Scuola forlivese

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Si parla di scuola forlivese in senso stretto per indicare in primo luogo la pittura della coppia Melozzo da Forlì - Marco Palmezzano, per il forte rapporto di discepolato del secondo nei confronti del primo, grande maestro del Quattrocento; in questo senso, infatti, si spiega la collocazione in un'unica sala dei Musei Vaticani, la IV, delle opere di entrambi.

A questo proposito Antonio Paolucci scrisse: "A Forlì l’arte figurativa assumeva aspetti distinguibili rispetto a quelli pur simili e fraterni presenti nelle città vicine. Il responsabile della differenza, l’artista che ha dato alla Forlì del Rinascimento una sua specifica identità, è stato Marco Palmezzano". Ciò significa, tra l'altro, che Palmezzano ebbe anche una sua pittura, che non si limitava certo a ripetere quella del maestro.

Tra i pittori su cui fu forte l'influenza di Melozzo o del Palmezzano, o di entrambi costoro, va senz'altro compreso Francesco Menzocchi, come dimostra il fatto che si trovò a lavorare proprio in molti luoghi in cui era sensibile la loro presenza: oltre alla stessa Forlì, Urbino, Loreto, Roma. Non va nemmeno dimenticato un misterioso pittore, autore di opere per noi anonime, che Federico Zeri identificò col nome di Maestro dei Baldraccani, dal nome della famiglia, i Baldraccani appunto, il cui stemma compare in una delle opere.

Poiché Melozzo fu anche architetto, ne esiste un discepolo ed erede anche in questo campo: si tratta di Pace di Maso del Bombace.

In secondo luogo e secondo alcuni, va compreso in questa accezione ristretta anche Ansuino da Forlì che sarebbe stato, a sua volta, maestro di Melozzo.

Maestro di Melozzo fu certamente, invece, quel Baldassarre Carrari il Vecchio che fu discepolo di Giotto, il che dimostra e spiega le influenze giottesche su Melozzo stesso e sulla scuola. Giottesco è, peraltro, anche il non meglio noto pittore Augustinus, attivo a Forlì verso la fine del XIV secolo. Del resto, anche Guglielmo degli Organi, o Guglielmo da Forlì, che lavorò molto in città, fu un noto discepolo di Giotto. Adriana Arfelli lo definisce addirittura "mitico fondatore della scuola pittorica forlivese".

A sua volta, poi, Francesco Menzocchi ebbe numerosi discepoli, tra i quali va ricordato almeno Livio Agresti.

In senso più ampio, scuola forlivese indica un gruppo di pittori Italiani, tutti collegati, in primo luogo, dal fatto di essere nati, o attivi, a Forlì nei secoli che vanno dal XIV al XVII, cosa che ha causato relazioni e dipendenze molto strette. Non mancano epigoni ancora nel secolo XVIII, come, ad esempio, Antonio Belloni, né una prosecuzione, naturalmente con caratteri diversi, in età contemporanea.

Inoltre, almeno gli esponenti principali sono accomunati anche da alcuni elementi formali, quali l'uso della prospettiva, dello scorcio, e del colore.

In effetti, l'ambiente geografico e le comuni esperienze culturali dànno a tutti interessanti caratteristiche di fondo: ad esempio, per tutti fu facile conoscere l'arte bizantina (Ravenna e Forlì sono città molto vicine); inoltre, Forlì sorge in una zona allora fortemente influenzata sia dall'arte toscana sia da quella veneta (politicamente, Firenze e Venezia tentarono a lungo, benché invano, di conquistare la città di Forlì); ugualmente forti, poi, erano gli influssi della scuola umbra e gli stimoli provocati dalla vicina corte di Urbino; infine, erano allora frequentissimi i rapporti tra Forlì e Roma, cui la Romagna era (più nominalmente nel Quattrocento, più strettamente nel Cinquecento e nel Seicento) soggetta.

Il mutevole comporsi di questi influssi, pur nel variare delle correnti pittoriche nel periodo storico considerato, costituisce il nucleo ideale attorno a cui la scuola pittorica forlivese ruota.

Di "echi forlivesi" si parla anche per un dipinto di attribuzione incerta, rappresentante un santo vescovo, conservato in Inghilterra a Buscot Park, nella Collezione Faringdon (dipinto catalogato col numero 43).

Artisti

Tra gli artisti riconducibili a questo ambito, si ricordano:

Bibliografia

  • Luigi Lanzi, Storia pittorica della Italia. Dal Risorgimento delle belle arti fin presso al fine del 18° secolo, Piatti, Firenze 1834. Giorgio Viroli, ricordando che il testo era stato scritto nel 1789, di questo autore sottolinea "la ricchezza di cognizioni che egli offre sulla scuola artistica forlivese"[1].
  • Giovanni Battista Cavalcaselle - J.A.Crowe, Storia della Pittura Italiana in Italia dal secolo II al secolo XVI, successori Le Monnier, Firenze, 1875-1909, 11 volumi.
  • E. Casadei, Forlì e dintorni, Società Tipografica Forlivese, Forlì 1928.
  • Mostra di Melozzo e del Quattrocento romagnolo, a cura di C. Gnudi e L. Becherucci, Forlì, 1938 (rist. anastatica, Forlì, 1994).
  • AA.VV., Marco Palmezzano. Il Rinascimento nelle Romagne, catalogo della mostra, Cinisello Balsamo - Forlì, 2005.

Note

  1. ^ G. Viroli, Per un modello di cultura figurativa. Forlì, città e museo, Istituto per i beni artistici culturali naturali della Regione Emilia-Romagna - Comune di Forlì, 1980 (?), p. 26.

Voci correlate