In italiano, la seconda coniugazione verbale è quella dei verbi aventi l'infinito in -ere e -rre (per sincope delle penultima vocale), erede della seconda (verbi piani con desinenza dell'infinito in -ere) e terza coniugazione latina (verbi sdruccioli con desinenza dell'infinito in -ere).
Contiene all'incirca un migliaio di verbi a lemma nei dizionari, nonché la stragrande maggioranza dei verbi irregolari.
I verbi in -(s)cere e -gere mutano il valore fonologico della -c- e della -g- a seconda dalla vocale desinenziale in conformità con le regole ortografiche, quindi con pronuncia /ʧ/ (o /ʃ/) e /ʤ/ davanti a i- e e-, e /k/ (o /sk/) e /g/ (vinc-o, cresc-a, piang-ono) davanti a a- e o-; ma non davanti a u- perché in -(s)cere prendono il diacritico -i- mantenendo intatta la pronuncia (cresc-i-uto).
Tutti i verbi in -ngere ammettono una variante antica e/o popolareggiante in -gn- /ɲɲ/ (permutazione del -ng-) nelle voci con desinenze inizianti in e- e i- (piagn-erai, dipign-iamo).
Per tutti i verbi in -gnere (ormai soltanto il verbo spegnere) o tutti quelli che nella coniugazione possono mutare in -gn- /ɲɲ/ la tradizione grammaticale ammette una doppia grafia con le desinenze inizianti per i- (4ª persona dell'indicativo presente, e 4ª e 5ª del congiuntivo presente): una con -i- (spegn-iamo), e una senza (spegn-amo). Tuttavia la prima scelta rimane la più caldeggiata dalle grammatiche e dai linguisti per questioni di omogeneità con le altre coniugazioni e soprattutto per la possibilità di permutazione del -gn-, pur essendo la -i- un semplice segno diacritico.
I verbi in -iere perdono sempre la -i- davanti alle desinenze inizianti per i- (comp-iamo).
Il passato remoto alla 1ª, 3ª e 6ª persona vede concorrere due desinenze -ei e -etti, le quali possono essere entrambe in uso, magari con una maggiore preferenza per una forma sola, oppure mutuamente escludentisi. In genere si è notato che i verbi con -t nella radice si coniugano preferibilmente con la desinenza in -ei, mentre gli altri con -etti, ma non è una regola assoluta, vedi il passato insistetti; inoltre, a fianco di queste forme deboli (definite deboli perché rizoatone), nei verbi irregolari esistono spesso delle forme forti (rizotoniche) largamente più in uso e diffuse.
I verbi della seconda coniugazione italiana con infinito piano (ad esempio, temére) discendono dalla seconda coniugazione latina (con infinito in -ēre)
Presente: tra le desinenze arcaiche riscontrabili nel fiorentino si possono ricordare, (noi) tememo.
Imperfetto: antica e in uso fino all'Ottocento (io) temeva, da cui sincope poetica (io) temea parimente alle altre: (tu) temei, (egli) temea, (noi) temeamo, (essi) temeano (arcaica (essi) temieno), non tutte egualmente frequenti.
Passato remoto: in poesia: (io) teme' elisione di temei, (egli) temeo per temé, temero per temerono; arcaico (egli) temettono per temettero.
Futuro: arcaiche e rare le forme: (io) temeroe o temeraggio o temerabbo, (egli) temerae.
Congiuntivo
Presente: arcaiche le forme originarie: (tu) teme; antico e in uso sino all'Ottocento (tu) temi, (essi) temino;
Imperfetto: antica la forma poetica (io) temesse; e solo antiche le forme (egli) temessi, (essi) temessono o temessino o temesseno.
Condizionale
Presente: arcaico: (essi) temerebbono anche poetico tenerieno; poetiche le forme (io) temeria, (egli) temeria, (essi) temeriano.
I verbi sdruccioli della seconda coniugazione nascono dalla terza coniugazione latina (consonantica, con vocale epentetica ĕ nell'infinito, ad esempio mittĕre). Per tale ragione, il participio passato italiano di questi verbi è spesso "irregolare", cioè non facilmente prevedibile.
Infinito Presente (cantare) e Passato (aver cantato) ·Participio Presente (cantante) e Passato (cantato) ·Gerundio Presente (cantando) e Passato (avendo cantato)