Petition of Right

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
La Petition of Right

La Petition of Right, talvolta tradotta come Petizione dei diritti[1][2], è un importante documento costituzionale che regola le libertà specifiche del soggetto che non possono essere violate dal re. Approvata il 7 giugno 1628, la Petition of Right vieta l'imposizione di tasse senza l'approvazione del Parlamento, l'obbligo di dare alloggio ai soldati, l'arresto senza una motivazione e l'uso di legge marziale. A seguito dei conflitti sorti fra il Parlamento e re Carlo I a riguardo dell'attuazione della guerra dei trent'anni, il Parlamento si oppose a finanziare le spese di guerra spingendo Carlo a raccogliere prestiti forzati senza l'approvazione parlamentare e a imprigionare arbitrariamente coloro che si rifiutavano di pagare. Inoltre, essendo sul piede di guerra venne applicato l'alloggio forzato dei soldati all'interno delle case di privati cittadini, nonché la dichiarazione di legge marziale nella maggior parte del Paese.

Come risposta, la Camera dei comuni stilò quattro Resolutions ("risoluzioni"), condannando questi provvedimenti e ribadendo la validità della Magna Carta e il requisito legale dell'habeas corpus. Questi propositi vennero respinti da re Carlo che annunciò inoltre che il Parlamento sarebbe stato sciolto; a questo punto la Camera dei comuni si riunì il 6 maggio col fine di prendere in considerazione delle alternative e si concluse che un'istanza per i diritti fosse la soluzione. Di conseguenza, una commissione sotto il comando di Edward Coke abbozzò tale documento, il quale venne approvato dalla Camera dei comuni l'8 maggio e poi inviato alla Camera dei lord. Dopo tre settimane di discussioni e riunioni fra le due camere, la Petition of Right venne ratificata da entrambe le camere il 26 e il 27 maggio. Seguirono ulteriori discussioni nelle quali il re limitò la libertà di parola per la Camera dei comuni, ma fu poi costretto a cedere alle pressioni; necessitando dell'appoggio parlamentare per gli sforzi bellici, il 2 giugno accettò la Petition. Tuttavia, ancora insoddisfatte, le camere si riunirono pretendendo la completa ratifica del documento, che avvenne il 7 giugno.

Nonostante le discussioni a proposito del suo stato a livello legale, la Petition of Right ebbe una vasta influenza. A livello nazionale è vista come «una dei più noti documenti costituzionali dell'Inghilterra», e viene considerata di pari valore con la Magna Carta e il Bill of Rights del 1689. In un periodo in cui la Camera dei lord rappresentava la principale difesa di Carlo dalla Camera dei comuni, l'intenzione delle due camere di lavorare insieme segnò una nuova fase nella crisi costituzionale che avrebbe poi portato alla guerra civile inglese. Il documento è ancora in vigore nel Regno Unito e, grazie alla legislazione imperiale, in diversi membri del Commonwealth delle nazioni, fra cui l'Australia e la Nuova Zelanda. Il documento è stato visto come un predecessore del terzo, quinto, sesto e settimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America.

Ranulph Crewe, il Lord Chief Justice, che venne licenziato per essersi rifiutato di dichiarare legali i prestiti forzati.

Il 27 marzo 1625, re Giacomo I morì e subentrò in carica suo figlio, che divenne Carlo I. Insieme al trono, Carlo ereditò la guerra dei trent'anni, nella quale Cristiano IV di Danimarca e Federico V del Palatinato, che era sposato a Elisabetta, sorella di Carlo, tentarono di riprendersi le loro terre ereditarie e i titoli dalla monarchia asburgica. Giacomo aveva provocato diversi problemi finanziari tentando di sostenere Cristiano e Federico, e ci si aspettava che Carlo sarebbe stato più incline a continuare la guerra in modo responsabile. Dopo che ebbe convocato un nuovo Parlamento nell'aprile del 1625, fu chiaro che non lo era; pretese oltre 700.000 sterline per proseguire l'aiuto nella guerra. La Camera dei comuni rifiutò e approvò finanziamenti pari solamente a 112.000. Inoltre, invece che rinnovare le quote doganali da Tonnage and Poundage per l'intera vita del monarca, come era tradizione, la Camera dei comuni le fissò per solo un anno. A causa di questo, la Camera dei lord respinse i finanziamenti, lasciando Carlo senza un soldo per le spese di guerra.

Contrariato da ciò, Carlo rimandò la discussione all'11 luglio, ma trovandosi in bisogno di soldi convocò i membri del Parlamento il 1º agosto, quando si riunirono a Oxford. Non solo la Camera dei comuni continuò a rifiutarsi di concedere i finanziamenti, ma, guidata da Robert Phelips ed Edward Coke, iniziò a indagare sul conto di George Villiers. Questi, favorito di Carlo, era incaricato di proseguire la guerra, ma, poiché i risultati erano negativi, la Camera analizzò l'utilizzo fatto da Villiers delle concessioni precedenti e alcune controversie nate con l'ammiragliato. Questo venne utilizzato come pretesto per dichiare l'impeachment e Carlo reagì sciogliendo il Parlamento il 12 agosto. Nel 1627, con l'Inghilterra ancora in guerra, Carlo decise di raccogliere forced loans ("prestiti forzati"), cioè una forma di tassazione non autorizzata dal Parlamento. Chiunque si rifiutasse di pagare sarebbe stato imprigionato senza processo e, in caso di resistenze, mandato davanti al consiglio privato. Sebbene la magistratura si rifiutò inizialmente di sostenere questi prestiti, cedette quando il Lord Chief Justice, Ranulph Crewe, venne rimosso dall'incarico.

Oltre 70 gentiluomini vennero arbitrariamente messi in prigione senza un processo o accuse nei loro confronti per essersi rifiutati di contribuire ai prestiti forzati. Cinque di questi, Thomas Darnell, John Corbet, Walter Erle, John Eveningham e Edmund Hampden cercarono di riottenere la libertà presentando alla Magistratura della Corte del re una mozione di habeas corpus. Vennero accontentati il 3 novembre 1627, quando la corte ordinò agli ufficiali giudiziari di presentare i tre prigionieri alla magistratura del re per esaminarli l'8 novembre. Nessuno dei prigionieri fu interrogato poiché gli ufficiali giudiziari non furono in grado di stabilire di che cosa erano accusati; nel tentativo di trovare un precedente giudiziario per decidere sulla legalità dei prestiti forzati, il procuratore generale Robert Heath assicurò un'ordinanza per Darnell. Questo portò al caso dei cinque cavalieri, anche noto come Darnell's Case. Darnell, intimorito dalla situazione creatasi, smise di richiedere libertà, e al suo posto vennero emesse delle ordinanze per gli altri quattro, rappresentati da John Bramston, Henry Calthorp e John Selden.

I giudici negarono la cauzione agli imputati, decretando che se non era stato portato nessun atto di accusa, "i [prigionieri] non poterono essere liberati perché la violazione era probabilmente troppo pericolosa per la discussione pubblica". Questa decisione però riguardava solamente la cauzione, non la legalità dei prestiti, e Carlo decise di non sostenere le accuse contro i cavalieri, temendo che, se si fosse chiesto di stabilire i prestiti stessi, sarebbero stati dichiarati illegali dai giudici. Un effetto collaterale imprevisto fu che sebbene Carlo continuò a esigere i prestiti, in numero sempre maggiore i proprietari terrieri abbienti si rifiutavano di pagare, riducendo il profitto dei prestiti e rendendo così necessaria la riunione di un nuovo Parlamento nel marzo 1627. L'estesa avversione pubblica nei confronti di Carlo, Villiers e la guerra ebbe come conseguenza l'elezione di una maggioranza di deputati contrari al re, fra i quali Selden, Coke, John Pym e un giovane Oliver Cromwell.

  1. ^ Petition of Right, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 4 aprile 2017.
  2. ^ Petizione dei diritti, su Dizionario di storia moderna e contemporanea. URL consultato il 4 aprile 2017.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]