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Zona iporreica

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Zona iporreica
Zona iporreica: flusso iporreico e ritenzione del soluto

La zona iporreica (hyporheic zone) è la porzione del letto del fiume dove per mezzo di gradienti fisico/chimici si verifica lo scambio di massa e di flusso, noto come scambio iporreico, tra le acque superficiali e le acque sotterranee.

Costituisce un argomento di crescente interesse negli ultimi anni data la rilevanza sull'impatto ambientale e il significativo contributo alla riduzione della concentrazione di agenti inquinanti disciolti nei sistemi acquatici (es. fiumi e corsi d'acqua in generale)[1]. Studi precedenti focalizzano l'attenzione quasi esclusivamente sui processi inerenti alle acque sotterranee e superficiali, trascurando i fenomeni generati dalla loro interazione. La conoscenza approfondita dei meccanismi aventi luogo in questa zona di interscambio è fondamentale per la prevenzione dei rischi associati al trasporto di contaminanti negli ambienti acquatici e per lo sviluppo di strategie sostenibili ed economiche per la depurazione delle acque superficiali[2].

La zona iporreica contribuisce significativamente alla rimozione degli agenti inquinanti dall'acqua superficiale attraverso la combinazione di diversi processi quali biodegradazione, azione della comunità microbica (biofilm), assorbimento e desorbimento[2][3]. Il flusso iporreico trasporta l'acqua del fiume e i contaminanti in essa disciolti nell'alveo (downwelling) dove sono temporaneamente trattenuti e trasformati attraverso reazioni chimiche con conseguente riduzione della concentrazione degli agenti chimici nell'upwelling[2].

Principali processi zona iporreica

La zona iporreica favorisce svariati vantaggi[2]:

  • Fornire un habitat e un rifugio per diverse specie di pesci, piante acquatiche e organismi interstiziali;
  • Riduzione della concentrazione degli agenti inquinanti nelle acque superficiali;
  • Controllo dello scambio di flusso tra il fiume e le acque sotterranee;
  • Mitigazione della temperatura dell'acqua del fiume.

Il termine "iporreico" è stato originariamente coniato da Traian Orghidan[4] nel 1959 dalla combinazione di due parole greche: "hypò" (sotto) e "Rheos" (flusso). La zona iporreica è un argomento condiviso da svariate discipline, quali idrologia, ecologia e biologia. Per tale ragione la definizione e l'identificazione fisica della suddetta area si differenzia tra i vari ambiti. Particolarmente significativa è la distinzione tra il ramo idrologico e quello ecologico[1].

Definizione della zona iporreica: idrologia contro ecologia

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In idrologia l'attenzione è focalizzata principalmente sullo scambio di flusso tra le acque superficiali e i sedimenti iporreici[1]. White definisce la zona iporreica come " l'ambiente interstiziale saturo al di sotto del letto del fiume, e nelle rive del canale, contenente una porzione dell'acqua superficiale o alterato dall'infiltrazione di quest'ultima"[5]. Per Valett la regione iporreica rappresenta " la porzione del sottostrato del canale o fiume che interagisce con le acque superficiali "[6] mentre secondo la definizione di Triska questa coincide con "la zona sub-superficiale in cui le acque sotterranee e quelle del canale coesistono, in cui l'acqua superficiale costituisce tra 10% e il 98% del volume totale"[7].

Gli ecologisti, invece, si incentrano principalmente sull'investigazione dell'ecosistema iporreico[8] mediante l'identificazione delle comunità microbiche, macroinvertebrati o in generale di organismi con permanenza fissa o temporanea[2]. Da questo punto di vista la zona iporreica può essere definita come " un ecotono attivo tra le acque superficiali e quelle di falda"[8] o " l'ambiente interstiziale caratterizzato dalla presenza di animali fluviali ad una profondità non maggiore di alcuni metri al di sotto del fiume"[9].

Individuazione fisica della zona iporreica

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La difformità concettuale riscontrata nella definizione della zona iporreica tra l'ambito idrologico e ecologico è osservata anche circa l'inviduazione fisica della sua estensione[1]. Secondo studi preliminari, principalmente in campo ecologico, l'area interessata dallo scambio iporreico è localizzata fino ad una profondità di 0.1-0.2 m al di sotto del letto del fiume[2]. Lavori più recenti[10][11][12][13] dimostrano che la zona iporreica può presentare uno sviluppo verticale fino ad alcuni metri[1].

Individuazione ecologica

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Per gli ecologisti la zona iporreica è caratterizzata un'estensione variabile tra pochi centimetri e qualche metro al di sotto del corso d'acqua ed è identificata mediante l'analisi della distribuzione della fauna[2].

Orghidan[14] e Schwoerbel[15] dimostrano che la presenza di organismi fluviali nell'area di scambio iporreico è limitata a specifici momenti di stress ambientale quali inondazioni e siccità. Questa osservazione porta ad ipotizzare uno sviluppo verticale di pochi centimetri.

Risultati diversi emergono dagli studi di Danielopol[16], White[5] e Dumas[17] che esaminando la fauna iporreica hanno riscontrato la presenza di organismi con caratteristiche analoghe alla popolazione fluviale fino ad una profondità di 1 m al di sotto dell'alveo.

Un'estensione ancora maggiore è stata riscontrata da Stanford e Ward[18]: osservazioni condotte sul fiume Flathead (Montana) dimostrano la presenza di biota fino ad una profondità di 10 m e con uno sviluppo laterale di 3 km[19].

Individuazione idrologica

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L'identificazione idrologica della zona iporreica è incentrata principalmente sullo scambio di flusso tra le acque superficiali e quelle sotterranee. Diverse tecniche possono essere impiegate per la sua dimensionalizzazione[20].

Identificazione mediante traccianti (tracers)
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Questo metodo consiste nell'iniezione di un tracciante in un corso d'acqua per analizzare lo scambio di flusso e la ritenzione del soluto nella zona iporreica. Questi fenomeni sono stimati comparando il tempo trascorso dall'acqua o dal soluto nel canale superficiale e nel substrato iporreico. La scelta del tipo di tracciante svolge un ruolo fondamentale in questi termini[1].

In Jonsson e al. il flusso iporreico e la ritenzione del soluto sono investigati mediante lo sviluppo di un modello di 'transient storage' (TSM) e l'utilizzo di due differenti tipologie di tracciante. Un diverso comportamento è stato riscontrato tra il tracciante reattivo (Cromo (51Cr (III)) e quello conservativo (Trizio (3H))[21]. Il cromo attraversa la zona iporreica fino ad una profondità di 6 cm e parte di esso viene assorbito dai sedimenti iporreici generando una riduzione della sua concentrazione del 76% nell'acqua superficiale. Il trizio al contrario penetra verticalmente fino a 10 cm[21] .

Un approccio simile è utilizzato anche da Fuller e Harvey per l'analisi dei metalli disciolti nel fiume Pinal Creek (Arizona) sostituendo il modello di trasporto transiente con uno stazionario[22]. Un'elevata concentrazione del metallo (75-96% in base al tipo di metallo) è rilevata nella porzione più superficiale dello strato iporreico (0-3 cm) per poi subire una riduzione a maggiori profondità a seguito dell'assorbimento da parte dei sedimenti iporreici. In conclusione, l'attenuazione della concentrazione dei metalli nelle acque superficiali dipende dall'estensione della zona iporreica e dall'entità del flusso iporreico[22] .

Triska e al. analizzano il trasporto e la ritenzione del soluto combinando l'utilizzo di due traccianti (Cloruro (Cl) e Nitrato (NO3⁻)) e pozzetti collocati a diverse distanze dal alveo bagnato[23]. Evidenti differenze emergono tra il cloruro e il nitrato in termini di trasporto e concentrazione. Inoltre la posizione dei pozzi idraulici influisce sulla percentuale di acqua superficiale presente nel flusso iporreico[7]. Sulla base dei dati raccolti la zona iporreica può essere suddivisa in due porzioni[7] :

  • Iporreo superficiale: contiene più del 98% dell'acqua superficiale e presenta caratteristiche chimiche simili a quelle del corso d'acqua
  • Iporreo interattivo: localizzato al di sotto dell'iporreo superficiale è caratterizzato da gradienti fisico-chimici. La percentuale di acqua superficiale in esso presente varia tra il 10% e il 98% e lo scambio iporreico è guidato principalmente dal trasporto avvettivo. La profondità dello scambio dipende dalla rugosità, permeabilità e morfologia del canale superficiale. Lateralmente si estende fino a 10 m.
Identificazione mediante investigazioni geofisiche
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Studi dimostrano la possibilità di dimensionare la zona iporreica e quantificare il trasporto di soluto al suo interno mediante investigazioni geofisiche quali GPR (Ground Penetrating Radar) e misure di conducibilità elettrica. Il Georadar consente di determinare la stratigrafia del sedimento iporreico e l'entità della penetrazione del contaminante in esso. La misurazione della conducibilità elettrica invece fornisce informazioni circa la percentuale di acqua superficiale e di falda[2].

La combinazione di GPR e la mappatura dei sedimenti è utilizzata da Conant e al. per investigare il trasporto di percloroetilene (PCE) nel flusso di downwelling nel fiume Pine (Angus, Ontario, Canada). La presenza di PCE nell'acqua superficiale consente di individuare le zone di deflusso[24]. Dalle osservazioni risulta che le aree caratterizzate da un'elevata concentrazione di percloroetilene coincidono con quelle di minor upwelling. In questo modo è possibile individuare le regioni di assorbimento e ritenzione del soluto che risultano localizzate principalmente ad una profondità di 2,5 m al di sotto del alveo. Nelle suddette zone gli agenti inquinanti sono decomposti mediante biodegradazione anaerobica riducendo così la tossicità dell'acqua immessa nel corso principale[24].

Un metodo alternativo di indagine è presentato da Acworth e Dasey[25]. La combinazione della cartografia elettrica eseguita lungo l'estuario a Hat Head (New South Wales, Australia) e la tomografia elettrica condotta mediante l'installazione di elettrodi in sonde adiacenti ad esso ha reso possibile l'individuazione delle zone di infiltrazione e mix tra l'acqua marina e quella piovana penetrata in falda. I dati raccolti portano a concludere che la zona iporreica presenta uno sviluppo verticale di 10 m[25].

Identificazione mediante distribuzione della temperatura
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La differenza di temperatura tra l'acqua sotterranea (più fredda) e quella superficiale (più temperata) consente l'individuazione della zona iporreica. La distribuzione della temperatura dipende dal gradiente di temperatura e dalla direzione del flusso. Misure di temperatura presentano il vantaggio di essere economicamente convenienti e consentono la localizzazione delle aree di upwelling e downwelling.

Evans e Petts definiscono il profilo di temperatura verticale e longitudinale in due riffles[26] adiacenti nel fiume Blithe (Staffordshire, UK) mediante l'impiego di data logger di temperatura miniaturizzati. In entrambi i casi si osserva che la temperatura in sommità del riffle è prossima a quella del corso d'acqua e decresce proporzionalmente alla profondità nella zona iporreica. Al contrario, la base del riffle è caratterizzata da una temperatura vicina a quella di falda. La distribuzione della temperatura indica pertanto che la testa del riffle è costituita da acqua superficiale di downwelling mentre la coda da acqua sotterranea di upwelling[27].

Contant sviluppa una relazione empirica tra la temperatura dell'alveo e i dati piezometrici di flusso in grado di stimare lo scambio iporreico sulla base di misurazioni di temperatura. Un modello concettuale basato sulla magnitudo e direzione del flusso consente di distinguere 5 comportamenti[28]:

  • Scarico di corto circuito: zone ad alto scarico dovuto alla presenza di condotti artificiali nei sedimenti del substrato. L'acqua di falda raggiunge rapidamente la superficie del corso d'acqua;
  • Alto scarico: aree caratterizzate da un elevato downwelling e da linee di flusso sotterranee preferenziali;
  • Scarico basso-moderato: aree a basso flusso generate da depositi a bassa/media conducibilità idraulica o basso gradiente idraulico. Questo è il comportamento dominante;
  • Senza scarico: regioni contrassegnate da un gradiente idraulico nullo tra il corso d'acqua e l'alveo e prive di flusso verticale. Le acque superficiali e sotterranee fluiscono parallelamente alla direzione del fiume;
  • Ricarica: aree soggette ad un gradiente idraulico discendente tra il fiume e l'alveo. Ciò significa che la temperatura dell'acqua superficiale e quella di falda sono essenzialmente equivalenti.

Caratteristiche della zona iporreica e fattori generanti il flusso iporreico

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Le principali differenze tra le acque sotterranee e quelle superficiali riguardano la concentrazione di ossigeno (il corso d'acqua è ricco di ossigeno mentre la falda presenta un'elevata concentrazione di anidride carbonica), la temperatura e il pH.[2] A fronte di ciò la zona iporreica, essendo una regione intermedia tra il corso d'acqua e la falda, è soggetta ad significativo gradiente di temperatura, pH e concentrazione di gas disciolti. Queste variazioni producono reazioni biochimiche e regolano il comportamento dei composti chimici e degli organismi nell'interfaccia di scambio e nell'acquifero adiacente[29]. Un'importante proprietà della zona iporreica è la capacità di attenuazione degli inquinanti[30] fornendo così un significativo contributo al ciclo di energia, di nutrienti e dei composti organici[31] ed esercitando un notevole controllo sul trasferimento dei contaminanti attraverso il bacino idrografico[32].

I principali fattori generanti lo scambio iporreico risultano[33]:

  • Geometria della falda e proprietà idrauliche[34][35];
  • Variazione temporale dell'altezza della falda freatica[36];
  • Caratteristiche topografiche e permeabilità dell'alveo[37];
  • Gradienti orizzontali generati dalla variazione longitudinale della morfologia planimetrica del canale[38].
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Voci correlate

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