Mannelli
La famiglia Mannelli è una famiglia patrizia di Firenze.
Mannelli | |
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Di rosso, a tre spade basse d'argento poste in banda e ordinate in sbarra. | |
Data di fondazione | XIII secolo |
Storia
modificaLa famiglia è nota fin dal 1204, quando si insediò nel sesto di "Oltrarno", ovvero sulla riva sinistra del fiume Arno. In particolare le loro case si trovavano nell'odierna via dei Bardi, ove ancora esiste un palazzo appartenuto a Piero Mannelli. Qui si trova anche la loro celebre Torre dei Mannelli alla testa del Ponte Vecchio, che gli valse anche il nome, talvolta riportato nei documenti, di "Pontigiani" (con o senza la precisazione "della Torre alla coscia del Ponte Vecchio"), o di "Piazzigiani", con riferimento al Borgo di Piazza (via Guicciardini)[1].
La discendenza del cognome è incerta, testi storici asseriscono che derivi da un Mannello ovvero un drappello di uomini forse mercenari. Ma non appena la famiglia divenne importante venne ipotizzato perfino che potesse derivare dalla antica famiglia romana dei Manlii. È comunque quasi certo che da ricchi proprietari terrieri di Fibbiana si inurbarono nel corso del XIV secolo in Firenze.
La famiglia, che certamente si è sempre distinta nell'uso delle armi, ebbe più ramificazioni con differenti interessi politici, infatti nella battaglia di Montaperti nel 1260, una parte dei Mannelli combatté a fianco dei Guelfi, altri con la parte Ghibellina.
Si distinsero anche in altre importanti e storiche battaglie di terra e di mare. Uno di loro, "Ghelo della Gorgiera", era così chiamato perché non si separava mai da quel pezzo d'armatura. Parteciparono a Campaldino, a Montecatini e ad Altopascio; Raimondo Mannelli, nel 1431, riportò una significativa vittoria sui Genovesi nella battaglia di Rapallo, combattuta in mare[1].
La storica famiglia dette dieci priori alla Repubblica fiorentina, alcuni podestà e si distinse con molti altri personaggi tra cui:
- Zanobi, tra i protagonisti dei fatti che portarono alla cacciata del Duca di Atene;
- suo figlio Amaretto fu con i Ciompi nella omonima rivolta;
- Luca, dell'ordine dei predicatori, nel 1345 fu vescovo di Osimo e poi di Osimo;
- Francesco, amico del Boccaccio, possedette un'edizione manuale del Decameron;
- Jacopo, detto il Grasso, nel 1344 fu podestà di Montecatini e della val di Nievole;
- Raimondo di Amaretto, capitano di ventura veneziano, nel 1431 riportò una vittoria presso Rapallo contro i genovesi e conseguì l'appartenenza ai Cavalieri di Rodi, ricevendone l'onorificenza; anche il figlio Piero seguì le gesta del padre.
Oltre che uomini d'arme, furono anche valenti banchieri, arricchendosi, come molti altri fiorentini, col commercio estero, in particolare con Avignone[1].
Sotto il granducato mediceo ebbero cavalieri di Santo Stefano, senatori e ciambellani di corte[1].
Nel corso dei secoli i Mannelli ampliano ricchezze e proprietà con l'unione con altre famiglie fiorentine. Nel 1705 Ottavio Galilei nominò erede universale con beni e titoli Jacopo Mannelli (1634-1720) la cui discendenza assume il cognome di Mannelli-Galilei. Nel 1746 furono eredi universali di un ramo dei Gondi, e nel 1796 Pierfrancesco (1751-1831) sposò Anna dei marchesi Riccardi ereditandone parte del patrimonio; loro figlio Giuseppe (1801-1829), sposò Camilla Cattani-Cavalcanti portandone in dote l'eredità. Nel 1848 Guido Nicomede fu erede universale dei marchesi Riccardi di cui acquistò anche il cognome.
Dal 1751 i Mannelli sono ascritti al patriziato fiorentino. La città di Firenze ha dedicato loro una strada (via dei Mannelli, in zona Campo di Marte).
Edifici
modificaAl primo Quattrocento risale il rifacimento, da essi sponsorizzato, dell'oratorio della Madonna della Querce a Firenze, in zona Legnaia, di fronte al loro palazzo in via palazzo dei Diavoli; di cui mantennero a lungo il patronato[1].
La Torre dei Mannelli che svetta a fianco del Ponte Vecchio è il più importante ed antico monumento storico appartenuto alla famiglia, sulle fondamenta di essa poggia l'ultima arcata del Ponte Vecchio che venne iniziato nel 1341. L'episodio più noto che riguarda la famiglia è proprio legato all'opposizione che fecero a Cosimo I de' Medici desideroso di far attraversare la loro torre dal camminamento sospeso che Giorgio Vasari stava costruendogli da palazzo Vecchio a palazzo Pitti, poi chiamato corridoio vasariano. I Mannelli non permisero che la loro residenza fosse mutilata e, una volta tanto, il duca di Firenze fece buon viso a cattivo gioco, riconoscendo che "ciascheduno è padrone in casa sua". All'architetto non restò che mettere in pratica una geniale soluzione per far girare il corridoio attorno alla torre, sostenendosi con mensoloni in pietra che ancora oggi si vedono[1].
Dai Galilei ebbero la villa di Malcantone che poi, secoli dopo, gli valse l'intitolazione di una via vicina nella toponomastica fiorentina, via Mannelli[1].
Lo stemma
modificaLo stemma gentilizio della famiglia è costituito da tre pugnali in banda[2] e lo si può osservare nella chiesa di santa Felicita nell'ultima cappella della navata destra, oltre che sui molteplici palazzi appartenuti ai diversi rami della famiglia; interessante la lapide tombale posta in via degli Avelli sul lato esterno del cimitero della basilica di Santa Maria Novella.
Note
modificaBibliografia
modifica- Storia Genealogica della nobiltà e cittadinanza di Firenze, opera raccolta e ordinata dall'abate Giuseppe Maria Mecatti, Napoli 1754.
- Piero Bargellini, Ennio Guarnieri, Firenze delle torri, Bonechi Editore, Firenze 1973.
- Piero Bargellini, Ennio Guarnieri, Le strade di Firenze, 4 voll., Firenze, Bonechi, 1977-1978.
- Renzo Baldaccini, Il Ponte Vecchio, CYA editore in Firenze 1944.
- G. F. Young, I Medici, voll. II, Salani, Firenze, 1941.
Voci correlate
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