Utente:Rosa Mauro/Sandbox
L'omicidio di Carla Gruber è un caso di omicidio commesso all'inizio del gennaio 1970 a Roma dal criminale Luciano Luberti a danno della sua amante Carla Gruber nella sua casa in via Francesco Pallavicini, 52 nel quartiere Portuense. Il cadavere dell'amante venne scoperto circa tre mesi dopo la morte il 3 aprile.
Storia
modificaAntefatti
modificaLuciano Luberti era nato a Roma il 25 aprile 1921, nel 1943 venne arruolato nella Feldgendarmerie di Albenga (SV) come traduttore per l'ottima conoscenza del tedesco. Ad Albenga divenne noto come "boia" per i numerosi crimini commessi. Al termine della guerra venne condannato inizialmente alla condanna a morte poi la pena venne commutata con l'ergastolo e quindi con l'amnistia a 7 anni di carcere militare di Gaeta e venne scarcerato nel 1953.
Carla Gruber era nata a Zara nel 1938, in seguito all'occupazione jugoslava della città la sua famiglia seguì tantissimi giuliano-dalmati e si rifugò in un campo profughi della provincia di Roma poi a Roma nel quartiere Giuliano-Dalmata[1].
Prima di quattro sorelle, la Gruber nell'ottobre 1959 sposò Mario Bazzarini, un funzionario delle imposte originario di Pola undici anni più anziano di lei da cui ebbe tre figli: Marina, Giancarlo e Francesca che finirono in collegio quando si separarono[2].
Luberti dopo essersi trasferito a Roma fondò la sua casa editrice di estrema destra, Organizzatrice Editoriale Luberti che aveva sede in via Colle di Mezzo non lontano dal quartiere Giuliano-Dalmata. La Gruber si presentò al Luberti per essere assunta come sua segretaria.
L'omicidio
modificaLa donna prima di morire all'inizio del gennaio 1970 aveva assunto uno o due compresse del sedativo luminal che era solita assumere poi Luberti le sparò un colpo di rivoltella 7,65 che le colpì il polmone sinistro[3]. La donna morì dissanguata dopo alcune ore infatti poteva essere anche salvata se fosse stata subito ricoverata[4]. Probabilmente le mise un baby-doll rosa quando era morente o morta da poco[5].
Dopo il delitto prese la figlia di Carla Gruber nata dalla storia con il medico di Montefiascone Maria Melissa e la figlia della Gruber visse per dodici giorni nella casa assieme al Luberti con in casa il cadavere della madre, poi il 1° febbraio la portò dalla madre della Gruber Ernesta Carducci e le disse che Carla era stata ricoverata in ospedale per un intervento chirurgico infine il 20 febbraio scrisse al consiglio comunale di Montefiascone per far adottare la bambina dal medico[6], tutto questo venne scoperto nel diario di Luberti ritrovato nella casa[7].
Nel diario scrisse che poteva essere condannato solo per occultamento di cadavere perché si era suicidata e di averle raccontato il film Satyricon di Fellini dopo averlo visto[8].
Per tre mesi tornava spesso a casa con scatole di profumo, pacchi di creolina e deodorante che servivano per affievolire l'odore della decomposizione[9].
La scoperta
modificaA fine marzo Luberti inviò una missiva alla Questura di Roma con scritto:
«La mia adorata diletta si trova morta in via Francesco Pallavicini 52. Nell’interno troverete un’arma da guerra con la quale non me la sono sentita di vendicare e di colpire il responsabile del suicidio della mia donna. Fate attenzione e prendete le vostre precauzioni perché il corpo si trova in stato di avanzata putrefazione. Qualche ora dopo che avrete ricevuto questa lettera sarò espatriato.»
Dopo una settimana il 3 aprile la polizia forzò la porta per entrare. Gli agenti trovarono tutte le porte della casa sigillate e dopo averle aperte trovarono molto disordine e un'aria irrespirabile. Nella cucina c'erano i resti di un pranzo mangiato velocemente poi in fondo al corridoio che percorreva tutta la casa una fila di piatti ripieni di deodoranti e un grosso secchio disinfettante e nella stanza matrimoniale c'era il cadavere di Carla Gruber da tre mesi. L'arma del delitto non venne ritrovata[10].
Sulla porta d'ingresso della stanza matrimoniale Luberti aveva scritto questo messaggio:
«Chiudo la porta il 20 gennaio alle ore 16. Che potevo fare di meglio se non amarti sino alla fine dei tuoi giorni, mia diletta Regina? Dammi il tempo di compiere tutto il resto come mi hai ordinato.»
La fuga e il processo
modificaInfluenza culturale
modificaNote
modifica- ^ La Stampa, 4 aprile 1970 pag.11
- ^ La Stampa, 4 aprile 1970 pag.11
- ^ Intervista a Niccolò Amato, pubblica accusa nel processo al boia di Albenga
- ^ L'Unità, 11 luglio 1972 pag.5
- ^ La Stampa, 5 aprile 1970 pag.9
- ^ La Stampa, 5 aprile 1970 pag.9
- ^ La Stampa, 5 aprile 1970 pag.9
- ^ La Stampa, 5 aprile 1970 pag.9
- ^ L'Unità, 11 luglio 1972 pag.5
- ^ La Stampa, 4 aprile 1970 pag.11
- ^ Delitti History Channel Il boia di Albenga