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Gente della Spezia

Gente della Spezia-La natura trasversale

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Domenica mattina, ore 7.30. Tempo di elezioni, il solito seggio in pieno centro mi attende per l’ennesima volta. Appena uscito di casa incontro un gabbiano grande come un tacchino, con un becco che sembra una lancia. Squarcia un sacchetto di rumenta fuori dal bidone stracolmo, gli avanzi umani per una prima colazione en plein air.
Mi chiedo di chi sarà la colpa dei bidoni sempre pieni, differenziati o non. Della crisi mondiale, della congiuntura, del Principe Piccolo o di qualche nostro capataz? La colpa morì orfana, si sa. Aggiro il gabbiano gigante cambiando marciapiede e mi metto in macchina. Nei due chilometri scarsi, tutti in zona centrale, le riflessioni sulla colpa riemergono prepotenti a ogni buca delle nostre disastrate strade. Meno male che queste macchinette corean-americane reggono il colpo, hanno ottime sospensioni e arrivo in buon anticipo.
Anche perchè sarebbe un problema: le chiavi dell’aula le ho io e senza di me non si può cominciare.
Alle otto in punto si parte, la legalità è assicurata e la prima elettrice ultraottantenne è pronta a varcare la soglia per adempiere al suo dovere. Un seggio è una buona occasione per notare il tempo che passa e i mutamenti della società. Le coppie di nonnetti nella loro tenerezza, l’invecchiamento clamoroso della popolazione. La zona centrale, con i prezzi delle case alle stelle, non aiuta la multietnicità. Qui abita una borghesia medio-alta, di “nuovi italiani” nemmeno l’ombra. Si è praticamente esaurita anche la mobilità interna, con il ridimensionamento della presenza della Marina è drasticamente calato il numero di giovani immigrati dal Sud. Praticamente è una città in agonia, con i suoi giovani in fuga, ma di questo non ho sentito dire nulla dai candidati. Solo manifestini di buona fattura, facce sorridenti, capigliature fresche di parrucchiere, qualche promessa mirabolante e per ciò stesso generica.
Parabrezza e cassette della posta stracolmi. Alla faccia della privacy tutti i candidati conoscono il mio indirizzo, alcuni addirittura esordiscono con un “Caro Mirco…”. E chi li conosce? Come fanno a sapere dove sto di casa? Nessuno degli aspiranti consiglieri ci ha detto quanto ha speso e soprattutto dove ha preso i soldi per questo bombardamento cartaceo, qualcuno al massimo ci ha giurato solennemente che qualcosina del suo stipendione futuro l’avrebbe dato ai poveri. Tanto poi ci sono i rimborsi elettorali, che ingenuo che sono! Alla fine tutta quella roba se la sono pagata coi nostri soldi. L’impressione è che il gabbiano troverà bidoni sempre più ricolmi e le strade assomiglieranno sempre più a mulattiere indiane se tutte le nostre risorse vanno a mantenere una casta che si autoalimenta con stipendi faraonici e ricche clientele.
Penso ai miei compagni di avventura al seggio, al quasi ingegnere bello e sfacciato che andrà a spendere le sue conoscenze, maturate anche grazie alle nostre tasse, in qualche nazione civile che ne beneficerà per il semplice fatto che quando assumono non guardano allo sponsor politico ma prendono i più bravi e basta; alla casalinga proveniente dall’Isola di Ponza che continuerà ad allietare suo marito con le sue mirabolanti torte di verdura di cui ci ha dato un saggio; alla giovanissima C. che è nata quando io mi sono diplomato e che cercherà di far fruttare il suo diploma magistrale in qualche asilo nido privatizzato con stipendi parametrati al costo della vita in Romania; alla segretaria del seggio che sbarca il lunario facendo due part-time e che deve occuparsi di una nonna molto anziana e sola, al dirigente di strutture sanitarie che mi ha fatto da valido vice-presidente e col quale ho parlato a lungo della nostra gioventù senza cellulari nè internet eppure così piena di vita.
Tra chiacchere e sbadigli constato sin dalla domenica pomeriggio che ci sarà un’astensione record. L’impressione è confermata dai seggi vicini, dal corridoio un tempo brulicante tristemente deserto, dagli elettori impegnati in altri seggi sparsi in città. A confermare la natura trasversale del fenomeno, che colpisce zone di destra, come quella dove è ubicato il mio seggio, e zone tradizionalmente a sinistra.
Arriviamo infine al lunedì pomeriggio e a uno scrutinio cervellotico. Due votazioni distinte nella stessa scheda, roba da Bisanzio. Qualche vecchietto del seggio ha fatto confusione e ha messo qualche nome o croce di troppo e mi tocca annullargli il voto, insulti solo in due schede, a testimonianza che tutti gli altri potenziali insultatori sono stati direttamente a casa. Alle 18.30 rompiamo le righe, reciproci auguri e resto solo con i miei pacchi di materiale da consegnare. Questa volta non me li porto con la mia macchinina ma ho l’onore di essere scortato, per la prima volta in vita mia, da ben tre agenti, tra polizia municipale e nazionale. Disposizioni superiori. Aspetto un mezzo disponibile e vado in tribunale a consegnare quel pezzetto di volontà popolare di mia competenza.
Adesso che il popolo si è pronunciato staremo a vedere. I gabbiani continueranno a pascolare indisturbati? Le strade assomiglieranno sempre a piste afghane? Le facce sorridenti continuano a fare capolino da manifesti a brandelli. A me proprio non riesce di sorridere, ma non fateci caso.

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