Zuhra ibn al-Ḥawiyya al-Tamīmī
Zuhra ibn al-Ḥawiyya b. ʿAbd Allāh b. Qatāda al-Tamīmī al-Saʿdī (in arabo زهرة بن الحوية التميمي?; ... – 637) è stato un generale arabo e anche un Sahaba. Arabo dei Banū Tamīm, Zuhra fu un generale musulmano tra i più intrepidi. Partecipò alle guerre contro l'Impero sasanide e comandò l'avanguardia dell'esercito califfale che portò all'assedio e alla caduta della capitale sasanide di Ctesifonte.
Zuhra ibn al-Ḥawiyya al-Tamīmī | |
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Morte | 637 |
Etnia | Arabo |
Religione | Musulmana |
Dati militari | |
Paese servito | Califfato dei Rashidun |
Forza armata | Esercito dei Rashidun |
Grado | Generale |
Comandanti | Khalid ibn al-Walid |
Guerre | Conquista islamica della Persia |
Battaglie | Battaglia di al-Qadisiyya Assedio di Ctesifonte (637) |
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Le prime notizie dei cronisti arabi ricordano che Zuhra fu inviato da Maometto dal capo della branca dei Dārim dei Tamīm, noto con l'altisonante appellativo di "Signore di Hajar" (Ṣāḥib Hajar) o "re di Hajar" (Malik Hajar), al-Mundhir b. Sāwā, che aveva deciso di abbracciare l'islam e di evitare rappresaglie sulla sua gente.
Zuhra abbracciò la fede predicata da Maometto e, all'epoca del secondo califfo ʿUmar b. al-Khaṭṭāb, partecipò alla battaglia di al-Qādisiyya, dove comandava le unità del centro-destra dello schieramento arabo, illustrandosi con l'uccisione di Galenos, comandante della cavalleria.
Trasferitosi a Kufa, fu il punto di riferimento dei 4.000 schiavi persiani daylamiti, chiamati "Ḥamrāʾ" (Rossi), che s'erano convertiti grazie alle favorevoli condizioni proposte loro da Saʿd b. Abī Waqqāṣ,[1] e che s'allearono con le tribù arabe dei Banū Iyād, dei B. ʿAkk e dei B. ʿAbd al-Qays, dei quali ultimi faceva parte anche Zuhra.
Guidò infine nell'attuale Iraq una parte delle forze militari califfali contro i Sasanidi, partecipando attivamente all'assedio di Ctesifonte, sotto le cui mura, nel mese di marzo del 637 morì, colpito da una freccia nemica.
Note
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modificaCollegamenti esterni
modifica(AR) زهرة بن الحوية - موقع صحابة رسولنا Archiviato il 4 marzo 2016 in Internet Archive.