The Hours
The Hours
Titolo originale |
The Hours |
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Lingua originale | inglese |
Paese | USA |
Anno | 2002 |
Genere | drammatico |
Regia | Stephen Daldry |
Soggetto | Michael Cunningham (romanzo) |
Sceneggiatura | David Hare |
Produttore | Robert Fox, Scott Rudin |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Note | |
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The Hours, film statunitense del 2002 diretto da Stephen Daldry con Nicole Kidman e Julianne Moore e basato sul romanzo di Michael Cunningham vincitore del premio Pulitzer Le ore.
Carissimo, sono certa che sto impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti; e io questa volta non mi riprenderò. Comincio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Quindi faccio quella che mi sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la più grande felicità possibile, sei stato in ogni senso tutto quello che un uomo poteva essere. So che ti sto rovinando la vita, so che senza di me potresti lavorare, e lo farai, lo so. Vedi, non riesco nemmeno a scrivere degnamente queste righe; voglio dirti che devo a te tutta la felicità della mia vita, sei stato infinitamente paziente con me e incredibilmente buono. Tutto mi ha abbandonato tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinare la tua vita; non credo che due persone avrebbero potuto essere più felici di quanto lo siamo stati noi. Virginia. (Virginia)
Frasi
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- L'intera vita di una donna, in un giorno, un solo giorno; e in quel giorno tutta la sua vita. (Virginia)
- È proprio oggi, in questo preciso giorno, che il destino le diventa chiaro. (Virginia)
- Non c'è niente di più stimolante che un viaggio a Londra. (Virginia)
- Lei morirà, lei deve morire. Ecco che cosa le può succedere. Ci sono [si siede]. Si toglierà la vita. Si toglierà la vita per qualcosa che sembra poco importante. (Virginia)
- Ma che importava allora, si domandò procedendo verso Bond Street, che importava che ella dovesse ineluttabilmente e completamente cessare di esistere; tanto il fervore di vita sarebbe continuato senza di lei; e se ne risentiva forse? O non era piuttosto consolante la certezza che la morte poneva fine a tutto? È possibile morire? È possibile morire? (Virginia/Laura)
- Quando sto insieme a lui, si io mi sento viva, e quando non sono insieme a lui, si devo ammetterlo, tutto mi sembra così sciocco. (Clarissa)
- Mi ricordo che una mattina mi sono svegliata all'alba con dentro un grande senso di aspettativa, hai presente, no? Lo conosci, umh? E- e mi ricordo di aver pensato: ecco questo deve essere il preludio della felicità! Questo è solo l'inizio, ed ora in poi crescerà sempre di più... Non mi ha sfiorato l'idea che non fosse il preludio, era quella la felicità. Era quello il momento, era quello. (Clarissa)
- Sarebbe bello dire che ho dei rimorsi, sarebbe un aiuto. Ma che senso può avere provare rimorso di qualcosa quando uno non ha scelta. E quanto riesci a sopportare. È tutto qui. Nessuno riuscirà a perdonarmi. Lì c'era la morte, io ho scelto la vita. (Laura Brown)
Dialoghi
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Richard: Davvero? Il mio lavoro continuerà a vivere? Non ci riesco, Clarissa.
Clarissa: Oh, ma perché dici così?
Richard: Non ci riesco.
Clarissa: Perché?
Richard: Perché io volevo fare lo scrittore, ecco perché.
Clarissa: E allora?
Richard: Io volevo scrivere di tutto, di tutto ciò che può accadere in un momento, di come erano i fiori mentre li portavi tra le braccia, di questo asciugamano, del suo odore, della sensazione che dà la sua trama, di tutte le nostre sensazioni, le tue e le mie, della nostra storia, di chi eravamo una volta, di tutte le cose del mondo, tutto mescolato insieme, come tutto è mescolato adesso... E invece ho fallito. Ho fallito. Il punto di partenza può essere anche alto ma finisce sempre col ridursi. L'orgoglio del cazzo allo stato puro. E stupidità. Noi vogliamo tutto, non è vero?
- Richard: Non voglio dire niente. Dico solo che credo di rimanere vivo solo per fare contenta te.
Clarissa: Beh, allora? È così che si fa, sai? Tutti restano vivi per gli altri e i dottori sono stati chiari, non è detto che debba morire per forza.
- Angelica: Quando si muore, che cosa succede?
Virginia: Quando si muore? [pausa, sguardo lontano] Quando si muore si torna nel posto da dove si è venuti.
Angelica: Mi sono dimenticata da dove sono venuta.
Virginia: Anch'io.
- Virginia: Signor Woolf che piacere inaspettato.
Leonard: Potresti dirmi per favore cosa stai facendo qua?
Virginia: Cosa sto facendo qua?
Leonard: A casa ti ho cercato e non c'eri.
Virginia: Lavoravi in giardino, non volevo disturbarti.
Leonard: Tu mi disturbi solo quando sparisci.
Virginia: [alzandosi dalla panchina] Io non sono sparita! Ho fatto una passeggiata.
Leonard: Una passeggiata, tutto qui? Una passeggiata. Virginia è meglio se torniamo a casa. Nelly sta cucinando, è stata una giornata pesante per lei, è nostro dovere mangiare la cena di Nelly.
Virginia: Non è affatto un dovere! Un dovere come questo, Leonard, non esiste.
Leonard: Verso la tua sanità mentale tu hai dei doveri.
Virginia: Accetto questo ritiro. Accetto questa mia prigione.
Leonard: Ma Virginia.
Virginia: Si prendono cura di me dei dottori, sono dovunque si prendono cura di me dei dottori che mi comunicano cosa è meglio nel mio interesse!
Leonard: Loro sanno qual è il tuo interesse.
Virginia: No, non è vero. Loro non possono sapere qual è il mio interesse!
Leonard: Virginia credo, credo, sia molto difficile per una donna del tuo...
Virginia: Del mio cosa?
Leonard: Del tuo...
Virginia: Del mio cosa esattamente?
Leonard: ...del tuo talento, accettare di non poter essere il miglior giudice delle proprie condizioni.
Virginia: E chi sarebbe questo giudice?
Leonard: Tu hai dei trascorsi! Sei già stata ricoverata! Ti abbiamo portato a Richmond perché hai avuto frequenti vuoti mentali, sbalzi d'umore, perché sentivi le voci! Ti abbiamo portata qui per cercare di impedirti di continiuare a far del male a te stessa. Hai tentato il suicidio due volte! Io convivo con questo terrore e ho avviato la tipografia, insieme, l'abbiamo avviata, non per la cosa in sé, non solo per la cosa in sé, ma perché tu potessi concentrarti su qualcosa di concreto che funzionasse da terapia.
Virginia: Come lavorare a maglia.
Leonard: È stato fatto per te! Perché tu potessi salvarti! È stato fatto per amore! Se non ti conoscessi penserei che sei un'ingrata.
Virginia: Mi dai dell'ingrata. Tu stai dando a me dell'ingrata. Mi è stata strappata di dosso la vita! Tu mi fai vivere dove non desidero vivere, tu mi fai vivere una vita che non ho voglia di vivere! Com'è accaduto? [siede sulla panchina] È ora per entrambi di tornare a vivere a Londra. Mi manca Londra. Mi manca Londra e la sua vita.
Leonard: Non sei tu che parli Virginia. Questa è la voce della tua malattia. Non sei tu.
Virginia: Questa è la mia voce, è mia e mia soltanto.
Leonard: È la voce che senti.
Virginia: Ti dico di no. Questa è la mia! Io muoio se resto ancora qui!
Leonard: Se tu fossi lucida Virginia ricorderesti che è stata Londra a farti sprofondare.
Virginia: Se io fossi lucida? Se io fossi lucida.
Leonard: Siamo a Richmond per trovare pace.
Virginia: Se io fossi lucida, Leonard, allora ti direi che combatto da sola nell'oscurità, in un buio totale, che io sola conosco, io sola conosco la mia vera condizione. Tu convivi con un terrore hai detto, vivi con il terrore che io ponga fine ai miei giorni, Leonard ci convivo anch'io. Questo è un mio diritto. Questo è un diritto che ha ogni essere umano. Io non scelgo la soffocante anestesia dei sobborghi ma, le violente scosse della capitale. Questa è la mia scelta. Anche al paziente più miserabile e reietto è concesso di poter scegliere della propria cura e del proprio destino. Afferma così la sua natura umana. Io vorrei per la tua felicità poter godere di questa quiete, ma se la scelta è obbligata tra Richmond e la morte, io scelgo la morte.
Leonard: Molto bene e Londra sia. Torniamo a Londra. Hai fame? A me è venuto un certo appetito.
Virginia: Andiamo. [camminano verso l'uscita] Non si può trovare la pace sottraendosi alla vita, Leonard.
- Richard: Sono vivo per te. Ma adesso devi lasciarmi andare.
Clarissa: Richard...
Richard: No, aspetta, aspetta, aspetta... Raccontami una storia.
Clarissa: Quale storia?
Richard: Raccontami la storia della tua giornata.
Clarissa: Ah, io... io mi sono alzata...
Richard: Si.
Clarissa: E... e sono uscita e p-poi sono andata a comprare i fiori, come la signora Dalloway del libro, no?
Richard: Si.
Clarissa: Era una bella mattina.
Richard: È vero.
Clarissa: Si, era davvero bella e l'aria era così fresca.
Richard: Oh, fresca, davvero?
Clarissa: Si.
Richard: Come... come una mattina su una spiaggia?
Clarissa: Oh, si...
Richard: Sul serio?
Clarissa: Si.
Richard: Come la mattina in cui sei uscita da quella vecchia casa, avevi 18 anni, e io forse 19.
Clarissa: Si.
Richard: Io avevo 19 anni, e mai avevo visto niente di così bello.
Clarissa: Ah.
Richard: Tu che uscivi da quella porta a vetri la mattina presto, ancora addormentata. Non è strano? La più banale delle mattine della vita di una persona. Temo di non farcela a venire alla festa, Clarissa.
Clarissa: Ho visto... non importa.
Richard: [Ultime parole] Sei stata così buona con me sia con lui. Ti amo. Non credo che due persone avrebbero potuto essere più felici di noi. [Si butta dalla finestra e muore]
- Leonard: Perché deve morire qualcuno?
Virginia: Leonard?
Leonard: Nel tuo libro, qualcuno deve morire.
Virginia: Hm-hm.
Leonard: Perché? È una domanda stupida?
Virginia: No.
Leonard: Credevo fosse una domanda stupida.
Virginia: Tutt'altro.
Leonard: Allora?
Virginia: La morte di qualcuno dà agli altri la possibilità di apprezzare la vita. È il contrasto.
Leonard: E chi deve morire? Dimmelo.
Virginia: Il poeta deve morire. Il visionario.
Caro Leonard, guardare la vita in faccia, sempre; guardare la vita in faccia e conoscerla per quello che è; al fine conoscerla, amarla per quello che è, e poi metterla da parte. Leonard, per sempre gli anni che abbiamo trascorso, per sempre gli anni, per sempre l'amore; per sempre, le ore. (Virginia)