Venerabile: 22-6-1972
Beato: 11-11-2007
Celebrazione liturgica il 26 agosto
Zeffirino Namuncurà nasce il 26 agosto 1886 a Chimpay, sulle rive del Rio Negro. Suo padre Manuel, ultimo grande cacico delle tribù indios araucane, aveva dovuto arrendersi tre anni prima alle truppe della Repubblica argentina. Dopo undici anni di libera vita agreste, Manuel Namuncurà invia Zeffirino a studiare a Buenos Aires, perché un domani possa difendere la sua razza. Il clima di famiglia che si respirava nel collegio salesiano lo fece innamorare di don Bosco.
Crebbe in lui la dimensione spirituale e iniziò a desiderare di diventare salesiano sacerdote per evangelizzare la sua gente. Scelse Domenico Savio come modello, e durante cinque anni, attraverso lo sforzo straordinario per inserirsi in una cultura totalmente nuova, divenne egli stesso un altro Domenico Savio. Esemplare l'impegno nella pietà, nella carità, nei doveri quotidiani, nell'esercizio ascetico.
Questo ragazzo, che trovava difficile "mettersi in fila" o "obbedire alla campana", diventò pian piano un vero modello. Come voleva don Bosco, era esatto nell’adempimento dei suoi doveri di studio e di preghiera. Era l'arbitro nelle ricreazioni: la sua parola veniva accolta dai compagni in contesa. Impressionava la lentezza con cui faceva il segno della croce, come se meditasse ogni parola; col suo esempio correggeva i compagni insegnando loro a farlo adagio e con devozione. Nel l903 (ha sedici anni e mezzo, e suo padre è stato battezzato a ottant’anni), Mons. Cagliero lo accetta nel gruppo degli aspiranti a Viedma, capoluogo del Vicariato apostolico, per iniziare il latino.
A causa della sua scarsa salute, il vescovo salesiano decide di condurlo in Italia per fargli proseguire gli studi in modo più serio e in un clima che sembra più adatto. In Italia incontra don Rua e il Papa Pio X, che lo benedice con commozione. Frequenta la scuola a Torino e in seguito nel collegio salesiano di Villa Sora, a Frascati. Studia con tanto impegno da essere il secondo della classe.
Ma un male non diagnosticato a tempo, forse perché non si lamentava mai, lo minava: la tubercolosi. Il 28 marzo 1905 è trasportato all'ospedale Fatebenefratelli dell'Isola Tiberina a Roma. Troppo tardi. Vi muore serenamente l'11 maggio. Dal 1924 i suoi resti mortali riposano nella sua patria, a Fortín Mercedes, dove folle di pellegrini accorrono a venerarlo.
Venerabile il 22 giugno 1972; beatificato l'11 novembre 2007 sotto il pontificato di Benedetto XVI