Carrara, nelle cave di marmo di Michelangelo lo scultore oggi è un robot. «Qui nascono i capolavori degli artisti»

L’intelligenza artificiale applicata alla robotica: viaggio dentro la «bottega gioiello» del terzo millennio. Dove si realizzano le opere dei designer e artisti contemporanei più famosi del mondo

Iacopo Gori / CorriereTv

Nelle cave di Carrara sono tutti mezzi matti. E quindi mezzi geni. Sennò non vivrebbero quassù, in questo paradiso (che a volte sembra un inferno) inondati dalla luce bianca accecante del marmo più pregiato del mondo, in queste cave incastrate tra pezzi di montagne mangiate dall’uomo nei secoli, sospese nel cielo tra il mare della Versilia e le nuvole veloci delle alpi Apuane.


Loro non si sentono toscani ma carrarini, razza a parte. Quassù cavano il marmo da più di 2mila anni. Quassù sono saliti nei secoli i geni della scultura – Michelangelo, Giambologna, Canova - per cercare i pezzi giusti di «oro bianco» e dare forma a opere immortali. Quassù ancora oggi vengono gli artisti e i designer da tutto il mondo per creare capolavori contemporanei. Al posto dello scalpello, usano l’intelligenza artificiale applicata a scanner laser, file 3D e punte ipertecnologiche. Nelle cave di Michelangelo oggi lo scultore è un robot. Un mix di algoritmi, tecnologia e artigianalità ai massimi livelli, unico nel panorama mondiale.

Giacomo Massari e Filippo Tincolini, due giovani imprenditori con la passione del marmo e dell’arte, nel 2004 hanno chiamato ingegneri esperti di robotica del Sant’Anna di Pisa e artigiani di eccellenza per fondare la Tor-Art, la loro «bottega-gioiello» del terzo millennio nella cava-museo di Fantiscritti. «Una azienda specializzata in scultura, arte contemporanea e design nell’applicazione delle nuove tecnologie nella lavorazione del marmo», si legge sul loro sito. Oggi ci lavorano in venti. Nel 2019, visto che l’algoritmo funzionava davvero bene, hanno creato anche uno spin-off, la Robotor che costruisce e vende i robot-scultori (hanno chiuso un accordo importante con la Cina di recente).

Quando si arriva nel laboratorio – nel mezzo delle oltre 30 cave del comprensorio dove lavorano circa 150 cavatori - si sente il ronzio costante dell’automa che sagoma il blocco di marmo, raffreddato dai gettiti d’acqua. Il braccio meccanico si muove senza sosta, veloce con gesti rapidi e precisi. Il software rielabora i file e modella la splendida roccia bianca, dandogli forma e vita. Nella bottega si può entrare (e vedere) ma non fotografare né riprendere niente. Oltre a riprodurre alla perfezione capolavori dell’arte (è loro, solo un esempio, la copia dell’Arco di Palmira distrutto dai jihadisti ed esposto in giro per il mondo), gli artigiani con i capelli rasta realizzano progetti di artisti e designer del calibro di Amanda Lavete, i fratelli Bouroullec, Zaha Hadid, Maurizio Cattelan, Barry X Ball, Jeff Koons e molti altri. La privacy sui committenti e soprattutto sulle opere qua è una regola ferrea. I ragazzi di Carrara hanno collaborazioni d’eccellenza con mezzo mondo: privati ed enti e istituzioni impegnate per la conservazione dei beni culturali come «la gipsoteca canoviana, il museo dell’Hermitage, il Castello Sforzesco, il Thorvaldsen Museum».

«A volte a New York mi trovo al tavolo con artisti di fama mondiale che mi chiedono che marmo serve per quello che hanno in testa. Condividono con noi progetti e idee, chiedono consigli a uno di Carrara che lavora nelle cave. C’è un rapporto di fiducia assoluta, una grande soddisfazione - dice Giacomo Massari - Il nostro obiettivo è non dare limiti all’artista: a volte è difficile fare quello che ci chiedono ma il nostro lavoro è proprio quello, andare oltre e rendere fattibile, grazie alla tecnologia, quello che sembra impossibile realizzare»


Il silenzio delle cave è interrotto dai camion che trasportano a valle blocchi di marmo movimentati da ruspe enormi. Purtroppo l’indotto del marmo ha perso forza a Carrara: la globalizzazione ha colpito anche qui. I blocchi se ne vanno dal porto, la lavorazione si fa altrove per abbassare i costi (ma questa è un’altra storia ancora). Tra un camion e l’altro resta di sottofondo il ronzio dei robot che lavorano senza sosta. Gli intarsi della nuova opera d’arte che sta venendo alla luce nascosta tra le pareti della Tor-Art sono di una finezza incredibile: la macchina magica sta tessendo una trina di fili intrecciati di marmo. L’intelligenza artificiale applicata alla tecnologia sta creando una scultura che solo pochi anni fa era impensabile: nata dal genio di uno dei più grandi artisti viventi. E dall’algoritmo. «Ma l’ultimo decimo di millimetro fatto a mano ha un risultato dieci volte più bello di quello che potrebbe fare il robot» dice Massari. Per ora.

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