Gaetano Pasqui

agronomo italiano

Gaetano Pasqui (Forlì, 14 novembre 1807Forlì, 19 giugno 1879) è stato un agronomo italiano.

Gaetano Pasqui

Biografia

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Proprietario di un fondo sul lato destro della confluenza dei fiumi Montone e Rabbi, a un paio di chilometri dal centro di Forlì, l'agronomo si dedicò alla tecnologia applicata all'agricoltura, interesse che condivideva con il fratello Giovanni (1802-1893). Nel 1835 impiantò una fabbrica artigianale di birra[1]. Probabilmente si tratta della più antica birra artigianale interamente italiana, ancor più particolare perché avviata da un possidente di provincia e non da un imprenditore industriale.

Il suo nome è ricordato perché fu il primo a coltivare il luppolo in Italia, e pertanto non dovette importarlo dalla Germania o, come si usava in quel tempo, dagli Stati Uniti d'America[1]. Iniziò la prima luppolaia italiana nel 1847, lavorando con il fratello minore per sei mesi all'anno, con una trentina di germogli di luppolo selvatico per poi ottenere, a partire dal 1850 i primi risultati soddisfacenti: un decennio dopo poteva vantare oltre 3 500 piante. Nel 1863 la produzione della sua birra artigianale si attestò sulle 35 000 bottiglie.[1]

 
Schema del Copriseme Pasqui

Fu anche inventore di diversi strumenti agricoli, come il "Piantapertiche Pasqui" e il "Levapertiche Pasqui", premiati a Firenze nel 1861 e a Londra nel 1862[1]. In particolare, da assistente alla cattedra di agronomia nel Regio istituto tecnico di Forlì, ideò un aratro particolare: il "Polivomero Pasqui", presentato con successo all'Esposizione universale di Parigi del 1867. Notevole fu anche la sua attività di "modellista". Attrezzi agricoli, in formato mignon, creati dall'"Agenzia per macchine e strumenti rurali Gaetano Pasqui" furono acquistati da molti istituti di tutta Italia.

Si spense a Forlì all'età di 72 anni: ora è sepolto nella tomba di famiglia all'interno del cimitero monumentale della sua città. Sposato con Geltrude Silvagni ebbe quattro figli: Livia, Ottavia, Claudia e Tito Pasqui.

Premiata Fabbrica di Birra Gaetano Pasqui - Forlì

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Il marchio è tuttora usato per una birra prodotta da una generazione di discendenti che, unitisi in Birra Pasqui S.r.l.s., hanno iniziato a distribuire una linea di birre con ricette ispirate a quelle originali. La prima di esse prende il nome di Livia, appartenente alla primogenita di Gaetano e, contemporaneamente, nome poetico per Forlì. Quindi, si tratta della prima birra di Forlì e di una delle più antiche artigianali italiane.

Documenti

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Così si legge di Gaetano Pasqui in una breve relazione riportata in un numero de L'amico dei fanciulli del 1879:

 
Forlì: etichetta della Birra Pasqui

«La sua attività, i suoi risparmi lo posero in grado di potere verso l'anno 1847 impiantare nella sua città nativa una piccola fabbrica di birra: ma per avere i grappoli del luppolo aromatizzatore di tale bevanda, doveva ricorrere al di fuori; donde per le non facili communicazioni in quei tempi e per molte altre difficoltà commerciali si poteva avere a grandissimo stento e a caro prezzo. Nacque allora al Pasqui il pensiero di coltivare la pianta da sé; e quantunque si tenesse per sicuro che essa non attecchisse in Italia, pure egli, osservando che fra le nostre siepi qualche pianticella va trovandosene, pensò che, allevata con cura, potrebbe migliorarsi e rendersi proficua come quella venuta di Germania o d'America. S'appose ben egli; perciocché trovate con minute ricerche alcune pianticelle e studiato sugli scrittori di tale coltivazione tutto ciò che ad esse si attenesse, poté verso il 1850, dopo tre o quattro anni di perseverante cura, ottenere dalla pianta il frutto desiderato, che rinvenne eccellente. Allora diedesi ad estendere la coltivazione; pose un vivaio, lo aumentò e ne ebbe guadagno modesto sì, ma grande in proporzione della piccola estensione data alla coltura. Non si disanimò, quando nel 1855 la melata, immedicabile malattia del luppolo, gli portò via gran parte del prodotto, ma raddoppiò le cure tanto che nel 1860 fece appello ai coltivatori perché intendessero alla coltura di questa pianta e poté loro mostrare i vantaggi di questa nuova industria. Accorsero quindi da varie parti d'Italia molti che prima acquistavano il luppolo al di fuori, ed egli diede istruzioni, somministrò piante, inventò attrezzi atti alla nuova coltivazione, e si poté dire che il luppolo allora erasi fatto italiano. Così liberava gli industrianti nostrani da un tributo verso gli stranieri e provvedeva della bevanda igienica questi paesi.»

Così scriveva Gaetano Pasqui, in una relazione inviata al ministero di agricoltura, industria e commercio del 1871:

«In questo terreno negli anni precedenti si coltivò il luppolo, pianta aromatica importante della quale da molti anni primo introdussi nell'Emilia la coltura, che ottenne premio distinto alla Esposizione Nazionale di Firenze del 1861 e alla Mostra universale di Londra del 1862, ove il mio luppolo fu trovato ricco di luppolina come quello di Germania, del quale ora si fa tanta importazione in Italia, mentre dovremmo esonerarci da questo tributo che paghiamo agli stranieri, perocché il luppolo prospero vegeta e dà ottimi ricolti anche nella nostra regione.»

  1. ^ a b c d Pasqui, il mastro birraio, su mondobirra.org. URL consultato il 24 novembre 2013.

Bibliografia

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  • Del luppolo coltivato da Gaetano Pasqui da Forlì: relazione, Bologna, Stabilimento tipografico di G. Monti, 1861.
  • Della sementa a porche del grano e del polivomero copriseme-Pasqui: considerazioni del prof. Giuseppe Ricca Rosellini estratte dal Giornale di agricoltura del Regno d'Italia, 1867.
  • Umberto Pasqui, L'uomo della birra: l'incredibile storia della più antica 'bionda' di luppolo italiano, Forlì, CartaCanta, 2010, ISBN 978-88-96629-15-4.

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