«Ho 41 anni, e ho da poco iniziato un percorso di fecondazione assistita. Dopo un primo tentativo, andato a vuoto, mi sono sottoposta a un’isteroscopia diagnostica, che purtroppo ha rivelato la presenza della sindrome di Asherman. Lo specialista ha detto che è stato molto difficile entrare nella cavità uterina, e che il problema potrebbe essere dovuto a raschiamenti o infezioni non curate: e io, in effetti, ho fatto un raschiamento nel 2008, e qualche anno dopo ho avuto un’infezione da ureaplasma. Vorrei sapere se ho speranza di curare questa sindrome, di cui so poco e niente, così da poter continuare a lottare per avere un figlio».
La risposta in sintesi
La sindrome di Asherman è caratterizzata dalla presenza massiccia di aderenze nella cavità uterina: tali formazioni uniscono fra loro le pareti interne dell’utero, rendendo difficili la distensione dei tessuti e il concepimento. Non esistono, a oggi, cure univoche e pienamente risolutive. Nel caso della signora che ci scrive, inoltre, la fecondità potrebbe essere limitata anche dalla riduzione della riserva ovarica correlata all’età.
In questa risposta, la professoressa Graziottin illustra:
- le cause della sindrome: infezioni da germi vaginali, endometriti, traumi chirurgici;
- i segni e i sintomi: endometrio assottigliato e atrofico, con aree fortemente destrutturate; irregolarità mestruali, sino all’amenorrea; infertilità;
- le principali cure: terapia ormonale a base di estrogeni e progesterone, per stimolare la ricrescita dell’endometrio; spirale al levonorgestrel (dopo l’eliminazione chirurgica delle sinechie); cellule staminali;
- l’opportunità di rivolgersi a un centro specializzato nella sindrome di Asherman per verificare i tempi necessari a una buona ripresa del trofismo endometriale e, successivamente, pianificare un’eventuale gravidanza.
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