Ius scholae, la terza via fra suolo e sangue

Lo «ius scholae» è una specie di terza via fra lo «ius sanguinis» vigente (è italiano chi ha almeno un genitore con il passaporto italiano) e lo «ius soli» di stampo americano (chiunque nasca in un certo Paese  acquisisce automaticamente la cittadinanza di quel Paese). L'ipotesi di legare la concessione della cittadinanza italiana non più al sangue ma a un ciclo di studi è stata rilanciata quest'estate, a Camere chiuse, dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, ma ancora non è chiaro se metterà davvero le gambe o se sia destinata a restare una boutade da ombrellone visto che Lega e FdI sono contrari. 
In assenza di una modifica di legge, oggi tutti i bambini e le bambine nati in Italia da genitori stranieri devono aspettare di compiere 18 anni per poter chiedere il passaporto. Ci mettono meno i loro genitori ai quali «basta» risiedere in Italia per almeno dieci anni e essere in possesso di determinati requisiti (dimostrare di avere redditi sufficienti al sostentamento, di non avere precedenti penali, di non essere in possesso di motivi ostativi per la sicurezza della Repubblica). A una condizione però: che passino un test di italiano di livello B1 che per molti di loro è uno scoglio insormontabile. E voi siete sicuri che passereste il  test d’italiano che è richiesto agli stranieri per ottenere la cittadinanza? Mettetevi alla prova con questo esempio di prova tratto dai Quaderni della Cils e pubblicato sul sito dell'Università per Stranieri di Perugia. Il test che qui pubblichiamo è solo una parte, quella relativa alla comprensione del testo e alla riflessione grammaticale. Manca la prova d'ascolto.