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Daunia

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Daunia
Veduta satellitare del territorio dauno. Si riconoscono il promontorio del Gargano (in alto a destra), la fertile piana del Tavoliere (al centro) e i boscosi monti Dauni (in basso a sinistra).
StatiItalia (bandiera) Italia
RegioniPuglia (bandiera) Puglia
Basilicata (bandiera) Basilicata (marginalmente)
Nome abitantiDauni

La Daunia è un distretto storico-geografico dell'Italia meridionale[1] che in epoca pre-romana, unitamente alla vicina Peucezia (situata a sud-est della valle dell'Ofanto) e alla più lontana Messapia, costituiva la Iapigia, dalla quale ultima hanno tratto il nome tanto la romana Apulia quanto l'attuale Puglia. Il territorio dauno si estende dal Gargano al Vulture (in senso nord-sud) e dal Subappennino al golfo di Manfredonia (in senso ovest-est), abbracciando quindi l'intero Tavoliere delle Puglie e confinando con il territorio dei Frentani e con il Sannio all'altezza del bacino del Fortore, mentre l'alta valle dell'Ofanto è condivisa con l'Irpinia e la Lucania.

L'antica Daunia corrispondeva a buona parte dell'ex Capitanata e dell'attuale provincia di Foggia, nonché alla parte occidentale della nuova provincia di Barletta-Andria-Trani e all'estrema propaggine settentrionale della moderna provincia di Potenza (quest'ultima situata in Basilicata). Malgrado il loro nome, i monti della Daunia erano invece in gran parte estranei al territorio della Daunia antica; essi erano infatti occupati dai Sanniti e dagli Irpini[2] che vi tenevano una serie di arces ("fortezze") e di oppida ("borghi"), il più rilevante dei quali era Vescellium.[3]

Trapezophoros con due grifoni che sbranano una cerva. Scultura dauna in marmo policromo (IV secolo a.C.). Rinvenuta ad Ascoli Satriano (l'antica Ausculum), è considerata un'opera unica nel suo genere.[4]

I Dauni occupavano il territorio più settentrionale della Iapigia, confinando a nord-ovest con i Frentani, a ovest con Sanniti, a sud-ovest con gli Irpini (anch'essi di stirpe sannitica), a sud con i Lucani, a sud-est con i Peucezi. Il mito vuole che l'eroe troiano Diomede avrebbe fondato Arpi[5].

Le fonti antiche (Erodoto, Tucidide, Polibio, Varrone, Festo, Plinio il Vecchio e Nicandro) parlano della suddivisione della Iapigia in Daunia, Peucezia e Messapia come effetto dell'insediamento degli Iapigi, mescolanza di Cretesi e Illiri, che avrebbero scacciato gli Ausoni (i quali, insieme con gli Italici, abitavano il Meridione). Tuttavia, secondo un'altra ipotesi, in origine i Dauni sarebbero stati anch'essi Italici, e solo successivamente si sarebbero integrati con gli Iapigi[6].

Dall'VIII secolo a.C. la Daunia intrattenne vivaci scambi con l'area campana. A causa della sua posizione eccentrica rispetto alle colonie greche e differenziata dalle altre due regioni degli Iapigi, la Daunia subì gli influssi della civiltà greca e della Magna Grecia solo a partire dalla fine del V e dall'inizio del IV secolo a.C.[7] L'ellenizzazione della Daunia fu accentuata da Alessandro il Molosso durante la sua campagna militare in Italia nel 333-334 a.C.[8] Tuttavia, dopo la sconfitta di Alessandro il Molosso, la Daunia subì una profonda oscizzazione ad opera dei Sanniti che scendevano dall'Appennino, tanto che la regione perse buona parte della precedente cultura iapigia[9]; dopo la penetrazione romana nella regione, a partire dal 327 a.C., si evidenziano ancora una volta influssi culturali dall'area campana[10].

Tali eventi agevolarono la diffusione della lingua osca, l'unica a comparire nelle legende delle antiche monete locali (di epoca antecedente al 300 a.C.[11]) rinvenute a Teanum Apulum, sul fiume Fortore[12]. Tuttavia nella Daunia meridionale il primitivo alfabeto dauno si conserva, come dimostrato dalla casuale scoperta (avvenuta nel 2002 presso Bovino, l'antica Vibinum, nella valle del Cervaro) di un coppo iscritto risalente all'epoca pre-romana[13].

Con l'avvento della colonizzazione romana (la prima colonia, a Lucera, è dedotta nel 314 a.C.), il toponimo "Daunia" e lo stesso etnonimo "Dauni" cadono progressivamente nell'oblio; da allora i territori dauni, unitamente a quelli peuceti e a parte di quelli messapi, si definiscono univocamente "Apulia" e tutti i suoi abitanti si chiamano indistintamente "Apuli".[14]

Una stele daunia.
Tipico vaso di ceramica di manifattura dauna (550-400 avanti Cristo).

Tra i reperti più significativi spiccano, oltre la ceramica subgeometrica, tipica di questa civiltà, senz'altro le famose stele daunie, lastre funebri antropomorfe scolpite dell'VIII- VI secolo a.C., trovate nella piana sud di Siponto, ad Arpi, Herdonia e negli altri maggiori centri dauni dal Gargano al Subappennino, e oggi conservate per lo più nel museo archeologico nazionale di Manfredonia.

Rappresentano i defunti, fortemente stilizzati ed erano infisse verticalmente nel terreno, in corrispondenza delle sepolture di coloro che raffiguravano. Tra i simboli scolpiti sulle stele ricorre significativamente il simbolo del sole nascente (associato erroneamente alla svastica) e il fiore della vita.[15] e molti "circoli concentrici" che altro non sono che "segni d'acqua" (rappresentazione del sasso nello stagno!) sulle stele raffigurati quali simboli bene-auguranti di rinascita.

Tra gli altri reperti di rilievo è doveroso citare anche il Trapezophoros di Ascoli Satriano, una famosa scultura senza precedenti analoghi, in marmo policromo, raffigurante due grifoni che sbranano una cerva, esposta anche presso il Padiglione Italia durante l'Expo 2015[16].

I principali centri abitati della Daunia erano Tiati (presso San Paolo di Civitate), Uria (versante nord-est del Gargano), Casone (presso San Severo), Luceria, Monte Saraceno (presso Mattinata), Siponto (presso attuale Manfredonia), Coppa Nevigata, Cupola, Salapia (parzialmente in agro di Cerignola e Manfredonia), Arpi o Argyrippa o Argos Hippium (presso Foggia), Aecae (presso Troia), Vibinum (Bovino), Herdonia (Ordona), Ausculum (Ascoli Satriano), Canusium (Canosa), Forentum (Lavello) e Venusia (Venosa).

  1. ^ Daunia nell'Enciclopedia Treccani, su www.treccani.it. URL consultato il 20 ottobre 2023.
  2. ^ (EN) E. T. Salmon, The Hirpini: "ex Italia semper aliquid novi", in Phoenix, vol. 43, 3ª ed., 1989, 225–235, DOI:10.2307/1088459, JSTOR 1088459.
  3. ^ Daunia, una montagna di storia: la Puglia che non ti aspetti, su www.ilmessaggero.it, 1º luglio 2019. URL consultato il 20 ottobre 2023.
  4. ^ Isman, I predatori dell’arte perduta, p. 81, SBN IT\ICCU\RAV\1807304.
  5. ^ Pier Giovanni Guzzo, Dauni, in Enciclopedia Italiana, V appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1991. URL consultato il 19 ottobre 2021.
  6. ^ (FR) Briquel Dominique, Le problème des Dauniens, su persee.fr (archiviato il 10 febbraio 2023).
  7. ^ L'ellenizzazione della Daunia si deve principalmente a Taranto che la integrò nella sua koinè culturale. Cfr. Ettore Maria De Juliis, L’origine delle genti iapigie e la civiltà dei Dauni, in Italia omnium terrarum alumna, Milano, 1988, pp. 617-618, SBN IT\ICCU\NAP\0536892.
  8. ^ Si vedano E. M. De Juliis, op. cit., p. 639; e F. Grelle, La parabola della città, in M. Mazzei (a cura di), Arpi. L’ipogeo della Medusa e la necropoli, Foggia, 1995, p. 56, ISBN 88-7228-150-4, SBN IT\ICCU\RCA\0804441.
  9. ^ A. Russi, Teanum Apulum, Roma, 1976, p. 185, ISBN 88-7228-150-4. Che cita a riprova Strab., VI 3, 11; Plin., N.H., III 11; Liv., IX 20, 7-8.
  10. ^ E. Lepore, Il mezzogiorno e l’espansione romana fino alla guerra tarantina, Bari, 1964, p. 34, SBN IT\ICCU\NAP\0098788.
  11. ^ Arnaldo Momigliano, Teano Apulo, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1937. URL consultato il 23 marzo 2022.
  12. ^ Biagio Salvemini e Angelo Massafra (a cura di), Storia della Puglia. Dalle origini al Seicento, vol. 1, Laterza, 2014, p. 23, ISBN 9788858113882. URL consultato il 3 novembre 2024.
  13. ^ Simona Marchesini, Il coppo iscritto di Bovino, Claudio Grenzi, 2004, ISBN 88-8431-122-5.
  14. ^ Strabone, Geografia, VI, 3, 1.
  15. ^ Anna Maria Tunzi Sisto e Camera dei Deputati, Pagine di pietra. I Dauni tra VII e VI secolo a.C., Foggia, Claudio Grenzi, 2011, ISBN 978-88-8431-422-2, OCLC 713178065.
  16. ^ Antonella Caruso, I «Grifoni» impacchettati e in viaggio verso il Padiglione Italia di Expo 2015, in Corriere del Mezzogiorno, 28 aprile 2015. URL consultato il 27 giugno 2015.

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