Joan Wallach Scott: differenze tra le versioni
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{{Citazione|In sostanza, il mio argomento è sempre stato quello delle relazioni di potere asimmetriche. La disuguaglianza di genere è la matrice|Joan W. Scott, Intervista, ''Libération'', 2018}} |
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Dopo aver dedicato i suoi primi studi al [[movimento operaio]] francese in un'ottica [[marxista]], verso la fine degli anni settanta, sotto la spinta del [[femminismo]], indirizza i suoi interessi verso la storia delle donne, pubblicando con la storica [[Louise Tilly]] il libro ''Women, Work, and Family'', che rappresenta una svolta negli studi sulla divisione sessuale del lavoro.<ref>{{Cita|Di Cori 2013|p. 270}}.</ref> Negli anni ottanta del Novecento il suo incontro con la teoria [[Post-strutturalismo|post-strutturalista]] la conduce a interrogarsi sui presupposti dell'analisi storica e ad introdurre il [[Genere (scienze sociali)|genere]] come categoria storiografica da indagare nella sua costruzione discorsiva, al pari delle altre categorie di classe, identità, etnia.<ref name=":252">{{Cita pubblicazione|autore=Thamy Ayouch|anno=2019|titolo=Joan W. Scott : écrire l’histoire, de Foucault à la psychanalyse|rivista=Genre, sexualité & société|numero=21|lingua=fr|doi=10.4000/gss.5528}}</ref> |
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È titolare della cattedra dedicata al professore Harold F. Linder presso la Scuola di Scienze Sociali dell'Università di [[Princeton]]. |
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L'articolo ''[[Il "genere": un'utile categoria di analisi storica]]'', pubblicato nel 1986 nell'''American Historical Review'', ampiamente diffuso negli Stati Uniti e in Europa, la rende tra le prime teoriche della ''gender history''.<ref>{{Cita web|url=http://www.laviedesidees.fr/Joan-W-Scott-ou-l-histoire.html|titolo=Joan W. Scott ou l’histoire critique des inégalités |
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par Clyde Plumauzill|autore=Clyde Plumauzille|data=17 giugno 2014|lingua=fr|accesso=23 febbraio 2024|dataarchivio=3 marzo 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160303194235/http://www.laviedesidees.fr/Joan-W-Scott-ou-l-histoire.html|urlmorto=sì}}</ref> |
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A partire dagli anni novanta il linguaggio dell’[[universalismo]] repubblicano e il suo funzionamento all'interno delle rappresentazioni della [[storia francese]] costituiscono uno dei suoi campi di ricerca privilegiati, diventando materia di riflessione anche nel dibattito pubblico, in cui interviene in materia di questioni razziali e religiose, politiche di integrazione, identità nazionale, sessualità, parità dei diritti, libertà di insegnamento.<ref name=":4" /> |
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== Biografia == |
== Biografia == |
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Joan Wallach nasce a [[Brooklyn]], New York, il 18 dicembre 1941, figlia di due insegnanti delle scuole superiori, Lottie Tannenbaum e Sam Wallach.<ref name=":1">{{Cita web|url=https://www.britannica.com/biography/Joan-Wallach-Scott|titolo=Joan Wallach Scott|sito=Britannica|lingua=en|accesso=10 gennaio 2023}}</ref> |
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Il padre, di origini [[ebraiche]], giunge dalla [[Polonia]] agli [[Stati Uniti]] nel 1910, in tenerissima età, con i genitori e i tre fratelli. Dopo essersi diplomato nel 1929 al [[City College di New York]], trova lavoro come insegnante di storia e di economia e diventa uno dei leader del Sindacato degli insegnanti (Teachers Union), ricoprendo la carica di Presidente dal 1945 al 1948.<ref name=":2">{{Cita web|url=https://findingaids.library.nyu.edu/tamwag/tam_241/|titolo=Guide to the Sam Wallach Papers TAM.241|lingua=en|accesso=10 gennaio 2024}}</ref> Nei primi anni cinquanta, durante il periodo iniziale del [[maccartismo]], Sam Wallach viene sospeso, poi licenziato e posto sotto la sorveglianza dell'[[FBI]] con molti altri colleghi, a seguito dell'approvazione, da parte dello [[stato di New York]], della Legge Feinberg che bandisce dalle scuole pubbliche i sospettati di attività sovversive contro il governo e coloro che non si prestano alla collaborazione.<ref>{{Cita pubblicazione|anno=1950|titolo=The Feinberg Law|rivista=St. John's Law Review|volume=24|numero=2|lingua=en|accesso=10 dicembre 2024|url=https://scholarship.law.stjohns.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=4961&context=lawreview}}</ref><ref name=":2" /><ref>{{Cita web|url=https://www.history.com/this-day-in-history/supreme-court-rules-on-communist-teachers|titolo=Supreme Court rules on communist teachers|lingua=en|accesso=10 gennaio 2024}}</ref> |
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Specialista di [[Storia della Francia]], Joan Wallach Scott è conosciuta per i suoi contributi agli [[studi di genere]]. È l'autrice dell'articolo ''Gender: A Useful Category of Historical Analysis'', pubblicato nel 1986 nella ''American Historical Review'', tradotto in italiano con il titolo ''Il genere: un'utile categoria di analisi storica''<ref>{{Cita libro|titolo = Genere, politica, storia|autore = Joan W. Scott||wkautore = Joan Wallach Scott|curatore = Ida Fazio|data = 2013|editore = Viella|città = Roma|capitolo ="Il genere: un'utile categoria di analisi storica" |url=http://www.iaphitalia.org/wp-content/uploads/2015/03/scoti.pdf|pp = 31-63|id= ISBN 9788867280025|accesso = 3 giugno 2017|urlarchivio = https://web.archive.org/web/20160711132307/http://www.iaphitalia.org/wp-content/uploads/2015/03/scoti.pdf}}</ref>, che è tra i più letti e citati della rivista Historical Rewiew ed ha segnato un cambiamento determinante per la [[storia di genere]], la [[storia del pensiero]] e nella storiografia Anglo-Americana. Nel corso della sua carriera accademica, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, fra cui l'American Historical Association's Herbert Baxter Adams Prize. I suoi libri sono tradotti in molte lingue, compresi il giapponese ed il coreano. È una delle fondatrici della rivista ''The History of the Present''<ref>[http://www.historyofthepresent.org/ Dal sito ufficiale] di ''The History of Present''</ref>. |
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Questo evento conduce la giovane figlia Joan a maturare l'impegno, mantenuto durante tutta la sua carriera professionale, a favore della libertà di parola e della libertà accademica.<ref name=":1" /> Il padre la avvicina anche al pensiero marxista, alla convinzione che le relazioni economiche determinano quelle sociali, e alla "fede nel progresso inevitabile, nel potere redentore della storia".<ref name=":03">{{Cita|Scott 2009|p. 27}}.</ref> Dalla madre, anche lei insegnante di storia, apprende che l’insegnamento è una forma di attivismo: "la trasmissione della conoscenza per uno scopo che va oltre se stesso, uno scopo animato da relazioni di cura e politica, che modella il modo in cui i ragazzi pensano al mondo per renderlo un posto migliore".<ref name=":03" /> |
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Joan Wallach Scott è nipote dell'attore [[Eli Wallach]]. |
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=== Primo attivismo politico === |
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== Opere == |
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Terminato il liceo, Joan Wallace si iscrive alla [[Brandeis University]], dove si distingue per il suo attivismo politico:<ref>{{Cita|Scott 2009|p. 29}}.</ref> |
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{{Citazione|Ho scritto per il giornale studentesco, ho partecipato ai picchetti al Woolworths, organizzato petizioni e manifestazioni per mettere al bando le bombe. [...] Durante una delle crisi internazionali dei primi anni ’60, Herbert Marcuse mi mise tra le mani dei soldi, esortandomi a “organizzare qualcosa”, cosa che, con il mio compagno di stanza altrettanto attivista, feci.|Joan Scott, ''Finding Critical History'', 2009, p. 29}}[[File:Vietnam War protestors at the March on the Pentagon.jpg|sinistra|miniatura|Proteste contro la guerra del Vietnam, 1967]]Nel 1962 si laurea con una tesi sulla [[Rivoluzione del 1848]] in Francia e grazie a una serie di circostanze in gran parte casuali, continua a coltivare il suo interesse per la storia francese e si iscrive all'[[Università del Wisconsin]].<ref>{{Cita|Scott 2009|pp. 29-30}}.</ref> |
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Nell'ateneo, ritenuto uno dei più fiorenti centri di pensiero e di azione politica, luogo di elaborazione della [[Wisconsin School]] di economia e di storia diplomatica e sede di pubblicazione della rivista della sinistra radicale ''Studies on the Left'', Joan Wallace si unisce ad altri attivisti a sostegno dei movimenti afroamericani per i [[diritti civili]], come i [[Freedom Riders]], e nelle mobilitazioni contro la [[guerra del Vietnam]], interpretando lo studio della storia come strettamente intrecciato alla politica, considerata la sua prima "vocazione".<ref>{{Cita|Scott 2009|p. 31}}.</ref><ref name=":4">{{Cita web|url=https://archive.wikiwix.com/cache/index2.php?url=https%3A%2F%2Fbackend.710302.xyz%3A443%2Fhttp%2Fwww.vacarme.org%2Farticle2325.html#federation=archive.wikiwix.com&tab=url|titolo=History trouble. Entretien avec Joan W. Scott|data=11 gennaio 2014|lingua=fr|accesso=14 gennaio 2024}}</ref> |
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Dopo essersi laureata, accede al dottorato di ricerca e lavora come assistente didattica dello storico tedesco [[George Mosse]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott et Bruno Perreau|anno=2010|titolo=La question du genre. Entretien avec Joan W. Scott|rivista=Genre, sexualité & sociéte|numero=4|lingua=fr|doi=10.4000/gss.1659}}</ref><ref>{{Cita|Scott 2009|29-30}}.</ref> Nel 1967 parte per la Francia per raccogliere i materiali della sua ricerca e dopo due anni presenta la tesi di dottorato incentrata sull'impatto indotto dai cambiamenti tecnologici sulla politica della classe operaia francese (in particolare i vetrai di [[Carmaux]]) alla fine del XIX secolo. |
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Durante questo periodo si sposa con Donald Scott, con il quale in precedenza aveva condiviso gli studi di storia all'Università del Wisconsin e il dottorato, e quando questi riceve un incarico di docenza di storia americana alla [[Università della Città di New York|CUNY]], si trasferisce con lui a Chicago. Nel 1966 nasce il loro primo figlio, [[A. O. Scott|Antony Oliver Scott]]; nel 1969 Joan inizia la sua carriera lavorativa "proprio mentre il movimento femminista stava esplodendo nei campus [...] e le studentesse chiedevano a gran voce la “her-story”.<ref>{{Cita|Scott 2009|p. 37}}.</ref> |
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=== Anni settanta: avvio della carriera universitaria === |
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Joan Scott ottiene il suo primo incarico all'[[Università dell'Illinois - Chicago|Università dell'Illinoi]]<nowiki/>s a Chicago, dove lavora dal 1970 al 1972, per trasferirsi in seguito alla [[Northwestern University]] (1972–1974) e all'[[Università della Carolina del Nord a Chapel Hill]] (1974–1980). |
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==== Storia del lavoro e il lavoro delle donne ==== |
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===== ''The Glassworkers of Carmaux'' (1974) ===== |
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Il suo primo lavoro, pubblicato nel 1974, ''The Glassworkers of Carmaux: French Craftsmen and Political Action in a Nineteenth-Century City'', trae origine dalla sua tesi di dottorato; è uno studio di impronta [[Marxismo|marxista]]<ref>Ricordando questi primi studi, Scott così precisa in un'intervista, ricordando di essere una "red diaper baby", allattata artificialmente con il marxismo: "È stato dalla prospettiva della coscienza e della lotta di classe che mi sono avvicinata al passato." Cfr.: ''History trouble. Entretien avec Joan W. Scott'', su ''archive.wikiwix.com'', 11 gennaio 2014. <small>URL consultato il 14 gennaio 2024</small>.</ref><ref name="DiCori">{{Cita|Di Cori|p. 270}}.</ref> sui mutamenti intervenuti, a seguito all'avvento della [[Industrializzazione|meccanizzazione]], nel lavoro e nei comportamenti politici (sindacalizzazione, adesione al socialismo) di un piccolo segmento altamente qualificato della [[classe operaia]] francese, quello dei soffiatori di vetro di [[Carmaux]] nel XIX secolo.<ref>{{Cita web|url=https://www.hup.harvard.edu/books/9780674354418|titolo=The Glassworkers of Carmaux|lingua=en|accesso=10 gennaio 2024}}</ref> L'autrice indaga sul legame tra proletarizzazione (perdita del controllo della produzione e declino dello status professionale da parte dei lavoratori), [[coscienza di classe]] e radicalizzazione politica. Il libro, vincitore del premio dell’[[American Historical Association]] come migliore opera prima di storia europea scritta negli Stati Uniti, coniuga i due interessi - [[storia sociale]] e storia del lavoro - maturati dall'autrice durante la sua carriera universitaria e ne stabilisce l'identità professionale come storica della Francia moderna e storica del lavoro.<ref>{{Cita libro|autore=Jennifer Scanlon|titolo=Scott, Joan Wallach|anno=1996|editore=Greenwood Press|città=Westport|lingua=en|pp=201-203|opera=American women historians, 1700s–1990s : a biographical dictionary|ISBN=0–313–29664–2}}</ref><ref>{{Cita|Scott 2009|p. 33}}.</ref> |
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===== ''Women, Work, and Family (1978)'' ===== |
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Degli altri studi successivamente prodotti sul mondo del lavoro, ad esempio nel settore dell'abbigliamento<ref>{{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Pat Thane, Geoffrey Crossick, Roderick Floud|titolo=Men and women in the Parisian garment trades: discussions of family and work in the 1830s and 1840s|anno=1985|editore=Cambridge University Press|città=Cambridge|lingua=en|pp=67-94|opera=The power of the past : Essays for Eric Hobsbawm|OCLC=848386942}}</ref> e della calzatura, uno dei quali scritto in collaborazione con [[Eric Hobsbawm]],<ref>{{Cita pubblicazione|autore=E. J. Hobsbawm, Joan Wallach Scott|anno=1980|titolo=Political Shoemakers|rivista=Past & Present|numero=89|pp=pp. 86-114|lingua=en}}</ref> il più noto è quello pubblicato nel 1978 e scritto insieme alla storica sociale [[Louise Tilly]], ''Women, Work, and Family,'' che studia gli effetti emancipatori dell'ingresso delle donne nelle fabbriche, segnando una svolta negli studi sulla divisione sessuale del lavoro.<ref name="DiCori" /> |
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[[File:The Employment of Women in Britain, 1914-1918 Q28246.jpg|miniatura|Lavoratrici in una fabbrica di coperture di amianto, Lancashire, 1918]] |
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Come più tardi Scott spiegherà, la sua collaborazione con Tilly, che, come lei, aveva iniziato a insegnare storia delle donne su insistenza delle sue studentesse, si fondava sulla formazione condivisa di storiche sociali e sulla comune contestazione dell'idea, sostenuta dal movimento femminista e dalla maggior parte degli studi di storia del lavoro femminile, che il lavoro salariato rappresentasse per le donne "una garanzia di emancipazione dalle pressioni familiari “tradizionali” a restare a casa e crescere i figli" e che costituisse la fonte dell'acquisizione dei diritti politici.<ref>{{Cita|Scott 2014|p. 114}}.</ref><ref>{{Cita|Watson|p. 101}}.</ref> |
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L'analisi del rapporto donne-lavoro-famiglia condotta dalle due autrici, uno studio sociologico supportato da dati statistici demografici, mostra che prima dell'industrializzazione le donne, nell’artigianato e nell'agricoltura, erano già impegnate in attività produttive essenziali per l'economia familiare; il lavoro salariato industriale avrebbe rappresentato un cambiamento, ma non un miglioramento nella loro posizione sociale, e non avrebbe alterato significativamente il loro ruolo all'interno della famiglia, né le avrebbe liberate dai tradizionali rapporti di potere.<ref>{{Cita|Tilly-Scott|pp. 9-59}}.</ref> Nella prefazione della seconda edizione pubblicata nel 1987, viene inoltre sottolineato come lo studio riveli l'esistenza di una variabilità di processi e di situazioni, dipendenti dal carattere dello sviluppo economico, dal tipo di produzione e di sviluppo tecnologico, dall'area culturale e geografica presa in esame, e come i diversi contenuti attribuiti ai termini "donna" e "lavoro", status e potere, portassero ad escludere ogni generalizzazione sulla liberazione della donna e sulla possibilità di esistenza di un'unica storia.<ref>{{Cita libro|autore=Louise A. Tilly, Joan W. Scott|titolo=Introduction|anno=1987|editore=Routledge|città=New York|lingua=en|pp=1-9|opera=Women, Work and Family}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Peter Laslett|anno=1980|titolo=Women, Work, and Family [review]|url=https://archive.org/details/sim_american-historical-review_1980-12_85_5/page/1170|rivista=The American Historical Review|volume=85|numero=5|pp=1170-1171|lingua=en}}</ref><ref name=":3">{{Cita web|url=https://jwa.org/encyclopedia/article/historians-in-united-states|titolo=Historians in the United States|autore=Marsha L. Rozenblit|data=23 giugno 2021|lingua=en|accesso=10 dicembre 2024}}</ref> |
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Dopo aver scritto questo libro, Scott afferma di essere rimasta colpita dalla "persistenza dell'oppressione delle donne", dalla "continuità storica" della discriminazione, e di non aver trovato nelle teorie marxiste adeguate risposte per spiegare le gerarchie di genere e la loro permanenza, nonostante il raggiungimento dell’uguaglianza politica.<ref name=":4" /><ref name="DiCori" /> Anche la storia sociale, a suo avviso, non aveva dato risposte a questa questione: se aveva promosso l'inclusione nella storia di attori fino ad allora esclusi, per quanto riguarda le donne, secondo la studiosa statunitense, essa continuava a includerle nella categoria generale "uomini", o a considerarle irrilevanti, perché confinate nella sfera privata domestica o perché ritenute prive delle qualità necessarie per occupare un posto nella storia.<ref name="Scott_2009">{{Cita|Scott 2009|p. 42}}.</ref> |
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=== Anni ottanta: l'incontro con il post-strutturalismo === |
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[[File:Michel Foucault 1974 Brasil.jpg|sinistra|miniatura|Michel Foucault, 1974]] |
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Nei primi anni ottanta, quando le viene assegnata alla [[Brown University]] la cattedra Nancy Duke Lewis per l'insegnamento e la ricerca nell'area degli ''women’s studies'', Scott entra in contatto con un gruppo molto attivo di ricercatrici femministe - come Mary Ann Doane, Naomi Schor, Ellen Rooney ed Elizabeth Weed - che si occupano di critica letteraria, allora impegnate nella lettura e nella discussione di testi degli autori post-strutturalisti ([[Roland Barthes|Barthes]], [[Michel Foucault|Foucault]], [[Derrida]]), dei principali esponenti della psicanalisi ([[Freud]], [[Lacan]], [[Jean Laplanche|Laplanche]]) e del femminismo francese ([[Luce Irigaray|Irigaray]], [[Hélène Cixous|Cixous]], [[Julia Kristeva|Kristeva]]); l'incontro con queste studiose, la conoscenza di questi testi e la fondazione, nel 1981, del Pembroke Center for Teaching and Research on Women, di cui diventa direttrice, segnano un punto di svolta nel suo pensiero, rivelandosi essenziali per lo sviluppo dei suoi futuri studi sul genere come costruzione sociale e per avviare la riflessione su questioni teoriche della ricerca storica.<ref name=":25">{{Cita pubblicazione|autore=Thamy Ayouch|anno=2019|titolo=Joan W. Scott : écrire l’histoire, de Foucault à la psychanalyse|rivista=Genre, sexualité & société|numero=21|lingua=fr|doi=10.4000/gss.5528}}</ref><ref name=":4" /> |
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Così Scott commenta l'importanza di quel periodo: "In quegli anni il mio femminismo acquisì una sua logica intellettuale, la basi filosofiche per il mio lavoro di storica. Questo tipo di lavoro ora ha un nome: storia critica. [...] La teoria post-strutturalista mi ha fornito un linguaggio per articolare la critica femminista e per concepire come la storia potrebbe servirla."<ref name=":5">{{Cita|Scott 2009|pp. 45-46}}.</ref> |
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==== La "svolta linguistica" ==== |
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{{Citazione|Le parole non sono altro che le battaglie per definirle!|Joan W. Scott, ''History trouble, entretien'', 2014|Les mots ne sont jamais que les batailles pour les définir !|lingua=fr|lingua2=it}} |
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Secondo Scott il problema non era quello di aggiungere le donne alla storia tradizionale, ma di ridefinire "le regole della disciplina", interrogandosi anche su come "una storica donna" poteva "cambiare il modo in cui pensavamo la storia".<ref name="Scott_2009" /> La lettura dell'opera di Foucault, iniziata con ''L'ordine delle cose'', viene da lei indicata come la più importante influenza che avrebbe determinato la sua "[[svolta linguistica]]”, il momento in cui "la passione è entrata nel mio matrimonio combinato con la storia".<ref name=":5" /> |
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L'incontro con il pensiero di Foucault segna l'interesse di Scott per "una storia della differenza" che interroga e analizza gli elementi su cui si fondano distinzioni, gerarchie e conflitti.<ref>{{Cita|Ayouch}}.</ref> Assumendo il linguaggio, i "discorsi" - in termini foucaultiani - come oggetto di indagine storiografica, Scott esplora la costruzione dei soggetti, delle organizzazioni sociali e dei rapporti di potere, mette in discussione i presupposti su cui si basano l'analisi storica e le tradizionali categorie storiografiche di classe, razza, genere.<ref>{{Cita|Scott 2009|p. 46}}.</ref> |
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==== Il genere come categoria di analisi storica ==== |
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{{Vedi anche|Il "genere": un'utile categoria di analisi storica}}{{Citazione|Il genere è una categoria utile solo se le differenze sono la domanda, non la risposta, solo se ci chiediamo cosa significano “uomini” e “donne” ovunque e ogni volta che li guardiamo, invece di dare per scontato di sapere già chi e cosa sono|Joan Scott, ''Finding Critical History'', 2009, p. 48|Gender is a useful category only if differences are the question, not the answer, only if we ask what “men” and “women” are taken to mean wherever and whenever we are looking at them, rather than assuming we already know who and what |
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they are|lingua=en|lingua2=it}} |
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[[File:Derrida_EHESS_(cropped).png|miniatura|240x240px|Jacques Derrida]] |
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Nel 1986 Scott pubblica un articolo sulla rivista accademica ''[[American Historical Review]]'' intitolato ''Gender: A Useful Category of Historical Analysis,'' che avrà un'enorme diffusione, collocandosi al primo posto tra gli articoli più visualizzati e stampati della rivista e rendendola nota in tutto il mondo, anche se la categoria di genere, così come è stata lei intesa e come spesso la stessa autrice osserverà in seguito, verrà spesso mal interpretata e non compresa né applicata nelle sue implicazioni epistemologiche.<ref>{{Cita|Hesford-Diedrich|p. 201}}.</ref><ref>{{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Ida Fazio|titolo=Ancora qualche riflessione su genere e politica|anno=2013|editore=Viella|città=Roma|pp=65-91|opera=Genere, storia, politica|cid=Scott 2013a|ISBN=978-88-6728-002-5}}</ref><ref>{{Cita|Meyerowitz|p. 1346}}.</ref> |
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In un momento in cui la storia delle donne si stava interrogando sul proprio statuto e sul proprio futuro, l'articolo di Scott rappresenta il principale contributo a tale dibattito, con la proposta di una prospettiva teorica, fondata sulla contestazione dell'attribuzione biologica dei ruoli sessuali, e sull'applicazione della teoria post-strutturalista sviluppata da Foucault e Derrida, conosciuta e approfondita nell'ambito del Pembroke Center for Teaching and Research on Women della Brown University, da lei cofondato con Elizabeth Weed nel 1981.<ref>{{Cita|Watson|p. 102}}.</ref><ref>{{Cita|Scott 1987|p. 560}}.</ref> Tale teoria rappresenta per Scott un'imprescindibile strumento di analisi "per esplorare come le gerarchie di genere sono costruite e legittimate", ed è da lei ritenuta in grado di promuovere un profondo cambiamento in ambito storiografico, non solo per quanto riguarda la storia delle donne, ma per l'intera disciplina.<ref name=":9">{{Cita|Meyerowitz|p. 1347}}.</ref><ref>{{Cita|Di Cori 1987|p. 554}}.</ref> |
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=== Nuove prospettive: l'Institute for Advanced Study di Princeton (1985-2014) === |
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[[File:Fuld Hall, Institute for Advanced Study, Princeton, NJ - looking north.jpg|miniatura|Fuld Hall, Institute for Advanced Study, Princeton|sinistra]] |
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Nel 1985 Scott lascia la Brown University e accetta l'offerta di diventare membro permanente della facoltà dell'Institute for Advanced Study di Princeton, dove nel 2014 concluderà la sua carriera con il pensionamento e il conferimento del titolo di docente emerita. |
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Assunta a Princeton per il suo lavoro di storica sociale, diventa, per sua stessa ammissione, una [[Storia delle idee|storica delle idee]], una studiosa per la quale "la teoria – la teoria femminista – era ed è una preoccupazione primaria".<ref name=":6">{{Cita|Scott 2009|p. 49}}.</ref> Scott definisce come oggetto del suo lavoro "la questione della differenza nella storia: i suoi usi, enunciazioni, implementazioni, giustificazioni e trasformazioni nella costruzione della vita sociale e politica. Differenza non solo come differenza sessuale, ma come uno qualsiasi di quei fattori della vita umana su cui si basano le distinzioni primarie, le gerarchie e i conflitti; fattori il cui radicamento nella natura, cultura, religione, etnia o razza necessita di essere interrogato piuttosto che semplicemente descritto."<ref name=":6" /> |
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Negli anni successivi alla pubblicazione dell'articolo sul genere, Scott si interroga sia sui presupposti disciplinari della storia, sia sulle teorie femministe e lo status della storia delle donne, con il fine di intervenire nella “politica della storia”. I risultati di questa attività di sistematizzazione sono rappresentati dal suo nuovo libro ''Gender and the Politics of History''.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1987|titolo=On Language, Gender, and Working-Class History|rivista=International Labor and Working-Class History|numero=31|pp=1-13|lingua=en|cid=Scott 1987b}}</ref><ref>{{Cita|Scott 2009|p. 49}}.</ref> |
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==== ''Gender and the Politics of History'' (1988) ==== |
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{{Citazione|Anche se intendo insistere sul fatto che le questioni relative al genere illumineranno non solo la storia delle relazioni tra i sessi ma anche tutta o quasi la storia, qualunque sia il suo argomento specifico, sono consapevole dei risultati necessariamente parziali che un simile approccio produrrà. Non pretendo di avere una visione totale, né di aver trovato la categoria che spiegherà finalmente ogni disuguaglianza, ogni oppressione, tutta la storia. La mia tesi è più modesta: che il genere offra sia un buon modo di pensare alla storia, ai modi in cui sono state costituite le gerarchie di differenza – inclusioni ed esclusioni – sia di teorizzare la politica (femminista).|Joan W. Scott, ''Gender and the politics of history'', 1988, p. 10|Even as I want to insist that questions about gender will illuminate |
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not only the history of relations between the sexes but also all or |
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most history whatever its specific topic, I am aware of the necessarily |
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partial results such an approach will produce. I make no claim to |
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total vision, nor to having found the category that will finally explain |
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all inequality, all oppression, all history. My claim is more modest: |
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that gender offers both a good way of thinking about history, about |
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the ways in which hierarchies of difference—inclusions and |
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exclusions—have been constituted, and of theorizing (feminist) politics.|lingua=en|lingua2=it}} |
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''Gender and the Politics of History'' (1988) raccoglie nove saggi di Scott già pubblicati tra il 1983 e il 1988 e in gran parte riscritti. Si pone come tentativo, da parte dell'autrice, di costruire "una piattaforma insieme teorica e politica per la storia delle donne", nella quale il post-strutturalismo viene indicato come riferimento necessario per una "politica femminista più radicale", perché in grado di offrire "una potente prospettiva analitica": "affronta questioni di epistemologia, relativizza lo status di tutta la conoscenza, collega conoscenza e potere", suggerisce una riflessione critica sui processi attraverso i quali vengono creati i significati e la conoscenza è ed è stata prodotta.<ref>{{Cita|Scott 1988|pp. 4, 9}}.</ref><ref>{{Cita|Di Cori|p. 271}}.</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Linda K. Kerber|anno=1991|titolo=Gender and the Politics of History by Joan Wallach Scott [Review]|rivista=International Labor and Working-Class History|volume=39|pp=91-94|lingua=en}}</ref>[[File:1889 AHA officers.png|sinistra|miniatura|I componenti dell'American Historical Association, 1889]] |
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Nell'introduzione, Scott definisce il genere come il discorso intorno alla differenza fra i sessi, inteso in termine foucaultiani, come l' "interpretazione delle relazioni umane prodotta dalle culture e dalle società"; nello specifico, delle relazioni fra uomini e donne, e dei significati stabiliti per le differenze corporee.<ref name=":11">{{Cita|Scott 1988|p. 2}}.</ref> Tale sapere è storicamente creato, non è assoluto ma relativo, non definito dalla natura delle cose, né riferito solo alle idee, ma anche alle istituzioni, alle strutture e alle pratiche quotidiane: i suoi usi e significati sono "il mezzo attraverso cui vengono costruite le relazioni di potere, di dominio e subordinazione". Il sapere è "un modo di ordinare il mondo", inseparabile dall'organizzazione sociale; "ne consegue quindi che il genere è l’organizzazione sociale della differenza sessuale."<ref name=":11" /> |
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La storia come disciplina, oltre a testimoniare i cambiamenti che intervengono nell'organizzazione sociale dei sessi, partecipa alla produzione del sapere sulla differenza sessuale, e quindi interviene sulla costruzione del genere nel presente; se il fine degli studi femministi è evidenziare e cambiare le disuguaglianze tra donne e uomini, modificare le distribuzioni di potere esistenti, tale obbiettivo, rileva Scott, rimane difficile da attuare se manca "un’analisi di genere di come le gerarchie vengono costruite, legittimate, messe in discussione e mantenute."<ref>{{Cita|Scott 1988|pp. 2-3}}.</ref> La storia delle donne fino a qui praticata, basata sulla documentazione dell'esistenza delle donne nel passato, non ha cambiato il valore che gli storici hanno attribuito alle loro attività e non è riuscita a spiegare i motivi della loro discriminazione e del ruolo di marginalità ad esse riservato. Né sono state in grado di farlo la storia sociale e la tradizione marxista, costruite sulla categoria dell' "uomo universale".<ref>{{Cita|Scott 1988|p. 4}}.</ref> Secondo Scott si rende quindi necessario l'uso di nuovi strumenti di analisi, una diversa epistemologia, indicata nel post-strutturalismo, in grado di rendere visibile il genere e di archiviare l'idea di una storia delle donne come appendice della "storia universale".<ref name=":8">{{Cita pubblicazione|autore=Linda Gordon|anno=1990|titolo=Gender and the Politics of History by Joan Wallach Scott [Review]|url=https://archive.org/details/sim_american-historical-review_1990-10_95_4/page/1156|rivista=The American Historical Review|volume=95|numero=4|pp=1156-1157|lingua=en}}</ref> |
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[[File:Lewis Hine Power house mechanic working on steam pump.jpg|miniatura|Lewis Hine, 1920. ''Power house mechanic working on steam pump'']] |
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===== Verso una storia femminista ===== |
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Il libro è diviso in quattro parti. La prima, ''Toward a feminist history'', si apre con due saggi teorici nei quali l'autrice espone il suo modo di affrontare la storia del genere: ''Women's History'' pubblicato nel 1983, che rappresenta una rivisitazione critica delle principali linee di sviluppo nella storia delle donne, seguito dalla riproposizione dell'articolo del 1986 che l'ha resa nota, ''[[Gender: a useful category of historical analysis]],'' nel quale sostiene che la ''gender history'' deve concentrarsi sulla costruzione sociale e politica del significato della differenza sessuale.<ref>{{Cita|Scott 1988|pp. 15-50}}.</ref> |
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===== Genere e classe ===== |
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Nella seconda parte, ''Gender and Class,'' Scott sviluppa la sua critica alla storia sociale e alla storia del movimento operaio, di tradizione marxista, in due distinti saggi dedicati alle principali opere degli storici britannici Gareth Stedman Jones e [[E. P. Thompson]].<ref>{{Cita libro|autore=Edward P. Thompson|traduttore=Bruno Maffi|titolo=Rivoluzione industriale e classe operaia in Inghilterra|anno=1969|editore=Il Saggiatore|città=Milano}}</ref> |
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Nel primo articolo, intitolato ''On Language, Gender, and Working-Class History'', l'autrice mette in evidenza la connessione esistente tra lo studio del linguaggio e lo studio del genere, soffermandosi sul processo di costruzione del significato sociale e politico del concetto di "classe operaia".<ref>{{Cita|Scott 1988|pp. 53-67}}.</ref><ref>Una prima versione di questo articolo era stata pubblicata l'anno prima nella rivista ''International Labor and Working Class History'' , n. 31, 1987, pp. 1-13</ref> Definendo preliminarmente il termine "linguaggio" Scott precisa che esso non si riferisce alle "parole" nel loro contenuto letterale o nel loro uso grammaticale, ma ad un sistema che costruisce significati, in modo relazionale e differenziale; che per genere non intende semplicemente i ruoli sociali delle donne e degli uomini, "ma l’articolazione (metaforica e istituzionale) in contesti specifici della comprensione sociale della differenza sessuale".<ref name=":10">{{Cita|Scott 1988|pp. 55, 59-60}}.</ref> Se il significato è costruito in termini di differenza, sostiene l'autrice, allora la differenza sessuale - che non è fissa, dipendente dalla biologia, ma culturalmente e storicamente variabile - diventa "un modo importante per specificare o stabilire un significato": ne deriva quindi che nello scandagliare i significati e la loro costruzione è possibile trovare il genere.<ref name=":10" /> |
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[[File:1931. Под боевыми знаменами Профинтерна на борьбу с капиталом и его агентурой Амстердамом.jpg|thumb|Voldemar Petrovich Anderson, ''Sotto la bandiera di battaglia del [[Internazionale sindacale rossa|Profintern]]'', 1931 |sinistra]] |
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Passando all'esame del libro ''Languages of Class'' (1983) di Gareth Stedman Jones, Scott rileva come, nella lettura del [[cartismo]], della sua ascesa e caduta, la scarsa attenzione posta dall'autore al modo in cui i significati vengono costruiti attraverso la differenziazione, lo abbia condotto a non considerare come la categoria universale di classe operaia, di lavoratore, il concetto di "identità politica collettiva" e gli stessi "linguaggi di classe" del XIX secolo, siano fondati non solo su antitesi (capitalisti, aristocratici), ma anche su opposizioni ed esclusioni, e su rappresentazioni della differenza sessuale - maschile/femminile, uomo/donna - presentate come dato “naturale”, e in quanto tale, sottratte alla discussione e alla critica".<ref name=":15">{{Cita|Scott 1988|pp. 60, 64}}.</ref> |
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Le stesse obiezioni vengono rivolte al libro dello storico della [[New Left]] E.T. Thompson, ''Women in'' ''The Making of the English Working Class'' (1963), ritenuto una pietra miliare della storiografia britannica, modello ed espressione della "nuova storia del lavoro" prodotta negli anni sessanta, su cui lei stessa si era formata.<ref>{{Cita|Scott 1988|pp. 69-70}}.</ref> Al centro della riflessione di Thompson vi sono il concetto "relazionale" di classe, di identità e di azione politica come forma di espressione della coscienza di classe, imperniati sull'idea di un [[Umanesimo (filosofia)|umanesimo socialista]] e sulla critica dell'[[Leninismo|avanguardia leninista]]: i lavoratori vengono rappresentati come soggetto attivo della storia, in grado di agire autonomamente, facendo proprie le idee rivoluzionarie.<ref>{{Cita|Scott 1988|p. 70}}.</ref> |
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Anche in questo caso Scott "decostruisce" la narrazione di Thompson, le definizioni di classe e identità politica, la storia che il libro racconta, mostrando come la classe operaia, connotata come categoria universale, si fondi invece su un soggetto maschile, rappresenti una costruzione basata sul genere,<ref>{{Cita|Scott 1988|pp. 64, 79}}.</ref> evidenziata nell'opposizione uomo/lavoro/attività produttiva - donna/domesticità; i codici e le strategie simboliche usati nella narrazione sono sessuati: "Il libro è affollato di scene di uomini intenti a lavorare, incontrarsi, scrivere, parlare, marciare, rompere macchine, andare in prigione, resistendo coraggiosamente alla polizia, ai magistrati e ai primi ministri".<ref>{{Cita|Scott 1988|pp. 72,79-80}}.</ref> Anche se presenti, le donne sono marginali nel libro, contribuiscono a rafforzare "la schiacciante associazione della classe con la politica dei lavoratori maschi."<ref>{{Cita|Scott 1988|p. 72}}.</ref> L'accostamento che il libro propone più volte tra donne e domesticità viene applicato anche nel caso delle lavoratrici salariate, che, nei rari casi in cui vengono nominate, vengono rappresentate in conflitto con il loro ruolo familiare: "a causa delle loro funzioni domestiche e riproduttive, le donne sono, per definizione, attori politici solo parziali o imperfetti."<ref>{{Cita|Scott 1988|pp. 73-75}}.</ref><ref name=":4" />[[File:Groupe d'ouvriers.JPG|miniatura|300x300px|Gruppo di operai dell'acciaieria Saut-du-Tarn, Francia]]L'invisibilità delle donne lavoratrici, specie le artigiane, nel libro di Thompson viene ricondotta da Scott a due motivazioni: alla convinzione dell'autore della loro assenza nei movimenti di protesta, ragione tuttavia non giustificabile all'interno dell'analisi, che il libro si era posto, dei diversi rapporti di produzione, o al presupposto di universalità della nozione di classe, che avrebbe reso la questione "donna" difficile da articolare, perché la sua differenza "implica disunità e sfida la coerenza".<ref>{{Cita|Scott 1988|p. 75}}.</ref> Una considerazione già espressa in precedenza, negli anni novanta dell’Ottocento, dal movimento operaio e socialista, per il quale il femminismo era un movimento borghese e individualista, contrario agli interessi della classe nel suo insieme.<ref>{{Cita|Scott 1988|pp. 79-80}}.</ref> |
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Un secolo dopo, le femministe che lavoravano nella tradizione thompsoniana, anziché risalire alle ragioni della marginalità delle donne nella storia della formazione della classe operaia inglese, secondo Scott avrebbero accettato quel concetto di classe, pensando fosse sufficiente raccogliere le prove della partecipazione femminile alle attività economiche per essere incluse in quella storia; oppure ritennero che, per potervi accedere, bastasse costruire una narrazione parallela e aggiuntiva, che comprendesse anche aspetti riferiti a loro specifiche condizioni, come la maternità o i carichi domestici.<ref>{{Cita|Scott 1988|p. 84}}.</ref> |
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Rispondendo alle critiche provenienti da diverse storiche femministe che la accusano di prestare troppa attenzione alle storie "tradizionali" e agli scritti maschili, trascurando le donne come soggetto storico, così Scott conclude il suo saggio: "affinché le storiche femministe del lavoro possano aggiungere le donne a storie come ''The Making of the English Working Class'', dobbiamo prima capire come funzionano questi libri una volta scritti. Questo tipo di operazione analitica rende possibile teorizzare un diverso tipo di storia della politica della classe operaia, che riformula la nostra conoscenza di genere e classe".<ref name=":17">{{Cita|Scott 1988|p. 90}}.</ref> |
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===== Eguaglianza e differenza ===== |
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''Gender in history'', il titolo della terza parte, comprende tre saggi sui lavoratori e sulle lavoratrici francesi della metà del XIX secolo, posti ad esempio dell'applicazione dell'analisi linguistica e di genere; nei due saggi finali della parte conclusiva, ''Equality and difference'', Scott esamina il "caso [[Sears]]", la vertenza sindacale che ha diviso il femminismo statunitense e la comunità delle storiche chiamate a testimoniare come esperte su fronti opposti in un'importante causa contro la [[discriminazione sessuale]] operata dall'azienda nei confronti delle lavoratrici,<ref>{{Cita web|url=https://slate.com/business/2018/10/sears-bankruptcy-sexism-workplace-inequality.html|titolo=Remember Sears for Its Sexism|autore=Katherine Turk|data=26 ottobre 2018|lingua=en|accesso=17 gennaio 2024}}</ref> e infine esamina cento anni di storia delle donne impegnate nella professione storica statunitense, dal 1884 al 1984.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Margo Anderson|anno=1991|titolo=Gender and the Politics of History by Joan W. Scott [Review]|url=https://archive.org/details/sim_gender-society_1991-09_5_3/page/408|rivista=Gender and Society|volume=5|numero=3|pp=408-409|lingua=en}}</ref> |
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=== Anni Novanta === |
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==== Critica alla storia sociale ==== |
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La critica mossa da Scott alla storia sociale, di cui gli scritti dedicati alle opere di Stedman e Thomson rappresentano un esempio, si basa su una diversa visione dei suoi tre presupposti teorici: esperienza, identità, politica. Anziché ritenere l'esperienza una realtà oggettiva, Scott la definisce un effetto, variabile, di specifiche costruzioni discorsive; afferma che l'identità non si basa sulla coscienza di sé, ma si connota come un'unità fittizia, instabile e incoerente; che la politica non è "una forma di coscienza collettiva sorta dalla percezione che esistono interessi comuni" e che vanno decostruite le architetture binarie che presuppongono gerarchia e subordinazione (come donna/uomo) e le categorie universali usate nelle scienze sociali, come classe, etnia, identità.<ref name=":13">{{Cita|Scott 1988|pp. 5-6}}.</ref><ref name=":16">{{Cita|Di Cori|pp. 271-272}}.</ref> |
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Se la realtà sociale e materiale non è ritenuta da Scott un'entità oggettiva né - necessariamente - la causa agente della condotta di attori storici, il punto di partenza per comprendere come sono organizzate le istituzioni e come viene costruita l’identità collettiva viene indicato nel linguaggio come sistema di significazione "attraverso il quale le persone rappresentano e comprendono il loro mondo, compreso chi sono e come si relazionano con gli altri”, e nel "discorso" come "struttura storicamente, socialmente e istituzionalmente specifica di affermazioni, termini, categorie e credenze”. |
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Nel 1991, dopo la pubblicazione nel volume collettaneo ''New Perspectives in Historical Writing,'' curato da [[Peter Burke]], del suo lungo saggio di Scott ''Women's History,'' Scott dà alle stampe un articolo che analizza nello specifico il concetto di esperienza, ''The Evidence of Experience.''<ref>{{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Peter Burke|titolo=Women's History|anno=1991|editore=Polity Press|città=London|lingua=en|pp=42-66|opera=New Perspectives on Historical Writing}}</ref><ref name="archive.org">{{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1991|titolo=The Evidence of Experience|url=https://archive.org/details/sim_critical-inquiry_summer-1991_17_4/page/773|rivista=Critical Inquiry|volume=17|numero=4|pp=773-797|lingua=en}}</ref> |
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===== ''The Evidence of Experience'' (1991) ===== |
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L'articolo, una diretta risposta all'intervento dello storico John Toews pubblicato su ''American Historical Review,'' analizza la categoria dell'esperienza e il significato ad essa attribuito dagli storici sociali, dalla tradizione marxista (in particolare [[Edward Palmer Thompson|E.P. Thompson]]) e da una parte del femminismo. Secondo Scott, gli storici sociali, nello stabilire un rapporto diretto tra circostanze economiche e azione politica, non si interrogano a sufficienza sul contenuto dell'esperienza, ritenendola un concetto ovvio e "trasparente", mentre, a suo avviso, il loro compito non dovrebbe essere quello di riprodurre e trasmettere conoscenze "che si dice siano ottenute attraverso l'esperienza", bensì di analizzare la produzione di quella stessa conoscenza.<ref name="Scott_1991">{{Cita|Scott 1991|p. 797}}.</ref><ref>{{Cita|Hesford-Diedrich|p. 199}}.</ref> |
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[[File:E P Thompson at 1980 protest rally.JPG|sinistra|miniatura|240x240px|[[Edward Palmer Thompson|E.P. Thompson]] durante una manifestazione contro le [[armi nucleari]] ad [[Oxford]] nel 1980]] |
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Allo stesso modo, rivolgendosi alla storia delle donne e ai suoi limiti, Scott contesta il progetto dichiarato di voler sostituire la nozione di oggettività della storia tradizionale, ritenuta una copertura ideologica per i pregiudizi maschili, facendo appello all'esperienza delle donne del passato e delle storiche che si riconoscono nelle loro antenate; l'esperienza, a suo avviso, è una categoria opaca, non è di per sé "portatrice di verità", perché opera all'interno di relazioni sociali, è una costruzione ideologica che "naturalizza" categorie come uomo, donna, nero, bianco, eterosessuale e omosessuale.<ref>{{Cita|Scott 1991a|pp. 786-787}}.</ref><ref name="DiCori_A">{{Cita|Di Cori|pp. 283-284}}.</ref> Secondo Scott è necessario interrogarsi sui processi di produzione dell'identità e sulla politica della sua costruzione, "i modi in cui l'azione è resa possibile, i modi in cui razza e sessualità si intersecano con il genere, i modi in cui la politica organizza e interpreta l’esperienza nel suo complesso, i modi in cui l’identità è un terreno conteso, il luogo di rivendicazioni molteplici e contrastanti".<ref>{{Cita|Scott 1991a|p. 787}}.</ref> |
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La nozione di esperienza va storicizzata, va negato il suo utilizzo "per essenzializzare l’identità", va messa in discussione la fede nella relazione immediata tra parole e cose, formulando nuove domande, tra cui l'autrice pone: "In che modo le categorie di rappresentazione e analisi – come classe, razza, genere, rapporti di produzione, biologia, identità, soggettività, azione, esperienza e persino cultura – hanno raggiunto il loro status fondativo? Quali sono stati gli effetti delle loro articolazioni? Cosa significa per gli storici studiare il passato in termini di queste categorie e per gli individui pensare a se stessi in questi termini? Qual è la relazione tra l’importanza di tali categorie nel nostro tempo e la loro esistenza nel passato?"<ref name="Scott_1991" /> |
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Infine, Scott evidenzia come anche "lo storico che produce conoscenza del passato basandosi sull'"esperienza" negli archivi, o l'antropologo che produce conoscenza di altre culture basandosi sull'"esperienza" come osservatore partecipante" dovrebbero esaminare criticamente la loro posizione di creatori attivi di conoscenza, l'oggettività della scrittura storica, il ruolo di chi fa ricerca.<ref name="archive.org" /><ref name="DiCori_A" /> |
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==== Storia del femminismo francese ==== |
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===== ''Only paradoxes to offer'' (1997): il femminismo come paradosso ===== |
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{{Citazione|La storia del femminismo è la storia delle donne che hanno avuto solo paradossi da offrire|Joan W. Scott, ''Only paradoxes to offer'', 1996, p. 5|The history of feminism is the history of women who have had only paradoxes to offer|lingua=en|lingua2=it}} |
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[[File:Marie-Olympe-de-Gouges.jpg|miniatura|Ritratto di [[Olympe de Gouges]] (1748-1793)|246x246px]]In questo libro, il cui titolo è tratto da una frase scritta da Olympe de Gouges - “una donna che ha solo paradossi da offrire e non problemi facili da risolvere” - Scott esamina la storia del [[Femminismo in Francia|femminismo francese]] dal 1789 al 1944 e le formulazioni di "uguaglianza" e "differenza" presenti nelle rivendicazioni per i diritti politici di quattro femministe: [[Olympe de Gouges]], autrice nel 1791 della ''[[Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina]]'', [[Jeanne Deroin]], femminista socialista utopica, [[Hubertine Auclert]] e [[Madeleine Pelletier]], femministe della [[Terza Repubblica (Francia)|Terza repubblica]].<ref>{{Cita|Scott 1996|pp. ix-xi}}.</ref> |
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Scott dichiara di voler prendere le distanze sia da un tipo di narrazione da lei definita "teleologica", modellata sul concetto di progresso e praticata fin dal XIX secolo anche dalle femministe, sia dal genere [[Biografia|biografico]] e [[Autobiografica|autobiografico]], concentrato sulle storie di vita personali e sostenitore dell'idea che "l'agire è un'espressione della volontà individuale autonoma, piuttosto che l'effetto di un processo storicamente definito che forma i soggetti".<ref name=":21" /> |
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Quella che propone è una storia di genere, basata sull'utilizzo delle teorie post-strutturaliste, che analizza il femminismo "in termini di processi discorsivi - epistemologie, istituzioni e pratiche".<ref name="Scott_1996">{{Cita|Scott 1996|p. 16}}.</ref> Le strategie concorrenti - uguaglianza contro diversità - attraverso le quali è stato spesso letta la storia del femminismo, vengono da Scott "decostruite" e presentate come manifestazioni e nello stesso tempo sfide alle pratiche discorsive del [[Repubblicanesimo|repubblicanesimo francese]] che, a partire dalla [[Rivoluzione francese|Rivoluzione]], impose l’[[universalismo]] della differenza sessuale su quello dei [[diritti naturali]]: l'individuo politico venne identificato con la mascolinità, e la femminilità, naturalizzata, con l'alterità, in un'opposizione fissa, gerarchica e immobile.<ref>{{Cita|Scott 1996|pp. 5-7}}.</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Joan B. Landes|anno=1997|titolo=Only Paradoxes to Offer: French Feminists and the Rights of Man by Joan Wallach Scott [Review]|url=https://archive.org/details/sim_american-political-science-review_1997-06_91_2/page/443|rivista=The American Political Science Review|volume=91|numero=2|pp=443-444|lingua=en}}</ref>[[File:Louise Weiss.jpg|sinistra|miniatura|260x260px|Manifestazione di donne parigine per il diritto di voto, 1935]]La necessità di lottare contro l'esclusione delle donne dalla politica rifiutando la "differenza sessuale" che ne stabiliva la base [[ontologica]], secondo Scott avrebbe tuttavia portato il femminismo a fare appello a tale differenza per avanzare rivendicazioni a favore delle “donne”; in questo modo, "nella misura in cui ha agito per le “donne”, il femminismo ha prodotto la “differenza sessuale” che cercava di eliminare".<ref>{{Cita|Scott 1996|p. 12}}.</ref><ref name=":19">{{Cita|Scott 1996|pp. 3-4}}.</ref> |
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Il paradosso è ritenuto da Scott l'elemento costitutivo del femminismo come movimento politico nel corso della sua storia: "la storia del femminismo è la storia delle donne che hanno avuto solo paradossi da offrire".<ref name=":21">{{Cita|Scott 1997|pp. 3, 15-16}}.</ref> Le femministe presentate nel libro - che incarnano quattro diverse configurazioni storiche del paradosso - non vengono quindi descritte come eroine in lotta per i diritti politici, ma come "luoghi o indicatori storici" di confronti politici e culturali, in cui individualità e contesto si intersecano, evidenziando i molteplici fattori che concorrono a costruire le loro azioni.<ref name="Scott_1996" /><ref name=":22">{{Cita pubblicazione|autore=Françoise Thébaud|anno=2000|titolo=Joan W. Scott, La citoyenne paradoxale : les féministes françaises et les droits de l'homme [Review]|rivista=Clio|numero=20|lingua=fr}}</ref> |
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Il termine "paradosso", che assumerà un posto centrale anche nel lavoro successivo della storica statunitense, anziché significare stallo, viene inteso come una modalità o un meccanismo di cambiamento storico, che non si compie in modo deterministico.<ref name=":20">{{Cita|Butler|pp. 14-15, 24}}.</ref> |
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L'azione femminista nella storia, sostiene Scott, è un effetto di ambiguità e incoerenze all'interno di particolari [[Epistemologia|epistemologie]], è una reazione all'esclusione e anche il sintomo delle contraddizioni costitutive dell’[[Individualismo|individualismo liberale]]: "Denunciando come ipocrita e incoerente un repubblicanesimo che enunciava principi universalisti ed escludeva le donne dall'esercizio dei pieni diritti politici, ma anche incarnando esse stesse la difficoltà di risolvere le incoerenze, le femministe hanno palesemente rivelato le linee di faglia represse del loro sistema ideologico/politico, e così hanno aperto interrogativi sul disegno originale del sistema e sulla necessità di ripensarlo".<ref>{{Cita|Scott 1996|pp. 11-12}}, 18</ref> |
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Il dilemma posto tra strategie femministe basate sulla "differenza" o sull' "uguaglianza", uno dei temi ricorrenti dei suoi scritti, e ritenuto da Scott irrisolvibile, rappresenta quindi, a suo parere, nel paradosso che incarna, la sua forza sovversiva.<ref>{{Cita|Scott 1996|pp. 11, 17}}.</ref><ref name=":22" /> |
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=== 2000-2014 === |
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==== La dottrina francese dell'universalismo ==== |
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Il tema "uguaglianza" e "differenza", l'analisi di come vengono concepite e articolate le differenze, quali effetti producano e quali pratiche politiche possano consentire la convivenza di individui e gruppi con interessi diversi, costituiscono negli anni successivi il nucleo centrale del pensiero di Scott, trovando particolare articolazione nello studio del repubblicanesimo e dell'identità nazionale francese, di cui l'autrice analizza i limiti e i significati.<ref>{{Cita|Scott 2009|p. 92}}.</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Natalie Zemon Davis|anno=2009|titolo=The Politics of the Veil|rivista=Common Knowledge|volume=15|numero=1|p=96|lingua=en}}</ref> |
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La dottrina francese dell'universalismo è ritenuta da Scott un'ideologia fondata sull' "uguaglianza come base dell'uguaglianza", ossia sull'individuo astratto, sull'essere umano essenziale, privato di ogni connotazione religiosa, etnica, sociale: cittadini si diventa "non semplicemente giurando fedeltà alla nazione, ma assimilandosi alle norme della sua cultura", abbandonando ogni differenza, per diventare tutti uguali.<ref>{{Cita|Scott 2007|pp. 11-12}}.</ref> Le norme culturali rappresentano, a suo parere, il punto critico della teoria repubblicana francese, in quanto essa concepisce, attraverso un'astrazione, che gli individui sono tutti uguali (come universali), ma misura la loro identità come cittadini francesi in modi concreti di essere, ossia chiede loro di mettere in pratica la "francesità": l’assimilazione è il "passaporto per la francesità".<ref>{{Cita|Scott 2007|pp. 13, 170}}.</ref> |
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Nel 2005 Scott pubblica un libro sul movimento femminista ''Parité'' che negli anni novanta si era battuto per ottenere una maggiore presenza delle donne nelle cariche elettive; due anni dopo esce un suo nuovo libro sulle "politiche del velo" adottate dallo stato francese nei confronti delle donne musulmane; pur nelle loro declinazioni nazionali, queste questioni vengono entrambe analizzate nel contesto della crisi dell'universalismo e della rappresentanza che sta attraversando l'Occidente, non più in grado di accogliere le differenze razziali, etniche, religiose che sfidano l'assetto dei tradizionali sistemi politici nazionali.<ref>{{Cita|Scott 2008|pp. 1427-1428}}.</ref><ref>{{Cita|Scott 2005|pp. 12-34}}.</ref> |
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Scott dichiara che le sue riflessioni si basano sulla personale convinzione che sia necessario "riconoscere e negoziare le differenze, anche quelle che sembrano irriducibili", comprendere ciò che la democrazia richiede nel contesto attuale, tenendo presente, come nel caso del dibattito sul velo e sul "problema musulmano" in Europa, che le diverse storie nazionali sono fondamentali per comprendere i modi specifici con cui le idee di disuguaglianza vengono espresse e implementate a livello politico.<ref>{{Cita|Scott 2007|pp. 10-11}}.</ref> |
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===== Parité! : sexual equality and the crisis of French universalism (2005) ===== |
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[[File:Claude Servan-Schreiber.jpg|miniatura|La giornalista Claude Servan-Schreiber, una delle leader del movimento Parité]] |
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Nel 1993, mentre stava lavorando al libro ''Only paradoxes to offer'' sulla storia del femminismo francese, Scott venne a conoscenza del movimento femminista Parité leggendo sul ''New York Times'' l'intervista ad una delle leader del movimento, la giornalista [[Claude Servan-Schreiber]].<ref>{{Cita|Scott 2005|p. 4}}.</ref> Il movimento, che rivendicava un' "equa rappresentanza politica", si poneva lo scopo di ottenere che il 50% dei candidati alle cariche elettive fossero donne, lamentando la loro sistematica esclusione dai processi decisionali, a causa delle strutture di partito che agivano come una confraternita chiusa, rendendo particolarmente difficile l'elezione di rappresentanti femminili.<ref name="Scott_2005">{{Cita|Scott 2005|p. 2}}.</ref> |
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Tale meccanismo e i suoi presupposti venivano ricondotti dalle "''paritaristes''" alle fondamenta stesse della filosofia politica dell'universalismo francese.<ref name=":23">{{Cita|Scott 2005|p. 4}}.</ref> A differenza dei movimenti femministi che stava studiando in quel periodo, Scott rilevò che il tratto di novità di Parité risiedeva nell'obbiettivo di cambiare i termini del repubblicanesimo affrontando il problema della differenza sessuale e seguì per circa un decennio il controverso dibattito che il movimento produsse, esaminandone le formulazioni teoriche e gli interventi tattici.<ref name="Scott_2005" /> Parité pose al centro della sua riflessione e del dibattito pubblico la relazione tra il riconoscimento della differenza e la cittadinanza repubblicana: secondo questo movimento gli individui erano sessuati, "uomini" e "donne", e andava riconfigurato l'individuo astratto su cui si fondava l’universalismo.<ref>{{Cita|Scott 2005|pp. 2-4}}.</ref> Il "paradosso" come una delle contraddizioni costitutive del femminismo, analizzato nel precedente libro di Scott, sembrava, a suo avviso, aver trovato uno sbocco nelle rivendicazione delle ''paritaristes.''<ref name=":23" /> |
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[[File:Auclert - Le vote des femmes, 1908 (page 7 crop).jpg|sinistra|miniatura|[[Hubertine Auclert|Ubertine Auclert]], Le vote des femmes, 1908]] |
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Gli interrogativi che la storica statunitense individuò nella richiesta di questo movimento erano tuttavia molteplici: equa rappresentanza significava solo aumentare il numero delle donne elette? Che rapporto si stabiliva tra questo numero e la reale considerazione delle voci e degli interessi delle donne da parte dei legislatori? Gli interessi delle donne erano uniformi e distintivi? Come poteva conciliarsi l’idea che i funzionari eletti potessero parlare a nome di gruppi distinti nella società, con il sistema di rappresentanza su cui si basava il repubblicanesimo francese, contrario, in nome della nazione, a tale possibilità? E infine: su cosa si basava la "differenza" invocata dalle ''paritaristes''?<ref>{{Cita|Scott 2005|p. 3}}.</ref> |
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Per quanto riguarda quest'ultima domanda, Scott sostenne di essere stata colpita dall'argomentazione non "essenzialista" né "separatista", ma "rigorosamente universalista" posta dal movimento nel sostenere la parità: "con una mossa sorprendentemente originale e paradossale, le ''paritaristes'' cercarono di ''spogliare'' la rappresentanza nazionale sessuando l'individuo", e rendendo la differenza di sesso compatibile con l’astrazione.<ref>{{Cita|Scott 2005|pp. 4-5}}, 149</ref> La concezione originaria, tuttavia, avrebbe subito modifiche nel corso del tempo; l’astrazione venne abbandonata, le donne acquistarono la parità "in quanto donne" e l'individuo astratto fu sostituito dalla coppia eterosessuale che divenne "unità universale di rappresentazione politica".<ref>{{Cita|Scott 2005|p. 147}}.</ref> |
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La legge approvata il 6 giugno 2000 fu la prima al mondo ad adottare un sistema paritario per le elezioni a turno unico, pose l'obbligo ai partiti politici di presentare, pena la mancata registrazione delle liste, un numero uguale di uomini e donne alle elezioni comunali, regionali, senatoriali ed europee.<ref>{{Cita web|url=https://haut-conseil-egalite.gouv.fr/parite/reperes-juridiques/?debut_art_juri=15#pagination_art_juri|titolo=Loi n°2000-493 du 6 juin 2000 tendant à favoriser l’égal accès des femmes et des hommes aux mandats électoraux et fonctions électives|sito=Haut Conseil à l'égalité entre les femmes et les hommes|lingua=fr|accesso=12 febbraio 2024}}</ref> Tra le critiche che ricevette il movimento, dopo l'approvazione della legge, vi fu quella di aver ignorato le differenze tra le donne e di aver operato all'interno dei principi del repubblicanesimo francese, che aveva escluso l'intera popolazione femminile, senza proporre una nuova visione politica fondata sul pluralismo democratico.<ref>{{Cita|Scott 2005|pp. 148-149}}.</ref> |
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Secondo l'autrice, che nel suo libro rinvia a tempi più maturi il bilancio definitivo di questa esperienza, ''Parité'' seppe sfruttare un momento di contraddizione nella storia dello stato-nazione francese agendo su un doppio fronte: "evocando la minaccia di una diminuzione della sovranità e offrendo allo stesso tempo di contrastarla rafforzando l’unità nazionale in un modo nuovo"; infine, l'afflusso di un gran numero di donne nel sistema politico, secondo Scott conteneva implicazioni importanti perché poteva indurre nel tempo un effetto "desimbolizzante", "rendendo la differenza sessuale una considerazione irrilevante per la politica, e alterando così il campo di forza politico in modi che non possiamo ancora prevedere."<ref>{{Cita|Scott 2005|pp. 9, 149}}.</ref> |
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===== ''The Politics of the Veil'' (2007) ===== |
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Con ''The Politics of the Veil'' Scott estende la sua analisi dell’universalismo francese e delle opposizioni binarie nel campo delle differenze etniche e religiose, analizzando i diversi aspetti del dibattito francese sul velo musulmano - chiamato ''foulard'' in francese o ''[[hijab]]'' in arabo - che hanno preceduto e accompagnato l'approvazione della legge del 2004 che pose il divieto di esibire segni religiosi nelle scuole pubbliche.<ref>{{Cita web|url=https://www.legifrance.gouv.fr/loda/id/JORFTEXT000000417977|titolo=Loi n° 2004-228 du 15 mars 2004 encadrant, en application du principe de laïcité, le port de signes ou de tenues manifestant une appartenance religieuse dans les écoles, collèges et lycées publics|lingua=fr|accesso=14 febbraio 2024}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=The Politics of the Veil|url=https://archive.org/details/politicsofveil0000scot|anno=2007|editore=Princeton University Press|città=Princeton|lingua=en|OCLC=122715361}}</ref> Anche se la legge non era diretta contro particolari comunità, di fatto, secondo Scott, essa era rivolta ad uno specifico gruppo sociale e religioso, i musulmani, o meglio, le ragazze musulmane minorenni che indossavano l'[[hijab]], l'indumento che copre i capelli e il collo;<ref>Scott riporta come i media francesi velocemente lo definirono "voile", creando equivoci sul suo significato, perché passibile di confusione con il [[chador]] o il [[niqab]] che invece di limitarsi ai capelli e al collo, coprono in parte o totalmente il corpo. Cfr. : {{Cita|Scott 2077|p. 16}}</ref> non venne applicata nei confronti di altre minoranze religiose, come i ragazzi [[ebrei]] che indossavano il [[Kippah|kippāh]] o i [[sikh]] che indossavano il turbante.<ref>{{Cita|Scott 2007|p. 109}}.</ref> |
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[[File:Iraqi girl smiles.jpg|miniatura|Giovane irachena che indossa il velo]] |
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Al pari delle sue precedenti opere, questo libro si presenta come uno studio del "discorso", inteso come "interpretazione e imposizione di significati sui fenomeni del mondo": secondo Scott i significati attribuiti al velo - diventato "uno schermo sul quale sono state proiettate immagini e fantasie di pericolo per il tessuto della società francese" - sono il risultato della costruzione oppositiva su cui si fonda la rappresentazione "noi/loro": quella della Francia come "mito", repubblica una e indivisibile, e quella dei musulmani, oggettivati come un "altro" omogeneo e irriducibile, percepiti come minaccia per la coesione e l'identità della nazione, ma anche come inferiori, meno evoluti.<ref>{{Cita|Scott 2007|pp. 7-12, 173}}.</ref> |
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Per comprendere il discorso repubblicano francese sul velo e individuare i molti fattori che avrebbero contributo ad alimentare queste rappresentazioni, l'autrice insiste sulla storia e sulla complessità, indagando su quattro temi da lei ritenuti intrecciati: il razzismo, il secolarismo, l'individualismo e la sessualità.<ref>{{Cita|Scott 2007|pp. 17-18}}.</ref> |
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Secondo Scott le espressioni di pregiudizio nei confronti dei musulmani attingono a un profondo serbatoio di razzismo risalente alla colonizzazione francese dell'Algeria; esse ripropongono l'idea di una "missione civilizzatrice" e della presupposta superiorità della "civiltà" francese, in grado di salvare i musulmani - dipinti come un "altro" inferiore - dalla loro ignoranza.<ref>{{Cita|Scott 2007|pp. 44, 89}}, 181</ref> Un argomento che sarebbe stato presente anche nel dibattito sul velo, ritenuto simbolo di un'oppressione sessuale da cui le donne musulmane andavano liberate, portandole "allo standard delle loro sorelle francesi".<ref>{{Cita|Scott 2007|p. 162}}.</ref>[[File:Liberte-egalite-fraternite-tympanum-church-saint-pancrace-aups-var.jpg|sinistra|miniatura|Timpano di una chiesa (Aups, dipartimento del Var) con il motto repubblicano "Liberté, Egalité, Fraternité"]]Se il razzismo funge da sottotesto della polemica sul velo, la laicità, baluardo dello stato repubblicano, ne rappresenta la "giustificazione esplicita".<ref>{{Cita|Scott 2007|p. 90}}.</ref> Riferita non solo alla separazione tra Chiesa e Stato, ma al secolarismo e al ruolo dello Stato nel proteggere gli individui dalle pretese della religione, la laicità, secondo l'autrice, sarebbe stata usata come strumento ideologico di polarizzazione di concetti astratti - modernità/tradizione, ragione/superstizione, quindi Francia e Islam - in una campagna volta a collocare le popolazioni musulmane fuori dai confini della Francia, indicando la loro religione e la loro cultura come inaccettabilmente diverse, ma soprattutto pericolose.<ref>{{Cita|Scott 2007|pp. 96-99}}.</ref> La concezione dominante della laicità, conclude l'autrice, si è rivelata "inflessibile quanto l’Islam che intendeva combattere".<ref>{{Cita|Scott 2007|p. 106}}.</ref> |
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Dietro alla questione del velo, secondo Scott, si agitano inoltre due diverse rappresentazioni discorsive della sessualità: il velo islamico, che per i musulmani significa modestia e indisponibilità sessuale, è il riconoscimento della minaccia che il sesso rappresenta per la società e la politica, mentre, al contrario, "il sistema francese celebra il sesso e la sessualità come privi di rischi sociali e politici", senza affrontare la questione della disuguaglianza tra uomini e donne e i rapporti di potere su cui si fonda, un atteggiamento paradossale e contraddittorio che Scott definisce "psicologia della negazione".<ref name=":18">{{Cita|Scott 2007|pp. 154-155, 160}}.</ref> |
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All'interno di questi diversi sistemi di relazioni di genere, rappresentati nel dibattito dall'opposizione differenza/uguaglianza, oppressione sessuale/emancipazione sessuale, il velo rivela, secondo Scott, l’importanza della differenza sessuale e la contraddizione presente nel repubblicanesimo francese, la sua incapacità di integrare la differenza nell’ideologia dell’individualismo astratto o dell’universalismo: "se siamo tutti uguali, perché la differenza sessuale è stata un tale ostacolo all’uguaglianza reale?"<ref name=":18" /> |
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Facendo notare come l'uguaglianza che si intendeva affermare con la rimozione del velo si riferisse non a quella tra donne e uomini, ma tra donne musulmane e donne francesi, Scott ricorda come fino a prima del dibattito molte femministe francesi avessero considerato l’esibizionismo sessuale e lo sfruttamento visivo nella loro società come umiliante per le donne, mentre ora il rifiuto del velo veniva sostenuto perché ritenuto lesivo dei loro diritti fondamentali, così come della loro stessa sessualità: "copriva" la dimensione sessuale.<ref>{{Cita|Scott 2007|pp. 158, 161-162}}.</ref>[[File:Protest_Against_DSK_at_the_Cambridge_Union_Society_(6820219328).jpg|miniatura|Protesta contro DSK alla Cambridge Union Society]]L' "''affaire du string''” scoppiato nel 2003 con la protesta di insegnanti e presidi contro "le string" indossato da molte ragazze, un [[perizoma]] visibile al punto vita dei pantaloni e delle magliette scollate, mostrò l'applicazione di considerazioni divergenti: "le string", in cui il corpo femminile era sovraesposto, finì con l'essere tollerato; il velo, che comportava una sottoesposizione, venne considerato molto più pericoloso, tale da richiedere una legge per proteggere la repubblica dalle sue influenze.<ref>{{Cita|Scott 2007|pp. 113-114}}.</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.liberation.fr/societe/2003/02/22/le-string-rentre-dans-les-moeurs_431780/|titolo=Le string rentre dans les moeurs|autore=Marie-Joëlle Gros|data=22 febbraio 2003|lingua=fr|accesso=16 febbraio 2004}}</ref> |
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==== La "seduzione" come identità nazionale francese ==== |
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Qualche anno dopo la pubblicazione di ''The'' ''Politics of the Veil'', Scott nel saggio ''French Seduction Theory'' (2011) ritorna sulla questione del velo e sui "caratteri nazionali" francesi scrivendo sulla teoria della [[seduzione]], un argomento proposto in diversi libri e articoli da alcuni intellettuali parigini, tra cui il politologo Philippe Raynaud, Claude Habib e la storica e filosofa [[Mona Ozouf]], e poi impostosi nel dibattito pubblico in seguito all'''affaire'' [[Dominique Strauss-Kahn|DSK]].<ref>{{Cita|Scott 2011|pp. 117-140}}.</ref> Questi autori sostenevano la "singolarità" francese del gioco della seduzione, l'“attrazione naturale” tra donne e uomini come "una particolare forma di uguaglianza" tra i sessi, che poteva vantare una lunga tradizione storica in Francia, fuori dalla quale si ponevano i seguaci del velo islamico, ritenuto simbolo della segregazione sessuale.<ref>{{Cita|Scott 2011|pp. 136-138}}.</ref> |
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Scott nel suo saggio analizza la questione da un punto di vista storico e psicanalitico, affermando che a suo parere tale teoria, da lei definita un'ideologia del repubblicanesimo aristocratico, andava interpretata come una reazione alle "tendenze livellatrici della democrazia". Negando che la disuguaglianza tra uomini e donne e gli ineguali rapporti di potere che ne derivavano, fossero un problema reale cui si doveva rispondere, la teoria della seduzione si basava su una visione fantastica della storia e sull'esaltazione della cultura estetica ed erotica della nobiltà francese.<ref>{{Cita|Scott 2011|p. 118}}.</ref> |
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L'identità nazionale, notava Scott, veniva concepita in termini di differenza sessuale, una differenza complementare e gerarchica, fondata sulla biologia e sulle relazioni eterosessuali, a difesa della quale i suoi sostenitori si schieravano contro il femminismo "americano", opponendovi un femminismo in "stile francese".<ref>{{Cita|Scott 2011|pp. 117-118; 123-131}}.</ref> Le sue caratteristiche, come scrisse la sociologa Irene Théry in un articolo su ''[[Le Monde]]'', erano riposte in «un certo modo di vivere e non solo di pensare, che rifiuta l’impasse della correttezza politica, vuole gli uguali diritti dei sessi e i piaceri asimmetrici della seduzione, l’assoluto rispetto per il consenso e la deliziosa sorpresa dei baci rubati.»<ref>{{Cita web|url=https://www.cairn.info/revue-raisons-politiques-2012-2-page-47.htm|titolo=Au-delà du consentement : pour une théorie féministe de la séduction|autore=Eric Fassin|data=2012|lingua=fr|volume=2, n. 46|accesso=22 febbraio 2024}}</ref> |
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Nel giugno 2011, intervenendo nel contesto del caso [[Dominique Strauss-Kahn]] (DSK), l'economista francese arrestato a [[New York]] con l'accusa di tentata [[violenza sessuale]] ai danni di una cameriera, Joan Scott espresse la sua posizione in un articolo sul quotidiano ''[[Libération]]'', dal titolo ''Féminisme à la française,'' avviando alcune repliche da parte delle autrici e autori sostenitori e non della teoria della seduzione, in parte nominati nel suo saggio.<ref>{{Cita web|url=https://archive.wikiwix.com/cache/index2.php?url=https%3A%2F%2Fbackend.710302.xyz%3A443%2Fhttp%2Fwww.liberation.fr%2Fpolitiques%2F2011%2F06%2F09%2Ffeminisme-a-la-francaise_741435#federation=archive.wikiwix.com&tab=url|titolo=Féminisme à la française|autore=Joan W. Scott|data=9 giugno 2011|lingua=fr|accesso=22 febbraio 2024}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://archive.wikiwix.com/cache/index2.php?url=https%3A%2F%2Fbackend.710302.xyz%3A443%2Fhttp%2Fwww.liberation.fr%2Fpolitiques%2F2011%2F06%2F09%2Ffeminisme-a-la-francaise_741435#federation=archive.wikiwix.com&tab=url|titolo=«Féminisme à la française»|autore=Joan W. Scott|data=9 giugno 2011|lingua=fr|accesso=21 febbraio 2024}}</ref> |
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==== La psicanalisi come metodo della ricerca storica ==== |
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Tra i nuovi orizzonti di ricerca intrapresi da Scott all'inizio degli Duemila vi è quello della psicanalisi. Per un certo periodo, negli anni novanta, si era sottoposta alla [[psicoterapia]], per meglio comprenderne l'aspetto teorico, lasciandosi tuttavia ispirare dal linguaggio, dall'interpretazione dei sogni e dalla [[Immaginazione|fantasia]].<ref>{{Cita|Scott 2009|p. 50}}.</ref> |
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Il cambiamento intervenuto nel modo di pensare al genere, interpretato da alcuni critici come un passaggio dal [[Svolta linguistica|''linguistic turn'']] alla psicanalisi, viene spiegato dall'autrice come una forma di ricerca avviata per "sondare il significato con una varietà di strumenti teorici."<ref name=":12">{{Cita pubblicazione|autore=V. Hesford, L. Diedrich|anno=2014|titolo=On ‘The evidence of experience’ and its reverberations: An interview with Joan W. Scott|rivista=Feminist theory|volume=15|numero=2|lingua=en|doi=10.1177/1464700114528767}}</ref> La teoria psicoanalitica cui si rivolge, associata agli interpreti americani di Lacan, consente a suo parere di dar conto dei diversi e contrastanti modi in cui sono stati rappresentati uomini e donne; è la continuazione di quanto appreso dal post-strutturalismo, il cui principale insegnamento viene da lei indicato nel passaggio "dalla convinzione di poter definire il significato e spiegare le sue origini in termini di influenze sociali ed economiche, alla comprensione dell'inafferrabilità del sapere".<ref name=":12" /><ref>{{Cita|Scott 2011|p. 6}}.</ref> Secondo Scott la psicoanalisi rende la mascolinità e la femminilità un "dilemma permanente", un enigma, e il genere "il tentativo, mai definitivo, mai riuscito, di rispondere a questa domanda senza risposta".<ref name=":4" />[[File:Jacques Lacan.jpg|miniatura|Jacques Lacan|223x223px]] |
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===== ''The Fantasy of Feminist History'' (2011) ===== |
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Il concetto psicanalitico di fantasia viene sviluppato nell'articolo ''Fantasy Echo: History and the Construction of Identity'' (2001), ripubblicato in ''The Fantasy of Feminist History'' (2011), una raccolta di cinque saggi scritti tra il 2001 e il 2011 (1. ''Feminism's History,'' 2004;<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2004|titolo=Feminism's History|url=https://archive.org/details/sim_journal-of-womens-history_2004_16_2/page/10|rivista=Journal of Women's History|volume=16|numero=2|pp=10-29|lingua=en}}</ref> 2. ''Fantasy Echo: History and the Construction of Identity'', 2001; 3. ''Feminist Reverberations'', 2002;<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2002|titolo=Feminist Reverberations|rivista=differences: A Journal of Feminist Cultural Studies|volume=13|numero=3|pp=1-23|lingua=en}}</ref> 4. ''Sexularism: On Secularism and Gender Identity,'' 2011; 5. ''French Seduction Theory,'' 2011), nei quali l'autrice indaga la storia del femminismo analizzando le sue componenti immaginarie e propone agli storici la psicoanalisi come "pratica di lettura critica".<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2001|titolo=Fantasy Echo: History and the Construction of Identity|rivista=Critical Inquiry|numero=27|pp=284-304|lingua=en}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=The fantasy of feminist history|url=https://archive.org/details/fantasyoffeminis0000scot|anno=2012|editore=Duke University Press|città=Durham|lingua=en|OCLC=727658531}}</ref> |
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Nel 2012 scrive l'articolo ''The incommensurability of the Psychoanalysis and History'', un'edizione riveduta della terza ''History and Theory Lecture'', presentata nel 2011 alla Columbia University (New York).<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2012|titolo=The incommensurability of psychoanalysis and history|url=https://archive.org/details/sim_history-and-theory_2012-02_51_1/page/63|rivista=History and Theory|volume=51|numero=1|pp=63-83|lingua=en}}</ref> |
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===== ''The incommensurability of the Psychoanalysis and History'' (2012) ===== |
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A differenza dei sostenitori della [[psicostoria]] e di una generazione di storici statunitensi che negli anni cinquanta e sessanta del Novecento avevano visto nella psicoanalisi uno strumento di cui servirsi per aumentare "la loro "attrezzatura" accademica", o, al contrario, dei detrattori che diffidarono della sua applicazione nella ricerca, ritenendola inattendibile perché non fondata su prove documentali ma su spiegazioni deterministe, patologicizzanti e anacroniste, Scott individua le potenzialità della psicanalisi nella sua inconciliabilità con la storia, nel suo diverso, forse antagonista, approccio epistemologico.<ref>{{Cita|Scott 2012|pp. 64-65, 68-71}}.</ref> |
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Sebbene entrambe le discipline riconoscano la relazione esistente tra fatto e interpretazione, Scott sottolinea le diverse modalità attraverso cui, in ciascuna, si realizza il processo interpretativo. Lo storico parte dagli eventi del passato e dai fatti accertati, ne ricerca le cause e il significato all'interno di un contesto definito cronologicamente, per pervenire ad una spiegazione sistematica e razionale, attraverso una narrazione lineare, che sancisce la relazione del passato con il presente; lo psicanalista non parte dagli eventi, ma dai loro effetti, esaminati come manifestazioni di tensioni psichiche, dinamiche dell'inconscio "che non conosce né tempo né contraddizione", espressi da parte di chi li ha vissuti sotto forma di rimozioni, transfert e fantasie; per la psicanalisi i tempi oggettivi del passato e del presente sono confusi, spesso indistinguibili.<ref>{{Cita|Scott 2012|pp. 18, 67}}.</ref><ref name=":7">{{Cita pubblicazione|autore=Jonas Ahlskog|anno=2013|titolo=Psychoanalysis as a method in historical research: Joan W. Scott and the idea of a psychoanalytic reading practice|rivista=Historisk tidskrift|volume=133|numero=3|pp=355-383|lingua=svedese}}</ref> |
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A conferma di quanto sostenuto dallo storico francese e analista lacaniano [[Michel de Certeau]], assunto da Scott come principale riferimento teorico del suo saggio, Scott sostiene che proprio per questa loro diversità, per il diverso concetto di soggetto, tempo e di causalità, e per quello, peculiare, di desiderio e inconscio, proprio della psicanalisi, le due discipline potrebbero avviare un dialogo produttivo; la psicanalisi, mostrando la fragilità delle categorie fisse e universali quando si tratta di cogliere realtà a cui esse fanno appello, potrebbe offrire alla disciplina storica la possibilità di ridefinire i suoi presupposti - la cronologia e la periodizzazione, la narrazione, le cause, i fatti storici, considerati in un certo senso “fabbricazioni” - e porre la questione della differenza sessuale come un dilemma costante da affrontare.<ref name=":26">{{Cita|Scott 2012|pp. 65, 78-79}}.</ref><ref name=":7" /> |
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=== 2015- === |
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Nel 2014 Scott conclude la sua carriera all'Institute for Advanced Study di Princeton con il pensionamento e il conferimento del titolo di docente emerita. Dal 2015 è docente aggiunta (Adjunct faculty) al [[Università della Città di New York|CUNY]] Graduate Center.<ref>{{Cita web|url=https://www.gc.cuny.edu/people/joan-scott|titolo=Joan Scott|lingua=en|accesso=17 febbraio 2024}}</ref> La sua produzione scientifica non si arresta: nei successivi anni, a testimonianza del suo costante interesse per la ricerca storica e per il dibattito pubblico, scrive una serie di libri e di articoli che hanno per tema la [[laicità]] e il [[secolarismo]], la libertà accademica e "il giudizio della storia". Tra i principali, ''Sex and Secularism'' (2017), ''Knowledge, power, and academic freedom'' (2019) e ''On the judgment of history'' (2020), ''.''<ref>{{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=Sex and Secularism|anno=2017|editore=Princeton University Press|lingua=en|OCLC=1005089243}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=Knowledge, power, and academic freedom|anno=2019|editore=Columbia University Press|città=New York|lingua=en|OCLC=1035437293}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=On the judgment of history|anno=2020|editore=Columbia University Press|città=New York|lingua=en|OCLC=1147902320}}</ref>[[File:Defendants in the dock at nuremberg trials.jpg|sinistra|miniatura|Il banco degli imputati al [[processo di Norimberga]]]] |
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==== ''On the judgment of history'' (2020) ==== |
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In ''On the judgment of history'', scritto dopo la [[Unite the Right rally|marcia dei suprematisti bianchi a Charlottesville]] del 2017, Scott si interroga sulla persistenza, nel discorso pubblico, dei riferimenti al "giudizio della storia", a cui viene comunemente attribuita la capacità di illuminare e di condannare gli abusi del passato, i misfatti umani, impedendone la riproposizione nel presente.<ref>{{Cita|Scott 2020|pp. ix-x}}.</ref> Secondo Scott questi appelli rappresentano il nostro desiderio di una "forza morale autonoma", sovraumana, arbitro finale della verità, e la fiducia in un futuro redentore immaginario; concepiscono la storia in termini di progresso e come "dimostrazione ultima della bontà morale intrinseca della ragione umana, una ragione separata dal potere".<ref>{{Cita|Scott 2020|pp. xii-xiv}}.</ref> |
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Le domande poste dal concetto di "giudizio della storia" la conducono a riflettere nuovamente sull'uso politico della storia, sulla relazione tra stato, morale e politica, e ad esplorare i diversi modi in cui l'idea dello Stato ha operato "come incarnazione e attuazione del giudizio della storia", prendendo in esame tre casi di studio: i [[processi di Norimberga]] dei funzionari nazisti nel 1946, la [[Commissione per la verità e la riconciliazione (Sudafrica)|Commissione per la Verità e la Riconciliazione]] (TRC) istituita nel 1996 dopo l'abolizione dell'[[apartheid]] in [[Sud Africa]], la richiesta di risarcimenti per la [[schiavitù negli Stati Uniti]].<ref>{{Cita|Scott 2020|pp. xx-xxi}}.</ref> Tre casi eclatanti di razzismo che hanno in comune l'idea di razza come indicatore dell’identità nazionale, mentre si distinguono per il rapporto stabilito tra stato e "vittime": nei primi due casi fu "un benevole potere o insieme di poteri" a mettere in scena - nella forma di una procedura giudiziale (Norimberga) o quasi giudiziaria (TRC) - le sentenze della storia, in nome delle sue vittime; i movimenti per le riparazioni negli Stati Uniti, al contrario, hanno chiesto allo stato-nazione di riparare agli atti compiuti contro gli schiavi e i loro discendenti.<ref>{{Cita|Scott 2020|pp. xxii-xxiii}}.</ref> |
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=== Attività editoriale === |
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Joan W. Scott fa parte del comitato editoriale di ''Signs'',<ref>{{Cita web|url=https://www.journals.uchicago.edu/journals/signs/board|titolo=Signs: Journal of Women in Culture and Society|editore=University of Chicago Press|lingua=en|accesso=17 febbraio 2024}}</ref> ''differences'',<ref>{{Cita web|url=https://read.dukeupress.edu/differences/pages/Editorial_Board|titolo=differences: a Journal of Feminist Cultural Studies|editore=Duke University Press|lingua=en|accesso=17 febbraio 2024}}</ref> ''History and Theory'',<ref>{{Cita web|url=https://historyandtheory.org/about|titolo=History & Theory|editore=Wesleyan University, Wiley|accesso=17 febbraio 2024}}</ref> ''Redescriptions'';<ref>{{Cita web|url=https://journal-redescriptions.org/about/editorialteam|titolo=Redescriptions: Political Thought, Conceptual History and Feminist Theory i|editore=Helsinki University Press|lingua=en|accesso=17 febbraio 2024}}</ref> dal 1980 al 1983 e dal 2005 al 2008 ha fatto parte della redazione di ''The Journal of Modern History,'' pubblicata dall'[[University of Chicago Press]]. Nel 2010 ha contribuito a fondare ''History of the Present: A Journal of Critical History.''<ref>{{Cita web|url=https://read.dukeupress.edu/history-of-the-present/pages/Editorial_Board|titolo=History of the Present: a Journal of critical history|editore=Duke University Press|lingua=en|accesso=17 febbraio 2024}}</ref><ref name=":24">{{Cita|Watson|pp. 104-105}}.</ref><ref>{{Cita|Hesford-Diedrich|p. 202}}.</ref> |
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== Opere == |
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=== Libri === |
=== Libri === |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=The Glassworkers of Carmaux : French craftsmen and political action in a nineteenth-century city|url=https://archive.org/details/glassworkersofca00scot|anno=1974|editore=Cambridge University Press|città=Cambridge|lingua=en|OCLC=849244053|ISBN=}} |
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* {{Cita libro|autore=Louise Tilly|autore2=Joan W. Scott|titolo=Women, Work and Family|url=https://archive.org/details/womenworkfamily0000unse|anno=1978|editore=Holt, Rinehart and Winston|città=New York|lingua=en|OCLC=3345961}} |
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* {{Cita libro|autore=Brian Tierney, Joan W. Scott|titolo=Western societies : a documentary history|url=https://archive.org/details/westernsocietie002tier|anno=1984|editore=Knopf|città=New York|lingua=en|OCLC=10021668}} |
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* {{Cita libro|autore=Natalie Zemon Davis, Joan Wallach Scott|titolo=Women's history as women's education : essays. From a Symposium in Honor of Jill and John Conway Smith College, April 17, 1985|anno=1985|editore=Sophia Smith Collection and College Archives, Smith College|città=Northampton|lingua=en|OCLC=14689383}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=Gender and the politics of history|url=https://archive.org/details/genderpoliticso00scot|anno=1988|editore=Columbia University Press|città=New York|lingua=en|OCLC=17674857}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=Only paradoxes to offer : French feminists and the rights of man|url=https://archive.org/details/onlyparadoxestoo0000scot_n4w9|anno=1996|editore=Harvard University Press|città=Cambridge|lingua=en|OCLC=32924140}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=Parité! : sexual equality and the crisis of French universalism|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|lingua=en|OCLC=1241669724}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=The Politics of the Veil|url=https://archive.org/details/politicsofveil0000scot|anno=2007|editore=Princeton University Press|città=Princeton|lingua=en|OCLC=122715361}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=Théorie critique de l’histoire. Identités, expériences, politiques|anno=2009|editore=Fayard|città=Paris|lingua=fr|OCLC=470941112}} Raccoglie tre saggi tradotti dall'inglese: ''Critical Theory of History, The Evidence of Experience'' (1991), ''Fantasy Echo: History and the Construction of Identity'' (2001) |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=The fantasy of feminist history|url=https://archive.org/details/fantasyoffeminis0000scot|anno=2012|editore=Duke University Press|città=Durham|lingua=en|OCLC=727658531}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=Sex and Secularism|anno=2017|editore=Princeton University Press|lingua=en|OCLC=1005089243}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=Knowledge, power, and academic freedom|anno=2019|editore=Columbia University Press|città=New York|lingua=en|OCLC=1035437293}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=On the judgment of history|anno=2020|editore=Columbia University Press|città=New York|lingua=en|OCLC=1147902320}} |
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=== Saggi pubblicati in volumi collettanei, Curatele === |
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* The Glassworkers of Carmaux: French Craftsmen and Political Action in a Nineteenth Century City. Cambridge, MA: Harvard University Press, 1974; French translation, Flammarion, 1982. |
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* {{Cita libro|autore=Joan Scott|curatore=S. Thernstrom and R. Sennett|titolo=The Glassworkers of Carmaux, 1850-1900|anno=1969|editore=Yale U.P|città=New Haven|lingua=en|pp=3-48|opera=Nineteenth Century Cities: Essays in the New Urban History}} |
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* Women, Work and Family (coauthored with Louise Tilly). New York: Holt, Rinehart and Winston, 1978; Routledge, 1987; Italian translation, 1981; French translation, 1987; Korean translation 2008. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|autore2=Louise A. Tilly|titolo=Women’s Work and the Family in Nineteenth Century Europe|anno=1975|editore=University of Phialdelphia|lingua=en|pp=145-178|opera=The family in history : lectures given in memory of Stephen Allen Kaplan under the auspices of the Department of history at the University of Pennsylvania|OCLC=925200453}} |
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* Gender and the Politics of History. New York: Columbia University Press, 1988; Revised edition, 1999. Japanese translation, Heibonsha 1992; Spanish translation, Fondo de Cultura Economica, 2008. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=John M. Merriman|titolo=Mayors versus police chiefs:socialist municipalities confront the French State|anno=1981|editore=Holmes & Meier|città=New York|lingua=en|pp=230-245|opera=French cities in the nineteenth century|OCLC=7278120}} |
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* Only Paradoxes to Offer: French Feminists and the Rights of Man. Harvard University Press, 1996; French translation: Albin Michel, 1998; Portuguese translation: Editora Mulheres 2002; Korean translation, Sang Sanchi 2006. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=Political discourse and cultural symbols|anno=1982|editore=Transaction Books|città=New Brunswick|lingua=en|pp=197-215|opera=Political symbolism in modern Europe : essays in honor of George L. Mosse|OCLC=6942281}} |
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* Parité: Sexual Equality and the Crisis of French Universalism. Chicago: University of Chicago Press, 2005. French translation: Albin Michel 2005. Korean translation: Ingansarang 2009. |
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* {{Cita libro|curatore=Pat Thane, Geoffrey Crossick, Roderick Floud|titolo=Men and women in the Parisian garment trades: discussions of family and work in the 1830s and 1840s|anno=1985|editore=Cambridge University Press|città=Cambridge|lingua=en|pp=67-94|opera=The power of the past : Essays for Eric Hobsbawm|OCLC=848386942|autore=Joan W. Scott}} |
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* The Politics of the Veil. Princeton University Press, 2007. Bulgarian translation 2008; Arabic translation, Toubkal, 2009. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=Statistical Representations of Work: The Politics of the Chamber of Commerce’s Statistique de l’Industrie à Paris, 1847–48|anno=1986|editore=Cornell University Press|lingua=en|pp=335-363|opera=Work in France: Representations, Meaning, Organization, and Practice}} |
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* Théorie Critique de l'Histoire: Identités, expériences, politiques. Fayard, 2009. Edited: Western Societies: A Documentary History (edited, with Brian Tierney), 2 vols. New York: Alfred Knopf, 1983; 2nd edition, 1999. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=History and difference|anno=1987|editore=American Academy of Arts and Sciences|città=Cambridge|lingua=en|opera=Learning about women : gender, politics, and power|OCLC=16884534}} |
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* Learning about Women: Gender, Power and Politics, (edited with Jill Conway and Susan Bourque). University of Michigan Press, 1987. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Patrick Joyce|titolo="L'Ouvrière! Mot Impie, Sordide..." Women Workers in the Discourse of French Political Economy (1840-1860)|anno=1987|editore=Cambridge UP|città=Cambridge|lingua=en|pp=119-142|opera=The Historical Meanings of Work}} |
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* Feminists Theorize the Political (edited with Judith Butler). New York, Routledge, 1992. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Margaret Higonnet|titolo=Rewriting History|anno=1987|editore=Yale UP|lingua=en|pp=19-30|opera=Behind the Lines: Gender and the Two World Wars|OCLC=14692603}} |
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* Alper, Benedict S. Love and Politics in Wartime: Letters to my Wife, 1943-5. University of Illinois Press, 1992. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=S. Jay Kleinberg|titolo=The Problem of Invisibility|anno=1988|editore=Berg/UNESCO|città=London|lingua=en|pp=5-29|opera=Retrieving Women's History: Changing Perceptions of the Role of Women in Politics and Society}} |
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* The Mythmaking Frame of Mind: Social Imagination and American Culture (edited with James Gilbert, Amy Gilman, and Donald Scott). San Francisco, Wadsworth, 1992. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Peter Burke|titolo=Women's History|anno=1991|editore=Polity Press|città=London|lingua=en|pp=42-66|opera=New Perspectives on Historical Writing}} |
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* Feminism and History (A volume in the Oxford series, Readings in Feminism). Oxford University Press, 1996. |
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* {{Cita libro|autore=Benedict Solomon Alper|curatore=Joan W. Scott|curatore2=|titolo=Love and politics in wartime : letters to my wife, 1943-45|url=https://archive.org/details/lovepoliticsinwa0000alpe|anno=1992|editore=University of Illinois Press|città=Urbana|lingua=en|OCLC=24066866}} |
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* Transitions, Environments, Translations: Feminisms in International Politics (edited with Cora Kaplan and Debra Keates). Routledge, 1997. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Sara E. Melzer, Leslie W. Rabine|titolo=A Woman Who Has Only Paradoxes to Offer: Olympe de Gouges Claims Rights for Women|anno=1992|editore=Oxford UP|città=New York|lingua=en|pp=102-120|opera=Rebel Daughters: Women and the French Revolution}} |
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* Schools of Thought: Twenty-five Years of Interpretive Social Science (edited with Debra Keates). Princeton University Press, 2001. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Michael Bérubé, Cary Nelso|titolo=The Rhetoric of Crisis in Higher Education|anno=1995|editore=Routledge|lingua=en|pp=293-334|opera=Higher Education Under Fire: Politics, Economics, and the Crisis of the Humanities}} |
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* Going Public: Feminism and the Shifting Boundaries of the Private Sphere (edited with Debra Keates). Champaign IL: University of Illinois Press, 2004. |
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* {{Cita libro|curatore=James Burkhart Gilbert, Amy Wilman, Donald M. Scott, Joan W. Scott|titolo=The Mythmaking frame of mind : social imagination and American culture|anno=1993|editore=Wadsworth Pub. Co.|città=Belmont|lingua=en|OCLC=26215963}} |
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* Women's Studies on the Edge. Durham, Duke University Press, 2009. II. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Louis Menand|titolo=Academic Freedom as an Ethical Practice|anno=1996|editore=University of Chicago Press|lingua=en|pp=163-180|opera=The Future of Academic Freedom}} |
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* The Fantasy of Feminist History. Durham, Duke University Press, 2011. |
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* {{Cita libro|autore=|titolo=Feminism and history|anno=1996|editore=Oxford University Press|città=Oxford|lingua=en|OCLC=33864785|curatore=Joan W. Scott}} |
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* {{Cita libro|curatore=Joan W. Scott|titolo=Women's studies on the edge|anno=1997|editore=Indiana University Press|città=Bloomington|lingua=en|OCLC=40525130}} |
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* {{Cita libro|autore=|titolo=Transitions, environments, translations : feminisms in international politics|anno=1997|editore=Routledge|città=New York|lingua=en|OCLC=964121766|curatore=Joan Wallach Scott, Cora Kaplan, Debra Keates}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Myra Marx Ferree, Judith Lorber, Beth B. Hess|titolo=Some Reflections on Gender and Politics|anno=1999|editore=Sage|lingua=en|pp=70-96|opera=Revisioning Gender}} |
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* {{Cita libro|titolo=After History?|anno=2001|editore=Princeton University Press|città=Princeton|lingua=en|opera=Schools of thought : twenty-five years of interpretive social science|OCLC=46685183|autore=Joan W. Scott}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Julie Allard, Guy Haarscher e Maria Puig dela Bellacasa|titolo=Les "guerres académiques" aux Etats-Unis|anno=2001|editore=Editions Labor|città=Brussels|lingua=fr|opera=L'Université en questions: marché des saviors, nouvelle agora, tour d'ivoire?}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Joan Wallach Scott, Debra Keates|titolo=Going public : feminism and the shifting boundaries of the private sphere|anno=2004|editore=University of Illinois Press|città=Urbana|lingua=en|opera=Going public : feminism and the shifting boundaries of the private sphere|OCLC=55502944}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Marilyn Friedman|titolo=French universalism in the Nineties", in Women and citizenship, Studies in Feminist Philosophy|anno=2005|editore=Oxford UP|città=Oxford|lingua=en|pp=35-51|opera=Women and citizenship, Studies in Feminist Philosophy|ISBN=9780195175356}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Keith Jenkins|titolo=History-writing as Critique|anno=2007|editore=Routledge|città=London|lingua=en|pp=19-38|opera=Manifestos for History}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=James Banner, John Gillis|titolo=Finding Critical History|anno=2009|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|lingua=en|pp=26-53|opera=Becoming Historians}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Judith Butler, Joan W. Scott|titolo=Experience|anno=2012|editore=Routledge|città=New York|lingua=en|opera=Feminists theorize the political|OCLC=800969057}} |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|autore2=Wendy Brown|curatore=Catharine R. Stimpson, Gilbert Herdt|titolo=Power|anno=2014|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|lingua=en|opera=Critical Terms for the Study of Gender|OCLC=898736757}} |
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=== Articoli === |
=== Articoli === |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan Scott|anno=1971|titolo=Les Verriers de Carmaux, 1856-1895|rivista=Le Mouvement Social|numero=76|pp=67-93|lingua=fr}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1977|titolo=L’Histoire du Monde Ouvrier aux États-Unis depuis 1960|rivista=Le Mouvement Social|numero=100|pp=121-131|lingua=fr}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1980|titolo=Social History and the History of Socialism: French Socialist Municipalities in the 1890's|rivista=Le Mouvement Social|numero=111|pp=145-153|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=E. J. Hobsbawm, Joan Wallach Scott|anno=1980|titolo=Political Shoemakers|rivista=Past & Present|numero=89|pp=pp. 86-114|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1981|titolo=Dix Ans de l'histoire des femmes aux Etats-Unis|rivista=Le Débat|numero=19|pp=127-132|lingua=fr}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1981|titolo=Politics and Professionalism: Women Historians in the 1980s|rivista=Women's Studies Quarterly|volume=9|numero=3|pp=23-32|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1982|titolo=The Mechanization of Women's Work|url=https://archive.org/details/sim_scientific-american_1982-09_247_3/page/166|rivista=Scientific American|volume=247|numero=3|pp=166-187|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1983|titolo=Women in History. The Modern Period|rivista=Past & Present|numero=101|pp=141-157|lingua=en|cid=Scott 1983}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1986|titolo=Gender: A Useful Category of Historical Analysis|url=https://archive.org/details/sim_american-historical-review_1986-12_91_5/page/1053|rivista=American Historical Review|volume=91|numero=5|pp=1053–1075|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1987|titolo=On Language, Gender, and Working Class History|rivista=International Labor and Working Class History|numero=31|pp=1-13|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1988|titolo=Deconstructing Equality-versus-Difference: Or, the Uses of Poststructuralist Theory for Feminism|rivista=Feminist Studies|numero=14|pp=33-50|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1987|titolo=History and Difference|rivista=Daedalus|pp=93-118|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1989|titolo=History in Crisis? The Others' Side of the Story|rivista=American Historical Review|numero=94|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1989|titolo=Interview with Joan Scott|rivista=Radical History Review|numero=45|pp=41-59|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1989|titolo=French Feminists and the Rights of 'Man: Olympe de Gouges' Declarations|rivista=History Worksho|numero=28|pp=1-21|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1991|titolo=The Evidence of Experience|url=https://archive.org/details/sim_critical-inquiry_summer-1991_17_4/page/773|rivista=Critical Inquiry|volume=17|numero=4|pp=773-797|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1991|titolo=Liberal Historians: A Unitary Vision|rivista=Chronicle of Higher Education|numero=11|pp=B1-2|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1991|titolo=The Campaign Against Political Correctness: What's Really at Stake?|rivista=Change|pp=30-43|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1992|titolo=Multiculturalism and the Politics of Identity|rivista=October 61|pp=12-19|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1992|titolo=The New University: Beyond Political Correctnes|rivista=Boston Review|pp=29-31|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1995|titolo=Forum: Raymond Martin, Joan W. Scott, and Cushing Strout on 'Telling the Truth About History|url=https://archive.org/details/sim_history-and-theory_1995_34_4/page/329|rivista=History and Theory|volume=34|pp=329-334|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1995|titolo=Vive la différence!|rivista=Le Débat|pp=134-139|lingua=fr}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1996|titolo=After History?|url=https://archive.org/details/sim_common-knowledge_winter-1996_5_3/page/9|rivista=Common Knowledge|volume=5|numero=3|pp=9-26|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1997|titolo=La "Querelle des Femmes" in Late Twentieth Century France|rivista=New Left Review|pp=3-19|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1998|titolo="Border Patrol," contribution to "Forum" A Crisis in History? On Gérard Noiriel's Sur la Crise de l'Histoire|url=https://archive.org/details/sim_french-historical-studies_summer-1998_21_3/page/383|rivista=French Historical Studies|volume=21|numero=3|pp=383-398|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1999|titolo=Entretien avec Joan Scott|rivista=Mouvements: Sociétés, politique, culture|numero=2|pp=101-112|lingua=fr}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1999|titolo=La Traduction Infidèle|rivista=Vacarme|numero=19|lingua=fr}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1999|titolo=Feminist Family Politics|rivista=French Politics, Culture and Society|volume=17|numero=3/4|pp=20-30|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2000|titolo=The ‘Class’ We Have Lost|rivista=International Labor & Working-Class History|numero=57|pp=69-75|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2001|titolo=Fantasy Echo: History and the Construction of Identity|rivista=Critical Inquiry|numero=27|pp=284-304|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2002|titolo=Faculty Governance|rivista=Academe|pp=41-48|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2005|titolo=Feminism's History|rivista=Journal of Women's History|volume=16|numero=1|pp=10-29|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2005|titolo=Symptomatic Politics: The Banning of Islamic Head Scarves in French Public Schools|rivista=French Politics, Culture and Society|volume=23|numero=3|pp=106-127|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2005|titolo=Against Eclecticism|url=https://archive.org/details/sim_differences_fall-2005_16_3/page/114|rivista=Differences|volume=16|numero=3|pp=114-137|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2008|titolo=Back to the Future|url=https://archive.org/details/sim_history-and-theory_2008-05_47_2/page/279|rivista=History and Theory|volume=47|numero=2|pp=279-284|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2008|titolo=“Unanswered Questions,” contribution to AHR Forum ”Revisiting ‘Gender: A Useful Category of Historical Analysis|url=https://archive.org/details/sim_american-historical-review_2008-12_113_5/page/1422|rivista=American Historical Review|volume=113|numero=5|pp=1422-1430|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2009|titolo=Knowledge, Power, and Academic Freedom|rivista=Social Research|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2010|titolo=Gender: Still a Useful Category of Analysis?|rivista=Diogenes|volume=57|numero=225|lingua=en}} |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2011|titolo=Storytelling|url=https://archive.org/details/sim_history-and-theory_2011-05_50_2/page/203|rivista=History and Theory|volume=50|numero=2|pp=203-209|lingua=en}} |
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=== Traduzioni italiane === |
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* "The Glassworkers of Carmaux," Nineteenth Century Cities: Essays in the New Urban History, edited by S. Thernstrom and R. Sennett. (Yale University Press, 1969), pp. 3-48. |
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* {{Cita libro|autore=Louise Tilly|autore2=Joan W. Scott|titolo=Donne, lavoro e famiglia nell'evoluzione della società capitalistica|anno=1981|editore=De Donato|città=Bari}} |
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* "Les Verriers de Carmaux, 1865-1900," Le Mouvement Social 76 (1971), pp. 67-93. |
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* {{Cita libro|autore=Eric J. Hobsbawm|autore2=Joan W. Scott|titolo=I calzolai "politici"|anno=1986|editore=Laterza|città=Roma-Bari|opera=Lavoro, cultura e mentalità nella società industriale}} |
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* "Women's Work and the Family in 19th Century Europe," (coauthored with Louise Tilly) The Family in History, C. Rosenberg, ed. (University of Pennsylvania Press, 1975), pp. 145-178. |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan Scott|anno=1987|titolo=Il “genere”: un’utile categoria di analisi storica|rivista=Rivista di storia contemporanea|volume=16|numero=4|pp=560-586}}{{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Ida Fazio|titolo=Il “genere”: un’utile categoria di analisi storica|anno=2013|editore=Viella|città=Roma|pp=31-63|opera=Genere, storia, politica|ISBN=978-88-6728-002-5}} |
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* "Labor History in the United States since the 1960's," Le Mouvement Social, No. 100 (July 1977), pp. 121-131. |
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* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1989|titolo=Uguaglianza versus differenza|rivista=Memoria: rivista di storia delle donne|numero=2.5|pp=57-72}} |
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* Recent U.S. Scholarship on the History of Women (coauthored with B. Sicherman, W. Monter, K. Sklar). American Historical Association, 1980. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Genevieve Fraisse e Michelle Perrot|titolo=La donna lavoratrice nel XIX secolo|anno=1993|editore=Laterza|città=Roma-Bari|pp=355-385|opera=Storia delle donne in Occidente. L'Ottocento|ISBN=88-420-3855-5}} |
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* "Social History and the History of Socialism: French Socialist Municipalities in the 1890's," Le Mouvement Social 111 (Spring 1980), pp. 145-153. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Peter Burke|titolo=La storia delle donne|anno=1993|editore=Laterza|città=Roma-Bari|opera=La storiografia contemporanea}} |
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* "Political Shoemakers," (coauthored with Eric Hobsbawm) Past and Present 89 (November 1980), pp. 86-114. |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Ida Fazio|titolo=Genere, storia, politica|anno=2013|editore=Viella|città=Roma|ISBN=978-88-6728-002-5}} Contiene la traduzione di quattro saggi dell'autrice: ''Il genere: un'utile categoria di analisi storica'' (pp. 31-63); ''Ancora qualche riflessione su genere e politica'' (pp. 65-91); ''Domande in attesa di risposta'' (pp. 93-104); ''Usi e abusi del "genere"'' (pp. 105-127) |
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* "Dix Ans de l'histoire des femmes aux états-unis," Le Débat 19 (1981), pp. 127-132 (translated into Spanish for publication in Débat, 1984). |
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* "Politics and the Profession: Women Historians in the 1980's," Women's Studies Quarterly 9:3 (Fall 1981). |
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== Premi == |
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* "Mayors versus Police Chiefs: Socialist Municipalities Confront the French State," in John Merriman, ed., French Cities in the Nineteenth Century. (London, Hutchinson 1982), pp. 230-45. |
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* 1974 - Premio Herbert Baxter Adams ([[American Historical Association]]) per ''The Glassworkers of Carmaux'' |
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* "Popular Theater and Socialism in Late Nineteenth Century France," in Seymour Drescher, David Sabean, and Allen Sharlin, eds., Political Symbolism in Modern Europe: Essays in Honor of George L. Mosse. (New Brunswick, Transaction Books 1982), pp. 197-215. |
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* 1989 - Premio Joan Kelly (American Historical Association) per ''Gender and the Politics of History''<ref>{{Cita web|url=https://www.historians.org/awards-and-grants/past-recipients/joan-kelly-memorial-prize-recipients|titolo=Joan Kelly Memorial Prize Recipients|lingua=en|accesso=17 febbraio 2024}}</ref> |
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* "The Mechanization of Women's Work," Scientific American 247:3 (September 1982), pp. 166-87. |
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* 1999 - Premio Hans Sigrist dell'Università di Berna per la ricerca nel campo dei “Gender Studies”<ref>{{Cita web|url=https://www.sigrist.unibe.ch/prize/hans_sigrist_prize_winners/index_eng.html|titolo=Hans Sigrist Prize Winners|lingua=en|accesso=17 febbraio 2024}}</ref> |
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* "Women's History: The Modern Period," Past and Present 101 (November 1983), pp. 141-57. |
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* 2016 - Premio Talcott Parsons dell'American Academy of Arts and Sciences<ref>{{Cita web|url=https://www.amacad.org/talcott-parsons-prize-recipients|titolo=Talcott Parsons Prize Recipients|lingua=en|accesso=17 febbraio 2024}}</ref> |
|||
* "Men and Women in the Parisian Garment Trades: Discussions of Family and Work in the 1830's and 40's," R. Floud, G. Crossick and P. Thane, eds., The Power of the Past: Essays in Honor of Eric Hobsbawm. (Cambridge University Press, 1984), pp. 67-94. |
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* 2018 - Premio internazionale Edgar de Picciotto<ref>{{Cita web|url=https://www.ias.edu/default/tags/edgar-de-picciotto-international-prize|titolo=Edgar de Picciotto International Prize|lingua=en|accesso=17 febbraio 2024}}</ref> |
|||
* "Statistical Representations of Work: The Chamber of Commerce's Statistique de l'Industrie à Paris, 1847-48," in Stephen Kaplan, ed., Work in 18th and 19th Century France. (Cornell University Press, 1986), pp. 335-363. |
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* "Women's History as Women's Education: Representations of Sexuality and Women's Colleges in America," (Smith College, Northampton, Mass., 1986). |
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== Onorificenze == |
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* "Gender: A Useful Category of Historical Analysis," American Historical Review 91, No. 5 (December 1986), pp. 1053-75. (French, Italian, Spanish, Portuguese, Bulgarian, Estonian, and Polish translations). edizione italiana in {{cita libro|nome=Jaon W.|cognome=Scott|titolo=Genere, politica e storia|città=Roma|editore=Viella|anno=2013|pp=31-63}} |
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{{Onorificenze |
|||
* "On Language, Gender, and Working Class History," International Labor and Working Class History 31(Spring 1987), pp. 1-13 and "Reply to Critics of This Piece," 32 (Fall 1987), pp. 39-45. (Spanish and Swedish translations). |
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|immagine = Legion Honneur Chevalier ribbon.svg |
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* "'L'Ouvrière! Mot Impie, Sordide...' Women Workers in the Discourse of French Political Economy (1840-1860)," in Patrick Joyce, ed., The Historical Meanings of Work. (Cambridge University Press, 1987), pp. 119-42. French translation in Actes de la Recherche en Sciences Sociales 83 (June 1990), pp. 2-15. |
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|nome_onorificenza = Cavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) |
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* "Rewriting History," in Margaret Higonnet, et al., eds., Behind the Lines: Gender and the Two World Wars. (Yale University Press, 1987), pp. 19-30. |
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|collegamento_onorificenza = Legion d'onore |
|||
* "History and Difference," Daedalus (Fall 1987), pp. 93-118. "Deconstructing Equality-versus-Difference: Or, the Uses of Poststructuralist Theory for Feminism," Feminist Studies (Spring 1988), pp. 33-50. |
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|motivazione = per i suoi notevoli contributi alla scrittura della storia e ai dibattiti intellettuali, filosofici e politici della Repubblica francese |
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* "The Problem of Invisibility," in S. Jay Kleinberg, ed., Retrieving Women's History: Changing Perceptions of the Role of Women in Politics and Society. (London and Paris, Berg/Unesco 1988), pp. 5-29. |
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|data = 2018<ref>{{cita web|lingua=en|url=https://frenchculture.org/awards/france-honors-joan-w-scott/|titolo=France Honors Joan W. Scott|accesso=17 febbraio 2024}}</ref> |
|||
* "History in Crisis? The Others' Side of the Story," American Historical Review 94 (June 1989), pp. 680-692. |
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}} |
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* “Interview with Joan Scott,” Radical History Review 45 (1989), pp. 41-59. |
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* 2004 - [[Dottorato honoris causa|Dottorato ''honoris causa'']] dall'[[Università di Bergen]] |
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* "French Feminists and the Rights of 'Man': Olympe de Gouges' Declarations," History Workshop No. 28 (Autumn 1989), pp. 1-21. |
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* 2004 - Dottorato ''honoris causa'' in Lettere dal John Jay College of Criminal Justice ([[Università della Città di New York|CUNY]]) |
|||
* "A Woman Who Has Only Paradoxes to Offer: Olympe de Gouges Claims Rights for Women," in Sara E. Melzer and Leslie W. Rabine, eds., Rebel Daughters: Women and the French Revolution. (New York, Oxford University Press, 1992), pp. 102-20. |
|||
* 2007 - Dottorato ''honoris causa'' in Legge dall'[[Università di Harvard]] |
|||
* "Women's History," in New Perspectives on Historical Writing, Peter Burke, ed. (London, Polity Press, 1991), pp. 42-66. |
|||
* 2009 - Dottorato ''honoris causa'' in Lettere dall'[[Università del Wisconsin]] |
|||
* "Rethinking the History of Women's Work," chapter for Vol. IV of Storia della Donne, edited by Michelle Perrot and Georges Duby (Rome, Laterza, 1990; Paris, Plon, 1991; Cambridge, MA, Harvard University Press, 1993), pp. 773-797. |
|||
* 2012 - Dottorato ''honoris causa'' in Lettere dall'[[Università di Princeton]] |
|||
* "The Evidence of Experience," Critical Inquiry (Summer 1991); reprinted in various collections of essays, and in Questions of Evidence: Proof, Practice, and Persuasion across the Disciplines, edited by James Chandler, Arnold I. Davidson, and Harry Harootunian (Chicago: University of Chicago Press, 1994), pp. 363-387. Spanish translation 2001. |
|||
* 2012 - Dottorato ''honoris causa'' in Lettere dall'[[Università del Québec a Montréal]] |
|||
* "Liberal Historians: A Unitary Vision," Chronicle of Higher Education, September 11, 1991, pp. B1-2. |
|||
* 2016 - Dottorato ''honoris causa'' in Lettere dall'[[Università Concordia]] (Montréal) |
|||
* "The Campaign Against Political Correctness: What's Really at Stake?" Change (November/December 1991), pp. 30-43; reprinted in Radical History Review, 1992, pp. 59-79; also in various collections of essays. |
|||
* 2018 - Dottorato ''honoris causa'' in Scienze sociali dall'[[Università di Edimburgo]] |
|||
* "Multiculturalism and the Politics of Identity," October 61 (Summer 1992), pp. 12-19; reprinted in The Identity in Question, John Rajchman, ed. (New York: Routledge, 1995), pp. 3-12. |
|||
* 2022 - Dottorato ''honoris causa'' dall'[[Université Paris 8]]<ref>{{Cita web|url=https://www.univ-paris8.fr/Ceremonie-de-remise-du-doctorat-honoris-causa-a-Joan-W-Scott|titolo=Cérémonie de remise du doctorat honoris causa à Joan W. Scott|data=22 novembre 2022|lingua=fr|accesso=22 febbraio 2024}}</ref> |
|||
* "The New University: Beyond Political Correctness," Boston Review, (March/April 1992), pp. 29-31. |
|||
* 2022 - Dottorato ''honoris causa'' in Scienze sociali dall'[[Università di Liegi]] |
|||
* "The Rhetoric of Crisis in Higher Education," in Higher Education Under Fire: Politics, Economics, and the Crisis of the Humanities, edited by Michael Bérubé and Cary Nelson. (Routledge, 1995), pp. 293-334. |
|||
* "Academic Freedom as an Ethical Practice," in The Future of Academic Freedom, edited by Louis Menand. (University of Chicago Press, 1996), pp. 163-180. |
|||
* "Forum: Raymond Martin, Joan W. Scott, and Cushing Strout on 'Telling the Truth About History,'" History and Theory, Vol. 34 (1995), pp. 329-334. |
|||
* "Vive la différence!" Le Débat, November-December 1995, pp. 134-139. "After History?", Common Knowledge, Vol. 5, No. 3 (Winter, 1996), pp. 9-26. |
|||
* "'La Querelle des Femmes' in Late Twentieth Century France," New Left Review Nov./Dec. 1997, pp. 3-19 (French translation: Parité-infos, #19, Sept. 1997). |
|||
* "Border Patrol," contribution to "Forum" A Crisis in History? On Gérard Noiriel's Sur la Crise de l'Histoire," French Historical Studies 21:3 (Summer 1998) pp. 383-397. |
|||
* “Some Reflections on Gender and Politics,” in Revisioning Gender, Myra Marx Ferree, Judith Lorber, and Beth B. Hess, ed. (Sage Publications, 1999), pp. 70-96. |
|||
* “Entretien avec Joan Scott,” Mouvements: Sociétés, politique, culture no. 2 (Jan- Fev 1999), pp. 101-112. |
|||
* “La Traduction Infidèle,” Vacarme, No. 19 (1999). |
|||
* “Feminist Family Politics,” French Politics, Culture and Society 17:3-4 (Summer/Fall 1999) pp. 20-30. |
|||
* “The ‘Class’ We Have Lost,” International Labor & Working-Class History, no. 57 (Spring 2000) pp. 69-75. |
|||
* “Fantasy Echo: History and the Construction of Identity,” Critical Inquiry 27 (Winter 2001) pp. 284-304. (German translation: “Phantasie und Erfahrung,” Feministische Studien Vol. 2, 2001). |
|||
* “Les ‘guerres académiques’ aux Etats-Unis,” in L'Université en questions: marché des saviors, nouvelle agora, tour d'ivoire?, edited by Julie Allard, Guy Haarscher, and Maria Puig de la Bellacasa (Brussels: Editions Labor, 2001). |
|||
* “Faculty Governance,” Academe July-August 2002, pp. 41-48. |
|||
* “French Universalism in the 90's,” differences 15.2 (2004) pp. 32-53. |
|||
* “Feminism's History,” Journal of Women's History 16.1 (2005), pp. 10-29. |
|||
* “Symptomatic Politics: The Banning of Islamic Head Scarves in French Public Schools,” French Politics, Culture and Society 23:3 (Fall 2005), pp. 106-27. |
|||
* “Against Eclecticism,” differences 16.3 (Fall 2005), pp. 114-37. “History-writing as Critique”, Keith Jenkins, et al., eds., Manifestos for History (London:Routledge, 2007), 19-38. |
|||
* “Back to the Future,” History and Theory 47:2 (2008) pp. 279-84. |
|||
* “Unanswered Questions,” contribution to AHR Forum, “ ”Revisiting ‘Gender: A Useful Category of Historical Analysis',” American Historical Review 113:5 (Dec. 2008), pp. 1422-30. |
|||
* “Finding Critical History,” in James Banner and John Gillis, eds. Becoming Historians (Chicago: University of Chicago Press, 2009), pp. 26-53. |
|||
* “Knowledge, Power, and Academic Freedom,” Social Research (Summer 2009). |
|||
* “Gender: Still a Useful Category of Analysis?” Diogenes Vol. 57, No. 225 (2010). |
|||
* “Storytelling,” History and Theory (Spring 2011). |
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== Note == |
== Note == |
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<references/> |
<references /> |
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== Bibliografia == |
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=== Fonti primarie === |
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* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=The Glassworkers of Carmaux : French Craftsmen and political action in a Nineteenth-Century City|url=https://archive.org/details/glassworkersofca00scot|anno=1974|editore=Cambridge University Press|città=Cambridge|lingua=en|cid=Scott 1974|OCLC=849244053|ISBN=}} |
|||
* {{Cita libro|autore=Louise Tilly|autore2=Joan W. Scott|titolo=Women, Work and Family|url=https://archive.org/details/womenworkfamily0000unse|anno=1978|editore=Holt, Rinehart and Winston|città=New York|lingua=en|cid=Tilly-Scott|OCLC=3345961}} |
|||
* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1986|titolo=Gender: A Useful Category of Historical Analysis|url=https://archive.org/details/sim_american-historical-review_1986-12_91_5/page/1053|rivista=American Historical Review|volume=91|numero=5|pp=1053–1075|lingua=en|cid=Scott 1986}} Trad. italiana:{{Cita pubblicazione|autore=Joan Scott|anno=1987|titolo=Il “genere”: un’utile categoria di analisi storica|rivista=Rivista di storia contemporanea|volume=16|numero=4|pp=560-586}} {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Ida Fazio|titolo=Il “genere”: un’utile categoria di analisi storica|anno=2013|editore=Viella|città=Roma|pp=31-63|opera=Genere, storia, politica|ISBN=978-88-6728-002-5}} {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Paola Di Cori|titolo=Il “genere”: un’utile categoria di analisi storica|anno=1996|editore=CLUEB|città=Bologna|pp=307-347|opera=Altre storie|ISBN=88-8091-304-2|cid=Scott 1996}} |
|||
* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1987|titolo=On Language, Gender, and Working-Class History|rivista=International Labor and Working-Class History|numero=31|pp=1-13|lingua=en|cid=Scott 1987b}} |
|||
* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=Gender and the politics of history|url=https://archive.org/details/genderpoliticso00scot|anno=1988|editore=Columbia University Press|città=New York|lingua=en|cid=Scott 1988|OCLC=17674857}} |
|||
* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=1991|titolo=The Evidence of Experience|url=https://archive.org/details/sim_critical-inquiry_summer-1991_17_4/page/773|rivista=Critical Inquiry|volume=17|numero=4|pp=773-797|lingua=en|cid=Scott 1991}} |
|||
* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=Only paradoxes to offer : French feminists and the rights of man|url=https://archive.org/details/onlyparadoxestoo0000scot_n4w9|anno=1996|editore=Harvard University Press|città=Cambridge|lingua=en|OCLC=32924140|cid=Scott 1996}} |
|||
* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=Parité! : sexual equality and the crisis of French universalism|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|lingua=en|OCLC=1241669724|cid=Scott 2005}} |
|||
* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=The Politics of the Veil|url=https://archive.org/details/politicsofveil0000scot|anno=2007|editore=Princeton University Press|città=Princeton|lingua=en|OCLC=122715361|cid=Scott 2007}} |
|||
* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=James Banner, John Gillis|titolo=Finding Critical History|anno=2009|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|lingua=en|pp=26-53|opera=Becoming Historians|cid=Scott 2009}} |
|||
* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=The fantasy of feminist history|anno=2011|editore=Duke University Press|città=Durham|lingua=en|cid=Scott 2011|OCLC=727658531}} |
|||
* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2012|titolo=The incommensurability of psychoanalysis and history|url=https://archive.org/details/sim_history-and-theory_2012-02_51_1/page/63|rivista=History and theory|volume=51|numero=1|pp=63-83|lingua=en|cid=Scott 2012}} |
|||
* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|curatore=Ida Fazio|titolo=Genere, storia, politica|anno=2013|editore=Viella|città=Roma|ISBN=978-88-6728-002-5}} |
|||
* {{Cita pubblicazione|autore=Joan W. Scott|anno=2014|titolo=Writing Women, Work, and Family: The Tilly-Scott Collaboration|rivista=Social Science History|volume=38|numero=1/2|pp=113-120|lingua=en|doi=10.1017/ssh.2015.11|cid=Scott 2014}} |
|||
* {{Cita libro|autore=Joan W. Scott|titolo=On the judgment of history|anno=2020|editore=Columbia University Press|città=New York|lingua=en|cid=Scott 2020|OCLC=1147902320}} |
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=== Fonti secondarie === |
|||
*{{Cita pubblicazione|autore=Thamy Ayouch|anno=2019|titolo=Joan W. Scott : écrire l’histoire, de Foucault à la psychanalyse|rivista=Genre, sexualité & société|numero=21|lingua=fr|doi=10.4000/gss.5528|cid=Ayouch}} |
|||
*{{Cita libro|autore=Judith Butler|curatore=Judith Butler, Elizabeth Weed|titolo=Speaking Up, Talking Back: Joan Scott’s Critical Feminism|anno=2011|editore=Indiana University Press|città=Bloomington|lingua=en|pp=11-28|opera=The question of gender: Joan W. Scott’s Critical Feminism|cid=Butler|ISBN=978-0-253-35636-9}} |
|||
*{{Cita libro|autore=|titolo=The question of gender: Joan W. Scott’s Critical Feminism|anno=2011|editore=Indiana University Press|città=Bloomington|lingua=en|cid=Butler-Weed|ISBN=978-0-253-35636-9|curatore=Judith Butler, Elizabeth Weed}} |
|||
*{{Cita libro|autore=Miguel A. Cabrera|curatore=Judith Butler, Elizabeth Weed|titolo=Language, Experience, and Identity. Joan W. Scott’s Theoretical Challenge to Historical Studies|anno=2011|editore=Indiana University Press|città=Bloomington|lingua=en|pp=31-49|opera=The question of gender: Joan W. Scott’s Critical Feminism|cid=Cabrera|ISBN=978-0-253-35636-9}} |
|||
* {{Cita pubblicazione|autore=Paola Di Cori|anno=1987|titolo=Dalla storia delle donne a una storia di genere|rivista=Rivista di storia contemporanea|volume=16|numero=4|pp=548-559|cid=Di Cori 1987}} |
|||
* {{Cita libro|autore=Paola Di Cori|autore2=Joan W. Scott|curatore=Ida Fazio|titolo=Postfazione. Visione critica della storia e femminismo|anno=2013|editore=Viella|città=Roma|pp=249-304|opera=Genere, politica, storia|cid=Di Cori}} |
|||
*{{Cita pubblicazione|autore=Victoria Hesford, Lisa Diedrich|anno=2014|titolo=On ‘The evidence of experience’ and its reverberations: An interview with Joan W. Scott|rivista=Feminist theory|volume=15|numero=2|pp=197-207|lingua=en|doi=10.1177/1464700114528767|cid=Hesford-Diedrich}} |
|||
* {{Cita pubblicazione|autore=Joanne Meyerowitz|titolo=A History of “Gender”|rivista=The American historical review|volume=113|numero=5|pp=1346-1356|lingua=en|cid=Meyerowitz}} |
|||
* {{Cita libro|autore=Jennifer Scanlon|titolo=Scott, Joan Wallach|anno=1996|editore=Greenwood Press|città=Westport|lingua=en|pp=201-203|opera=American Women Historians, 1700s–1990s : a Biographical Dictionary|ISBN=0–313–29664–2}} |
|||
* {{Cita libro|autore=Louise Tilly|autore2=Joan W. Scott|titolo=Women, Work and Family|url=https://archive.org/details/womenworkfamily0000unse|anno=1978|editore=Holt, Rinehart and Winston|città=New York|lingua=en|OCLC=3345961}} |
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Versione attuale delle 21:38, 15 ago 2024
«In sostanza, il mio argomento è sempre stato quello delle relazioni di potere asimmetriche. La disuguaglianza di genere è la matrice»
Joan Wallach Scott (Brooklyn, 18 dicembre 1941) è una storica statunitense.
Dopo aver dedicato i suoi primi studi al movimento operaio francese in un'ottica marxista, verso la fine degli anni settanta, sotto la spinta del femminismo, indirizza i suoi interessi verso la storia delle donne, pubblicando con la storica Louise Tilly il libro Women, Work, and Family, che rappresenta una svolta negli studi sulla divisione sessuale del lavoro.[1] Negli anni ottanta del Novecento il suo incontro con la teoria post-strutturalista la conduce a interrogarsi sui presupposti dell'analisi storica e ad introdurre il genere come categoria storiografica da indagare nella sua costruzione discorsiva, al pari delle altre categorie di classe, identità, etnia.[2]
L'articolo Il "genere": un'utile categoria di analisi storica, pubblicato nel 1986 nell'American Historical Review, ampiamente diffuso negli Stati Uniti e in Europa, la rende tra le prime teoriche della gender history.[3]
A partire dagli anni novanta il linguaggio dell’universalismo repubblicano e il suo funzionamento all'interno delle rappresentazioni della storia francese costituiscono uno dei suoi campi di ricerca privilegiati, diventando materia di riflessione anche nel dibattito pubblico, in cui interviene in materia di questioni razziali e religiose, politiche di integrazione, identità nazionale, sessualità, parità dei diritti, libertà di insegnamento.[4]
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Joan Wallach nasce a Brooklyn, New York, il 18 dicembre 1941, figlia di due insegnanti delle scuole superiori, Lottie Tannenbaum e Sam Wallach.[5]
Il padre, di origini ebraiche, giunge dalla Polonia agli Stati Uniti nel 1910, in tenerissima età, con i genitori e i tre fratelli. Dopo essersi diplomato nel 1929 al City College di New York, trova lavoro come insegnante di storia e di economia e diventa uno dei leader del Sindacato degli insegnanti (Teachers Union), ricoprendo la carica di Presidente dal 1945 al 1948.[6] Nei primi anni cinquanta, durante il periodo iniziale del maccartismo, Sam Wallach viene sospeso, poi licenziato e posto sotto la sorveglianza dell'FBI con molti altri colleghi, a seguito dell'approvazione, da parte dello stato di New York, della Legge Feinberg che bandisce dalle scuole pubbliche i sospettati di attività sovversive contro il governo e coloro che non si prestano alla collaborazione.[7][6][8]
Questo evento conduce la giovane figlia Joan a maturare l'impegno, mantenuto durante tutta la sua carriera professionale, a favore della libertà di parola e della libertà accademica.[5] Il padre la avvicina anche al pensiero marxista, alla convinzione che le relazioni economiche determinano quelle sociali, e alla "fede nel progresso inevitabile, nel potere redentore della storia".[9] Dalla madre, anche lei insegnante di storia, apprende che l’insegnamento è una forma di attivismo: "la trasmissione della conoscenza per uno scopo che va oltre se stesso, uno scopo animato da relazioni di cura e politica, che modella il modo in cui i ragazzi pensano al mondo per renderlo un posto migliore".[9]
Primo attivismo politico
[modifica | modifica wikitesto]Terminato il liceo, Joan Wallace si iscrive alla Brandeis University, dove si distingue per il suo attivismo politico:[10]
«Ho scritto per il giornale studentesco, ho partecipato ai picchetti al Woolworths, organizzato petizioni e manifestazioni per mettere al bando le bombe. [...] Durante una delle crisi internazionali dei primi anni ’60, Herbert Marcuse mi mise tra le mani dei soldi, esortandomi a “organizzare qualcosa”, cosa che, con il mio compagno di stanza altrettanto attivista, feci.»
Nel 1962 si laurea con una tesi sulla Rivoluzione del 1848 in Francia e grazie a una serie di circostanze in gran parte casuali, continua a coltivare il suo interesse per la storia francese e si iscrive all'Università del Wisconsin.[11]
Nell'ateneo, ritenuto uno dei più fiorenti centri di pensiero e di azione politica, luogo di elaborazione della Wisconsin School di economia e di storia diplomatica e sede di pubblicazione della rivista della sinistra radicale Studies on the Left, Joan Wallace si unisce ad altri attivisti a sostegno dei movimenti afroamericani per i diritti civili, come i Freedom Riders, e nelle mobilitazioni contro la guerra del Vietnam, interpretando lo studio della storia come strettamente intrecciato alla politica, considerata la sua prima "vocazione".[12][4]
Dopo essersi laureata, accede al dottorato di ricerca e lavora come assistente didattica dello storico tedesco George Mosse.[13][14] Nel 1967 parte per la Francia per raccogliere i materiali della sua ricerca e dopo due anni presenta la tesi di dottorato incentrata sull'impatto indotto dai cambiamenti tecnologici sulla politica della classe operaia francese (in particolare i vetrai di Carmaux) alla fine del XIX secolo.
Durante questo periodo si sposa con Donald Scott, con il quale in precedenza aveva condiviso gli studi di storia all'Università del Wisconsin e il dottorato, e quando questi riceve un incarico di docenza di storia americana alla CUNY, si trasferisce con lui a Chicago. Nel 1966 nasce il loro primo figlio, Antony Oliver Scott; nel 1969 Joan inizia la sua carriera lavorativa "proprio mentre il movimento femminista stava esplodendo nei campus [...] e le studentesse chiedevano a gran voce la “her-story”.[15]
Anni settanta: avvio della carriera universitaria
[modifica | modifica wikitesto]Joan Scott ottiene il suo primo incarico all'Università dell'Illinois a Chicago, dove lavora dal 1970 al 1972, per trasferirsi in seguito alla Northwestern University (1972–1974) e all'Università della Carolina del Nord a Chapel Hill (1974–1980).
Storia del lavoro e il lavoro delle donne
[modifica | modifica wikitesto]The Glassworkers of Carmaux (1974)
[modifica | modifica wikitesto]Il suo primo lavoro, pubblicato nel 1974, The Glassworkers of Carmaux: French Craftsmen and Political Action in a Nineteenth-Century City, trae origine dalla sua tesi di dottorato; è uno studio di impronta marxista[16][17] sui mutamenti intervenuti, a seguito all'avvento della meccanizzazione, nel lavoro e nei comportamenti politici (sindacalizzazione, adesione al socialismo) di un piccolo segmento altamente qualificato della classe operaia francese, quello dei soffiatori di vetro di Carmaux nel XIX secolo.[18] L'autrice indaga sul legame tra proletarizzazione (perdita del controllo della produzione e declino dello status professionale da parte dei lavoratori), coscienza di classe e radicalizzazione politica. Il libro, vincitore del premio dell’American Historical Association come migliore opera prima di storia europea scritta negli Stati Uniti, coniuga i due interessi - storia sociale e storia del lavoro - maturati dall'autrice durante la sua carriera universitaria e ne stabilisce l'identità professionale come storica della Francia moderna e storica del lavoro.[19][20]
Women, Work, and Family (1978)
[modifica | modifica wikitesto]Degli altri studi successivamente prodotti sul mondo del lavoro, ad esempio nel settore dell'abbigliamento[21] e della calzatura, uno dei quali scritto in collaborazione con Eric Hobsbawm,[22] il più noto è quello pubblicato nel 1978 e scritto insieme alla storica sociale Louise Tilly, Women, Work, and Family, che studia gli effetti emancipatori dell'ingresso delle donne nelle fabbriche, segnando una svolta negli studi sulla divisione sessuale del lavoro.[17]
Come più tardi Scott spiegherà, la sua collaborazione con Tilly, che, come lei, aveva iniziato a insegnare storia delle donne su insistenza delle sue studentesse, si fondava sulla formazione condivisa di storiche sociali e sulla comune contestazione dell'idea, sostenuta dal movimento femminista e dalla maggior parte degli studi di storia del lavoro femminile, che il lavoro salariato rappresentasse per le donne "una garanzia di emancipazione dalle pressioni familiari “tradizionali” a restare a casa e crescere i figli" e che costituisse la fonte dell'acquisizione dei diritti politici.[23][24]
L'analisi del rapporto donne-lavoro-famiglia condotta dalle due autrici, uno studio sociologico supportato da dati statistici demografici, mostra che prima dell'industrializzazione le donne, nell’artigianato e nell'agricoltura, erano già impegnate in attività produttive essenziali per l'economia familiare; il lavoro salariato industriale avrebbe rappresentato un cambiamento, ma non un miglioramento nella loro posizione sociale, e non avrebbe alterato significativamente il loro ruolo all'interno della famiglia, né le avrebbe liberate dai tradizionali rapporti di potere.[25] Nella prefazione della seconda edizione pubblicata nel 1987, viene inoltre sottolineato come lo studio riveli l'esistenza di una variabilità di processi e di situazioni, dipendenti dal carattere dello sviluppo economico, dal tipo di produzione e di sviluppo tecnologico, dall'area culturale e geografica presa in esame, e come i diversi contenuti attribuiti ai termini "donna" e "lavoro", status e potere, portassero ad escludere ogni generalizzazione sulla liberazione della donna e sulla possibilità di esistenza di un'unica storia.[26][27][28]
Dopo aver scritto questo libro, Scott afferma di essere rimasta colpita dalla "persistenza dell'oppressione delle donne", dalla "continuità storica" della discriminazione, e di non aver trovato nelle teorie marxiste adeguate risposte per spiegare le gerarchie di genere e la loro permanenza, nonostante il raggiungimento dell’uguaglianza politica.[4][17] Anche la storia sociale, a suo avviso, non aveva dato risposte a questa questione: se aveva promosso l'inclusione nella storia di attori fino ad allora esclusi, per quanto riguarda le donne, secondo la studiosa statunitense, essa continuava a includerle nella categoria generale "uomini", o a considerarle irrilevanti, perché confinate nella sfera privata domestica o perché ritenute prive delle qualità necessarie per occupare un posto nella storia.[29]
Anni ottanta: l'incontro con il post-strutturalismo
[modifica | modifica wikitesto]Nei primi anni ottanta, quando le viene assegnata alla Brown University la cattedra Nancy Duke Lewis per l'insegnamento e la ricerca nell'area degli women’s studies, Scott entra in contatto con un gruppo molto attivo di ricercatrici femministe - come Mary Ann Doane, Naomi Schor, Ellen Rooney ed Elizabeth Weed - che si occupano di critica letteraria, allora impegnate nella lettura e nella discussione di testi degli autori post-strutturalisti (Barthes, Foucault, Derrida), dei principali esponenti della psicanalisi (Freud, Lacan, Laplanche) e del femminismo francese (Irigaray, Cixous, Kristeva); l'incontro con queste studiose, la conoscenza di questi testi e la fondazione, nel 1981, del Pembroke Center for Teaching and Research on Women, di cui diventa direttrice, segnano un punto di svolta nel suo pensiero, rivelandosi essenziali per lo sviluppo dei suoi futuri studi sul genere come costruzione sociale e per avviare la riflessione su questioni teoriche della ricerca storica.[30][4]
Così Scott commenta l'importanza di quel periodo: "In quegli anni il mio femminismo acquisì una sua logica intellettuale, la basi filosofiche per il mio lavoro di storica. Questo tipo di lavoro ora ha un nome: storia critica. [...] La teoria post-strutturalista mi ha fornito un linguaggio per articolare la critica femminista e per concepire come la storia potrebbe servirla."[31]
La "svolta linguistica"
[modifica | modifica wikitesto]«Les mots ne sont jamais que les batailles pour les définir !»
«Le parole non sono altro che le battaglie per definirle!»
Secondo Scott il problema non era quello di aggiungere le donne alla storia tradizionale, ma di ridefinire "le regole della disciplina", interrogandosi anche su come "una storica donna" poteva "cambiare il modo in cui pensavamo la storia".[29] La lettura dell'opera di Foucault, iniziata con L'ordine delle cose, viene da lei indicata come la più importante influenza che avrebbe determinato la sua "svolta linguistica”, il momento in cui "la passione è entrata nel mio matrimonio combinato con la storia".[31]
L'incontro con il pensiero di Foucault segna l'interesse di Scott per "una storia della differenza" che interroga e analizza gli elementi su cui si fondano distinzioni, gerarchie e conflitti.[32] Assumendo il linguaggio, i "discorsi" - in termini foucaultiani - come oggetto di indagine storiografica, Scott esplora la costruzione dei soggetti, delle organizzazioni sociali e dei rapporti di potere, mette in discussione i presupposti su cui si basano l'analisi storica e le tradizionali categorie storiografiche di classe, razza, genere.[33]
Il genere come categoria di analisi storica
[modifica | modifica wikitesto]«Gender is a useful category only if differences are the question, not the answer, only if we ask what “men” and “women” are taken to mean wherever and whenever we are looking at them, rather than assuming we already know who and what they are»
«Il genere è una categoria utile solo se le differenze sono la domanda, non la risposta, solo se ci chiediamo cosa significano “uomini” e “donne” ovunque e ogni volta che li guardiamo, invece di dare per scontato di sapere già chi e cosa sono»
Nel 1986 Scott pubblica un articolo sulla rivista accademica American Historical Review intitolato Gender: A Useful Category of Historical Analysis, che avrà un'enorme diffusione, collocandosi al primo posto tra gli articoli più visualizzati e stampati della rivista e rendendola nota in tutto il mondo, anche se la categoria di genere, così come è stata lei intesa e come spesso la stessa autrice osserverà in seguito, verrà spesso mal interpretata e non compresa né applicata nelle sue implicazioni epistemologiche.[34][35][36]
In un momento in cui la storia delle donne si stava interrogando sul proprio statuto e sul proprio futuro, l'articolo di Scott rappresenta il principale contributo a tale dibattito, con la proposta di una prospettiva teorica, fondata sulla contestazione dell'attribuzione biologica dei ruoli sessuali, e sull'applicazione della teoria post-strutturalista sviluppata da Foucault e Derrida, conosciuta e approfondita nell'ambito del Pembroke Center for Teaching and Research on Women della Brown University, da lei cofondato con Elizabeth Weed nel 1981.[37][38] Tale teoria rappresenta per Scott un'imprescindibile strumento di analisi "per esplorare come le gerarchie di genere sono costruite e legittimate", ed è da lei ritenuta in grado di promuovere un profondo cambiamento in ambito storiografico, non solo per quanto riguarda la storia delle donne, ma per l'intera disciplina.[39][40]
Nuove prospettive: l'Institute for Advanced Study di Princeton (1985-2014)
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1985 Scott lascia la Brown University e accetta l'offerta di diventare membro permanente della facoltà dell'Institute for Advanced Study di Princeton, dove nel 2014 concluderà la sua carriera con il pensionamento e il conferimento del titolo di docente emerita.
Assunta a Princeton per il suo lavoro di storica sociale, diventa, per sua stessa ammissione, una storica delle idee, una studiosa per la quale "la teoria – la teoria femminista – era ed è una preoccupazione primaria".[41] Scott definisce come oggetto del suo lavoro "la questione della differenza nella storia: i suoi usi, enunciazioni, implementazioni, giustificazioni e trasformazioni nella costruzione della vita sociale e politica. Differenza non solo come differenza sessuale, ma come uno qualsiasi di quei fattori della vita umana su cui si basano le distinzioni primarie, le gerarchie e i conflitti; fattori il cui radicamento nella natura, cultura, religione, etnia o razza necessita di essere interrogato piuttosto che semplicemente descritto."[41]
Negli anni successivi alla pubblicazione dell'articolo sul genere, Scott si interroga sia sui presupposti disciplinari della storia, sia sulle teorie femministe e lo status della storia delle donne, con il fine di intervenire nella “politica della storia”. I risultati di questa attività di sistematizzazione sono rappresentati dal suo nuovo libro Gender and the Politics of History.[42][43]
Gender and the Politics of History (1988)
[modifica | modifica wikitesto]«Even as I want to insist that questions about gender will illuminate not only the history of relations between the sexes but also all or most history whatever its specific topic, I am aware of the necessarily partial results such an approach will produce. I make no claim to total vision, nor to having found the category that will finally explain all inequality, all oppression, all history. My claim is more modest: that gender offers both a good way of thinking about history, about the ways in which hierarchies of difference—inclusions and exclusions—have been constituted, and of theorizing (feminist) politics.»
«Anche se intendo insistere sul fatto che le questioni relative al genere illumineranno non solo la storia delle relazioni tra i sessi ma anche tutta o quasi la storia, qualunque sia il suo argomento specifico, sono consapevole dei risultati necessariamente parziali che un simile approccio produrrà. Non pretendo di avere una visione totale, né di aver trovato la categoria che spiegherà finalmente ogni disuguaglianza, ogni oppressione, tutta la storia. La mia tesi è più modesta: che il genere offra sia un buon modo di pensare alla storia, ai modi in cui sono state costituite le gerarchie di differenza – inclusioni ed esclusioni – sia di teorizzare la politica (femminista).»
Gender and the Politics of History (1988) raccoglie nove saggi di Scott già pubblicati tra il 1983 e il 1988 e in gran parte riscritti. Si pone come tentativo, da parte dell'autrice, di costruire "una piattaforma insieme teorica e politica per la storia delle donne", nella quale il post-strutturalismo viene indicato come riferimento necessario per una "politica femminista più radicale", perché in grado di offrire "una potente prospettiva analitica": "affronta questioni di epistemologia, relativizza lo status di tutta la conoscenza, collega conoscenza e potere", suggerisce una riflessione critica sui processi attraverso i quali vengono creati i significati e la conoscenza è ed è stata prodotta.[44][45][46]
Nell'introduzione, Scott definisce il genere come il discorso intorno alla differenza fra i sessi, inteso in termine foucaultiani, come l' "interpretazione delle relazioni umane prodotta dalle culture e dalle società"; nello specifico, delle relazioni fra uomini e donne, e dei significati stabiliti per le differenze corporee.[47] Tale sapere è storicamente creato, non è assoluto ma relativo, non definito dalla natura delle cose, né riferito solo alle idee, ma anche alle istituzioni, alle strutture e alle pratiche quotidiane: i suoi usi e significati sono "il mezzo attraverso cui vengono costruite le relazioni di potere, di dominio e subordinazione". Il sapere è "un modo di ordinare il mondo", inseparabile dall'organizzazione sociale; "ne consegue quindi che il genere è l’organizzazione sociale della differenza sessuale."[47]
La storia come disciplina, oltre a testimoniare i cambiamenti che intervengono nell'organizzazione sociale dei sessi, partecipa alla produzione del sapere sulla differenza sessuale, e quindi interviene sulla costruzione del genere nel presente; se il fine degli studi femministi è evidenziare e cambiare le disuguaglianze tra donne e uomini, modificare le distribuzioni di potere esistenti, tale obbiettivo, rileva Scott, rimane difficile da attuare se manca "un’analisi di genere di come le gerarchie vengono costruite, legittimate, messe in discussione e mantenute."[48] La storia delle donne fino a qui praticata, basata sulla documentazione dell'esistenza delle donne nel passato, non ha cambiato il valore che gli storici hanno attribuito alle loro attività e non è riuscita a spiegare i motivi della loro discriminazione e del ruolo di marginalità ad esse riservato. Né sono state in grado di farlo la storia sociale e la tradizione marxista, costruite sulla categoria dell' "uomo universale".[49] Secondo Scott si rende quindi necessario l'uso di nuovi strumenti di analisi, una diversa epistemologia, indicata nel post-strutturalismo, in grado di rendere visibile il genere e di archiviare l'idea di una storia delle donne come appendice della "storia universale".[50]
Verso una storia femminista
[modifica | modifica wikitesto]Il libro è diviso in quattro parti. La prima, Toward a feminist history, si apre con due saggi teorici nei quali l'autrice espone il suo modo di affrontare la storia del genere: Women's History pubblicato nel 1983, che rappresenta una rivisitazione critica delle principali linee di sviluppo nella storia delle donne, seguito dalla riproposizione dell'articolo del 1986 che l'ha resa nota, Gender: a useful category of historical analysis, nel quale sostiene che la gender history deve concentrarsi sulla costruzione sociale e politica del significato della differenza sessuale.[51]
Genere e classe
[modifica | modifica wikitesto]Nella seconda parte, Gender and Class, Scott sviluppa la sua critica alla storia sociale e alla storia del movimento operaio, di tradizione marxista, in due distinti saggi dedicati alle principali opere degli storici britannici Gareth Stedman Jones e E. P. Thompson.[52]
Nel primo articolo, intitolato On Language, Gender, and Working-Class History, l'autrice mette in evidenza la connessione esistente tra lo studio del linguaggio e lo studio del genere, soffermandosi sul processo di costruzione del significato sociale e politico del concetto di "classe operaia".[53][54] Definendo preliminarmente il termine "linguaggio" Scott precisa che esso non si riferisce alle "parole" nel loro contenuto letterale o nel loro uso grammaticale, ma ad un sistema che costruisce significati, in modo relazionale e differenziale; che per genere non intende semplicemente i ruoli sociali delle donne e degli uomini, "ma l’articolazione (metaforica e istituzionale) in contesti specifici della comprensione sociale della differenza sessuale".[55] Se il significato è costruito in termini di differenza, sostiene l'autrice, allora la differenza sessuale - che non è fissa, dipendente dalla biologia, ma culturalmente e storicamente variabile - diventa "un modo importante per specificare o stabilire un significato": ne deriva quindi che nello scandagliare i significati e la loro costruzione è possibile trovare il genere.[55]
Passando all'esame del libro Languages of Class (1983) di Gareth Stedman Jones, Scott rileva come, nella lettura del cartismo, della sua ascesa e caduta, la scarsa attenzione posta dall'autore al modo in cui i significati vengono costruiti attraverso la differenziazione, lo abbia condotto a non considerare come la categoria universale di classe operaia, di lavoratore, il concetto di "identità politica collettiva" e gli stessi "linguaggi di classe" del XIX secolo, siano fondati non solo su antitesi (capitalisti, aristocratici), ma anche su opposizioni ed esclusioni, e su rappresentazioni della differenza sessuale - maschile/femminile, uomo/donna - presentate come dato “naturale”, e in quanto tale, sottratte alla discussione e alla critica".[56]
Le stesse obiezioni vengono rivolte al libro dello storico della New Left E.T. Thompson, Women in The Making of the English Working Class (1963), ritenuto una pietra miliare della storiografia britannica, modello ed espressione della "nuova storia del lavoro" prodotta negli anni sessanta, su cui lei stessa si era formata.[57] Al centro della riflessione di Thompson vi sono il concetto "relazionale" di classe, di identità e di azione politica come forma di espressione della coscienza di classe, imperniati sull'idea di un umanesimo socialista e sulla critica dell'avanguardia leninista: i lavoratori vengono rappresentati come soggetto attivo della storia, in grado di agire autonomamente, facendo proprie le idee rivoluzionarie.[58]
Anche in questo caso Scott "decostruisce" la narrazione di Thompson, le definizioni di classe e identità politica, la storia che il libro racconta, mostrando come la classe operaia, connotata come categoria universale, si fondi invece su un soggetto maschile, rappresenti una costruzione basata sul genere,[59] evidenziata nell'opposizione uomo/lavoro/attività produttiva - donna/domesticità; i codici e le strategie simboliche usati nella narrazione sono sessuati: "Il libro è affollato di scene di uomini intenti a lavorare, incontrarsi, scrivere, parlare, marciare, rompere macchine, andare in prigione, resistendo coraggiosamente alla polizia, ai magistrati e ai primi ministri".[60] Anche se presenti, le donne sono marginali nel libro, contribuiscono a rafforzare "la schiacciante associazione della classe con la politica dei lavoratori maschi."[61] L'accostamento che il libro propone più volte tra donne e domesticità viene applicato anche nel caso delle lavoratrici salariate, che, nei rari casi in cui vengono nominate, vengono rappresentate in conflitto con il loro ruolo familiare: "a causa delle loro funzioni domestiche e riproduttive, le donne sono, per definizione, attori politici solo parziali o imperfetti."[62][4]
L'invisibilità delle donne lavoratrici, specie le artigiane, nel libro di Thompson viene ricondotta da Scott a due motivazioni: alla convinzione dell'autore della loro assenza nei movimenti di protesta, ragione tuttavia non giustificabile all'interno dell'analisi, che il libro si era posto, dei diversi rapporti di produzione, o al presupposto di universalità della nozione di classe, che avrebbe reso la questione "donna" difficile da articolare, perché la sua differenza "implica disunità e sfida la coerenza".[63] Una considerazione già espressa in precedenza, negli anni novanta dell’Ottocento, dal movimento operaio e socialista, per il quale il femminismo era un movimento borghese e individualista, contrario agli interessi della classe nel suo insieme.[64]
Un secolo dopo, le femministe che lavoravano nella tradizione thompsoniana, anziché risalire alle ragioni della marginalità delle donne nella storia della formazione della classe operaia inglese, secondo Scott avrebbero accettato quel concetto di classe, pensando fosse sufficiente raccogliere le prove della partecipazione femminile alle attività economiche per essere incluse in quella storia; oppure ritennero che, per potervi accedere, bastasse costruire una narrazione parallela e aggiuntiva, che comprendesse anche aspetti riferiti a loro specifiche condizioni, come la maternità o i carichi domestici.[65]
Rispondendo alle critiche provenienti da diverse storiche femministe che la accusano di prestare troppa attenzione alle storie "tradizionali" e agli scritti maschili, trascurando le donne come soggetto storico, così Scott conclude il suo saggio: "affinché le storiche femministe del lavoro possano aggiungere le donne a storie come The Making of the English Working Class, dobbiamo prima capire come funzionano questi libri una volta scritti. Questo tipo di operazione analitica rende possibile teorizzare un diverso tipo di storia della politica della classe operaia, che riformula la nostra conoscenza di genere e classe".[66]
Eguaglianza e differenza
[modifica | modifica wikitesto]Gender in history, il titolo della terza parte, comprende tre saggi sui lavoratori e sulle lavoratrici francesi della metà del XIX secolo, posti ad esempio dell'applicazione dell'analisi linguistica e di genere; nei due saggi finali della parte conclusiva, Equality and difference, Scott esamina il "caso Sears", la vertenza sindacale che ha diviso il femminismo statunitense e la comunità delle storiche chiamate a testimoniare come esperte su fronti opposti in un'importante causa contro la discriminazione sessuale operata dall'azienda nei confronti delle lavoratrici,[67] e infine esamina cento anni di storia delle donne impegnate nella professione storica statunitense, dal 1884 al 1984.[68]
Anni Novanta
[modifica | modifica wikitesto]Critica alla storia sociale
[modifica | modifica wikitesto]La critica mossa da Scott alla storia sociale, di cui gli scritti dedicati alle opere di Stedman e Thomson rappresentano un esempio, si basa su una diversa visione dei suoi tre presupposti teorici: esperienza, identità, politica. Anziché ritenere l'esperienza una realtà oggettiva, Scott la definisce un effetto, variabile, di specifiche costruzioni discorsive; afferma che l'identità non si basa sulla coscienza di sé, ma si connota come un'unità fittizia, instabile e incoerente; che la politica non è "una forma di coscienza collettiva sorta dalla percezione che esistono interessi comuni" e che vanno decostruite le architetture binarie che presuppongono gerarchia e subordinazione (come donna/uomo) e le categorie universali usate nelle scienze sociali, come classe, etnia, identità.[69][70]
Se la realtà sociale e materiale non è ritenuta da Scott un'entità oggettiva né - necessariamente - la causa agente della condotta di attori storici, il punto di partenza per comprendere come sono organizzate le istituzioni e come viene costruita l’identità collettiva viene indicato nel linguaggio come sistema di significazione "attraverso il quale le persone rappresentano e comprendono il loro mondo, compreso chi sono e come si relazionano con gli altri”, e nel "discorso" come "struttura storicamente, socialmente e istituzionalmente specifica di affermazioni, termini, categorie e credenze”.
Nel 1991, dopo la pubblicazione nel volume collettaneo New Perspectives in Historical Writing, curato da Peter Burke, del suo lungo saggio di Scott Women's History, Scott dà alle stampe un articolo che analizza nello specifico il concetto di esperienza, The Evidence of Experience.[71][72]
The Evidence of Experience (1991)
[modifica | modifica wikitesto]L'articolo, una diretta risposta all'intervento dello storico John Toews pubblicato su American Historical Review, analizza la categoria dell'esperienza e il significato ad essa attribuito dagli storici sociali, dalla tradizione marxista (in particolare E.P. Thompson) e da una parte del femminismo. Secondo Scott, gli storici sociali, nello stabilire un rapporto diretto tra circostanze economiche e azione politica, non si interrogano a sufficienza sul contenuto dell'esperienza, ritenendola un concetto ovvio e "trasparente", mentre, a suo avviso, il loro compito non dovrebbe essere quello di riprodurre e trasmettere conoscenze "che si dice siano ottenute attraverso l'esperienza", bensì di analizzare la produzione di quella stessa conoscenza.[73][74]
Allo stesso modo, rivolgendosi alla storia delle donne e ai suoi limiti, Scott contesta il progetto dichiarato di voler sostituire la nozione di oggettività della storia tradizionale, ritenuta una copertura ideologica per i pregiudizi maschili, facendo appello all'esperienza delle donne del passato e delle storiche che si riconoscono nelle loro antenate; l'esperienza, a suo avviso, è una categoria opaca, non è di per sé "portatrice di verità", perché opera all'interno di relazioni sociali, è una costruzione ideologica che "naturalizza" categorie come uomo, donna, nero, bianco, eterosessuale e omosessuale.[75][76] Secondo Scott è necessario interrogarsi sui processi di produzione dell'identità e sulla politica della sua costruzione, "i modi in cui l'azione è resa possibile, i modi in cui razza e sessualità si intersecano con il genere, i modi in cui la politica organizza e interpreta l’esperienza nel suo complesso, i modi in cui l’identità è un terreno conteso, il luogo di rivendicazioni molteplici e contrastanti".[77]
La nozione di esperienza va storicizzata, va negato il suo utilizzo "per essenzializzare l’identità", va messa in discussione la fede nella relazione immediata tra parole e cose, formulando nuove domande, tra cui l'autrice pone: "In che modo le categorie di rappresentazione e analisi – come classe, razza, genere, rapporti di produzione, biologia, identità, soggettività, azione, esperienza e persino cultura – hanno raggiunto il loro status fondativo? Quali sono stati gli effetti delle loro articolazioni? Cosa significa per gli storici studiare il passato in termini di queste categorie e per gli individui pensare a se stessi in questi termini? Qual è la relazione tra l’importanza di tali categorie nel nostro tempo e la loro esistenza nel passato?"[73]
Infine, Scott evidenzia come anche "lo storico che produce conoscenza del passato basandosi sull'"esperienza" negli archivi, o l'antropologo che produce conoscenza di altre culture basandosi sull'"esperienza" come osservatore partecipante" dovrebbero esaminare criticamente la loro posizione di creatori attivi di conoscenza, l'oggettività della scrittura storica, il ruolo di chi fa ricerca.[72][76]
Storia del femminismo francese
[modifica | modifica wikitesto]Only paradoxes to offer (1997): il femminismo come paradosso
[modifica | modifica wikitesto]«The history of feminism is the history of women who have had only paradoxes to offer»
«La storia del femminismo è la storia delle donne che hanno avuto solo paradossi da offrire»
In questo libro, il cui titolo è tratto da una frase scritta da Olympe de Gouges - “una donna che ha solo paradossi da offrire e non problemi facili da risolvere” - Scott esamina la storia del femminismo francese dal 1789 al 1944 e le formulazioni di "uguaglianza" e "differenza" presenti nelle rivendicazioni per i diritti politici di quattro femministe: Olympe de Gouges, autrice nel 1791 della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, Jeanne Deroin, femminista socialista utopica, Hubertine Auclert e Madeleine Pelletier, femministe della Terza repubblica.[78]
Scott dichiara di voler prendere le distanze sia da un tipo di narrazione da lei definita "teleologica", modellata sul concetto di progresso e praticata fin dal XIX secolo anche dalle femministe, sia dal genere biografico e autobiografico, concentrato sulle storie di vita personali e sostenitore dell'idea che "l'agire è un'espressione della volontà individuale autonoma, piuttosto che l'effetto di un processo storicamente definito che forma i soggetti".[79]
Quella che propone è una storia di genere, basata sull'utilizzo delle teorie post-strutturaliste, che analizza il femminismo "in termini di processi discorsivi - epistemologie, istituzioni e pratiche".[80] Le strategie concorrenti - uguaglianza contro diversità - attraverso le quali è stato spesso letta la storia del femminismo, vengono da Scott "decostruite" e presentate come manifestazioni e nello stesso tempo sfide alle pratiche discorsive del repubblicanesimo francese che, a partire dalla Rivoluzione, impose l’universalismo della differenza sessuale su quello dei diritti naturali: l'individuo politico venne identificato con la mascolinità, e la femminilità, naturalizzata, con l'alterità, in un'opposizione fissa, gerarchica e immobile.[81][82]
La necessità di lottare contro l'esclusione delle donne dalla politica rifiutando la "differenza sessuale" che ne stabiliva la base ontologica, secondo Scott avrebbe tuttavia portato il femminismo a fare appello a tale differenza per avanzare rivendicazioni a favore delle “donne”; in questo modo, "nella misura in cui ha agito per le “donne”, il femminismo ha prodotto la “differenza sessuale” che cercava di eliminare".[83][84]
Il paradosso è ritenuto da Scott l'elemento costitutivo del femminismo come movimento politico nel corso della sua storia: "la storia del femminismo è la storia delle donne che hanno avuto solo paradossi da offrire".[79] Le femministe presentate nel libro - che incarnano quattro diverse configurazioni storiche del paradosso - non vengono quindi descritte come eroine in lotta per i diritti politici, ma come "luoghi o indicatori storici" di confronti politici e culturali, in cui individualità e contesto si intersecano, evidenziando i molteplici fattori che concorrono a costruire le loro azioni.[80][85]
Il termine "paradosso", che assumerà un posto centrale anche nel lavoro successivo della storica statunitense, anziché significare stallo, viene inteso come una modalità o un meccanismo di cambiamento storico, che non si compie in modo deterministico.[86]
L'azione femminista nella storia, sostiene Scott, è un effetto di ambiguità e incoerenze all'interno di particolari epistemologie, è una reazione all'esclusione e anche il sintomo delle contraddizioni costitutive dell’individualismo liberale: "Denunciando come ipocrita e incoerente un repubblicanesimo che enunciava principi universalisti ed escludeva le donne dall'esercizio dei pieni diritti politici, ma anche incarnando esse stesse la difficoltà di risolvere le incoerenze, le femministe hanno palesemente rivelato le linee di faglia represse del loro sistema ideologico/politico, e così hanno aperto interrogativi sul disegno originale del sistema e sulla necessità di ripensarlo".[87]
Il dilemma posto tra strategie femministe basate sulla "differenza" o sull' "uguaglianza", uno dei temi ricorrenti dei suoi scritti, e ritenuto da Scott irrisolvibile, rappresenta quindi, a suo parere, nel paradosso che incarna, la sua forza sovversiva.[88][85]
2000-2014
[modifica | modifica wikitesto]La dottrina francese dell'universalismo
[modifica | modifica wikitesto]Il tema "uguaglianza" e "differenza", l'analisi di come vengono concepite e articolate le differenze, quali effetti producano e quali pratiche politiche possano consentire la convivenza di individui e gruppi con interessi diversi, costituiscono negli anni successivi il nucleo centrale del pensiero di Scott, trovando particolare articolazione nello studio del repubblicanesimo e dell'identità nazionale francese, di cui l'autrice analizza i limiti e i significati.[89][90]
La dottrina francese dell'universalismo è ritenuta da Scott un'ideologia fondata sull' "uguaglianza come base dell'uguaglianza", ossia sull'individuo astratto, sull'essere umano essenziale, privato di ogni connotazione religiosa, etnica, sociale: cittadini si diventa "non semplicemente giurando fedeltà alla nazione, ma assimilandosi alle norme della sua cultura", abbandonando ogni differenza, per diventare tutti uguali.[91] Le norme culturali rappresentano, a suo parere, il punto critico della teoria repubblicana francese, in quanto essa concepisce, attraverso un'astrazione, che gli individui sono tutti uguali (come universali), ma misura la loro identità come cittadini francesi in modi concreti di essere, ossia chiede loro di mettere in pratica la "francesità": l’assimilazione è il "passaporto per la francesità".[92]
Nel 2005 Scott pubblica un libro sul movimento femminista Parité che negli anni novanta si era battuto per ottenere una maggiore presenza delle donne nelle cariche elettive; due anni dopo esce un suo nuovo libro sulle "politiche del velo" adottate dallo stato francese nei confronti delle donne musulmane; pur nelle loro declinazioni nazionali, queste questioni vengono entrambe analizzate nel contesto della crisi dell'universalismo e della rappresentanza che sta attraversando l'Occidente, non più in grado di accogliere le differenze razziali, etniche, religiose che sfidano l'assetto dei tradizionali sistemi politici nazionali.[93][94]
Scott dichiara che le sue riflessioni si basano sulla personale convinzione che sia necessario "riconoscere e negoziare le differenze, anche quelle che sembrano irriducibili", comprendere ciò che la democrazia richiede nel contesto attuale, tenendo presente, come nel caso del dibattito sul velo e sul "problema musulmano" in Europa, che le diverse storie nazionali sono fondamentali per comprendere i modi specifici con cui le idee di disuguaglianza vengono espresse e implementate a livello politico.[95]
Parité! : sexual equality and the crisis of French universalism (2005)
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1993, mentre stava lavorando al libro Only paradoxes to offer sulla storia del femminismo francese, Scott venne a conoscenza del movimento femminista Parité leggendo sul New York Times l'intervista ad una delle leader del movimento, la giornalista Claude Servan-Schreiber.[96] Il movimento, che rivendicava un' "equa rappresentanza politica", si poneva lo scopo di ottenere che il 50% dei candidati alle cariche elettive fossero donne, lamentando la loro sistematica esclusione dai processi decisionali, a causa delle strutture di partito che agivano come una confraternita chiusa, rendendo particolarmente difficile l'elezione di rappresentanti femminili.[97]
Tale meccanismo e i suoi presupposti venivano ricondotti dalle "paritaristes" alle fondamenta stesse della filosofia politica dell'universalismo francese.[98] A differenza dei movimenti femministi che stava studiando in quel periodo, Scott rilevò che il tratto di novità di Parité risiedeva nell'obbiettivo di cambiare i termini del repubblicanesimo affrontando il problema della differenza sessuale e seguì per circa un decennio il controverso dibattito che il movimento produsse, esaminandone le formulazioni teoriche e gli interventi tattici.[97] Parité pose al centro della sua riflessione e del dibattito pubblico la relazione tra il riconoscimento della differenza e la cittadinanza repubblicana: secondo questo movimento gli individui erano sessuati, "uomini" e "donne", e andava riconfigurato l'individuo astratto su cui si fondava l’universalismo.[99] Il "paradosso" come una delle contraddizioni costitutive del femminismo, analizzato nel precedente libro di Scott, sembrava, a suo avviso, aver trovato uno sbocco nelle rivendicazione delle paritaristes.[98]
Gli interrogativi che la storica statunitense individuò nella richiesta di questo movimento erano tuttavia molteplici: equa rappresentanza significava solo aumentare il numero delle donne elette? Che rapporto si stabiliva tra questo numero e la reale considerazione delle voci e degli interessi delle donne da parte dei legislatori? Gli interessi delle donne erano uniformi e distintivi? Come poteva conciliarsi l’idea che i funzionari eletti potessero parlare a nome di gruppi distinti nella società, con il sistema di rappresentanza su cui si basava il repubblicanesimo francese, contrario, in nome della nazione, a tale possibilità? E infine: su cosa si basava la "differenza" invocata dalle paritaristes?[100]
Per quanto riguarda quest'ultima domanda, Scott sostenne di essere stata colpita dall'argomentazione non "essenzialista" né "separatista", ma "rigorosamente universalista" posta dal movimento nel sostenere la parità: "con una mossa sorprendentemente originale e paradossale, le paritaristes cercarono di spogliare la rappresentanza nazionale sessuando l'individuo", e rendendo la differenza di sesso compatibile con l’astrazione.[101] La concezione originaria, tuttavia, avrebbe subito modifiche nel corso del tempo; l’astrazione venne abbandonata, le donne acquistarono la parità "in quanto donne" e l'individuo astratto fu sostituito dalla coppia eterosessuale che divenne "unità universale di rappresentazione politica".[102]
La legge approvata il 6 giugno 2000 fu la prima al mondo ad adottare un sistema paritario per le elezioni a turno unico, pose l'obbligo ai partiti politici di presentare, pena la mancata registrazione delle liste, un numero uguale di uomini e donne alle elezioni comunali, regionali, senatoriali ed europee.[103] Tra le critiche che ricevette il movimento, dopo l'approvazione della legge, vi fu quella di aver ignorato le differenze tra le donne e di aver operato all'interno dei principi del repubblicanesimo francese, che aveva escluso l'intera popolazione femminile, senza proporre una nuova visione politica fondata sul pluralismo democratico.[104]
Secondo l'autrice, che nel suo libro rinvia a tempi più maturi il bilancio definitivo di questa esperienza, Parité seppe sfruttare un momento di contraddizione nella storia dello stato-nazione francese agendo su un doppio fronte: "evocando la minaccia di una diminuzione della sovranità e offrendo allo stesso tempo di contrastarla rafforzando l’unità nazionale in un modo nuovo"; infine, l'afflusso di un gran numero di donne nel sistema politico, secondo Scott conteneva implicazioni importanti perché poteva indurre nel tempo un effetto "desimbolizzante", "rendendo la differenza sessuale una considerazione irrilevante per la politica, e alterando così il campo di forza politico in modi che non possiamo ancora prevedere."[105]
The Politics of the Veil (2007)
[modifica | modifica wikitesto]Con The Politics of the Veil Scott estende la sua analisi dell’universalismo francese e delle opposizioni binarie nel campo delle differenze etniche e religiose, analizzando i diversi aspetti del dibattito francese sul velo musulmano - chiamato foulard in francese o hijab in arabo - che hanno preceduto e accompagnato l'approvazione della legge del 2004 che pose il divieto di esibire segni religiosi nelle scuole pubbliche.[106][107] Anche se la legge non era diretta contro particolari comunità, di fatto, secondo Scott, essa era rivolta ad uno specifico gruppo sociale e religioso, i musulmani, o meglio, le ragazze musulmane minorenni che indossavano l'hijab, l'indumento che copre i capelli e il collo;[108] non venne applicata nei confronti di altre minoranze religiose, come i ragazzi ebrei che indossavano il kippāh o i sikh che indossavano il turbante.[109]
Al pari delle sue precedenti opere, questo libro si presenta come uno studio del "discorso", inteso come "interpretazione e imposizione di significati sui fenomeni del mondo": secondo Scott i significati attribuiti al velo - diventato "uno schermo sul quale sono state proiettate immagini e fantasie di pericolo per il tessuto della società francese" - sono il risultato della costruzione oppositiva su cui si fonda la rappresentazione "noi/loro": quella della Francia come "mito", repubblica una e indivisibile, e quella dei musulmani, oggettivati come un "altro" omogeneo e irriducibile, percepiti come minaccia per la coesione e l'identità della nazione, ma anche come inferiori, meno evoluti.[110]
Per comprendere il discorso repubblicano francese sul velo e individuare i molti fattori che avrebbero contributo ad alimentare queste rappresentazioni, l'autrice insiste sulla storia e sulla complessità, indagando su quattro temi da lei ritenuti intrecciati: il razzismo, il secolarismo, l'individualismo e la sessualità.[111]
Secondo Scott le espressioni di pregiudizio nei confronti dei musulmani attingono a un profondo serbatoio di razzismo risalente alla colonizzazione francese dell'Algeria; esse ripropongono l'idea di una "missione civilizzatrice" e della presupposta superiorità della "civiltà" francese, in grado di salvare i musulmani - dipinti come un "altro" inferiore - dalla loro ignoranza.[112] Un argomento che sarebbe stato presente anche nel dibattito sul velo, ritenuto simbolo di un'oppressione sessuale da cui le donne musulmane andavano liberate, portandole "allo standard delle loro sorelle francesi".[113]
Se il razzismo funge da sottotesto della polemica sul velo, la laicità, baluardo dello stato repubblicano, ne rappresenta la "giustificazione esplicita".[114] Riferita non solo alla separazione tra Chiesa e Stato, ma al secolarismo e al ruolo dello Stato nel proteggere gli individui dalle pretese della religione, la laicità, secondo l'autrice, sarebbe stata usata come strumento ideologico di polarizzazione di concetti astratti - modernità/tradizione, ragione/superstizione, quindi Francia e Islam - in una campagna volta a collocare le popolazioni musulmane fuori dai confini della Francia, indicando la loro religione e la loro cultura come inaccettabilmente diverse, ma soprattutto pericolose.[115] La concezione dominante della laicità, conclude l'autrice, si è rivelata "inflessibile quanto l’Islam che intendeva combattere".[116]
Dietro alla questione del velo, secondo Scott, si agitano inoltre due diverse rappresentazioni discorsive della sessualità: il velo islamico, che per i musulmani significa modestia e indisponibilità sessuale, è il riconoscimento della minaccia che il sesso rappresenta per la società e la politica, mentre, al contrario, "il sistema francese celebra il sesso e la sessualità come privi di rischi sociali e politici", senza affrontare la questione della disuguaglianza tra uomini e donne e i rapporti di potere su cui si fonda, un atteggiamento paradossale e contraddittorio che Scott definisce "psicologia della negazione".[117]
All'interno di questi diversi sistemi di relazioni di genere, rappresentati nel dibattito dall'opposizione differenza/uguaglianza, oppressione sessuale/emancipazione sessuale, il velo rivela, secondo Scott, l’importanza della differenza sessuale e la contraddizione presente nel repubblicanesimo francese, la sua incapacità di integrare la differenza nell’ideologia dell’individualismo astratto o dell’universalismo: "se siamo tutti uguali, perché la differenza sessuale è stata un tale ostacolo all’uguaglianza reale?"[117]
Facendo notare come l'uguaglianza che si intendeva affermare con la rimozione del velo si riferisse non a quella tra donne e uomini, ma tra donne musulmane e donne francesi, Scott ricorda come fino a prima del dibattito molte femministe francesi avessero considerato l’esibizionismo sessuale e lo sfruttamento visivo nella loro società come umiliante per le donne, mentre ora il rifiuto del velo veniva sostenuto perché ritenuto lesivo dei loro diritti fondamentali, così come della loro stessa sessualità: "copriva" la dimensione sessuale.[118]
L' "affaire du string” scoppiato nel 2003 con la protesta di insegnanti e presidi contro "le string" indossato da molte ragazze, un perizoma visibile al punto vita dei pantaloni e delle magliette scollate, mostrò l'applicazione di considerazioni divergenti: "le string", in cui il corpo femminile era sovraesposto, finì con l'essere tollerato; il velo, che comportava una sottoesposizione, venne considerato molto più pericoloso, tale da richiedere una legge per proteggere la repubblica dalle sue influenze.[119][120]
La "seduzione" come identità nazionale francese
[modifica | modifica wikitesto]Qualche anno dopo la pubblicazione di The Politics of the Veil, Scott nel saggio French Seduction Theory (2011) ritorna sulla questione del velo e sui "caratteri nazionali" francesi scrivendo sulla teoria della seduzione, un argomento proposto in diversi libri e articoli da alcuni intellettuali parigini, tra cui il politologo Philippe Raynaud, Claude Habib e la storica e filosofa Mona Ozouf, e poi impostosi nel dibattito pubblico in seguito all'affaire DSK.[121] Questi autori sostenevano la "singolarità" francese del gioco della seduzione, l'“attrazione naturale” tra donne e uomini come "una particolare forma di uguaglianza" tra i sessi, che poteva vantare una lunga tradizione storica in Francia, fuori dalla quale si ponevano i seguaci del velo islamico, ritenuto simbolo della segregazione sessuale.[122]
Scott nel suo saggio analizza la questione da un punto di vista storico e psicanalitico, affermando che a suo parere tale teoria, da lei definita un'ideologia del repubblicanesimo aristocratico, andava interpretata come una reazione alle "tendenze livellatrici della democrazia". Negando che la disuguaglianza tra uomini e donne e gli ineguali rapporti di potere che ne derivavano, fossero un problema reale cui si doveva rispondere, la teoria della seduzione si basava su una visione fantastica della storia e sull'esaltazione della cultura estetica ed erotica della nobiltà francese.[123]
L'identità nazionale, notava Scott, veniva concepita in termini di differenza sessuale, una differenza complementare e gerarchica, fondata sulla biologia e sulle relazioni eterosessuali, a difesa della quale i suoi sostenitori si schieravano contro il femminismo "americano", opponendovi un femminismo in "stile francese".[124] Le sue caratteristiche, come scrisse la sociologa Irene Théry in un articolo su Le Monde, erano riposte in «un certo modo di vivere e non solo di pensare, che rifiuta l’impasse della correttezza politica, vuole gli uguali diritti dei sessi e i piaceri asimmetrici della seduzione, l’assoluto rispetto per il consenso e la deliziosa sorpresa dei baci rubati.»[125]
Nel giugno 2011, intervenendo nel contesto del caso Dominique Strauss-Kahn (DSK), l'economista francese arrestato a New York con l'accusa di tentata violenza sessuale ai danni di una cameriera, Joan Scott espresse la sua posizione in un articolo sul quotidiano Libération, dal titolo Féminisme à la française, avviando alcune repliche da parte delle autrici e autori sostenitori e non della teoria della seduzione, in parte nominati nel suo saggio.[126][127]
La psicanalisi come metodo della ricerca storica
[modifica | modifica wikitesto]Tra i nuovi orizzonti di ricerca intrapresi da Scott all'inizio degli Duemila vi è quello della psicanalisi. Per un certo periodo, negli anni novanta, si era sottoposta alla psicoterapia, per meglio comprenderne l'aspetto teorico, lasciandosi tuttavia ispirare dal linguaggio, dall'interpretazione dei sogni e dalla fantasia.[128]
Il cambiamento intervenuto nel modo di pensare al genere, interpretato da alcuni critici come un passaggio dal linguistic turn alla psicanalisi, viene spiegato dall'autrice come una forma di ricerca avviata per "sondare il significato con una varietà di strumenti teorici."[129] La teoria psicoanalitica cui si rivolge, associata agli interpreti americani di Lacan, consente a suo parere di dar conto dei diversi e contrastanti modi in cui sono stati rappresentati uomini e donne; è la continuazione di quanto appreso dal post-strutturalismo, il cui principale insegnamento viene da lei indicato nel passaggio "dalla convinzione di poter definire il significato e spiegare le sue origini in termini di influenze sociali ed economiche, alla comprensione dell'inafferrabilità del sapere".[129][130] Secondo Scott la psicoanalisi rende la mascolinità e la femminilità un "dilemma permanente", un enigma, e il genere "il tentativo, mai definitivo, mai riuscito, di rispondere a questa domanda senza risposta".[4]
The Fantasy of Feminist History (2011)
[modifica | modifica wikitesto]Il concetto psicanalitico di fantasia viene sviluppato nell'articolo Fantasy Echo: History and the Construction of Identity (2001), ripubblicato in The Fantasy of Feminist History (2011), una raccolta di cinque saggi scritti tra il 2001 e il 2011 (1. Feminism's History, 2004;[131] 2. Fantasy Echo: History and the Construction of Identity, 2001; 3. Feminist Reverberations, 2002;[132] 4. Sexularism: On Secularism and Gender Identity, 2011; 5. French Seduction Theory, 2011), nei quali l'autrice indaga la storia del femminismo analizzando le sue componenti immaginarie e propone agli storici la psicoanalisi come "pratica di lettura critica".[133][134]
Nel 2012 scrive l'articolo The incommensurability of the Psychoanalysis and History, un'edizione riveduta della terza History and Theory Lecture, presentata nel 2011 alla Columbia University (New York).[135]
The incommensurability of the Psychoanalysis and History (2012)
[modifica | modifica wikitesto]A differenza dei sostenitori della psicostoria e di una generazione di storici statunitensi che negli anni cinquanta e sessanta del Novecento avevano visto nella psicoanalisi uno strumento di cui servirsi per aumentare "la loro "attrezzatura" accademica", o, al contrario, dei detrattori che diffidarono della sua applicazione nella ricerca, ritenendola inattendibile perché non fondata su prove documentali ma su spiegazioni deterministe, patologicizzanti e anacroniste, Scott individua le potenzialità della psicanalisi nella sua inconciliabilità con la storia, nel suo diverso, forse antagonista, approccio epistemologico.[136]
Sebbene entrambe le discipline riconoscano la relazione esistente tra fatto e interpretazione, Scott sottolinea le diverse modalità attraverso cui, in ciascuna, si realizza il processo interpretativo. Lo storico parte dagli eventi del passato e dai fatti accertati, ne ricerca le cause e il significato all'interno di un contesto definito cronologicamente, per pervenire ad una spiegazione sistematica e razionale, attraverso una narrazione lineare, che sancisce la relazione del passato con il presente; lo psicanalista non parte dagli eventi, ma dai loro effetti, esaminati come manifestazioni di tensioni psichiche, dinamiche dell'inconscio "che non conosce né tempo né contraddizione", espressi da parte di chi li ha vissuti sotto forma di rimozioni, transfert e fantasie; per la psicanalisi i tempi oggettivi del passato e del presente sono confusi, spesso indistinguibili.[137][138]
A conferma di quanto sostenuto dallo storico francese e analista lacaniano Michel de Certeau, assunto da Scott come principale riferimento teorico del suo saggio, Scott sostiene che proprio per questa loro diversità, per il diverso concetto di soggetto, tempo e di causalità, e per quello, peculiare, di desiderio e inconscio, proprio della psicanalisi, le due discipline potrebbero avviare un dialogo produttivo; la psicanalisi, mostrando la fragilità delle categorie fisse e universali quando si tratta di cogliere realtà a cui esse fanno appello, potrebbe offrire alla disciplina storica la possibilità di ridefinire i suoi presupposti - la cronologia e la periodizzazione, la narrazione, le cause, i fatti storici, considerati in un certo senso “fabbricazioni” - e porre la questione della differenza sessuale come un dilemma costante da affrontare.[139][138]
2015-
[modifica | modifica wikitesto]Nel 2014 Scott conclude la sua carriera all'Institute for Advanced Study di Princeton con il pensionamento e il conferimento del titolo di docente emerita. Dal 2015 è docente aggiunta (Adjunct faculty) al CUNY Graduate Center.[140] La sua produzione scientifica non si arresta: nei successivi anni, a testimonianza del suo costante interesse per la ricerca storica e per il dibattito pubblico, scrive una serie di libri e di articoli che hanno per tema la laicità e il secolarismo, la libertà accademica e "il giudizio della storia". Tra i principali, Sex and Secularism (2017), Knowledge, power, and academic freedom (2019) e On the judgment of history (2020), .[141][142][143]
On the judgment of history (2020)
[modifica | modifica wikitesto]In On the judgment of history, scritto dopo la marcia dei suprematisti bianchi a Charlottesville del 2017, Scott si interroga sulla persistenza, nel discorso pubblico, dei riferimenti al "giudizio della storia", a cui viene comunemente attribuita la capacità di illuminare e di condannare gli abusi del passato, i misfatti umani, impedendone la riproposizione nel presente.[144] Secondo Scott questi appelli rappresentano il nostro desiderio di una "forza morale autonoma", sovraumana, arbitro finale della verità, e la fiducia in un futuro redentore immaginario; concepiscono la storia in termini di progresso e come "dimostrazione ultima della bontà morale intrinseca della ragione umana, una ragione separata dal potere".[145]
Le domande poste dal concetto di "giudizio della storia" la conducono a riflettere nuovamente sull'uso politico della storia, sulla relazione tra stato, morale e politica, e ad esplorare i diversi modi in cui l'idea dello Stato ha operato "come incarnazione e attuazione del giudizio della storia", prendendo in esame tre casi di studio: i processi di Norimberga dei funzionari nazisti nel 1946, la Commissione per la Verità e la Riconciliazione (TRC) istituita nel 1996 dopo l'abolizione dell'apartheid in Sud Africa, la richiesta di risarcimenti per la schiavitù negli Stati Uniti.[146] Tre casi eclatanti di razzismo che hanno in comune l'idea di razza come indicatore dell’identità nazionale, mentre si distinguono per il rapporto stabilito tra stato e "vittime": nei primi due casi fu "un benevole potere o insieme di poteri" a mettere in scena - nella forma di una procedura giudiziale (Norimberga) o quasi giudiziaria (TRC) - le sentenze della storia, in nome delle sue vittime; i movimenti per le riparazioni negli Stati Uniti, al contrario, hanno chiesto allo stato-nazione di riparare agli atti compiuti contro gli schiavi e i loro discendenti.[147]
Attività editoriale
[modifica | modifica wikitesto]Joan W. Scott fa parte del comitato editoriale di Signs,[148] differences,[149] History and Theory,[150] Redescriptions;[151] dal 1980 al 1983 e dal 2005 al 2008 ha fatto parte della redazione di The Journal of Modern History, pubblicata dall'University of Chicago Press. Nel 2010 ha contribuito a fondare History of the Present: A Journal of Critical History.[152][153][154]
Opere
[modifica | modifica wikitesto]Libri
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Joan W. Scott, The Glassworkers of Carmaux : French craftsmen and political action in a nineteenth-century city, Cambridge, Cambridge University Press, 1974, OCLC 849244053.
- (EN) Louise Tilly e Joan W. Scott, Women, Work and Family, New York, Holt, Rinehart and Winston, 1978, OCLC 3345961.
- (EN) Brian Tierney, Joan W. Scott, Western societies : a documentary history, New York, Knopf, 1984, OCLC 10021668.
- (EN) Natalie Zemon Davis, Joan Wallach Scott, Women's history as women's education : essays. From a Symposium in Honor of Jill and John Conway Smith College, April 17, 1985, Northampton, Sophia Smith Collection and College Archives, Smith College, 1985, OCLC 14689383.
- (EN) Joan W. Scott, Gender and the politics of history, New York, Columbia University Press, 1988, OCLC 17674857.
- (EN) Joan W. Scott, Only paradoxes to offer : French feminists and the rights of man, Cambridge, Harvard University Press, 1996, OCLC 32924140.
- (EN) Joan W. Scott, Parité! : sexual equality and the crisis of French universalism, Chicago, University of Chicago Press, 2005, OCLC 1241669724.
- (EN) Joan W. Scott, The Politics of the Veil, Princeton, Princeton University Press, 2007, OCLC 122715361.
- (FR) Joan W. Scott, Théorie critique de l’histoire. Identités, expériences, politiques, Paris, Fayard, 2009, OCLC 470941112. Raccoglie tre saggi tradotti dall'inglese: Critical Theory of History, The Evidence of Experience (1991), Fantasy Echo: History and the Construction of Identity (2001)
- (EN) Joan W. Scott, The fantasy of feminist history, Durham, Duke University Press, 2012, OCLC 727658531.
- (EN) Joan W. Scott, Sex and Secularism, Princeton University Press, 2017, OCLC 1005089243.
- (EN) Joan W. Scott, Knowledge, power, and academic freedom, New York, Columbia University Press, 2019, OCLC 1035437293.
- (EN) Joan W. Scott, On the judgment of history, New York, Columbia University Press, 2020, OCLC 1147902320.
Saggi pubblicati in volumi collettanei, Curatele
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Joan Scott, The Glassworkers of Carmaux, 1850-1900, in S. Thernstrom and R. Sennett (a cura di), Nineteenth Century Cities: Essays in the New Urban History, New Haven, Yale U.P, 1969, pp. 3-48.
- (EN) Joan W. Scott e Louise A. Tilly, Women’s Work and the Family in Nineteenth Century Europe, in The family in history : lectures given in memory of Stephen Allen Kaplan under the auspices of the Department of history at the University of Pennsylvania, University of Phialdelphia, 1975, pp. 145-178, OCLC 925200453.
- (EN) Joan W. Scott, Mayors versus police chiefs:socialist municipalities confront the French State, in John M. Merriman (a cura di), French cities in the nineteenth century, New York, Holmes & Meier, 1981, pp. 230-245, OCLC 7278120.
- (EN) Joan W. Scott, Political discourse and cultural symbols, in Political symbolism in modern Europe : essays in honor of George L. Mosse, New Brunswick, Transaction Books, 1982, pp. 197-215, OCLC 6942281.
- (EN) Joan W. Scott, Men and women in the Parisian garment trades: discussions of family and work in the 1830s and 1840s, in Pat Thane, Geoffrey Crossick, Roderick Floud (a cura di), The power of the past : Essays for Eric Hobsbawm, Cambridge, Cambridge University Press, 1985, pp. 67-94, OCLC 848386942.
- (EN) Joan W. Scott, Statistical Representations of Work: The Politics of the Chamber of Commerce’s Statistique de l’Industrie à Paris, 1847–48, in Work in France: Representations, Meaning, Organization, and Practice, Cornell University Press, 1986, pp. 335-363.
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- (EN) Joan W. Scott, "L'Ouvrière! Mot Impie, Sordide..." Women Workers in the Discourse of French Political Economy (1840-1860), in Patrick Joyce (a cura di), The Historical Meanings of Work, Cambridge, Cambridge UP, 1987, pp. 119-142.
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- Joan W. Scott, La storia delle donne, in Peter Burke (a cura di), La storiografia contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 1993.
- Joan W. Scott, Genere, storia, politica, a cura di Ida Fazio, Roma, Viella, 2013, ISBN 978-88-6728-002-5. Contiene la traduzione di quattro saggi dell'autrice: Il genere: un'utile categoria di analisi storica (pp. 31-63); Ancora qualche riflessione su genere e politica (pp. 65-91); Domande in attesa di risposta (pp. 93-104); Usi e abusi del "genere" (pp. 105-127)
Premi
[modifica | modifica wikitesto]- 1974 - Premio Herbert Baxter Adams (American Historical Association) per The Glassworkers of Carmaux
- 1989 - Premio Joan Kelly (American Historical Association) per Gender and the Politics of History[155]
- 1999 - Premio Hans Sigrist dell'Università di Berna per la ricerca nel campo dei “Gender Studies”[156]
- 2016 - Premio Talcott Parsons dell'American Academy of Arts and Sciences[157]
- 2018 - Premio internazionale Edgar de Picciotto[158]
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]— 2018[159]
- 2004 - Dottorato honoris causa dall'Università di Bergen
- 2004 - Dottorato honoris causa in Lettere dal John Jay College of Criminal Justice (CUNY)
- 2007 - Dottorato honoris causa in Legge dall'Università di Harvard
- 2009 - Dottorato honoris causa in Lettere dall'Università del Wisconsin
- 2012 - Dottorato honoris causa in Lettere dall'Università di Princeton
- 2012 - Dottorato honoris causa in Lettere dall'Università del Québec a Montréal
- 2016 - Dottorato honoris causa in Lettere dall'Università Concordia (Montréal)
- 2018 - Dottorato honoris causa in Scienze sociali dall'Università di Edimburgo
- 2022 - Dottorato honoris causa dall'Université Paris 8[160]
- 2022 - Dottorato honoris causa in Scienze sociali dall'Università di Liegi
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Di Cori 2013, p. 270.
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- ^ Ricordando questi primi studi, Scott così precisa in un'intervista, ricordando di essere una "red diaper baby", allattata artificialmente con il marxismo: "È stato dalla prospettiva della coscienza e della lotta di classe che mi sono avvicinata al passato." Cfr.: History trouble. Entretien avec Joan W. Scott, su archive.wikiwix.com, 11 gennaio 2014. URL consultato il 14 gennaio 2024.
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Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Joan Wallach Scott
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Scheda di Joan Scott dal sito ufficiale dell'Institure for Advanced Study
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