Il calice del Titano: differenze tra le versioni

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'''''Il calice del Titano''''' è un dipinto ad olio dell’artista di paesaggi americano e nativo Inglese: [[Thomas Cole]]. Dipinto nel 1833, è forse la più enigmatica scena del paesaggio allegorica di Cole. É un lavoro che “elude la completa spiegazione”, secondo il Il [[Metropolitan Museum of Art]]<ref>[http://www.metmuseum.org/works_of_art/collection_database/all/the_titan_s_goblet_thomas_cole/objectview.aspx?page=1&sort=0&sortdir=asc&keyword=titan%27s%20goblet&fp=1&dd1=0&dd2=0&vw=1&collID=0&OID=20010846&vT=1&hi=0&ov=0 The Titan's Goblet. Collections Database, Metropolitan Museum of Art.] Accessed August 14, 2010.</ref>. ''Il calice del Titano'' è stato denominato una “figura senza figura” ed un “paesaggio senza paesaggio”: il calice giace su un sito normale, ma i suoi abitanti vivono lungo il suo bordo superiore in un mondo tutto loro. La vegetazione copre l’intero orlo, interrotto solo da due piccoli edifici, un tempio greco ed un palazzo italiano. Il grande specchio d’acqua è punteggiato da imbarcazioni a vela. Dove l’acqua sprizza sul terreno sottostante la rudimentale civilizzazione e l’erba sono rigogliose.
'''''Il calice del Titano''''' (''The Titan's Goblet'') è un dipinto ad olio dell’artista di paesaggi [[Thomas Cole]], pittore americano di origini inglesi. Dipinto nel 1833 e ad oggi esposto al [[Metropolitan Museum of Art]], è forse la più enigmatica opera paesaggistica [[Allegoria|allegorica]] di Cole, un lavoro che “elude la completa spiegazione”.<ref>[http://www.metmuseum.org/works_of_art/collection_database/all/the_titan_s_goblet_thomas_cole/objectview.aspx?page=1&sort=0&sortdir=asc&keyword=titan%27s%20goblet&fp=1&dd1=0&dd2=0&vw=1&collID=0&OID=20010846&vT=1&hi=0&ov=0 The Titan's Goblet. Collections Database, Metropolitan Museum of Art.] Scheda dell'opera, sito ufficiale del MET di New York. Ultimo accesso verificato il 20 dicembre 2021.</ref>
''Il calice del Titano'' è stato denominato una “figura senza figura” e un “paesaggio senza paesaggio”: il calice giace su un terreno convenzionale, ma i suoi abitanti vivono lungo il suo bordo superiore, in un mondo tutto loro. La vegetazione copre l’intero orlo, interrotto solo da due piccoli edifici, un [[tempio greco]] e un palazzo italiano. Il grande specchio d’acqua è punteggiato da imbarcazioni a vela. In corrispondenza dei punti in cui l’acqua sprizza sul terreno sottostante, la natura è verde e rigogliosa e sembra svilupparsi una civiltà più rozza.


== Interpretazioni ==
== Interpretazioni ==
Cole ha spesso fornito del testo per accompagnare i suoi dipinti, ma non nel caso de ''Il calice del Titano'', lasciando aperte al dibattito le sue intenzioni. Nel 1880, un'interpretazione collegava tale dipinto all'[[albero del mondo]] e in particolare all'[[Yggdrasill]] nella [[mitologia norrena]]. Un catalogo d'asta del 1904 si ricollegava a questo tema, scrivendo che "l'idea spirituale al centro del dipinto, che trasmette la bella teoria norrena che la vita e il mondo non sono altro che un albero con rami ramificati, è accuratamente eseguita dal pittore".
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Cole often provided text to accompany his paintings, but did not comment on ''The Titan's Goblet'', leaving his intentions open to debate. In the 1880s, one interpretation related Coles goblet to the [[Albero del Mondo|world tree]] and specifically to the [[Yggdrasill|Yggdrasil]] in [[Mitologia norrena|Norse mythology]]. A 1904 auction catalog continued this theme, writing "the spiritual idea in the centre of the painting, conveying the beautiful Norse theory that life and the world is but a tree with ramifying branches, is carefully carried out by the painter".<ref name="Parry126">Parry, 126</ref> It is not obvious, however, that Cole would have been familiar with this concept, and critic Elwood C. Parry suggests that the likeness to any mythological tree is limited to the similarity of the goblet's stem to a tree trunk. There is nothing about the goblet analogous to branches or roots.<ref name="Parry126" /> -->


Non è scontato, tuttavia, che Cole avesse familiarità con questo concetto, e il critico [[Elwood C. Parry]] suggerisce che l'analogia con qualsiasi albero mitologico si limiti alla somiglianza del gambo del calice con un tronco d'albero; non c'è nient'altro nel calice di analogo a rami o radici.
Il rapporto dimensionale tra il grande calice di pietra contrasta con lo scenario tradizionale del paesaggio circostante, invitando alla comparazione con i grandi oggetti di pietra lasciati dalle gare dei giganti nella mitologia greca una visione sostenuta dallo storico [[Erwin Panofsky]] nel decennio 1960<ref>Attributed to Panofsky in fn. 3, Parry, 123</ref>. Il titolo del quadro (dato da Cole sul retro della tela) sembra supportare questa idea, come se molto tempo è passato dalla creazione di questo calice e la scena corrente. Il sole calante, un simbolo romantico, pure evoca il passaggio del tempo.


L'imponenza del grande calice di pietra contrasta con lo scenario tradizionale del paesaggio circostante, invitando alla comparazione con i grandi oggetti di pietra lasciati dalle gare dei giganti nella [[mitologia greca]] (una visione sostenuta dallo storico [[Erwin Panofsky]] negli anni sessanta).<ref>Attributed to Panofsky in fn. 3, Parry, 123</ref> Il titolo del quadro - dato da Cole stesso e scritto sul retro della tela - sembra supportare questa idea, come se sia trascorso molto tempo tra la creazione del calice e lo svolgersi della scena corrente. Il sole calante, un simbolo romantico, evoca anch'esso il passare del tempo.
La esaltazione del calice nel quadro può suggerire una interpretazione cosmologica. Parry considera questo, ma rifiuta una paragone con il pannello esteriore di [[Hieronymus Bosch]]: Il Giardino delle Delizie, (c. 1500), che viene generalmente definito come raffigurazione della creazione della Terra. Entrambe le imagini sono di un mondo circoscritto, ma usano l’acqua ed il suolo in proporzioni differenti. Il Calice di Cole non offre ne iscrizioni ne iconografìe che possano confermare un'interpretazione religiosa del dipinto. Inoltre, il pittore ha messo il calice lontano dal centro della tela, il che minimalizza il significato emblematico.


La predominanza del calice nel quadro può suggerire un'interpretazione cosmologica. Il critico Parry prende in considerazione, ma respinge, un paragone con il pannello esterno del ''[[Trittico del Giardino delle delizie]]'' (c. 1500) di [[Hieronymus Bosch]], generalmente considerato una raffigurazione della creazione della Terra. Entrambe le immagini rappresentano un mondo circoscritto, ma usano l’acqua e il suolo in proporzioni differenti. Il ''Calice'' di Cole non offre [[Epigrafe|iscrizioni]] [[Iconografia|iconografie]] che possano confermare un'interpretazione religiosa del dipinto; inoltre il pittore ha messo il calice lontano dal centro della tela, il che minimizza il suo significato emblematico.
L’acqua del calice, pensandoci, potrebbe essere vista come la influenza della civilizzazione. Gli abitanti del Calice vivono un’esistenza Utopica. Il piacere di veleggiare sulle tranquille acque e vivere tra templi e boschi fogliosi. Dove l’acqua fuoriesce sul paesaggio sottostante – dove i due mondi interagiscono – appaiono segni di vita. Sul fondo, lontano dall’influenza dell’acqua del Calice, le montagne sono rocciose e desolate. Una descrizione simile della civilizzazione dei luoghi con acqua si può notare nell’opera di Cole: Una serata all’Arcadia (1843).


L’acqua del calice, effettivamente, potrebbe essere vista come l'influenza della civilizzazione. Gli abitanti del ''Calice'' vivono un’esistenza utopica, l'ozio, il piacere di veleggiare sulle tranquille acque e vivere tra templi e boschi fogliosi. Dove l’acqua fuoriesce sul paesaggio sottostante – e sono i punti in cui i due mondi interagiscono – appaiono segni di vita; invece sul fondo, lontano dall’influenza dell’acqua del ''Calice'', le montagne sono rocciose e desolate. Una rappresentazione simile di civilizzazione ai bordi dell'acqua si può notare nell’opera di Cole ''[[Una serata all’Arcadia]]'' (1843).
Louis Legrand Noble fu un amico e biografo di Cole, e potrebbe aver avuto intuizioni per il lavoro. Nella sua testimonianza, tuttavia, non ci sono menzioni a queste idee. Scrisse: “Il calice sta , riposa esattamente sul suo gambo, una struttura simile ad una torre muschiosa, lucente come una bolla d’acqua, ed ora una sezione di un consistente globo. Come un bulbo oculare il suo grande orlo arrotondato, una circonferenza di molte miglia, trova se stesso in una landa fatata; nel pensiero comune con la natura nella sua vasta dimensione … I turisti possono viaggiare nei paesi di questo anello imperiale e descrivere le loro fantasie in molte pagine romantiche. Immerso qui in uno splendore d’oro di un tramonto estivo si trova un piccolo mare dalla Grecia, o la Terra Santa, con vita Greca e Siriana; la natura Greca e Siriana ed osservando le loro quiete acque. “<ref>Quoted with ellipsis in Parry, 126</ref>


Louis Legrand Noble fu amico e biografo di Cole, e sarebbe plausibile che sapesse qualcosa in più riguardo tale lavoro. Nella sua testimonianza, tuttavia, non ci sono menzioni a queste idee; anzi, scrisse solamente: “Là [il calice] si erge, anzi riposa sul suo fusto, una struttura muschiosa simile a una torre, leggera come una bolla, eppure una sezione di un globo consistente. Mentre l'occhio circonda la sua ampia falda ondulata, una circonferenza di molte miglia, esso si trova nella terra delle fate; in accordo però con la natura nella sua più ampia scala... I turisti potrebbero viaggiare nei paesi di questo anello imperiale, e rintracciare le loro fantasie su molte pagine romantiche. Qui, immerso negli splendori dorati di un tramonto estivo, vi è un piccolo mare dalla Grecia, o [[Terra santa|Terra Santa]], con la vita greca e siriana, la natura greca e siriana che si affaccia sulle sue acque tranquille..<ref>Quoted with ellipsis in Parry, 126</ref>
Invece, un articolo di Parry del 1971 riguardo il quadro, collega la immaginazione di Cole al primo suo viaggio in Europa (1829 – 32). Cole fece visita, in Inghilterra, al suo pittore preferito di paesaggi: [[William Turner|J.M.W. Turner]]; per il lavori del quale si sentiva vicino. Fu anche guidato dal dipinto di Turner: Ulisse deride Polifemo ''[[c:File:Joseph Mallord William Turner 064.jpg|Ulysses Deriding Polyphemus]]'' (1829); facendo due schizzi del quadro ed un altro studio per un possibile utilizzo per se stesso, che non venne usato. Il titolo Ciclope Polifemo è un punto cardine dell'antico racconto epico greco: l'Odissea. L’iteresse di Cole nel soggetto dimostrò la sua apertura alla: “ possibilità creativa alle scene mediterranee”<ref>Parry, 131</ref>. Nel frattempo, mentre Cole ricercava temi per la sua saga di quadri: Il Corso dell’Impero ''[[Corso dell'Impero|The Course of Empire]]'', avrebbe incontrato la storia del Monte Athos, [[Monte Athos|Mount Athos]], nei Dieci Libri di architettura del Vitruvio. L’antico scrittore romano racconta delle suggestioni dell’architetto Dinocrate ad Alessandro; che la montagna venne modellata nella “ statua di un uomo che deteneva una vasta città nella sua mano sinistra, ed un’enorme coppa nella mano destra, nella quale sarebbero stati collettati tutti i ruscelli della montagna, che avrebbero sfociato, poi, in mare “<ref>Quoted from Joseph Gwilt, translator, in Parry, 131</ref>. Questa fantasiosa immagine, che Cole avrebbe potuto vedere, apparve in alcune illustrazioni del diciottesimo e diciannovesimo secolo. Come scrisse Parry, “ la precedente fantasia classica di architettura ridimensionata suggerisce un’alternativa alla deduzione che: ''Il calice del Titano'' venne costruito da un gigante che semplicemente lo lasciò lì”<ref>Parry, 133</ref>. Un’interpretazione letteraria di questa immagine non può aver seguìto l’arte di Cole: essendo un artista di paesaggi, potrebbe aver avùto più conforto esprimendola solo topograficamente, evitando il desiderio di trasformare un masso in una forma umana.<br />

Invece, un articolo di Parry del 1971 riguardante il quadro collega l'immaginario di Cole al primo suo viaggio in Europa (1829 - 1832). Cole visitò l'Inghilterra e il suo maggiore pittore di paesaggi, [[William Turner]], sul cui lavoro nutriva sentimenti diversi; era tuttavia interessato al dipinto di Turner ''[[Ulisse deride Polifemo]]'' (1829), di cui fece due schizzi e un altro studio per un possibile utilizzo per sé stesso, che però non venne poi usato. Il ciclope [[Polifemo]] è un punto cardine dell'antico racconto epico greco dell'[[Odissea]], e l’interesse di Cole per questo soggetto dimostrò la sua apertura alla “possibilità creativa alle scene mediterranee”<ref>Parry, 131</ref>.

Nel frattempo, mentre Cole ricercava temi per la sua saga di quadri ''[[Corso dell'Impero]]'', si imbatté nella storia del [[Monte Athos]] nei ''[[Dieci Libri di architettura]]'' di [[Vitruvio]]. L’antico scrittore romano racconta delle suggestioni dell’architetto [[Dinocrate di Rodi|Dinocrate]] ad Alessandro, racconta che la montagna venne modellata nella “statua di un uomo che deteneva una vasta città nella sua mano sinistra, e un’enorme coppa nella mano destra, nella quale sarebbero affluiti tutti i ruscelli della montagna, che sarebbero sfociati, poi, in mare“<ref>Quoted from Joseph Gwilt, translator, in Parry, 131</ref>. Questa fantasiosa immagine, che Cole avrebbe plausibilmente potuto vedere, apparve in alcune illustrazioni del XVIII e del XIX secolo. Come scrisse Parry, “la precedente fantasia classica di architettura ridimensionata suggerisce un’alternativa alla deduzione che ''Il calice del Titano'' venne costruito da un gigante che semplicemente lo lasciò lì”<ref>Parry, 133</ref>. Tuttavia, un’interpretazione letteraria di questa immagine non avrebbe potuto adattarsi all’arte di Cole: essendo egli un artista di paesaggi, potrebbe essersi sentito più a suo agio esprimendola solo topograficamente, evitando il desiderio di trasformare un masso in una forma umana.
[[File:Thomas_Cole_sketch_-_Fantastic_Fountain_and_Basins.jpg|miniatura|200x200px|Uno schizzo fantasioso di una fontana con vaschette, a cura di Cole, c. 1832 - 33]]
[[File:Thomas_Cole_sketch_-_Fantastic_Fountain_and_Basins.jpg|miniatura|200x200px|Uno schizzo fantasioso di una fontana con vaschette, a cura di Cole, c. 1832 - 33]]
I disegni di Cole<ref>Found in his sketchbooks at the [[Detroit Institute of Arts]]</ref> dal suo viaggio in Europa prefigurano lievemente il Calice. Essi mostrano il suo interesse nelle fontane e vasche. Egli venne influenzato da quelle viste durante la parte del viaggio in Italia a Firenze, Roma e Tivoli. In un disegno, una serie di grandi vasche adornate con vegetazione che scende nel mare. Un altro raffigura una vasca di dimensione normale con bordo coperto di muschio, ma la vista dal livello terra lo fa sembrare monumentale. I disegni di Cole dei laghi vulcanici di [[Lago di Nemi|Nemi]] ed [[Lago Albano|Albano]] sono pure reminiscenze delle acque e bordo del Calice. Così esse suggeriscono che: “vi fu un’analoga visione operativa nei pensieri di Cole; un’uguaglianza tra questi attuali paesaggi che lui osservò e la forma del bacino di acqua che immaginò.<ref>Parry, 135</ref>
I disegni di Cole<ref>Found in his sketchbooks at the [[Detroit Institute of Arts]]</ref> dal suo viaggio in Europa prefigurano lievemente il ''Calice'', in quanto essi esprimono il suo interesse per fontane e vasche. Egli venne influenzato da quelle viste durante la parte del viaggio in Italia a Firenze, Roma e Tivoli. In uno dei suoi disegni, è illustrata una serie di grandi vasche adornate con vegetazione che scende nel mare; un altro raffigura una vasca di dimensione normale con il bordo coperto di muschio, ma la vista dal livello terra lo fa sembrare monumentale. I disegni di Cole dei laghi vulcanici di [[Lago di Nemi|Nemi]] e [[Lago Albano|Albano]] sono pure reminiscenze delle acque e del bordo del ''Calice;'' suggeriscono che: “vi fu un’analoga visione operativa nei pensieri di Cole; un’uguaglianza tra questi attuali paesaggi che lui osservò e la forma del bacino di acqua che immaginò."<ref>Parry, 135</ref>


Parry suggerì anche l’ “insuale ma non impossibile” idea che il Calice di Cole fu una risposta paesaggistica dell’artista al genere di vita tranquilla. Visitando la casa del suo padrone Luman Reed, un avido collezionista di arte, Cole potrebbe aver visto una pittura di vita tranquilla con “Calice e Limone” dell’artista Olandese: [[Willem van Aelst]]. Il soggetto evidenziato in quel quadro è un calice di vetro traslucido. La similarità è essenziale, avendo entrambi i dipinti un formato verticale ed un fuoco centrale della coppa da bere.
Parry suggerì anche l’“inusuale ma non impossibile” idea che il ''Calice'' di Cole fu una risposta paesaggistica dell’artista al genere della [[natura morta]]. Visitando la casa del suo padrone Luman Reed, un avido collezionista di arte, Cole potrebbe aver visto una pittura di vita tranquilla ''Con Calice e Limone'' dell’artista olandese [[Willem van Aelst]]: il soggetto evidenziato in quel quadro è un calice di vetro traslucido. La similarità è essenziale, avendo entrambi i dipinti un formato verticale e un fuoco centrale nella coppa.


== Provenienza ==
== Provenienza ==
A Cole piaceva disegnare i quadri in periodi abbastanza brevi, usando delle dimensioni piccole e applicazioni molto fini di pittura. ( La tela è maggiormente visibile nell’immagine di accompagnamento, ridimensionata alla massima risoluzione). Egli creava senza commissione e così il soggetto era puramente se stesso. Chiese cento dollari per il lavoro, apparentemente basato sulla dimensione del quadro. I suoi quadri dei paesaggi, a dimensione originale, in quei tempi gli facevano incassare dai 250 ai 500 dollari.
Cole probabilmente dipinse il quadro in un periodo abbastanza breve, date le sue piccole dimensioni e l'applicazione molto sottile della vernice. La tela è molto visibile nell'immagine di accompagnamento, se visualizzate con piena risoluzione. Ha realizzato l'opera senza commissione, quindi il soggetto era puramente suo. Ha chiesto $100 per il lavoro, apparentemente in base alle dimensioni del dipinto: i suoi paesaggi a grandezza naturale all'epoca hanno raggiunto $250 a $500.

Cole ha inviato ''Il calice del Titano'' a [[Luman Reed]] (un commerciante americano di successo), anche se non è chiaro se Reed lo abbia poi conservato o lo abbia semplicemente recensito. L'opera fu esposta alla [[National Academy of Design]] (New York) nel 1834 mentre era di proprietà di James J. Mapes.


Cole spedì ''Il calice del Titano'' a Luman Reed, pensando che non fosse chiaro se Reed volesse diventarne proprietario o semplicemente dargli un’occhiata. Il lavoro venne esposto alla National Academy of Design nel 1834 mentre ne era proprietario James J. Mapes. L’artista John Mackie Falconer ne fu proprietario dal 1863. Samuel Putnam Avery donò il dipinto al [[Metropolitan Museum of Art]] nel 1904.<ref>See the Metropolitan Museum of Art entry for provenance.</ref>
In seguito, l'artista John Mackie Falconer possedette il quadro nel 1863. Infine, nel 1904, Samuel Putnam Avery donò il dipinto al [[Metropolitan Museum of Art|Metropolitan Museum of Art di New York]].


Riconosciuto come lavoro artistico unico, ''Il calice del Titano'' fu il solo quadro americano, precedente il 20° secolo, esposto al [[Museum of Modern Art]] "Fantastic Art, Dada, Surrealism" del 1936.<ref>Parry, 123</ref>
Riconosciuto come un'opera d'arte unica, ''Il calice del Titano'' è stato l'unico dipinto americano antecedente il XX secolo ad essere incluso nella mostra "Fantastic Art, Dada, Surrealism" del [[Museum of Modern Art]] del 1936.


== Note ==
== Note ==

Versione attuale delle 11:21, 19 apr 2024

Il calice del Titano
AutoreThomas Cole
Data1833
Tecnicaolio su tela
Dimensioni49,2×41 cm
UbicazioneMetropolitan Museum of Art, New York
Un'illustrazione dell'Albero del Mondo norvegeseYggdrasil.
Il pannello esterno de Il Giardino delle Delizie di Hieronymus Bosch.

Il calice del Titano (The Titan's Goblet) è un dipinto ad olio dell’artista di paesaggi Thomas Cole, pittore americano di origini inglesi. Dipinto nel 1833 e ad oggi esposto al Metropolitan Museum of Art, è forse la più enigmatica opera paesaggistica allegorica di Cole, un lavoro che “elude la completa spiegazione”.[1]

Il calice del Titano è stato denominato una “figura senza figura” e un “paesaggio senza paesaggio”: il calice giace su un terreno convenzionale, ma i suoi abitanti vivono lungo il suo bordo superiore, in un mondo tutto loro. La vegetazione copre l’intero orlo, interrotto solo da due piccoli edifici, un tempio greco e un palazzo italiano. Il grande specchio d’acqua è punteggiato da imbarcazioni a vela. In corrispondenza dei punti in cui l’acqua sprizza sul terreno sottostante, la natura è verde e rigogliosa e sembra svilupparsi una civiltà più rozza.

Interpretazioni

[modifica | modifica wikitesto]

Cole ha spesso fornito del testo per accompagnare i suoi dipinti, ma non nel caso de Il calice del Titano, lasciando aperte al dibattito le sue intenzioni. Nel 1880, un'interpretazione collegava tale dipinto all'albero del mondo e in particolare all'Yggdrasill nella mitologia norrena. Un catalogo d'asta del 1904 si ricollegava a questo tema, scrivendo che "l'idea spirituale al centro del dipinto, che trasmette la bella teoria norrena che la vita e il mondo non sono altro che un albero con rami ramificati, è accuratamente eseguita dal pittore".

Non è scontato, tuttavia, che Cole avesse familiarità con questo concetto, e il critico Elwood C. Parry suggerisce che l'analogia con qualsiasi albero mitologico si limiti alla somiglianza del gambo del calice con un tronco d'albero; non c'è nient'altro nel calice di analogo a rami o radici.

L'imponenza del grande calice di pietra contrasta con lo scenario tradizionale del paesaggio circostante, invitando alla comparazione con i grandi oggetti di pietra lasciati dalle gare dei giganti nella mitologia greca (una visione sostenuta dallo storico Erwin Panofsky negli anni sessanta).[2] Il titolo del quadro - dato da Cole stesso e scritto sul retro della tela - sembra supportare questa idea, come se sia trascorso molto tempo tra la creazione del calice e lo svolgersi della scena corrente. Il sole calante, un simbolo romantico, evoca anch'esso il passare del tempo.

La predominanza del calice nel quadro può suggerire un'interpretazione cosmologica. Il critico Parry prende in considerazione, ma respinge, un paragone con il pannello esterno del Trittico del Giardino delle delizie (c. 1500) di Hieronymus Bosch, generalmente considerato una raffigurazione della creazione della Terra. Entrambe le immagini rappresentano un mondo circoscritto, ma usano l’acqua e il suolo in proporzioni differenti. Il Calice di Cole non offre né iscrizioniiconografie che possano confermare un'interpretazione religiosa del dipinto; inoltre il pittore ha messo il calice lontano dal centro della tela, il che minimizza il suo significato emblematico.

L’acqua del calice, effettivamente, potrebbe essere vista come l'influenza della civilizzazione. Gli abitanti del Calice vivono un’esistenza utopica, l'ozio, il piacere di veleggiare sulle tranquille acque e vivere tra templi e boschi fogliosi. Dove l’acqua fuoriesce sul paesaggio sottostante – e sono i punti in cui i due mondi interagiscono – appaiono segni di vita; invece sul fondo, lontano dall’influenza dell’acqua del Calice, le montagne sono rocciose e desolate. Una rappresentazione simile di civilizzazione ai bordi dell'acqua si può notare nell’opera di Cole Una serata all’Arcadia (1843).

Louis Legrand Noble fu amico e biografo di Cole, e sarebbe plausibile che sapesse qualcosa in più riguardo tale lavoro. Nella sua testimonianza, tuttavia, non ci sono menzioni a queste idee; anzi, scrisse solamente: “Là [il calice] si erge, anzi riposa sul suo fusto, una struttura muschiosa simile a una torre, leggera come una bolla, eppure una sezione di un globo consistente. Mentre l'occhio circonda la sua ampia falda ondulata, una circonferenza di molte miglia, esso si trova nella terra delle fate; in accordo però con la natura nella sua più ampia scala... I turisti potrebbero viaggiare nei paesi di questo anello imperiale, e rintracciare le loro fantasie su molte pagine romantiche. Qui, immerso negli splendori dorati di un tramonto estivo, vi è un piccolo mare dalla Grecia, o Terra Santa, con la vita greca e siriana, la natura greca e siriana che si affaccia sulle sue acque tranquille.“.[3]

Invece, un articolo di Parry del 1971 riguardante il quadro collega l'immaginario di Cole al primo suo viaggio in Europa (1829 - 1832). Cole visitò l'Inghilterra e il suo maggiore pittore di paesaggi, William Turner, sul cui lavoro nutriva sentimenti diversi; era tuttavia interessato al dipinto di Turner Ulisse deride Polifemo (1829), di cui fece due schizzi e un altro studio per un possibile utilizzo per sé stesso, che però non venne poi usato. Il ciclope Polifemo è un punto cardine dell'antico racconto epico greco dell'Odissea, e l’interesse di Cole per questo soggetto dimostrò la sua apertura alla “possibilità creativa alle scene mediterranee”[4].

Nel frattempo, mentre Cole ricercava temi per la sua saga di quadri Corso dell'Impero, si imbatté nella storia del Monte Athos nei Dieci Libri di architettura di Vitruvio. L’antico scrittore romano racconta delle suggestioni dell’architetto Dinocrate ad Alessandro, racconta che la montagna venne modellata nella “statua di un uomo che deteneva una vasta città nella sua mano sinistra, e un’enorme coppa nella mano destra, nella quale sarebbero affluiti tutti i ruscelli della montagna, che sarebbero sfociati, poi, in mare“[5]. Questa fantasiosa immagine, che Cole avrebbe plausibilmente potuto vedere, apparve in alcune illustrazioni del XVIII e del XIX secolo. Come scrisse Parry, “la precedente fantasia classica di architettura ridimensionata suggerisce un’alternativa alla deduzione che Il calice del Titano venne costruito da un gigante che semplicemente lo lasciò lì”[6]. Tuttavia, un’interpretazione letteraria di questa immagine non avrebbe potuto adattarsi all’arte di Cole: essendo egli un artista di paesaggi, potrebbe essersi sentito più a suo agio esprimendola solo topograficamente, evitando il desiderio di trasformare un masso in una forma umana.

Uno schizzo fantasioso di una fontana con vaschette, a cura di Cole, c. 1832 - 33

I disegni di Cole[7] dal suo viaggio in Europa prefigurano lievemente il Calice, in quanto essi esprimono il suo interesse per fontane e vasche. Egli venne influenzato da quelle viste durante la parte del viaggio in Italia a Firenze, Roma e Tivoli. In uno dei suoi disegni, è illustrata una serie di grandi vasche adornate con vegetazione che scende nel mare; un altro raffigura una vasca di dimensione normale con il bordo coperto di muschio, ma la vista dal livello terra lo fa sembrare monumentale. I disegni di Cole dei laghi vulcanici di Nemi e Albano sono pure reminiscenze delle acque e del bordo del Calice; suggeriscono che: “vi fu un’analoga visione operativa nei pensieri di Cole; un’uguaglianza tra questi attuali paesaggi che lui osservò e la forma del bacino di acqua che immaginò."[8]

Parry suggerì anche l’“inusuale ma non impossibile” idea che il Calice di Cole fu una risposta paesaggistica dell’artista al genere della natura morta. Visitando la casa del suo padrone Luman Reed, un avido collezionista di arte, Cole potrebbe aver visto una pittura di vita tranquilla Con Calice e Limone dell’artista olandese Willem van Aelst: il soggetto evidenziato in quel quadro è un calice di vetro traslucido. La similarità è essenziale, avendo entrambi i dipinti un formato verticale e un fuoco centrale nella coppa.

Cole probabilmente dipinse il quadro in un periodo abbastanza breve, date le sue piccole dimensioni e l'applicazione molto sottile della vernice. La tela è molto visibile nell'immagine di accompagnamento, se visualizzate con piena risoluzione. Ha realizzato l'opera senza commissione, quindi il soggetto era puramente suo. Ha chiesto $100 per il lavoro, apparentemente in base alle dimensioni del dipinto: i suoi paesaggi a grandezza naturale all'epoca hanno raggiunto $250 a $500.

Cole ha inviato Il calice del Titano a Luman Reed (un commerciante americano di successo), anche se non è chiaro se Reed lo abbia poi conservato o lo abbia semplicemente recensito. L'opera fu esposta alla National Academy of Design (New York) nel 1834 mentre era di proprietà di James J. Mapes.

In seguito, l'artista John Mackie Falconer possedette il quadro nel 1863. Infine, nel 1904, Samuel Putnam Avery donò il dipinto al Metropolitan Museum of Art di New York.

Riconosciuto come un'opera d'arte unica, Il calice del Titano è stato l'unico dipinto americano antecedente il XX secolo ad essere incluso nella mostra "Fantastic Art, Dada, Surrealism" del Museum of Modern Art del 1936.

  1. ^ The Titan's Goblet. Collections Database, Metropolitan Museum of Art. Scheda dell'opera, sito ufficiale del MET di New York. Ultimo accesso verificato il 20 dicembre 2021.
  2. ^ Attributed to Panofsky in fn. 3, Parry, 123
  3. ^ Quoted with ellipsis in Parry, 126
  4. ^ Parry, 131
  5. ^ Quoted from Joseph Gwilt, translator, in Parry, 131
  6. ^ Parry, 133
  7. ^ Found in his sketchbooks at the Detroit Institute of Arts
  8. ^ Parry, 135

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Collegamenti esterni

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