Beneficio ecclesiastico
Il nome di beneficio ecclesiastico, preso dal diritto feudale, fu attribuito alle proprietà fondiarie ed immobiliari che si concedevano ai chierici in usufrutto per compenso dei loro uffici e, alla morte del fruttuario, ritornavano alla Chiesa.
Tali benefici potevano essere semplici, altri, con il peso della cura delle anime, secolari perché goduti da chierici secolari; altri regolari perché amministrati dai monaci.
Il patronato
Una forma particolare acquistava il beneficio ecclesiastico con il diritto di patronato. Con tale diritto coloro che dotavano un altare o una cappella, disponevano anche del beneficiato, per lo più i preti di famiglia o di coloro che appartenevano al ramo, e potevano trasformare il beneficio a loro piacere e giudizio.
Nei secoli scorsi molte famiglie agiate ambirono a trasmettere ai posteri il nome del proprio casato, dotando altari di chiese e cappelle (patronato). Alla fine non vi era altare che non avesse un patronato e spesso se ne costruivano dei nuovi per sopperire alle continue richieste di dotazioni.
Questa più che fede religiosa era una forma di esibizionismo e rappresentava uno status symbol rispetto alla massa anonima della povera gente. Inoltre, era un modo di sottrarre all'imposizione fiscale dei beni immobili comunque goduti dalla famiglia, in quanto i benefici ecclesiastici erano esenti da tassazione.
Il patronato molto spesso era laico; in questo caso il beneficio competeva oltre che al patrono anche ai suoi eredi. Poteva anche accadere che per un capriccio, un malinteso o altro, che la dote costituita sull'altare poteva essere ritirata.
Ancora oggi chi visita le chiese o le cappelle può notare su ogni altare il casato del patronato oppure lo stemma della famiglia.
Delega
== File:Intestazione[[Media:--79.0.102.159 (msg) 18:21, 12 mar 2008 (CET)--79.0.102.159 (msg) 18:21, 12 mar 2008 (CET)
- REDIRECT Inserisci nome della voce]] ==
]]
Note