Lee Bontecou

scultrice statunitense (1931-2022)

Lee Bontecou (Providence, 15 gennaio 1931Florida, 8 novembre 2022[1]) è stata una scultrice statunitense.

Biografia

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Crebbe a New York e nella Nuova Scozia.[2] Dal 1952 al 1955 frequentò l'Art Students League di New York. Grazie a una borsa di studio si trasferì a Roma, dove visse dal 1956 al 1958[2][3]. Ritornò quindi a New York e il suo lavoro artistico le fruttò una grande quantità di premi e riconoscimenti, come il Louis Comfort Tiffany Award, il Mademoiselle Woman of the Year, il secondo posto alla 28th Biennial of American Art della Corcoran Gallery of Art di Washington e il primo premio del National Institute of Arts and Letters.[2]

Nel 1960 tenne la sua prima mostra personale nella galleria di Leo Castelli, dove continuerà a esporre fino al 1970.[4]

Dal 1965 visse col marito William Giles, scultore, e la figlia Valerie a Greene Street.[2][4]

Dal 1970 insegnò al Brooklyn College[2] fino al 1991, anno in cui si ritirò a vita privata a Orbisonia, in Pennsylvania,[2] dove continuò a scolpire tenendosi però lontana dai riflettori.[4] Tornò alla ribalta nel 2003 grazie a una retrospettiva organizzata dall'Hammer Museum di Los Angeles, dal Museum of Contemporary Art di Chicago e dal Museum of Modern Art di New York.

L'artista è morta nella sua casa nello stato della Florida l'8 novembre 2022[5].

Bibliografia

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  • Jo Applin, This Threatening and Possibly Functioning Object: Lee Bontecou and the Sculptural Void , Art History, 2006, pp. 476–503
  • Arthur Danto, A Tribe Called Quest, The Nation, 2004, p. 40-43
  • Douglas Dreishpoon, From a Curator's Point of View: Making Selections and Forging Connections: Lee Bontecou, Eva Hesse, Donald Judd, Sol LeWitt, Brice Marden, Robert Morris, Robert Smithson, Weatherspoon Art Gallery, University of North Carolina at Greensboro.
  • Helen Anne Molesworth, Part Object Part Sculpture, Wexner Center for the Arts, The Ohio State University, 2004.
  • A.T. Elizabeth, Lee Bontecou: A Retrospective, Museum of Contemporary Art, Chicago, 2003.

Collegamenti esterni

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