Milano, 9 novembre 2016 - 23:21

Trump dopo la vittoria
�Mai pi� nessuno sar� dimenticato�

Il primo discorso dopo la vittoria. Il grazie alla rivale sconfitta, l’appello all’unit�. �Tempo di lavorare insieme�

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NEW YORKAl suo passaggio padre Michael, pope greco ortodosso di Columbus, Ohio, con croce al petto tempestata di pietre preziose, si lascia cadere in ginocchio: �Donald, sei un dono di Dio!�. Marisela, la hostess messicana dell’Hilton in piedi da 14 ore a filtrare gli invitati, sviene in avanti: pensava di aver votato la prima donna alla Casa Bianca; si ritrova in un’America che non riconosce. Lui, The Donald, ride: �I sondaggisti non parlavano davvero con la gente. Facevano il numero, in Pennsylvania in Michigan in Wisconsin, aspettavano la risposta e buttavano subito gi��.

Sono le tre del mattino. Carovana di Suv in arrivo dalla Trump Tower: dall’ultimo scende lui con tutta la famiglia. Passano i camionisti delle consegne notturne, suonano il clacson in segno di festa, lui risponde levando il pollice. Fuori dal Victory Party ci sono i Neri per Trump, gli Ispanici per Trump, gli Asiatici per Trump. Dentro sono quasi tutti bianchi. Hanno atteso in un clima elettrico ma composto. Ora possono lasciarsi andare: �Usa!� gridano, anzi �Iu-es-ei!�. L’America antica e nuovissima di Trump leva la testa; ma per l’altra met� del Paese � uno choc senza precedenti. Hillary umiliata rinuncia a parlare nella notte, ma ha gi� telefonato per riconoscere la sconfitta.

The Donald — altissimo, con le mani tozze che ispirarono al rivale Rubio battute di pessimo gusto sulla sua virilit� — ha un profilo da aquila, con la cresta e tutto. Ma possiede anche un volto bonario, un sorriso paternalista. � la maschera che indossa nell’ora della vittoria. �Sembra Ronald Reagan� si compiace Rudolph Giuliani, soddisfatto per aver puntato sul cavallo giusto. Il governatore del New Jersey Chris Christie, buona forchetta, ha fatto tardi al buffet, arriva trafelato, �Dov’� Chris?�, si informa il capo. �E Ben, dov’�?�. C’� anche l’ex candidato Ben Carson, almeno un nero ci vuole.

La famiglia Trump pare qui per una sfilata di moda. Boccoli vaporosi, vestiti luccicanti, tubini sopra il ginocchio. Anche Barron, dieci anni, intimidito, � in giacca nera, camicia bianca e cravatta azzurra da prima comunione, il padre lo vuole alla sua sinistra. Alla sua destra il vicepresidente, Mike Pence, uno con il carisma di Paperoga, che lui tratta con condiscendenza: non conter� molto pi� di nulla. A differenza di Reince Priebus, l’unico ad avere il diritto di interromperlo, additato come il collaboratore pi� fedele.

L’America di Trump che paese sarà
Il Paese

Le prime parole sono per Hillary. Il risultato � talmente netto, con le vittorie in molti Stati democratici, che Trump pu� permettersi di non infierire: �� stata una campagna durissima, e il segretario Clinton ha lottato molto duramente�. Pi� applausi che fischi. �Esprimo la mia gratitudine per il servizio che ha reso al Paese, e lo dico molto sinceramente�. Pi� fischi che applausi. �Ora dobbiamo ritrovarci insieme�. �Together�, insieme, � la parola chiave del discorso, accanto a �work�, lavoro, e a �dream�, sogno. �Finora ho lavorato per me, ora lavorer� per il mio Paese. E metter� al lavoro milioni di persone�. �Dobbiamo rinnovare il sogno americano. Sognare in grande. Nessun sogno � troppo grande, nessuna sfida�.

Il sogno americano francamente qui non c’�. Basta scorrere l’elenco degli invitati, sia al banco dei vip sia a quello dei sostenitori: quasi tutti indirizzi di Manhattan, molti di Park Avenue e dell’Upper East Side. � un’America abituata a comandare, animata dallo spirito di rivincita pi� che di conquista. Ma � un’America che torna egemone dopo gli anni di Obama. Gli uomini sono in netta maggioranza, non � vero che le donne non si siano mobilitate per Hillary, anche la Fox riconosce che il 54% contro il 42 ha votato per lei; ma tra le donne qui convenute Hillary � odiatissima. In vendita per 24 dollari la bambolina che riproduce la sua risata non esattamente simpatica.

Trump ringrazia i parenti uno a uno. Evoca il padre Fred, il carpentiere diventato costruttore, e la madre scozzese Mary Anne da cui ha preso gli occhi azzurri, �che stasera hanno guardato gi�, verso di me�. Le sorelle Maryanne ed Elizabeth, il fratello Robert. Cita il fratello alcolista che non c’� pi�, Fred jr, omettendo di aver fatto escludere i suoi figli dall’eredit� paterna. La terza moglie Melania in peplo bianco a scoprire la spalla destra. Ivanka, la figlia prediletta, la pi� applaudita. Tiffany, che si chiama come la gioielleria sotto casa. Eric, cui ha passato gli occhi azzurri, e Don, che porta il suo nome. E poi i servizi segreti, �che l’altro giorno mi hanno trascinato via dal palco: era un falso allarme, hanno fatto le prove�. I duecento generali che l’hanno sostenuto. E i newyorkesi: �Spesso sono sottostimati, ma io li stimo moltissimo�.

La gente qui non si aspettava di vincere. Davanti ai primi risultati in bilico esprimeva una rabbia preventiva, gridava ai brogli, temeva una cospirazione. Anche Donald fino all’ultimo twittava: �Andate tutti ai seggi�. Ora vengono irrise le star mobilitate per i democratici, Madonna e Lady Gaga, che nella notte manifesta il suo disgusto sotto la Trump Tower. Dichiarazioni consuete, tipo �sar� il presidente di tutti gli americani�, diventano notizie in bocca al candidato politicamente pi� scorretto della storia. �Nessun dimenticato sar� pi� dimenticato�. Il piccolo Barron, stanchissimo, si assopisce in piedi. Musica dei Rolling Stones, che pure avevano vietato di usare le loro canzoni per la sua campagna. Signori arzilli in smoking e berrettino rosso si scambiano il cinque. Si beve, e si paga; Trump non passa nulla, neanche il suo vino; per� rilascia lo scontrino fiscale. Ricorda la sua storia di costruttore e promette autostrade, ponti, tunnel, aeroporti, scuole, ospedali: �Raddoppieremo la crescita�. Poi la chiusa: �Sarete molto fieri di me. Io amo questo Paese�.

Ora esplode il tripudio. Lo filmano con i telefonini, gli passano le magliette da firmare, i bambini da baciare. Lui a dispetto della sua germopatia stringe mani, pi� volentieri saluta col pugno. Sono le 3 e mezza di notte e sta chiamando Obama: si congratula per il discorso, invita il successore per oggi alla Casa Bianca. Al risveglio, dopo le solite tre ore di sonno, Trump riceve pure l’omaggio dei Bush. George figlio gli telefona, poi informa di essere stato dieci minuti a congratularsi. George padre si fa fare un tweet per garantire che Donald � �nelle preghiere della famiglia�, come se fosse morto. D’incanto il partito si ricompatta attorno all’uomo tanto esecrato che ora lo riporta al potere. Chiama lo speaker della Camera Paul Ryan e passa all’incasso: �Avremo un governo repubblicano unito�. Otto anni fa il mondo si stupiva per un nero dal nome arabo e dal cognome africano che andava a Washington da presidente; ora tocca all’uomo d’affari che gestiva casin� e conduceva un talent show. Oggi i due si sorrideranno, e diranno che l’America si conferma a ogni occasione il Paese dove tutto � davvero possibile.

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