Risoluzione 67/19 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite

risoluzione che concede lo status di osservatore permanente dell'Assemblea ONU allo Stato di Palestina

La risoluzione 67/19 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite è stata adottata il 29 novembre 2012 per la concessione dello status di osservatore permanente, come Stato non membro, allo Stato di Palestina.[1][2] Tale risoluzione conferisce allo Stato palestinese uno status equivalente, in seno alle Nazioni Unite, a quello dello Stato della Città del Vaticano.[3]

Risoluzione 67/19
dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite
Data29 novembre 2012
Seduta n.44
CodiceA/RES/67/19 (Documento)
VotiPro: 138 Ast.: 41 Contro: 9
OggettoConcessione dello status di osservatore allo Stato di Palestina
RisultatoApprovata
Composizione del Consiglio di Sicurezza nel 2012
Il discorso del Presidente della Palestina prima del voto.

Dichiarazioni

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Il presidente palestinese Abū Māzen presentò la domanda di adozione di tale status, affermando come il proprio paese avesse bisogno di un certificato di nascita.

I paesi membri dell'Unione europea non hanno avuto una posizione comune: Francia, Grecia, Irlanda, Italia e Spagna hanno espresso il loro appoggio all'approvazione, mentre Germania, Gran Bretagna e Paesi Bassi hanno optato per l'astensione. La Repubblica Ceca ha votato contro.[4] Il rappresentante della Germania ha motivato la posizione del suo paese affermando come il proprio paese sia favorevole alla nascita di uno Stato palestinese, ma che il miglior modo di raggiungere questo obiettivo sia quello di un accordo con Israele.

Tra i paesi favorevoli a tale riconoscimento vi erano anche Cina e Russia.[5]

Tra i paesi contrari vi sono Israele e gli Stati Uniti. Questi ultimi hanno motivato il proprio dissenso, per mezzo del segretario di Stato Hillary Clinton, rilevando come non sia stata una scelta proficua per la pace nell'area. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu ha rilevato come tale risoluzione non cambi, di fatto, nulla nelle relazioni tra i due paesi. Anzi, tale scelta non può fare altro che allontanare la costituzione di uno stato palestinese.[6][7]

Votazione

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Voto sul riconoscimento dello status di Stato osservatore non-membro alla Palestina:

     A favore

     Contro

     Astensione

     Assente

     Non-membri

 
La delegazione palestinese applaude dopo l'approvazione della risoluzione

La risoluzione è stata approvata con il voto favorevole di 138 stati membri, 41 astenuti e 9 contrari.

Favorevoli

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I paesi che hanno votato a favore sono: Afghanistan, Algeria, Angola, Antigua e Barbuda, Arabia Saudita, Argentina, Armenia, Austria, Azerbaigian, Bahrein, Bangladesh, Bielorussia, Belgio, Belize, Benin, Bhutan, Bolivia, Botswana, Brasile, Brunei, Burkina Faso, Burundi, Cambogia, Capo Verde, Ciad, Cile, Cina, Comore, Congo, Corea del Nord, Costa d'Avorio, Costa Rica, Cuba, Cipro, Danimarca, Dominica, Ecuador, Egitto, El Salvador, Emirati Arabi Uniti, Eritrea, Etiopia, Filippine, Finlandia, Francia, Gabon, Gambia, Georgia, Ghana, Giappone, Gibuti, Giordania, Grecia, Grenada, Guinea, Guinea-Bissau, Guyana, Honduras, India, Indonesia, Iran, Iraq, Irlanda, Islanda, Italia, Giamaica, Kazakistan, Kenya, Kirghizistan, Kuwait, Laos, Lesotho, Libano, Libia, Liechtenstein, Lussemburgo, Malaysia, Maldive, Mali, Malta, Marocco, Mauritania, Mauritius, Messico, Mozambico, Myanmar, Namibia, Nepal, Nicaragua, Niger, Nigeria, Norvegia, Nuova Zelanda, Oman, Pakistan, Perù, Portogallo, Qatar, Repubblica Centrafricana, Repubblica Dominicana, Russia, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, São Tomé e Príncipe, Senegal, Serbia, Seychelles, Sierra Leone, Siria, Isole Salomone, Somalia, Spagna, Sudafrica, Sudan del Sud, Sri Lanka, Sudan, Suriname, Svezia, Svizzera, Swaziland, Tagikistan, Tanzania, Thailandia, Timor Est, Trinidad e Tobago, Tunisia, Turchia, Turkmenistan, Tuvalu, Uganda, Uruguay, Uzbekistan, Venezuela, Vietnam, Yemen, Zambia, Zimbabwe.[4]

Contrari

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I paesi che hanno votato contro l'adozione di questa risoluzione sono: Canada, Israele, Isole Marshall, Micronesia, Nauru, Palau, Panama, Repubblica Ceca, Stati Uniti.[4]

Astenuti

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I paesi astenuti sono stati: Albania, Andorra, Australia, Bahamas, Barbados, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Camerun, Colombia, Croazia, Estonia, Figi, Germania, Guatemala, Haiti, Lettonia, Lituania, Malawi, Principato di Monaco, Mongolia, Montenegro, Paesi Bassi, Papua Nuova Guinea, Paraguay, Polonia, Regno Unito, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica di Corea, Moldavia, Romania, Ruanda, Samoa, San Marino, Singapore, Slovacchia, Slovenia, Macedonia, Togo, Tonga, Ungheria, Vanuatu.[4]

Assenti

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Non si sono presentati alla votazione i seguenti paesi: Guinea Equatoriale, Kiribati, Liberia, Madagascar, Ucraina.[4]

Effetti della risoluzione

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Tale risoluzione permetterà alla Palestina di partecipare alle discussioni presso il palazzo di vetro,[8] nonché chiedere di aderire ad altre agenzie specializzate delle Nazioni Unite.[9] Il 17 dicembre, l'ONU ha approvato il cambio di nome da "Palestina" a "Stato di Palestina" e ha disposto che in tutti i documenti ufficiali venisse usato il secondo termine[10]. Inizialmente, non fu chiaro se il nuovo status conferisse alla Palestina il diritto di presentare denunce presso la Corte penale internazionale.[11] Il 2 settembre 2014, la Procuratrice della Corte penale Fatou Bensouda ha affermato che, in seguito al nuovo status presso l'ONU, la Palestina ha acquisito il diritto di aderire allo Statuto di Roma.[12] Il 2 gennaio 2015 la Palestina ha fatto richiesta di adesione allo Statuto di Roma, adesione entrata in vigore il 1º aprile 2015[13]. Il 20 dicembre 2019 la Procuratrice Fatou Bensouda ha dichiarato che tutti i criteri previsti dallo Statuto di Roma per l'apertura di un'indagine da parte della Palestina sono stati soddisfatti.[14]

  1. ^ (EN) Status of Palestine in the United Nations (PDF) (archiviato dall'url originale il 26 marzo 2015), Risoluzione 67/19 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite
  2. ^ Niccolò Locatelli, Palestina, un Gattopardo all’Onu, la Repubblica, 30 novembre 2012. URL consultato il 14 dicembre 2013.
  3. ^ (EN) Why Palestine Won Big at the U.N., TIME, 29 novembre 2012. URL consultato il 14 dicembre 2013.
  4. ^ a b c d e (EN) Resoconto dell'Assemblea Generale dell'Onu.
  5. ^ Onu, sì alla Palestina "Stato osservatore", la Repubblica, 29 novembre 2012. URL consultato il 14 dicembre 2013.
  6. ^ Palestina «stato osservatore», sì dell'Onu. L'Italia appoggia la risoluzione: deluso Israele, Corriere della Sera, 29 novembre 2012. URL consultato il 14 dicembre 2013.
  7. ^ Onu, l’Assemblea generale riconosce la Palestina “Stato osservatore non membro”, il Fatto Quotidiano, 29 novembre 2012. URL consultato il 14 dicembre 2013.
  8. ^ La Palestina è osservatore all’ONU, ilpost.it, 29 novembre 2012. URL consultato il 14 dicembre 2013.
  9. ^ La Palestina "stato non membro": cosa cambia, Il Messaggero, 29 novembre 2012. URL consultato il 14 dicembre 2013 (archiviato dall'url originale il 14 dicembre 2013).
  10. ^ (EN) Ali Gharib, U.N. Adds New Name: "State of Palestine", su thedailybeast.com, 20 dicembre 2012. URL consultato il 6 dicembre 2013.
  11. ^ A seguito dell'operazione piombo fuso la Palestina chiese l'intervento della Corte penale internazionale al fine di rilevare se fossero state violate delle norme internazionali. Tale istanza venne respinta in quanto la Palestina non era considerata uno Stato e, pertanto, impossibilitato ad avviare tale procedura giurisdizionale in capo a tale organo dell'ONU. cfr. Gabriele Della Morte, La Palestina osservatore Onu: nuovo Stato o nuovo status?, Huffington Post, 11 dicembre 2012. URL consultato il 14 dicembre 2013.
  12. ^ Fatou Bensouda, Fatou Bensouda: the truth about the ICC and Gaza, in The Guardian, 29 agosto 2014. URL consultato il 1º settembre 2014.
  13. ^ https://www.icc-cpi.int/palestine
  14. ^ https://www.icc-cpi.int/news/statement-icc-prosecutor-fatou-bensouda-conclusion-preliminary-examination-situation-palestine

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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