Volume 8

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Volume 8
album in studio
ArtistaFabrizio De André
Pubblicazione1975
Durata32:51
Dischi1
Tracce8
GenereFolk rock
Musica d'autore
EtichettaProduttori Associati (PA/LP 54)
ProduttoreRoberto Dané
ArrangiamentiTony Mimms
RegistrazioneStudi Ricordi di Milano
FormatiLP, MC, Stereo8
NoteChitarre acustiche di Carmelo e Michelangelo La Bionda
Fabrizio De André - cronologia
Album precedente
(1974)

Volume 8 è l'ottavo album in studio del cantautore italiano Fabrizio De André, pubblicato nel 1975.

La pubblicazione dell'album è stata anticipata dal 45 giri La cattiva strada/Amico fragile, datato novembre 1974.

Con questo album si rinsalda e si definisce meglio la coppia di autori De André-De Gregori: quest'ultimo collabora alla stesura dei testi e delle musiche di quattro canzoni (Le storie di ieri è interamente sua, così come l'intera musica di Canzone per l'estate); l'album venne composto interamente in Sardegna. Le chitarre acustiche sono suonate da Carmelo e Michelangelo La Bionda. La scelta del loro sound molto west coast costituisce una significativa novità negli album di De André.

«..mi aveva proposto di lavorare insieme dopo avermi conosciuto in un locale di Roma, il Folkstudio.
Passammo quasi un mese da soli nella sua bellissima casa in Gallura, davanti ad una spiaggia meravigliosa dove peraltro credo che non mettemmo mai piede: in quel periodo avevamo tutti e due delle storie sentimentali assai burrascose ed era più o meno inverno. Fabrizio beveva e fumava tantissimo e io gli stavo dietro con un certo successo. Giocavamo a scacchi, a poker in due: ogni tanto prendevo il suo motorino e me ne andavo in giro per chilometri. Al mio ritorno spesso lo trovavo appena alzato che girava per casa con la sigaretta e il bicchiere e la chitarra in mano e che aveva buttato giù degli appunti, degli accordi. Era uno strano modo di lavorare il nostro: non ci siamo mai messi seduti a dire «Adesso scriviamo questa canzone». Semplicemente integravamo e correggevamo l'uno gli appunti dell'altro, certe volte senza nemmeno parlarne, senza nemmeno incontrarci magari, perché lui dormiva di giorno e lavorava di notte e io viceversa.
Le musiche ci venivano abbastanza facilmente - Fabrizio era un eccezionale musicista - e le registravamo su un piccolo registratore a pile.
Così vennero fuori La cattiva strada, Canzone per l'estate, Oceano...»

«Me lo presentò mio fratello e il primo incontro fu molto bello perché De Andrè aveva già sentito le mie canzoni, e gli erano piaciute molto, per cui mi considerava uno molto bravo e mi sentii incoraggiato; questo successe all'epoca di "Theorius Campus", però non facemmo discorsi di collaborazione, io gli spiegai un po' la mia situazione, che non avevo avuto successo con quel disco, che mi sentivo fuori posto alla IT, e allora lui disse: "ti prendo io con me, vieni a Milano, ti produco io". Andò da Micocci per chiedere quanto voleva per lasciarmi libero, ma non si misero d’accordo, credo che Micocci abbia chiesto una cifra assurda. Poi ci siamo sempre visti abbastanza raramente, però in maniera bella. […] È molto strano perché io non riesco a scrivere canzoni insieme a un altro, però con lui ci sono riuscito; succedeva che io scrivevo mezza canzone, poi andavo a mangiare e lui rimaneva lì perché non aveva fame e poi lo trovavo che l'aveva finita, allora andava a mangiare lui, io ci mettevo la musica, poi tornava e la correggeva; poi succedeva che buttavamo via tutto e ne ricominciavamo un'altra.»

Amico fragile e Giugno '73 sono gli unici due brani che vedono De André come autore unico di musica e testo.
La Produttori Associati fa uscire il disco il 9 gennaio 1975, sulla scia dello straordinario successo di Rimmel, di De Gregori.

Nell'ambito della ristampa in edizione limitata delle versioni in vinile è stato pubblicato nel 2010 un disco 33 giri con vinile di colore bianco da Sony RCA (numero di catalogo 88697673961)

La critica non nascose il proprio disappunto e mosse forti critiche al disco, come aveva fatto con Storia di un impiegato. Dei critici parlarono di crisi, facendo intendere, tra le righe, che De André aveva dovuto ricorrere a De Gregori perché ormai a corto di idee. Successivamente, il disco venne rivalutato.[1]

Lato A
  1. La cattiva strada – 4:33 (Fabrizio De André e Francesco De Gregori)
  2. Oceano – 3:11 (Fabrizio De André e Francesco De Gregori)
  3. Nancy – 3:57 (testo: Leonard Cohen, riadattamento: Fabrizio De André – musica: Leonard Cohen)
  4. Le storie di ieri – 3:15 (Francesco De Gregori)
Lato B
  1. Giugno '73 – 3:31 (Fabrizio De André)
  2. Dolce Luna – 3:25 (Fabrizio De André e Francesco De Gregori)
  3. Canzone per l'estate – 5:21 (testo: Fabrizio De André e Francesco De Gregori – musica: Francesco De Gregori)
  4. Amico fragile – 5:29 (Fabrizio De André)

La cattiva strada

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La prima traccia del disco è giocata sul contrasto tra la parte musicale, una leggera ballata acustica costruita solamente su tre accordi, ed il testo estremamente allusivo e di difficile interpretazione («Alla parata militare sputò negli occhi ad un innocente, e quando lui chiese: «Perché?», lui gli rispose: «Questo è niente, e adesso è ora che io vada». E l'innocente lo seguì, senza le armi lo seguì, sulla sua cattiva strada.»). L'uomo, senza alcuna imposizione morale, impara il giusto sempre dopo aver sbagliato e mette la gente di fronte all'errore per smuoverne la coscienza. Probabilmente il testo è parzialmente ispirato al capitolo de I fratelli Karamazov di Dostoevskij intitolato Il grande inquisitore, in cui si racconta il ritorno di Cristo, che finisce per essere processato come eretico dall'Inquisizione.[2]

«– Io volevo finirlo così: l'inquisitore, dopo aver taciuto, aspetta per qualche tempo che il suo Prigioniero gli risponda. Il Suo silenzio gli pesa. Ha visto che il Prigioniero l'ha sempre ascoltato, fissandolo negli occhi col suo sguardo calmo e penetrante e non volendo evidentemente obiettar nulla. Il vecchio vorrebbe che dicesse qualcosa, sia pure di amaro, di terribile. Ma Egli tutt'a un tratto si avvicina al vecchio in silenzio e lo bacia piano sulle esangui labbra novantenni. Ed ecco tutta la Sua risposta. Il vecchio sussulta. Gli angoli delle labbra hanno avuto un fremito; egli va verso la porta, la spalanca e Gli dice: “Vattene e non venir più... non venire mai più... mai più!”. E Lo lascia andare per “le vie oscure della città”. Il Prigioniero si allontana. – E il vecchio? – Il bacio gli arde nel cuore, ma il vecchio persiste nella sua idea.»

«Ad un processo per amore / baciò le bocche dei giurati / e ai loro sguardi imbarazzati / rispose "Adesso è più normale /adesso è meglio, adesso è giusto, giusto, è giusto /che io vada".»

«..Una volta avevo ascoltato in una discoteca una canzone che mi era rimasta in testa, mi era piaciuta tantissimo, ed era Alice di Francesco De Gregori. Nello stesso tempo mi era rimasta in testa una domanda: ma perché Alice guarda i gatti e non può guardare quel lampione là o non può guardare qualsiasi altra cosa, un sasso piuttosto che un cespuglio, un albero? E volevo chiederglielo, però non sapevo come, non lo conoscevo e avevo questa domanda da fargli...
L'estate successiva scopro che sta iniziando a lavorare con mio padre ad un album che era Volume ottavo. Figurati, impazzisco, vado in Sardegna e me lo trovo lì, a casa. In pigiama. Che lavora con mio padre, seduto sul mio divano, con la chitarra, giovane, con la barba rossa, un po' fricchettone [...]. E allora io prendo coraggio e vado da lui. Questo è il figlio di Fabrizio, Cristiano; piacere Francesco. Comincio alla larga, poi piano piano mi convinco e un giorno: «Francesco, perché Alice guarda i gatti?»
Lui mi guarda con un occhio aperto e l'altro chiuso... Non mi risponde. E non mi ha mai risposto. Anzi mi ha risposto, però in un modo abbastanza inconsueto: cioè scrivendo una canzone, con mio padre. Si chiama Oceano, e devo dire che io sono orgoglioso di questa canzone perché è stata dedicata a me. È la risposta di perché Alice guarda i gatti. Al che non mi sono più sognato di fargli domande di questo genere.»

Nancy (Seems So Long Ago, Nancy)

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Nancy è la traduzione del brano di Leonard Cohen Seems So Long Ago, Nancy, dall'album Songs from a Room del 1969. L'artista canadese, di cui De André aveva già interpretato altri pezzi (Suzanne, Joan of Arc), scrisse il testo ispirandosi alla storia vera di una giovane suicida di Montréal.[3][4] La canzone era già stata tradotta l'anno precedente da Claudio Daiano, che l'aveva pubblicata nel suo album Io come chiunque (sulla pista di Cohen), dedicato a traduzioni di Cohen.

Le storie di ieri

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Lo stesso argomento in dettaglio: Le storie di ieri.

Le storie di ieri è totalmente scritta e composta da De Gregori, che la inserisce anche nel suo disco Rimmel, sempre del 1975, con lievissime modifiche nel testo. Il brano tratta, con toni lievi ed immagini evocative, un argomento spinoso come la scelta dell'ideologia fascista e la sua trasformazione nel MSI dopo la caduta ufficiale. La canzone, a registrazione già effettuata, venne scartata dalla RCA Italiana, la casa discografica a cui era allora affiliato De Gregori; la registrazione è tuttavia reperibile su bootleg. Questa versione presenta il testo originale del brano in cui è presente un riferimento a Giorgio Almirante («Almirante ha la faccia serena»).

Nel 1974 De Gregori e Fabrizio De André si ritirarono per quasi un mese in Gallura; dalla proficua collaborazione nacque la traduzione italiana di Desolation Row di Bob Dylan (Via della Povertà), pubblicata lo stesso anno nell'album misto Canzoni, e l'album Volume 8, nel quale Fabrizio inserì la sua interpretazione di Le storie di ieri, la prima ad essere pubblicata.

In questa incisione il nome "Almirante" venne sostituito con la locuzione "il gran capo"; vi sono inoltre altre differenze nel testo (su tutte «i poeti che strane creature» nella versione originale di De Gregori è «i poeti che brutte creature»).

«Io mi dico è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati.»

Canzone molto malinconica ed autobiografica, che tratta della fine di un amore.

«Questa canzone l'ho scritta per una ragazza di nome Roberta, con la quale ho vissuto due anni, fra la mia prima moglie e la Dori. Tutti credono che sia stata scritta per Dori, invece no.»

Lo stile della canzone sembra quasi epistolare, sul modello della celebre canzone Famous Blue Raincoat di Leonard Cohen, che De André tradurrà per Ornella Vanoni col titolo La famosa volpe azzurra.

La narrazione oscilla tra il dolce e l'ironico sull'incapacità del cantautore di stare vicino ad una donna della buona società, dai costumi un po' mondani e - a tratti - frivoli. Alla fine, dopo i versi ironici sulla madre di lei che storce il naso alla professione del cantautore e a cui De André aveva regalato una gazza parlante con la speranza che le insegnasse almeno a salutarlo, Fabrizio si congeda con dolcezza dal suo amore per seguire gli amici, che lei giudicava ineleganti, perché «il loro viaggio porta un po' più lontano».

A parlare è un uomo che si rivolge alla compagna e le racconta la storia di un marinaio, che, costretto a terra, rimpiange il tempo passato in mare fra storie di corsari, dove nella solitudine più totale del suo mestiere ingrato ha rischiato persino di perdere la vita e altro non desidera ormai che riunirsi col suo amore, una balena di nome Dolce Luna che lo «aspetta in alto mare». Quindi l'uomo che ne racconta la storia lo utilizza come metro di confronto per dire alla compagna che non dovrebbe vivere una vita borghese, fatta di capricci, come quello di avere per forza un figlio da lui, purché abbia «due occhi qualunque e il terzo occhio inconfondibile e speciale».

Nel testo si fa riferimento a un'«esca dalle lunghe gambe»: è una citazione del titolo di una poesia di Dylan Thomas, Ballad of the Long-legged Bait, contenuta nella raccolta del 1946 Deaths and Entrances.[5] L'ultima strofa è recitata in un simil-tedesco che si presume sia senza senso compiuto.

Canzone per l'estate

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Al contrario di La cattiva strada, Oceano e Dolce luna, firmate insieme sia per il testo che per la musica, Canzone per l'estate è invece firmata da De André solo nel testo, insieme a De Gregori, mentre la musica è interamente del cantautore romano (che la reinciderà con alcune piccole modifiche nel testo nel suo album Amore nel pomeriggio del 2001). «La canzone – spiegava De André – lo dico subito, è autocritica, è l'autocritica di una persona che per motivi forse biologici si sta imborghesendo». [6]

Il protagonista del pezzo è un benestante che pur avendo già tutto quello a cui si può aspirare (molti soldi, una bella famiglia felice) si accorge che pur con la sua «tranquillità, lucidità, soddisfazione permanente» non è felice, che «non riesce più a volare», che ha smesso di sognare. Il dramma del protagonista è quello di essersi chiuso in una realtà che non sente a pieno, che ha castrato i suoi sogni e i suoi desideri, ha rinunciato a sé stesso e non riesce più a volare. La capacità di volare si ha invece quando si è "aperti" e "disponibili", quando si hanno ancora dei sogni, quando non si abdica alle proprie idee, quando si ha il coraggio di vivere a pieno ciò che si è.

Sono evidenti le inflessioni stilistiche di De Gregori, sia nelle immagini poetiche che nella metrica volutamente imperfetta.

Amico fragile

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Una delle canzoni più celebri ed amate di De André, tratta della frivolezza e dell'inconsistenza culturale dell'alta società, dove non c'è spazio per un ragionamento, una discussione, ma solo per il divertimento fine a se stesso. È però anche una delle canzoni in cui De André espone di più se stesso a feroci autocritiche, consegnandoci un suo autoritratto inquieto e sofferto.

«Pensavo: è bello che dove finiscano le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra. E poi seduto in mezzo ai vostri "arrivederci" mi sentivo meno stanco di voi, ero molto meno stanco di voi. Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta fino a vederle spalancarsi la bocca, potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli di parlare ancora male ad alta voce di me, potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo con una scatola di legno che dicesse "perderemo".»

Raramente De André è protagonista delle sue canzoni; addirittura in Hotel Supramonte, nonostante il tema centrale sia fortemente autobiografico (il suo rapimento in Sardegna), i versi sono molto discreti e lirici, quasi come se cercasse di eliminarsi dalla narrazione. In Amico fragile invece l'artista parla in prima persona, è al centro della canzone e dà il suo punto di vista sulla società che frequenta e su sé stesso. Emerge, anzi, s'impone una visione senza filtri che oscilla dalla più cupa rassegnazione alla feroce ironia, dalla malinconia di chi si sente «la minoranza di uno» al riscatto della sua condizione di artista, ma soprattutto di uomo libero. Conosciuta è anche la vicenda che ruota intorno alla composizione della canzone:

«Stavo ancora con la Puny, la mia prima moglie, e una sera che eravamo a Portobello di Gallura, dove avevamo una casa, fummo invitati in uno di questi ghetti per ricchi della costa nord. Come al solito, mi chiesero di prendere la chitarra e di cantare, ma io risposi -«Perché, invece, non parliamo?». Era il periodo che Paolo VI aveva tirato fuori la faccenda degli esorcismi, aveva detto che il diavolo esiste sul serio. Insomma a me questa cosa era rimasta nel gozzo e così ho detto: «Perché non parliamo di quello che sta succedendo in Italia?». Macché, avevano deciso che dovessi suonare.
Allora mi sono rotto le palle, ho preso una sbronza terrificante, ho insultato tutti e sono tornato a casa. Qui mi sono chiuso nella rimessa e in una notte, da ubriaco, ho scritto Amico fragile. La Puny mi ha stanato alle otto del mattino, non mi trovava né a letto né da nessuna parte, ero ancora nel magazzino che finivo di scrivere.»

«Il narratore di Amico fragile, "evaporato in una nuvola rossa", osserva con il distacco e l'immaginazione di chi è "più curioso", "meno stanco" e "più ubriaco" i "luoghi meno comuni e più feroci", la diplomazia dei rapporti, le convenzioni del mondo in cui è immerso. Amico fragile da un lato sembra rifiutare qualsiasi ipotesi conciliativa, di comprensione, di accettazione delle contraddizioni e dei limiti umani e sembra voler evadere in uno spazio onirico, ricercando l'obnubilamento del sé; d'altro canto, ribadisce ancora una volta la funzione "infinitante" del canto ed esprime comunque la volontà di mettersi in gioco e in discussione così come continua ad affermare il valore della libertà e della ricerca. Amico fragile forse è l'elogio della sconfitta di chi ha scelto nello stesso tempo il ruolo dell'inquisitore e dell'eretico, del sacerdote e della vittima sacrificale, del moralista e del libertario.»

«Amico fragile è una canzone completamente autobiografica alla quale Fabrizio è sempre stato molto attaccato, riproponendola in tutti i suoi concerti, con un arrangiamento a volte leggermente modificato ed il finale che diventa spesso: "per raggiungere un posto che si chiamasse / Anarchia" invece dell'originale "Arrivederci". Nacque in un momento di rabbia e di alcol, dopo una serata in compagnia di persone con le quali avrebbe voluto discutere di ciò che stava succedendo in Italia in quel periodo; in particolare le dichiarazioni di Paolo VI sull'esistenza del diavolo e sugli esorcismi. La gente insisteva perché lui suonasse anche quella sera; così, evaporato in una nuvola rossa, se ne andò a rintanarsi dove non poteva essere disturbato e compose questa canzone in una sola notte. È la riflessione sulla fragilità dei rapporti umani, ma, nello stesso tempo, sulla necessità di averne e quindi sul senso di vuoto che nasce quando questi vengono meno o restano superficiali. Il risultato è una dichiarazione di amore-odio di un borghese pentito alla propria gente.»

Musicalmente il pezzo è giocato su quattro accordi: due sul verso mentre altri due introducono il ritornello. Una chitarra folk accompagna la voce del cantautore con un rapidissimo arpeggio, creando un'atmosfera onirica e quasi sospesa (molto simile alla tecnica che verrà usata ne La domenica delle salme, del 1990); il ritornello è impreziosito da un riff divenuto molto celebre.

Lo stile inconfondibile con il quale è suonata la chitarra folk è mutuato da Leonard Cohen, il quale considerava tale modo di suonare come il suo punto di forza come chitarrista[7] e che contraddistingue molte delle sue canzoni, tra le quali The Stranger Song e Avalanche.

Il 2 marzo 2000 si è tenuto un concerto in ricordo di De André dal nome Faber, amico fragile, dove il cantautore emiliano Vasco Rossi, tra gli altri, si è esibito proprio con questo brano, che nove anni dopo ha inserito nel suo album intitolato Tracks 2 - Inediti & rarità.

Alle registrazioni del disco partecipa il complesso che in quel periodo accompagna anche Mia Martini, i New Sound Quartet (Gigi Cappellotto, Oscar Rocchi, Andy Surdi, Ernesto Massimo Verardi), ai quali si aggiungono i fratelli La Bionda e il chitarrista di formazione beat e rock progressivo Claudio Bazzari.

  1. ^ Viva 2009, p. 161.
  2. ^ Massimiliano Ciarrocca, Pronto France'?, Fazi Editore, 208 pagine, estratto
  3. ^ Leonard Cohen in his own live words - Seems so long ago, Nancy
  4. ^ La storia della vera Nancy, compresa una sua foto, è raccontata in un articolo scritto dal suo nipote Tim Challies [1]
  5. ^ Testo della poesia Ballad of the Long-legged Bait di Dylan Thomas
  6. ^ Michelone 2011, p. 40.
  7. ^ Paul Zollo, Interview with Leonard Cohen, Los Angeles, 1992, in Songwriters on Songwriting (expanded edition), Da Capo Press, 1997, ISBN 0-306-80777-7.

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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  • (EN) Volume 8, su Discogs, Zink Media. Modifica su Wikidata
  • (EN) Volume 8, su MusicBrainz, MetaBrainz Foundation. Modifica su Wikidata
  • Canzoni contro la guerra - Interpretazioni de La cattiva strada, su antiwarsongs.org.
  • La scheda dell'edizione BIANCA [collegamento interrotto], su faberdeandre.com.