Bartolomeo Galletti: differenze tra le versioni

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{{S|patrioti italiani|militari italiani}}
{{tmp|Infobox militare}}
{{militare
{{tmp|Bio}}
|Nome = Bartolomeo Galletti
'''Bartolomeo Galletti''', detto '''Meo Galletti''' ([[Roma]], 2 settembre [[1812]]<ref>Archivio di Stato di Roma, ''Arch. Galletti, Acquisti e doni'', b. 1, f. V</ref> – Roma, 18 febbraio [[1887]]) è stato un [[generale]], [[Patriottismo|patriota]] e [[politico]] [[Italia|italiano]], del [[Risorgimento italiano|Risorgimento]].
|Immagine = BartolomeoGalletti-Gianicolo026.jpg
|Didascalia = Busto al Gianicolo
|Data_di_nascita = 15 settembre 1812
|Nato_a = [[Roma]]
|Data_di_morte = 18 febbraio 1887
|Morto_a = [[Roma]]
|Cause_della_morte =
|Luogo_di_sepoltura = [[Cimitero di Torre San Patrizio]]
|Etnia = <!-- solo se enciclopedica -->
|Religione = <!-- solo se enciclopedica -->
|Nazione_servita = {{SAR 1816-1848}}<br />{{Bandiera|ITA 1861-1946}} [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]
|Forza_armata = [[File:Flag of the Kingdom of Sardinia (1848-1851).svg|21px]] [[Regia Armata Sarda]] <br/> [[File:Flag of Italy (1860).svg|21px]] [[Regio Esercito]]
|Arma =
|Corpo =
|Specialità =
|Unità =
|Reparto =
|Anni_di_servizio = 1848 - 1873
|Grado = [[Maggiore generale]] ([[1848]]), [[Colonnello]] ([[1849]]) e [[Tenente colonnello]] ([[1859]])
|Ferite =
|Comandanti =
|Guerre = [[Difesa di Roma]]<br/>
[[Prima guerra d'indipendenza italiana]]<br/>
[[Lotta al Brigantaggio]]
|Campagne =
|Battaglie =
|Comandante_di =
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|Studi_militari =
|Pubblicazioni =
|Frase_celebre =
|Altro_lavoro = Patriota
|Altro_campo =
|Altro =
|Note =
|Ref = Fonti nel testo
}}
{{Bio
|Nome = Bartolomeo
|Cognome = Galletti
|PostCognomeVirgola =
|Sesso = M
|LuogoNascita = Roma
|GiornoMeseNascita = 15 settembre
|AnnoNascita = 1812
|LuogoMorte = Roma
|GiornoMeseMorte = 18 febbraio
|AnnoMorte = 1887
|Epoca = 1800
|Attività = patriota
|Attività2 = militare
|Nazionalità = italiano
|PostNazionalità = del [[Risorgimento italiano|Risorgimento]]
}}


Fu conosciuto più per la sua vita ricca di pettegolezzi che aver avuto un ruolo importante nelle vicende delle guerre d'Indipendenza.
Figlio di Antonio e Rosa Ruga, nel 1842 sposò Anna de Cadilhac.


== Biografia ==
== Biografia ==
Figlio di Antonio Galletti e Rosa Ruga. Il padre era un importante commerciante romano con vari negozi e proprietà immobiliari nonché detentore della privativa per l'[[allume]] per lo [[stato pontificio]].<ref name=":0" />
=== La famiglia e la giovinezza ===
Il padre era un importante commerciante romano con varie proprietà immobiliari nonchè detentore della privativa per l'allime per lo stato pontificio.


Alla morto del padre nel [[1833]] diventò un ricco ereditiere,<ref name=":0" /> ed ebbe una giovinezza fatta di lusso e ostentazione con qualche eccesso che gli procurò anche problemi giudiziari.<ref name=":0">{{Cita pubblicazione|autore=Giuseppe Monsagrati|anno=1998|titolo=GALLETTI, Bartolomeo|rivista=Dizionario Biografico degli Italiani|volume=51}}</ref> Nel [[1842]] sposò Anna de Cadilhac, appartenente a una importante famiglia si origine francese.<ref name=":0" />
=== La vita di mare ===
Imbarcato sull'[[avviso a ruote]] ''Aquila'', fu preso a ben volere dal capitano Millelire, che gli consentì di studiare e formarsi per la carriera nella marina militare. Nel [[1841]] fu allievo pilota a bordo della nave [[Gulnara (avviso)|Gulnara]] e [[1844|tre anni dopo]], inaspettatamente, Nino fu a sua volta surrogato da altro marinaio che, dichiarandosi suo "volontario surrogante", si arruolò restituendogli la libertà. L'[[azione surrogatoria]] era stata organizzata dal fratello maggiore [[Jacques Alexandre Bixio|Alessandro]], che in [[Francia]] era divenuto un importante funzionario di banca e, non appena avutane la possibilità, era intervenuto in soccorso di Nino.


Dal matrimonio nacquero due figli: [[Arturo Galletti di Cadilhac]] (1843-1912), che fu deputato per cinque legislature, senatore per cinque legislature alla Camera, e Maria Luigia (1845-82), morta tragicamente durante il terremoto di Casamicciola.<ref name=":0" />[[File:Adelaide Ristori.jpg|thumb|Adelaide Ristori]]
Tornato a Genova, conobbe la bellissima nipote Adelaide Parodi, figlia della sorella maggiore Marina. I due s'innamorarono e vissero un lunghissimo rapporto clandestino, osteggiato dai famigliari, prima di convolare a nozze, undici anni più tardi.
Nutrendo idee [[Libertarianismo|liberali]], nel 1848 fu tra i primi ad arruolarsi nella Guardia nazionale e partecipò alla I guerra d'Indipendenza nella Legione inviati da Roma in Veneto. Ebbe il ruolo di [[colonnello]], grazie evidentemente alla sua notorietà in città e pur non avendo alcuna pregressa esperienza militare. Nel [[1849]] partecipò alla [[difesa di Roma]]. Alla caduta della [[Repubblica Romana]] prese la via dell'[[esilio]] lontano dalla famiglia, a Parigi.<ref name=":0" />


Nel [[1859]], dopo un decennio in Francia che fece diminuire drasticamente la sua ricchezza, tornò in Italia ed entrò nell'Esercito sabaudo che, non sappiamo per quale motivo, gli riconobbe il grado di tenente colonnello. Nel 1861 fu impiegato controvoglia nella lotta al brigantaggio nel beneventano e in Molise. Non fu impiegato nella III guerra d'Indipendenza, con suo disappunto, e tra [[1868]] e [[1873]] presiedette il [[Magistratura militare italiana|tribunale militare di Milano]].<ref name=":0" />
Durante il servizio nella regia marina sarda, Nino aveva accumulato molte esperienze, navigando su legni di vario tipo, sulle rotte dei vicini mari come dell'oceano Atlantico. Non ebbe quindi difficoltà a trovare nuovo ingaggio in mare, imbarcandosi come capitano in seconda su un bastimento mercantile diretto in [[Brasile]]. Al porto di [[Rio de Janeiro]], però, gli fu comunicato che l'[[armatore]] aveva ceduta la nave ad altra società che l'avrebbe utilizzata per il trasporto degli schiavi dall'[[Africa]], offrendogli il comando. Bixio rifiutò e scese a terra con tre compagni italiani, ben sapendo che quel diniego, nonostante il nobile motivo, avrebbe troncata sul nascere la sua carriera di capitano mercantile.


I rapporti con la moglie, che si era stabilita a Torino durante il suo servizio militare, già incrinati dalla distanza creata dal lungo esilio e dal dissesto economico subito dal patrimonio familiare, furono ancora più deteriorati dal fondato sospetto che l'ultima figlia non fosse sua ma del re d'Italia [[Vittorio Emanuele II di Savoia]]<ref name=":0" />. La moglie comunque ricevette una grossa somma dalla corte sabauda e altre continuò a chiederne negli anni, in una sorta di ricatto.<ref name=":0" />
Nuovamente a Genova, con gli amici Parodi e Tini fu ingaggiato come secondo nostromo sul bastimento guidato dal capitano [[quacchero]] [[Baxter]] e diretto nei [[Mar Cinese meridionale|mari della Malesia]] per raccogliere un carico di [[Piper nigrum|pepe]] da portare negli [[Stati Uniti d'America]]. Un viaggio molto avventuroso per innumerevoli episodi, che cominciarono con l'abbandono della nave di Bixio e dei due compagni a bordo di una [[scialuppa]], per un furibondo litigio con il comandante. La scialuppa naufragò sugli scogli e nel tentativo di raggiungere a nuoto la terraferma, i tre furono attaccati dagli [[Squalo|squali]]. Parodi fu sbranato, mentre Tini impazzì per lo spavento. Catturati dagli indigeni, Bixio rifiutò di convolare a nozze con la regina di quella popolazione e i due furono ceduti a dei mercanti di schiavi. Fortunatamente furono acquistati dallo stesso capitano Baxter che dopo averli riscattati li riprese a bordo, sbarcandoli nel porto di [[Salem (Massachusetts)|Salem]], da dove raggiunsero [[Anversa]], nell'ottobre [[1846]]. Bixio imbarcò l'amico per Genova e, gravemente percorso da febbri, raggiunse il fratello Alessandro a [[Parigi]]. I due si incontravano per la prima volta.


Abbandonata la famiglia, seguì l'attrice [[Adelaide Ristori]]<ref name="CHI">{{Cita web|url=http://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=9643|titolo=Bartolomeo Galletti|sito=chieracostui.com|accesso=20 aprile 2020}}</ref>, conosciuta a Parigi, nella ''tournée'' che la compagnia teatrale intraprese per il mondo, in [[Sudamerica]], [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] e [[Australia]], dall'aprile del 1874 all'inizio del 1876. Da tale viaggio trasse il libro ''Viaggio per il mondo colla Ristori''.<ref name=":0" />
=== Gli incontri di Mazzini e Garibaldi ===
Rimase ospite del fratello nei mesi di convalescenza, durante i quali conobbe [[Giuseppe Mazzini]] che ebbe su Nino una grande influenza politica nell'iniziarlo all'idea di un'[[Italia]] unita e repubblicana, conquistandolo alla causa della [[Giovine Italia]], l'associazione mazziniana che auspicava l'unione e l'indipendenza di tutti gli stati d'[[Italia]]. Mazzini, esule in Francia, era protetto da Alessandro Bixio, data la grande amicizia che aveva unito le loro madri. Al suo ritorno in Patria, Nino Bixio partecipò attivamente ai fervori che precedettero la [[Primavera dei popoli]]. La sera del 4 novembre 1847, durante una manifestazione in [[piazza Carlo Felice]] a [[Torino]], fermò il cavallo di [[Carlo Alberto di Savoia]] afferrandolo per le briglie e gli disse: «Sire, passate il [[Ticino (fiume)|Ticino]] e siamo tutti con voi».


Tornò a vivere a Roma, dove morì il [[18 febbraio]] [[1887]]; vennero celebrati funerali religiosi nonostante le sue volontà e fu tumulato nel cimitero di [[Torre San Patrizio]].<ref name=":0" />
Nel [[1848]] partecipò alla [[Prima guerra di indipendenza italiana|prima guerra di indipendenza]], combattendo a [[Governolo]], a [[Verona]] e a [[Treviso]]. Poi raggiunse [[Roma]], al seguito di [[Giuseppe Garibaldi]], dove tentò invano di difendere la neonata [[Repubblica Romana (1849)|Repubblica Romana]] dall'attacco restauratore dei francesi. Condusse a termine [[Battaglia di Velletri (1849)|varie azioni]] dimostrando una determinazione e un'audacia che rasentavano la temerarietà. Il 3 giugno [[1849]], respingendo l'assalto francese, si distinse guidando personalmente diversi contrattacchi alla baionetta. Per due volte i colpi francesi gli uccisero la cavalcatura e infine fu ferito in modo serio. La sua condotta gli valse una medaglia d'oro decretata dalla Repubblica Romana ed ebbe il personale elogio di Garibaldi che lo promosse sul campo al grado di maggiore. Venne sommariamente curato da [[Pietro Ripari]] e [[Agostino Bertani]], riuscendo poi a raggiungere Genova, dove finalmente fu possibile estrarre la pallottola, rimasta conficcata nel fianco sinistro. Contro ogni previsione, venne accolto e amorevolmente curato dalla matrigna.


A Bartolomeo Galletti è stata dedicata una via a [[Roma]] e un [[busto (scultura)|busto]] al [[Gianicolo]].
La sua ultima azione da carbonaro della Giovane Italia fu, nel [[1852]], il tentativo di rapire l'imperatore [[Francesco Giuseppe]], nel corso della sua visita a [[Venezia]] e [[Milano]], sventato dalla polizia austriaca. Dopo aver inutilmente atteso la caduta delle monarchie europee teorizzata da Mazzini, nel frattempo riprendendo gli studi nautici e conseguendo la patente di capitano mercantile per la navigazione illimitata, prese le distanze dagli ambienti mazziniani e nel gennaio [[1853]] riprese l'attività marinara. Nel [[1855]], dopo anni di scontri in famiglia e ottenuta la necessaria dispensa papale, riuscì finalmente a sposarsi con la nipote Adelaide, dalla quale ebbe poi i figli Giuseppina, Riccarda, Garibaldi e Camillo.


=== L'impresa dei Mille ===
== Note ==
;
Durante la [[Seconda guerra di indipendenza italiana|seconda guerra di indipendenza]] fu nuovamente al fianco di Garibaldi nei [[Cacciatori delle Alpi]], combattendo a [[Malnate]] nella [[battaglia di Varese]] e poi difendendo strenuamente il [[passo dello Stelvio]], tanto da essere insignito della Croce Militare di Savoia. L'anno successivo fu tra gli organizzatori della [[spedizione dei Mille]] alla conquista del [[Sud Italia]]. Data la sua esperienza marinara, fu Bixio a impadronirsi (tramite un furto, in realtà segretamente concordato con gli armatori Rubattino) delle navi ''[[Piemonte (nave)|Piemonte]]'' e ''[[Lombardo (nave)|Lombardo]]'', quest'ultima da lui comandata nel viaggio da [[Quarto dei Mille|Quarto]] a [[Marsala]].
{{Note strette}}


==Bibliografia==
[[Genova]], quartiere di [[Carignano (Genova)|Carignano]]
*{{cita libro|autore=Bartolomeo Galletti|titolo=Viaggio per il mondo colla Ristori|città=Roma|anno=1876}}
*{{DBI}}


==Voci correlate==
statua a Nino Bixio
* [[Camicie rosse]]


==Altri progetti==
Prese parte alla [[battaglia di Calatafimi]] comandando la 1ª Compagnia e successivamente all'[[Insurrezione di Palermo (1860)|insurrezione di Palermo]], guidando l'assalto al [[ponte dell'Ammiraglio]]. Nei combattimenti riportò una ferita alla clavicola causata da una palla vagante. Dopo una breve convalescenza, fu incaricato di guidare la 1ª Brigata della Divisione Turr verso [[Corleone]] e [[Agrigento|Girgenti]], trovandosi a espletare incarichi di polizia militare, su disposizioni di Garibaldi che temeva altri eccidi come quello accaduto a [[Eccidio di Partinico|Partinico]].
{{interprogetto}}

Dopo la battaglia di Calatafimi Bixio si avvide di un abitante locale che infieriva sui cadaveri dei soldati borbonici caduti, gridando "''Uccidete l'infame!''" Bixio con la sciabola sguainata e spronando il cavallo si slanciò verso il soggetto, che però riuscì a scappare, questo fatto dimostra come Bixio, pur avendo un carattere duro, sapeva però essere leale e rispettoso verso il nemico sconfitto.

Intervenne con decisione a [[Santa Croce Camerina]], dove erano stati trucidati i marinai di un bastimento [[Svezia|svedese]] e a [[Bronte]] per fermare la [[Strage di Bronte|celebre rivolta]]: erano stati saccheggiati diversi edifici e trucidati sedici uomini. Per ristabilire l'ordine, Garibaldi vi inviò il fidato generale Bixio, che applicò lo stato d'assedio e pesanti sanzioni economiche alla popolazione<sup>[''[[wikipedia:Uso delle fonti|senza fonte]]'']</sup>. Costituito un tribunale di guerra, in poche ore vennero giudicate circa 150 persone e di queste 5 furono condannate all'esecuzione capitale. Promosso Maggiore Generale con decreto del 15 agosto 1860, gli venne affidato il comando della 15ª Divisione, con la quale sbarcò a [[Melito di Porto Salvo]] e, nella notte del 21 agosto, prese d'assalto la città di [[Reggio Calabria]], conquistandola nella [[battaglia di Piazza Duomo]]. Durante i combattimenti il suo cavallo fu abbattuto da 19 pallottole, mentre Bixio se la cavò con una ferita al braccio sinistro.

Il 2 ottobre dello stesso anno 1860 i garibaldini sconfissero definitivamente il grosso delle truppe borboniche nella [[battaglia del Volturno]], in cui il genovese si ruppe una gamba. Poco dopo il famoso [[incontro tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II]], passato alla storia come [[Incontro tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II|Incontro di Teano]], Bixio organizzò i [[Plebisciti risorgimentali|plebisciti]] che sancirono l'annessione dell'Italia centro-meridionale al Regno di Sardegna. Un anno dopo venne eletto deputato nel [[Collegio elettorale di Genova II (Regno d'Italia)|collegio di Genova II]] e sedette tra le file della [[Destra storica]].

Bixio aveva un carattere duro e difficile, che creava problemi ai suoi soldati, i quali però ne ammiravano le grandi doti di combattente, di lui [[Giuseppe Cesare Abba|Abba]] scriveva:
{| class="wikitable"
|«''... Se una palla lo togliesse di mezzo sarebbe come ad avere le nostre forze scemate a un tratto un bel poco: e se il Borbone avesse un uffiziale come Bixio , forse .... ma no non voglio scrivere questo pensiero. Dicono che Bosco vale lui ? Eresia !''»
|-
|(<small>Da Quarto al Faro, G.Cesare Abba, pagg. 265-266</small>)
|}

=== La politica e l'Esercito ===
Alle [[elezioni politiche italiane del 1861]] si presentò candidato nel 2º collegio di Genova, risultando eletto deputato. Fu più volte rieletto. Dedicò la sua attività parlamentare nel promuovere ogni possibile azione per liberare [[Venezia]] e [[Roma]]. Nella primavera del 1861 tentò invano di mediare e riconciliare le posizioni di [[Conte di Cavour|Cavour]] e Garibaldi, soprattutto per quanto concerneva la [[questione romana]]: mentre lo statista piemontese (che morì improvvisamente nel giugno 1861) professava una soluzione diplomatica, il nizzardo era disposto a passare all'azione anche in prima persona. Inoltre si prodigò nell'incitare continuamente il governo italiano a intensificare i traffici commerciali con il Medio ed Estremo Oriente, creando basi marittime sul [[Mar Rosso]] e in [[Cina]], come già facevano [[Francia]], [[Gran Bretagna]] e [[Stati Uniti d'America]].

Busto di Nino Bixio al Gianicolo in Roma

Bixio tornò nel campo di battaglia nell'estate [[1866]] tra le file del [[Regio esercito]] come generale comandante della 7ª Divisione alla [[Battaglia di Custoza (1866)|battaglia di Custoza]] nel corso della [[Terza guerra di indipendenza italiana|Terza guerra d'indipendenza]]. Il 3 novembre 1867 nella [[battaglia di Mentana]] Bixio fu fatto prigioniero da un battaglione francese, ma riuscì a fuggire e ricevette dal re [[Vittorio Emanuele II di Savoia]] una medaglia d'[[oro]] al valor militare.

[[Massoneria in Italia|Massone]], eletto, nel 1867, Primo Sorvegliante della Loggia ''Valle di Potenza'' di Macerata, ringraziò i Fratelli affermando: "Massone da qualche anno nella Loggia di Genova, desidero che il nostro lavoro sia proficuo all'Italia". Dopo la sua morte quattro Logge furono intestate al suo nome, fra cui una di New York.".

Fatto senatore il 6 febbraio del [[1870]], nello stesso anno partecipò alla [[Presa di Roma]]. La sua divisione fu incaricata di espugnare la cittadella fortificata di Civitavecchia che capitolò con pochi scontri, dopo un ''ultimatum'' in perfetto "stile Bixio":
{| class="wikitable"
|«Ho dodicimila uomini di terra, dieci corazzate, cento cannoni sul mare. Per la resa non accordo un minuto di più di ventiquattro ore altrimenti domani mattina si chiederà dove fu Civitavecchia.»
|-
|(<small>Nino Bixio, ''ultimatum'' alla fortezza di Civitavecchia, 15 settembre 1870</small>)
|}
Alle ore 7 del 16 settembre la corazzata ''Terribile'' faceva il suo ingresso in porto e alle 10 alcuni battaglioni dell'esercito italiano entravano in città, prendendone possesso. Il 20 settembre con la sua divisione entrò a [[Roma]] da [[porta San Pancrazio]].

=== La morte ===
Successivamente Bixio riprese il mare, iniziando con [[Salvatore Calvino]] un'impresa di navigazione per il collegamento commerciale dell'Italia con l'[[Estremo Oriente]]. Durante una traversata si ammalò di [[colera]] e morì il 16 dicembre 1873 a [[Banda Aceh]], nell'[[isola di Sumatra]], dove fu provvisoriamente seppellito in attesa di poter traslare la salma in Patria.

La tomba di Bixio venne presto profanata e saccheggiata da tre indigeni, due dei quali vennero contagiati dal colera e ne morirono. Tre anni dopo, grazie alle indicazioni del terzo sopravvissuto, fu possibile rintracciare i resti di Bixio che vennero cremati a cura del [[Consolato (diplomazia)|Consolato italiano]] di [[Singapore]]. Le ceneri dell'eroe furono portate a Genova nel [[1877]] e inumate all'interno del Pantheon nel [[Cimitero di Staglieno]].

== Opere ==

* Eugenio Rosellini, Nino Bixio, ''Riflessioni sulla pratica di navigazione'', Stabilimento Tipografico Nazionale, Genova, 1857

== Onorificenze ==
{| class="wikitable"
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|[[Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro|Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro]]
|-
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|}
{| class="wikitable"
|
|[[Ordine della Corona d'Italia|Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine della Corona d'Italia]]
|-
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|}
{| class="wikitable"
|
|[[Ordine Militare di Savoia|Grande ufficiale dell'Ordine militare di Savoia]]
|-
|
|— 6 dicembre [[1866]]
|}
{| class="wikitable"
|
|[[Ordine militare di Savoia|Commendatore dell'Ordine militare di Savoia]]
|-
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|— 12 giugno [[1861]]
|}
{| class="wikitable"
|
|[[Ordine militare di Savoia|Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia]]
|-
|
|— 12 luglio [[1859]]
|}
{| class="wikitable"
|
|[[Medaglia commemorativa dei 1000 di Marsala]]
|-
|
|
|}
{| class="wikitable"
|
|[[Medaglia commemorativa delle campagne delle Guerre d'Indipendenza|Medaglia commemorativa delle campagne delle Guerre d'Indipendenza (4 barrette)]]
|}

== Note ==
<references/>


== Collegamenti esterni ==
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{Collegamenti esterni}}
* {{Cita web|url=http://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=9643|titolo=Bartolomeo Galletti|accesso=20 aprile 2020|sito=chieracostui.com}}


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[[Categoria:Militari italiani del XIX secolo]]
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[[Categoria:Politici del Lazio|Galletti, Bartolomeo]]
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Bartolomeo Galletti
Busto al Gianicolo
NascitaRoma, 15 settembre 1812
MorteRoma, 18 febbraio 1887
Luogo di sepolturaCimitero di Torre San Patrizio
Dati militari
Paese servitoRegno di Sardegna (bandiera) Regno di Sardegna
Italia (bandiera) Regno d'Italia
Forza armata Regia Armata Sarda
Regio Esercito
Anni di servizio1848 - 1873
GradoMaggiore generale (1848), Colonnello (1849) e Tenente colonnello (1859)
GuerreDifesa di Roma

Prima guerra d'indipendenza italiana
Lotta al Brigantaggio

Altre carichePatriota
Fonti nel testo
voci di militari presenti su Wikipedia

Bartolomeo Galletti (Roma, 15 settembre 1812Roma, 18 febbraio 1887) è stato un patriota e militare italiano del Risorgimento.

Fu conosciuto più per la sua vita ricca di pettegolezzi che aver avuto un ruolo importante nelle vicende delle guerre d'Indipendenza.

Figlio di Antonio Galletti e Rosa Ruga. Il padre era un importante commerciante romano con vari negozi e proprietà immobiliari nonché detentore della privativa per l'allume per lo stato pontificio.[1]

Alla morto del padre nel 1833 diventò un ricco ereditiere,[1] ed ebbe una giovinezza fatta di lusso e ostentazione con qualche eccesso che gli procurò anche problemi giudiziari.[1] Nel 1842 sposò Anna de Cadilhac, appartenente a una importante famiglia si origine francese.[1]

Dal matrimonio nacquero due figli: Arturo Galletti di Cadilhac (1843-1912), che fu deputato per cinque legislature, senatore per cinque legislature alla Camera, e Maria Luigia (1845-82), morta tragicamente durante il terremoto di Casamicciola.[1]

Adelaide Ristori

Nutrendo idee liberali, nel 1848 fu tra i primi ad arruolarsi nella Guardia nazionale e partecipò alla I guerra d'Indipendenza nella Legione inviati da Roma in Veneto. Ebbe il ruolo di colonnello, grazie evidentemente alla sua notorietà in città e pur non avendo alcuna pregressa esperienza militare. Nel 1849 partecipò alla difesa di Roma. Alla caduta della Repubblica Romana prese la via dell'esilio lontano dalla famiglia, a Parigi.[1]

Nel 1859, dopo un decennio in Francia che fece diminuire drasticamente la sua ricchezza, tornò in Italia ed entrò nell'Esercito sabaudo che, non sappiamo per quale motivo, gli riconobbe il grado di tenente colonnello. Nel 1861 fu impiegato controvoglia nella lotta al brigantaggio nel beneventano e in Molise. Non fu impiegato nella III guerra d'Indipendenza, con suo disappunto, e tra 1868 e 1873 presiedette il tribunale militare di Milano.[1]

I rapporti con la moglie, che si era stabilita a Torino durante il suo servizio militare, già incrinati dalla distanza creata dal lungo esilio e dal dissesto economico subito dal patrimonio familiare, furono ancora più deteriorati dal fondato sospetto che l'ultima figlia non fosse sua ma del re d'Italia Vittorio Emanuele II di Savoia[1]. La moglie comunque ricevette una grossa somma dalla corte sabauda e altre continuò a chiederne negli anni, in una sorta di ricatto.[1]

Abbandonata la famiglia, seguì l'attrice Adelaide Ristori[2], conosciuta a Parigi, nella tournée che la compagnia teatrale intraprese per il mondo, in Sudamerica, Stati Uniti e Australia, dall'aprile del 1874 all'inizio del 1876. Da tale viaggio trasse il libro Viaggio per il mondo colla Ristori.[1]

Tornò a vivere a Roma, dove morì il 18 febbraio 1887; vennero celebrati funerali religiosi nonostante le sue volontà e fu tumulato nel cimitero di Torre San Patrizio.[1]

A Bartolomeo Galletti è stata dedicata una via a Roma e un busto al Gianicolo.

  1. ^ a b c d e f g h i j k Giuseppe Monsagrati, GALLETTI, Bartolomeo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 51, 1998.
  2. ^ Bartolomeo Galletti, su chieracostui.com. URL consultato il 20 aprile 2020.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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