Il 3 novembre 1918, apertosi il periodo armistiziale, venne costituito un Governatorato militare per il Trentino, Ampezzano e Alto Adige affidato al generale Guglielmo Pecori Giraldi, comandante della Iª armata. Provvisoriamente, ed in attesa dell'introduzione della legislazione italiana, sul territorio rimanevano in vigore le strutture politico-amministrative austriache, ma prive degli organi di governo collocati ad Innsbruck. Per ricomporre il tessuto dell'ordinamento provinciale fu istituito un Commissariato per gli affari autonomi affidato ad Enrico Conci, nominati commissari civili in sostituzione dei capitani distrettuali, riconfermate, ove possibile, le amministrazioni comunali e riconosciute le facoltà sancite dagli statuti propri delle città di Trento, Rovereto e Bolzano. Venne anche creata una Consulta composta da sei popolari, tre liberali e due socialisti, con presidente il Conci e segretario Alcide Degasperi, quale elemento di raccordo fra il paese ed il governatore; ma la sua attività fu vanificata da diatribe di parte e da richieste incompatibili con il vigente impianto costituzionale italiano.
La situazione, dal punto di vista politico, si presentava assai delicata per l'inclusione entro i confini del regno, non certo per libera scelta ma solo per le ragioni della vittoria, della minoranza austrotedesca. Il fatto che l'Italia fosse priva di tradizioni autonomistiche e di esperienza nel trattamento di comunità etniche minoritarie, poteva portare a lacerazioni incomponibili. Tuttavia il Pecori Giraldi si mosse generalmente con prudenza e tatto, avvalendosi dell'opera dei trentini che si erano subito candidati come attori e mediatori all'interno del nuovo ordine, forti dell'esperienza maturata nel nesso asburgico.
Un problema immediato fu quello del rientro dei profughi, una massa di circa 100.000 persone che, nel giro di pochi mesi e nella stagione invernale, avrebbe fatto ritorno in una zona devastata dalla guerra, sfornita di alloggi, di beni di sussistenza e con l'economia paralizzata. La precedenza venne data ai provenienti dall'Austria il cui rientro, nonostante l'accurata preparazione del governatore, conobbe numerose difficoltà ed ulteriori disagi per i rimpatriati costretti ancora, per il numero delle abitazioni distrutte o danneggiate, alla vita di baracca o alla sistemazione provvisoria.
Gli ingenti lavori di ricostruzione nella "zona nera", dove era passato il fronte, la devastazione risultava pressoché totale vennero assunti in un primo momento dal Genio militare della prima armata. Il ripristino delle infrastrutture e del patrimonio edilizio, sostenuto da ingenti finanziamenti, non conobbe sosta e portò a risultati positivi, nonostante gl'inevitabili episodi di sperperi o di irregolarità amministrative. Altri problemi connessi a situazioni di forte disagio sociale furono quelli del cambio della corona austriaca con la lira italiana, fissato prima al 40%, poi al 60%; quello della perdita di valore dei titoli austriaci ed ungheresi dove erano confluiti i risparmi di molti cittadini, ed il risarcimento dei danni di guerra alle persone e cose, riconosciuto legittimo in quasi tutti i 120.000 casi di denuncia.