviazione italiana durante la prima guerra mondiale, nel corso della quale gli vennero attribuiti trentaquattro abbattimenti di aerei nemici, il numero più alto mai raggiunto da un aviatore dell'Aeronautica italiana. Fu insignito della medaglia d'oro al valor militare.

Francesco Baracca
Francesco Baracca nel 1916 circa
SoprannomeAsso degli assi
NascitaLugo, 9 maggio 1888
MorteNervesa, 19 giugno 1918
Cause della morteAbbattuto dal fuoco nemico/non chiare
Luogo di sepolturaLugo
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armata Regio esercito
ArmaCavalleria
CorpoCorpo aeronautico militare
SpecialitàCaccia
UnitàReggimento "Piemonte Reale Cavalleria"
1º Squadrone

8ª Squadriglia da ricognizione e combattimento
2ª Squadriglia da ricognizione e combattimento
1ª Squadriglia caccia
70ª Squadriglia caccia
91ª Squadriglia aeroplani da caccia
Anni di servizio1907–1918
GradoMaggiore
ComandantiPier Ruggero Piccio
GuerrePrima guerra mondiale
Comandante di91ª Squadriglia
DecorazioniMedaglia d'oro al valor militare
Medaglia d'argento al valor militare (2)
Studi militariAccademia militare di Modena
Scuola di cavalleria
Dati tratti dal sito del Museo Francesco Baracca[1]
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Biografia

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Stemma della famiglia Baracca

Francesco Luigi Giuseppe Baracca nacque a Lugo, nell'attuale corso Garibaldi, da Enrico (1855-1936), uomo d'affari e proprietario terriero, e dalla contessa Paolina de Biancoli. Il giovane Francesco studiò dapprima nella città natale di Lugo, quindi a Firenze per poi scegliere la carriera militare all'Accademia militare di Modena,[1] dove fu ammesso nel 1907 e da cui due anni dopo ne uscì come sottotenente dell'Arma di cavalleria del Regio Esercito. Nel 1909 frequentò il corso di specializzazione presso la Scuola di Cavalleria di Pinerolo e l'anno successivo venne assegnato al 2º Reggimento cavalleria "Piemonte Reale" di stanza a Roma nella caserma "Castro Pretorio", dove dimostrò le sue doti di cavaliere vincendo il concorso ippico di Tor di Quinto.[1][3]

Nel 1912, affascinato da un'esercitazione aerea presso l'aeroporto di Roma-Centocelle,[3] passò in aviazione, che allora era parte dell'esercito. La sua domanda fu accettata il 24 aprile[4]. Frequentò i corsi della scuola di pilotaggio a Bétheny in Francia con un Nieuport 10,[3] e il 9 luglio 1912 conseguì il brevetto di pilota numero 1037.[1] Si distinse presto per l'eccezionale abilità nelle tecniche acrobatiche. Nel 1914 venne assegnato al Battaglione Aviatori, prima presso la 5ª e poi con la 6ª Squadriglia. Alla vigilia della prima guerra mondiale, Baracca fu inviato a Parigi dove si addestrò sul caccia Nieuport 10.

Rientrato in Italia nel luglio del 1915 all'8ª Squadriglia da ricognizione e combattimento su Nieuport-Macchi Ni.10, cominciò i voli di pattugliamento il 25 agosto con la 2ª Squadriglia da ricognizione e combattimento.[1] Dopo ripetuti infruttuosi combattimenti, gli venne assegnato un Nieuport 11 "Bébé" con il quale – in forza dal 1º dicembre alla 1ª Squadriglia caccia che diventa il 15 aprile 1916 70ª Squadriglia caccia – entrò ripetutamente in azione nella seconda metà del 1915. Il suo primo abbattimento venne effettuato sopra il cielo di Gorizia: il 7 aprile 1916, ai comandi di un Ni 11 presso Medeuzza, dopo vari minuti di ingaggio riuscì a portarsi con una cabrata in coda a un ricognitore Hansa-Brandenburg C.I austro-ungarico che, ricevuti quarantacinque colpi, fu costretto ad atterrare e l'equipaggio, composto dal Sergente Adolf Ott e dal Tenente osservatore Franz Lenarcic (che in seguito morirà per le ferite) della Flik 19, venne fatto prigioniero.[1]

Per un'altra fonte l'aereo abbattuto era un biposto Aviatik.[5] Per l'azione Baracca venne decorato con la medaglia d'argento al valor militare. La sua prima vittoria fu anche la prima in assoluto dell'aviazione italiana.[1][6][7] Tornato a terra, incontrò uno dei due aviatori nemici abbattuti e gli strinse la mano, mostrando simili atteggiamenti di conforto e cavalleria anche verso altri nemici nel prosieguo della guerra;[1] egli, infatti, sosteneva: «è all'apparecchio che io miro, non all'uomo».[8] Sarà decorato di altre due medaglie d'argento, delle quali, l'ultima sarà convertita in medaglia d'oro nel maggio 1918. Altre vittorie seguirono presto la prima, e, all'inizio di maggio, aveva ottenuto già sette vittorie individuali e tre in collaborazione, diventando di fatto uno dei pochi assi dell'aviazione, con tutta la celebrità che ne conseguiva.[3] Promosso capitano nel giugno 1916, rimase sempre nella stessa squadriglia, anche quando questa divenne la 70ª. Il 28 novembre abbatté in battaglia il suo quinto aereo, ottenendo l'iscrizione nell'Albo degli Assi. Quel giorno Baracca consegue la sua vittoria nella tarda mattinata a Tolmezzo con 30 colpi di mitragliatrice ai danni del Brandenburg C.I della Flik 16 dell'osservatore Kálmán Sarközy che rimane ferito e prigioniero e di Fritz Fuchs, il quale non sopravvisse al duello.

Il 1º gennaio 1917 Baracca abbatte un aereo Brandenburg austriaco della Flik 12 vicino a Castagnevizza volando sull'Ni 17 2614. L'11 febbraio Baracca (su Ni 17) con Fulco Ruffo di Calabria (su Ni 17), il serg. Giulio Poli ed il caporale Antonio Pagliari (su Ni 11) abbattono il Br. C.1 del caporale Ludwig Fleck con l'osservatore Tenente Wilhelm Siemienski della Flik 35 che, dopo aver colpito il serbatoio del Nieuport 11 del caporale Anselmo Caselli che rientra in emergenza, mentre al ricognitore con i due membri dell'equipaggio feriti riesce un atterraggio di fortuna urtando un albero e rovinando le ali nei prati vicino a Remanzacco dopo una battaglia sul cielo di Udine alla quale assiste Vittorio Emanuele III di Savoia che il giorno dopo si reca al campo per complimentarsi con i piloti. Baracca arrivando alla quinta vittoria diventa un asso dell'aviazione. Il 25 aprile Baracca vola in ricognizione strategica su Brunico e Bressanone con lo SPAD S.VII dotato di macchina fotografica. Il 26 aprile Baracca abbatte il Br. C.1 del Zgsf. Josef Majsai e del Leut. Emmerich Treer della Flik 35 con l'aiuto del serg. Goffredo Gorini (ex della 3ª Squadriglia per l'artiglieria) ed Attilio Imolesi della 79ª Squadriglia vicino a San Martino del Carso arrivando ad 8 vittorie e ricevendo la croce dell'Ordine militare di Savoia.[9]

 
Alcuni componenti della 91ª Squadriglia aeroplani da caccia. Da sinistra; ten. Gastone Novelli, ten. Ferruccio Ranza, cap. Fulco Ruffo di Calabria, cap. Bartolomeo Costantini, magg. Francesco Baracca.

Il 1º maggio successivo si trasferì alla 91ª Squadriglia, soprannominata "La squadriglia degli assi" perché costituita da grandi assi dell'aviazione scelti da Baracca in persona,[3] quali Pier Ruggero Piccio, Fulco Ruffo di Calabria, Gaetano Aliperta, Bartolomeo Costantini, Guido Keller, Giovanni Sabelli, Enrico Perreri e Ferruccio Ranza.[1] L'unità aveva in dotazione il nuovo Nieuport 17 costruito in Italia dalla Macchi. Sul suo aereo in onore alla sua Arma di appartenenza Baracca dipinse il cavallino nero rampante destinato a diventare una delle insegne più care agli italiani (anni dopo la madre di Baracca consegnò quel simbolo a Enzo Ferrari e gli disse: "Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna"). Il 1º maggio, durante una missione di ricognizione su Monfalcone, pilotando l'Hansa-Brandenburg C.I 229.08 della Flik 12, Frank Linke-Crawford ebbe modo di scontrarsi con lo SPAD S.VII di Baracca: i due duellarono a lungo, in un combattimento molto duro che si sviluppò da 4 000 metri fino a bassa quota. Baracca si convinse di aver abbattuto il suo avversario, ma Linke-Crawford riuscì a portare a termine la missione nonostante ben 68 fori di proiettile rinvenuti sull'aereo[10]. Il 10 maggio Baracca abbatté l'Hansa-Brandenburg D.I del Zugsführer Rudolf Stöhr della FliK 41J vicino a Vertoiba conseguendo la nona vittoria ufficiale. Il 13 maggio Baracca ottenne un'altra vittoria in collaborazione sul Br. C.1 dell'asso Julius Busa e dell’osservatore Hermann Grössler della Fluggeschwader 1 (FlG I) sul Monte Korada.[5] Sempre nello stesso mese di maggio Baracca passerà sullo SPAD S.VII.

Il 20 maggio nell'ambito della decima offensiva dell'Isonzo Baracca colpisce sul Monte Santo di Gorizia un ricognitore Brandenburg della Flik 12 con pallottole incendiarie che precipita a quota 363 di Plava a pochi metri dalle trincee italiane. Il 3 giugno Baracca abbatte l'Hansa-Brandenburg C.I del Zgsf. Johann Rotter con l'Oblt. Max Bednarzik del Fluggeschwader 1 o FlG. I fra Plava e Monte Cucco di Plava. Presso la 91ª Squadriglia, di cui divenne il comandante, conseguì ventisei vittorie. Il 6 settembre venne abbattuto sul Monte Sabotino da Sabelli e Baracca il Br.C.1 della Flik 34 del Zgsf. Stefan Morth che rimase ferito e dell'osservatore Oblt. Béla Gerey che morì. Nel settembre 1917, con diciannove vittorie al suo attivo, era l'asso italiano con il maggior numero di abbattimenti. Il 6 di quel mese venne promosso maggiore. Altri cinque successi seguirono in ottobre, con due doppi abbattimenti in due singoli giorni. La seconda di queste duplici vittorie venne conseguita il 26 ottobre, ai danni di due Aviatik tedeschi. Quando gli austro-ungarici, rinforzati da forze germaniche, incluse tre squadriglie di caccia (Jagdstaffeln, più semplicemente Jastas), lanciarono la loro offensiva che portò alla disfatta di Caporetto, la 91ª Squadriglia venne riequipaggiata con lo SPAD S.XIII. Pilotando questo nuovo aereo, Baracca portò il totale delle sue vittorie a trenta, ma subito dopo venne messo a riposo. Il 6 novembre abbatté a Fossalta di Portogruaro l'asso Rudolf Szepessy-Sokoll.

 
Il brevetto da pilota, ottenuto nel 1912.
 
La medaglia d'oro di cui fu insignito Francesco Baracca.

Ritornò in azione nel maggio 1918, dopo che il 5 gli fu commutata una medaglia d'argento in medaglia d'oro.[11] Il 15 giugno, con l'abbattimento di altri due aerei,[5] conseguì le sue ultime vittorie, abbattendo per ultimo un caccia Albatros D.III con uno SPAD S.XIII nei pressi di San Biagio di Callalta.

Era la sua vittoria ufficiale numero trentaquattro[3][12] riportata in sessantatré combattimenti aerei, sebbene ci sia chi alza questo numero a trentasei[13] e chi lo abbassa a trentatré.[14] Il 19 giugno, dopo aver compiuto una missione, il trentenne Baracca rientrò al campo di Quinto di Treviso; lo SPAD S.XIII con cui aveva compiuto i primi voli della giornata aveva il rivestimento in tela delle ali e della fusoliera danneggiato, perciò egli decollò con il suo aereo di riserva, uno SPAD S.VII, per la quarta missione del giorno.[15] Altri due aerei della 91ª Squadriglia sarebbero decollati con lui, il giovane Osnago e il più esperto Costantini. Al momento della partenza tuttavia si scoprirà che Costantini era già partito, lasciando a Baracca la sola scorta dell'inesperto Osnago. Mentre i piloti erano impegnati in un'azione di mitragliamento a volo radente sopra Colle Val dell'Acqua, sul Montello, l'asso italiano venne abbattuto. Baracca fu colpito da un biplano austro-ungarico non visto, o visto troppo tardi quando già l'asso era stato colpito dalla prima delle due raffiche sparate dall'osservatore. Il pilota Max Kauer e l'osservatore Arnold Barwig hanno fornito una documentazione che sarebbe stata sufficiente a far accreditare loro la vittoria verso chiunque altro, ma continuamente rifiutata dalle autorità italiane per motivi propagandistici, in tempi in cui l'esito della guerra era ancora incerto.

 
La mitragliatrice dell'aereo con cui Baracca precipitò nel giugno 1918.

Verrà ritrovato qualche giorno dopo, il 23 giugno, dal capitano Osnago, compagno dell'ultimo volo, che su segnalazione dell'ufficiale Ambrogio Gobbi raggiunse le pendici del Montello (località "Busa delle Rane") con il tenente Ranza ed il giornalista Garinei del Secolo di Milano. Qui, accanto ai resti del velivolo, si trovava il corpo di Baracca: ustionato in più punti, presentava una ferita nell'incavo dell'occhio destro, alla radice del naso. Le ali e la carlinga dello SPAD S.VII erano carbonizzati, il motore e la mitragliatrice infissi nel suolo e il serbatoio forato da due pallottole. Le esequie si svolsero il 26 giugno a Quinto di Treviso, alla presenza di autorità civili e militari, e l'elogio funebre venne pronunciato da Gabriele D'Annunzio, ammiratore del pilota di Lugo. La salma di Baracca verrà poi inumata in una cappella sepolcrale nel cimitero di Lugo. Il sarcofago, fuso col bronzo di cannoni austriaci del Carso, è sormontato da un'aquila che solleva la bandiera italiana con la croce di Savoia.[16]

Solo nel 1995 diviene di pubblico dominio la storia d'amore di Francesco Baracca con Norina Cristofoli, nata nel 1902 a Tolmezzo. I due si erano conosciuti a Udine il 20 settembre 1917, pochi giorni prima della disfatta di Caporetto. La giovanissima Norina si rifugiò a Milano, dove ricevette numerose lettere da Francesco Baracca, l'ultima delle quali datata 4 giugno 1918, pochi giorni prima del 19 giugno 1918, giorno della morte dell'aviatore.[17] Norina Cristofoli diventerà cantante lirica di un certo successo e morirà nel 1978, senza avere altre relazioni sentimentali in quanto si considerò per sempre legata al ricordo di Baracca.[18]

Baracca fu membro della Massoneria di Rito scozzese antico ed accettato di Piazza del Gesù, dove raggiunse il 18º grado.[19]

Tesi sulla morte

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È stata avanzata una tesi secondo la quale Baracca, piuttosto che bruciare con il velivolo o essere fatto prigioniero, avrebbe preferito suicidarsi (il corpo, ustionato in più punti, presentava una profonda ferita nell'orbita destra, alla radice del naso, e si osservava la fondina della pistola vuota, con l'arma scoppiata nella caduta), anche se, a causa della mancata autopsia, resta il dubbio delle ferite al petto riscontrate dai soldati. Inoltre, non è affatto chiaro se la ferita all'orbita sia da colpo di pistola oppure da pallette di shrapnel, a causa dei bombardamenti d'artiglieria che imperversarono nei tre giorni prima che ritrovassero il corpo (alcune pallette hanno lasciato persino traccia sul motore dello SPAD, attualmente ancora conservato nel museo dell'Aeronautica)[20]; da tempo, inoltre, esiste la rivendicazione dell'abbattimento da parte di un pilota austro-ungarico.[21] L'ultima tesi è supportata da fonti austriache e si basa sul rapporto della missione, le testimonianze degli osservatori a terra e una foto del luogo dello schianto presa dal biposto nei minuti successivi alla morte di Baracca.

Anche secondo uno storico anglosassone, Christopher Shores, da ricerche nei registri austro-ungarici risulterebbe che Baracca venne ucciso dal mitragliere di un biposto austriaco che l'italiano stava attaccando dall'alto, o comunque iniziando lo scontro da una quota superiore[5]. Questo avrebbe causato difficoltà nell'avvistamento del biposto austriaco da parte degli italiani, dato che si confondeva col suolo, e viceversa una migliore visibilità da parte degli austriaci, con i caccia nemici stagliati contro il cielo. Fonti austriache riportano come le truppe di terra non fossero dotate di munizioni incendiarie. La vampata che si sprigionò dal velivolo di Baracca, decollato da soli 15 minuti col pieno di carburante, fu talmente vivida e intensa da essere avvistata dai suoi compagni nell'aerodromo di Quinto di Treviso, distante svariati chilometri; essi pensarono, sulle prime, che Baracca e Osnago avessero intercettato e abbattuto un velivolo nemico.

 
Francesco Baracca accanto al suo caccia SPAD S.XIII.

In ogni caso, nei giorni del ritiro delle truppe austro-ungariche da Bavaria e Nervesa per raggiungere la riva sinistra del Piave, un giornalista di guerra al seguito delle truppe italiane disse che fu difficile localizzare l'aereo caduto, poiché era finito in una fitta selva di alberi: di qui la certezza che il nemico non lo avesse trovato; inoltre la stampa austro-ungarica, in quei giorni di combattimento, non se ne era occupata, tanto che qualcuno sperava di trovare Baracca ancora in vita, magari ferito e nascosto da qualche parte. Tuttavia la vittoria da parte dei piloti austriaci fu riportata immediatamente al rientro dalla loro missione. Il re Vittorio Emanuele III aveva fatto inviare ai genitori dell'asso un telegramma in cui auspicava una risoluzione positiva, speranza che si infranse solo in seguito, con il ritrovamento del cadavere e dell'aereo caduto.

Dal lato austriaco, la scomparsa di Baracca non fu trascurata, nonostante la violenta battaglia a terra ponesse molti altri problemi da risolvere. Secondo gli austriaci quel giorno, proprio legato alla battaglia, alle 18.10 decollò un ricognitore C.I della Flik 28 pilotato da Max Kauer con Arnold Barwig come osservatore-mitragliere. Dovevano volare sul fronte della 17ª divisione per scattare delle fotografie, compito pericoloso con il dominio aereo oramai assicurato dall'aviazione italiana. Durante il volo videro due caccia Spad in avvicinamento a circa un chilometro e manovrarono prontamente per combatterli. Prima l'osservatore sparò una raffica di 15-20 colpi ad uno di essi che stava andando in picchiata, poi lo videro risalire sulla destra e gli spararono ancora, incendiandolo. Scattarono anche due foto dell'abbattimento e la vittoria fu omologata subito, ben prima che si sapesse della sorte di Baracca. Inoltre, a seguito delle notizie italiane che Baracca era morto sì, ma per fuoco da terra, gli austriaci tennero una lunga indagine in corso e con il rapporto finale del 28 agosto, poterono constatare come i mitraglieri a terra non avessero munizioni incendiarie SP, né rivendicassero nessuna vittoria quel giorno, cosa sorprendente se si considerava molti altri episodi contesi. Piuttosto, tre ufficiali a terra seguirono lo scontro aereo e confermarono che lo Spad venne abbattuto dal ricognitore, avendo modo di seguire anche con l'uso di un cannocchiale a 40 ingrandimenti l'andamento della battaglia. In conclusione, non è chiaro se fosse stato abbattuto da un aereo austriaco, mentre Osnago, al rientro, negò che vi fossero altri velivoli, tesi subito sposata dal comando italiano. Con la guerra che stava volgendo faticosamente a vantaggio degli italiani, le notizie che potessero provocare sconforto non erano certo tollerate. Scrisse in merito l'asso Mario Fucini anni dopo Era la stessa fiducia in noi stessi che riceveva un colpo: se è possibile abbattere Baracca, cosa potrò fare io per non subire la stessa sorte?... Ed anche subentrò in noi una specie di conforto nel quale non avevamo sperato: Baracca non era stato abbattuto da caccia avversari. Il suo prestigio di cacciatore non era stato intaccato. Come Sigfrido soltanto un colpo a tradimento aveva potuto finirlo. Nessun vanto il nemico avrebbe potuto fare di questa fine. È questo più di tutto importava[22] Un altro fatto che resta davvero impossibile da discernere, a causa della mancata autopsia, è se Baracca si sia davvero ucciso per non bruciare vivo, oppure sia stato ucciso dalle mitragliate dell'aereo austriaco.

La bara fu trasferita nella dimora abituale di Baracca, Villa Borghesan, e il funerale privato si tenne nella chiesa parrocchiale di San Giorgio, a Quinto di Treviso. Una seconda cerimonia funebre, pubblica, si tenne nel cimitero di Quinto, vicino all'aeroporto di San Bernardino da cui l'asso era partito per quella che sarebbe stata la sua ultima missione (e dove oggi, presso il sito su cui sorgeva l'aeroporto, si erge una stele composta da un'ala e da una targa ricordo). Al passaggio della bara, resero omaggio al caduto le autorità civili e militari, oltre alla gente del paese. Il giorno dopo la salma venne trasportata a Lugo, dove ebbero luogo i funerali ufficiali.

L'insegna personale

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Baracca, primo da sinistra, con alla sua sinistra Fulco Ruffo di Calabria, fotografati da Attilio Prevost
Archivio Lari Prevost Mojana

L'insegna personale di Baracca, che l'asso faceva dipingere sulla fiancata sinistra del proprio velivolo - sulla destra trovava posto quella della 91ª Squadriglia (un grifone) - era il famoso cavallino rampante, sulle cui origini e sul cui stesso colore esiste un piccolo mistero. Diversi indizi sembrano infatti indicare che il colore originario del cavallino fosse il rosso, tratto per inversione dallo stemma (che in un quarto reca appunto un cavallo d'argento in campo rosso) del 2º Reggimento cavalleria "Piemonte Reale"[3] di cui l'asso romagnolo faceva parte, e che il più famoso colore nero sia stato invece adottato in segno di lutto solo dopo la morte di Baracca dai suoi compagni di squadriglia che rinunciarono alle proprie insegne personali.[23] L'attaccamento al Reggimento di provenienza è peraltro confermato dal fatto che Baracca conservò sull'uniforme i baveri rossi e sul berretto la granata a fiamma dritta (cui aggiunse una piccola elica) propri dei Cavalieri di Piemonte Reale.

Secondo un'altra tesi, il cavallino rampante di Baracca deriverebbe invece non dallo stemma del suddetto reggimento bensì da quello della città tedesca di Stoccarda. Gli aviatori di un tempo, infatti, venivano considerati "assi" solo dopo l'abbattimento del quinto aereo, di cui assumevano talvolta le insegne in onore del nemico sconfitto. Baracca, noto per la sua lealtà e il suo rispetto per l'avversario, avrebbe quindi fatto dipingere sulla carlinga del suo velivolo il cavallino rampante (già nero, secondo questa tesi) visto su quella del quinto aereo da lui abbattuto, un Aviatik (o, secondo altri, un Albatros B.II) tedesco probabilmente guidato da un aviatore di Stoccarda. Se così fosse, allora i cavallini (o meglio le giumente: Stutengarten - da cui Stuttgart, il nome tedesco di Stoccarda cui l'arma parlante fa riferimento - in antico altotedesco significava "recinto delle giumente") che compaiono negli attuali stemmi della Ferrari e della Porsche (quest'ultimo desunto direttamente dallo stemma della città tedesca) avrebbero, benché leggermente diversi nella grafica, la medesima origine.

In ogni caso, qualche anno dopo il termine della prima guerra mondiale, nel 1923, la madre di Francesco Baracca diede ad Enzo Ferrari l'autorizzazione a utilizzare l'emblema usato da suo figlio,[3]. Il Cavallino, modificato nella posizione della coda e nel colore dello sfondo, ora giallo in onore della città di Modena, apparve per la prima volta sulle due Alfa Romeo 8C 2300 "Mille Miglia Zagato Spider" passo corto, schierate dalla Scuderia alla 24 Ore di Spa del 9 luglio 1932: le due Alfa si classificarono al 1º e 2º posto con gli equipaggi Brivio/Siena e Taruffi/D'Ippolito.[24]

Enzo Ferrari utilizzò il Cavallino rampante anche nella squadra che fondò subito dopo la seconda guerra mondiale: ancora oggi è il simbolo dell'omonima casa automobilistica. Meno conosciuto è il fatto che anche la Ducati utilizzò il cavallino rampante (pressoché identico a quello della Ferrari) sulle proprie moto dal 1956/57 al 1960/61. Il marchio fu scelto dal celebre progettista della Ducati Fabio Taglioni, che era nato a Lugo come Baracca.

La replica del velivolo

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La replica funzionante di uno dei due SPAD S.XIII pilotati da Francesco Baracca, realizzata da Giancarlo Zanardo, è stata presentata in un volo dimostrativo a Nervesa della Battaglia, il 5 aprile 2008, in occasione della serie di commemorazioni previste per il 90º anniversario della Battaglia del solstizio. Il biplano, costruito con le tecniche e i materiali dell'epoca, è stato impreziosito con un frammento di tela proveniente dalla fusoliera di uno degli aerei della 91ª Squadriglia, cui apparteneva Baracca.

Onorificenze

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Italiane

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«Pilota di meriti eccezionali, già decorato di tre medaglie al valore, costantemente dedica l'assidua opera sua alla riuscita di brillanti azioni aeree. Il 26 aprile 1917 in fiero e accurato combattimento, con rara abilità e sommo disprezzo del pericolo, abbatteva un nuovo apparecchio nemico, conseguendo così l'ottava sua vittoria. Cielo Carnico, 26 aprile 1917.[28]»
— 5 agosto 1917[29]
«Primo pilota da caccia in Italia, campione indiscusso di abilità e di coraggio, sublime affermazione delle virtù italiane di slancio e di audacia, temprato in sessantatré combattimenti, ha già abbattuto trenta velivoli nemici, undici dei quali durante le più recenti operazioni. Negli ultimi scontri, tornò due volte col proprio apparecchio colpito e danneggiato da proiettili di mitragliatrici. Cielo dell'Isonzo, della Carnia, del Friuli, del Veneto e degli Altipiani, 25 novembre 1916, 11 febbraio, 22, 25, 26 ottobre, 6, 7, 15, 23 novembre, 7 dicembre 1917»
— 5 maggio 1918[11][31]
«Nell'occasione d'una incursione aerea nemica, addetto al pilotaggio d'un aeroplano da caccia, con mirabile sprezzo del pericolo, arditamente affrontava un potente aeroplano nemico e, dando prova di alta perizia aviatoria e di grande sangue freddo, ripetutamente lo colpiva col fuoco della propria mitragliatrice fino a causarne la discesa precipitosa nelle nostre linee. Per impedire che gli aviatori nemici distruggessero l'apparecchio appena atterrato, discendeva anch'egli precipitosamente raggiungendo lo scopo e concorrendo alla pronta cattura dei prigionieri. Cielo di Medeuzza, 7 aprile 1916.»
— 18 maggio 1916[28]
«Pilota aviatore addetto a una squadriglia da caccia, con sereno sprezzo di ogni pericolo e grande sangue freddo dando prova di molta perizia aviatoria, affrontava potenti aeroplani nemici, concorrendo molto efficacemente, con altro apparecchio da caccia, a determinare la caduta precipitosa di due velivoli avversari: l'uno in territorio nemico fra Bucovina e Ranziano, l'altro entro le nostre linee a Creda, gesso [sic!] Caporetto. Cielo di Gorizia 23 agosto 1916, cielo di Caporetto, 16 settembre 1916.»
— 15 marzo 1917[28]
«Informato con altri aviatori che un aeroplano nemico volteggiava con insistenza sopra Monte Stol e Monte Stariski per regolare il tiro delle proprie batterie montato su un velivolo da caccia arditamente affrontava l'apparecchio avversario che strenuamente si difese con una mitragliatrice e con un fucile a tiro rapido, e dopo una brillante e pericolosa lotta concorreva ad abbatterlo rimanendo ucciso l'ufficiale osservatore e ferito mortalmente il pilota. Monte Stariski, 16 settembre 1916»
— 10 giugno 1917[28]

Straniere

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Intitolazioni

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Inaugurazione del monumento dedicato a Francesco Baracca (Lugo, giugno 1936).
 
Fiat C.R.32 con lo stemma del cavallino rampante (Lugo, giugno 1936).

Subito dopo la sua morte, la 91ª Squadriglia venne ribattezzata "Squadriglia Baracca". Successivamente sono stati numerosi i reparti aerei italiani intitolati all'aviatore lughese. L'Aeronautica Nazionale Repubblicana gli dedicò il 3º Gruppo caccia, mentre l'Aeronautica Militare l'attuale 9º Stormo.[32] L'insegna di Baracca, il cavallino nero, è anche usata nell'emblema del 10º Gruppo e compare anche in quello del 12º Gruppo caccia, mentre è presente a colori invertiti nello stemma del 4º Stormo[33] e del dipendente 9º Gruppo caccia. In campo navale, la Regia Marina battezzò con il suo nome un sommergibile della classe Marconi. L'aeroporto di Roma-Centocelle che è sede del Comando della squadra aerea e del Comando operativo di vertice interforze,[34] così come l'aeroporto di Lugo che è sede di una scuola volo elicotteristi portano entrambi il suo nome.[35]. A questi si aggiunga l'intitolazione dello Squadrone Comando del Reggimento Piemonte Cavalleria.

Il portale web dell'Aeronautica Militare ha proposto una pagina, intitolata "I grandi aviatori", dove vengono citate le maggiori personalità storiche dell'aviazione italiana, ponendo Baracca tra di esse.[36] L'odierno stadio comunale di calcio di Mestre,[37] così come l'Istituto tecnico aeronautico statale di Forlì[38] e la squadra di calcio della sua città natale, il Baracca Lugo sono intitolati all'aviatore scomparso.

Il nome di Baracca campeggia su molte strade e piazze d'Italia, tra le altre: una via a Roma nel quartiere di Torpignattara, così come un'importante arteria di comunicazione fiorentina, mentre in piazzale Baracca, a Milano, è posto anche un monumento in suo onore.[39] Anche la sua città natale, Lugo, gli ha dedicato un monumento. La realizzazione fu affidata allo scultore faentino Domenico Rambelli che ideò una gigantesca ala d'aereo. Ai piedi dell'ala, la statua dell'eroe vestito con la tuta da aviatore. Il basamento dell'opera reca incise, sul fronte, le date ed i luoghi delle sue vittorie aeree. Ai fianchi vi sono i simboli dei reparti a cui appartenne l'aviatore: l'ippogrifo (91ª Squadriglia) e il cavallino rampante. Il monumento fu inaugurato il 21 giugno 1936. Sempre a Lugo si trova un museo a lui dedicato.[40] Sul Montello, alle porte di Treviso, esiste un monumento (vicino Nervesa della Battaglia), con una dedica di Gabriele D'Annunzio.

Contrariamente a quanto si crede, il punto nel quale l'opera sorge non è quello dove l'aereo del pilota di Lugo impattò contro il suolo. Lo "SPAD" di Baracca infatti, cadde in località "Busa delle rane" al termine della "valle dell'acqua", una depressione che si insinua nel Montello. Il sito dell'attuale monumento fu scelto negli anni trenta, per le sue caratteristiche di panoramicità, che permettevano di osservarlo dalla pianura sottostante. Francesco Baracca compare come personaggio, assieme ad altri celebri aviatori italiani quali Arturo Ferrarin e Adriano Visconti, nel film d'animazione giapponese Porco Rosso, del 1992, opera di Hayao Miyazaki[41].

Opere su Francesco Baracca

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  • Paolo Varriale e Giulia Garuffi, Francesco Baracca. Il carteggio 1900-1918, Imola, Il Nuovo Diario-Messaggero, 2020.
  • (FR) Riccardo Freda, "Francesco Baracca", un scénario de Riccardo Freda, in L'Avant-scène cinéma, n. 400, marzo 1991, pp. 43-48.

Filmografia

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Televisione

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Galleria d'immagini

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  1. ^ a b c d e f g h i Biografia di Francesco Baracca, su museobaracca.it. URL consultato il 30 maggio 2013 (archiviato dall'url originale il 30 agosto 2012).
  2. ^ Secondo altre fonti, nacque nella casa padronale sita nella frazione San Potito.
  3. ^ a b c d e f g h Francesco Baracca e il mito del cavallino rampante, su aeronautica.difesa.it. URL consultato il 1º giugno 2013.
  4. ^ Pier Mario Fasanotti, Tra il Po, il monte e la marina. I romagnoli da Artusi a Fellini, Neri Pozza, Vicenza, 2017, p. 159.
  5. ^ a b c d Shores 1989, p. 41.
  6. ^ Franks, Guest, Alegi.
  7. ^ Franks 2000.
  8. ^ Folco Quilici, Umili eroi, Milano, Edizioni Mondadori, 2016, ISBN 978-88-520-7688-6. Ospitato su Google libri.
  9. ^ Mariano Gabriele, BARACCA, Francesco, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 5, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1963.
  10. ^ GentilliVarriale_assi, p. 63.
  11. ^ a b Medaglia d'oro al valor militare BARACCA Francesco, su quirinale.it. URL consultato il 30 maggio 2013.
  12. ^ Le 34 vittorie di F. Baracca, su finn.it. URL consultato il 2 giugno 2013 (archiviato dall'url originale il 3 novembre 2013).
  13. ^ Le vittorie di Francesco Baracca, su museobaracca.it. URL consultato il 30 maggio 2013 (archiviato dall'url originale il 27 giugno 2013).
  14. ^ Molteni 2012, p. 13.
  15. ^ De Agostini 2008.
  16. ^ Anna Tamburini (a cura di), Lugo, il volto della città, 1992, pag. 96.
  17. ^ Antonio Carioti, Amore e guerra. Francesco Baracca cento anni dopo, in Corriere della Sera, 17 giugno 2018, p. 41.
  18. ^ Eugenio Barbera e Domizia Carafòli, Baracca - L'ultimo amore: Tredici lettere a una ragazza - 1917-1918, Est Press ISBN 978-8894013719 }}
  19. ^ Giordano Gamberini, Mille volti di massoni, Roma, Ed. Erasmo, 1975, p. 231.
  20. ^ Varriale 2010, p. 43.
  21. ^ Il bollettino di guerra austro-ungarico del 3 luglio 1918 attribuì l'abbattimento al tenente Barrug, con pilota il sergente Kauer, ma la cosa venne immediatamente smentita da parte italiana: «In quel giorno l'aviazione austriaca già completamente battuta dalla nostra, era assente dal cielo della battaglia», boll. uff. 3/7/18, in Diario della guerra d'Italia, Milano, Fratelli Treves, 1924.
  22. ^ Varriale 2010, p. 48.
  23. ^ Così Antonio Duma in Quelli del cavallino rampante. Storia del 4º Stormo Caccia, Vol. I Dalle origini all'armistizio (Roma, Edizioni Rivista Aeronautica - Ufficio Storico Aeronautica Militare, 2007), pp. 22, 55-56. Il generale Duma, già comandante del 4º Stormo e suo massimo storico, conclude però affermando che «la stessa forza che ha trasmesso ai posteri il cavallino di Baracca non avrebbe consentito che il colore dello stesso venisse variato. E se è giunto a noi nero, tale doveva essere all'origine».
  24. ^ Il Cavallino Rampante del 1932 di nuovo in pista, su ferrari.com, 9 luglio 2022.
  25. ^ Erroneamente scritto "Ozzano".
  26. ^ Erroneamente scritto "Piava".
  27. ^ Probabilmente un refuso, da correggere in Feistritz.
  28. ^ a b c d e f g h i Il medagliere di Francesco Baracca (PDF), su museobaracca.it. URL consultato il 30 maggio 2013 (archiviato dall'url originale il 15 maggio 2006).
  29. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato, su quirinale.it. URL consultato il 30 maggio 2013.
  30. ^ Luca ed Allessandro Goldoni, "Francesco Baracca - L'eroe dimenticato della Grande Guerra", Rizzoli 2015
  31. ^ In commutazione della medaglia d'argento al valore militare concessa con R.D. 24-5-1917 con motivazione: "Pilota aviatore addetto a una squadriglia da caccia, con sereno sprezzo di ogni pericolo e grande sangue freddo, dando prova di rara perizia aviatoria, affrontava un potente e bene armato aeroplano nemico, riuscendo con ben diretto fuoco di mitragliatrice a determinarne la caduta in territorio nazionale. Già distintosi in altro fiero combattimento aereo sostenuto nel cielo di Tolmezzo il 25 novembre 1916, combattimento che ebbe per risultato l'abbattimento dell'avversario. Cielo di Udine, 11 febbraio 1917".
  32. ^ 9º Stormo, su aeronautica.difesa.it. URL consultato il 1º giugno 2013.
  33. ^ 4º Stormo, su aeronautica.difesa.it. URL consultato il 1º giugno 2013 (archiviato dall'url originale il 9 giugno 2016).
  34. ^ Ubicazione del COI, su difesa.it. URL consultato il 31 maggio 2013.
  35. ^ Aeroclub Francesco Baracca, su aeroclublugo.it. URL consultato il 31 maggio 2013.
  36. ^ I grandi aviatori, su aeronautica.difesa.it. URL consultato il 31 maggio 2013 (archiviato dall'url originale il 30 giugno 2013).
  37. ^ Stadio Francesco Baracca, su comune.venezia.it. URL consultato il 31 maggio 2013 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2015).
  38. ^ Istituto Tecnico Aeronautico "Francesco Baracca" di Forlì, su itaerforli.it. URL consultato il 31 maggio 2013.
  39. ^ Opera dello scultore Silvio Monfrini con piedistallo dell'architetto Ulisse Stacchini, il monumento fu inaugurato il 27 settembre 1931 da Italo Balbo, allora Ministro dell'Aviazione.
  40. ^ Museo Francesco Baracca, su museobaracca.it. URL consultato il 31 maggio 2013.
  41. ^ Personaggi thienesi Archiviato l'11 gennaio 2014 in Internet Archive. prothiene.it.

Bibliografia

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  • Cesare De Agostini, Baracca. L'eroe del Cavallino, Giorgio Nada Editore, 2008, ISBN 88-7911-443-3.
  • (EN) Norman L. R. Franks, Russell Guest, Gregory Alegi, Above the War Fronts, Grub Street, 1997, ISBN 1-898697-56-6.
  • (EN) Norman Franks, Nieuport Aces of World War I, Cambridge, Osprey Publishing, 2000, ISBN 978-1-85532-961-4.
  • Mirko Molteni, L'aviazione italiana 1940-1945 – Azioni belliche e scelte operative, Bologna, Odoya, 2012, ISBN 978-88-6288-144-9.
  • (EN) Christopher Shores, Air Aces, Greenwich, Connecticut, Bison Books, 1983, ISBN 0-86124-104-5.
  • Paolo Varriale, Cieli del Montello, 19 giugno 1918, Parma, Albertelli, 2010.
  • Roberto Gentilli, Paolo Varriale e Antonio Iozzi, Gli assi dell'aviazione italiana nella Grande Guerra, Roma, Ufficio Storico dello Stato maggiore Aeronautica, 2002
  • Maria Luisa Suprani, La grande guerra di Francesco Baracca, CartaCanta, Forlì 2020.

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