The Beatles

gruppo musicale britannico
Disambiguazione – Se stai cercando l'album omonimo, vedi The Beatles (album).

I Beatles sono stati un gruppo musicale britannico, originario di Liverpool e attivo dal 1960 al 1970. Hanno segnato un'epoca nella musica, nel costume, nella moda e nella pop art[2]. Considerati tra i maggiori fenomeni della musica contemporanea, a distanza di vari decenni dal loro scioglimento ufficiale – e dopo la morte di due dei quattro componenti – i Beatles contano ancora un enorme seguito e numerosi sono i loro fan club, esistenti in ogni parte del mondo.

I Beatles al loro arrivo a New York nel 1964. Da sinistra a destra: John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr
Paese d'origineRegno Unito (bandiera) Regno Unito
GenerePop rock[1]
Rock and roll[1]
Rock psichedelico[1]
Folk rock[1]
Beat
Beat[1]
British invasion[1]
Periodo di attività musicale1960 – 1970
EtichettaParlophone
Capitol
Apple
Vee Jay
Polydor
Swan
Tollie
Logo ufficiale
Logo ufficiale
[beatles.com Sito ufficiale]

Secondo stime del Guinness dei primati, è il complesso musicale di maggior successo di sempre con oltre 1 miliardo di dischi venduti[3][4], e per la rivista Rolling Stone i Beatles rappresentano il gruppo musicale più importante e influente del XX secolo[5].

Inoltre, l'aura - per molti versi non sempre codificabile secondo i canoni comuni - che circonda lo sviluppo del loro successo a livello mediatico e che ha favorito la nascita della cosiddetta Beatlemania, e lo straordinario esito artistico raggiunto come musicisti rock, sono tuttora oggetto di studio di Università, psicologi, ed addetti del settore.

La storia

Gli anni della formazione (1957-1960)

  Lo stesso argomento in dettaglio: The Quarrymen.

La storia dei Beatles ha inizio sabato 6 luglio 1957. In quella data, nella chiesa di St. Peter a Liverpool, in occasione della festa annuale della parrocchia, era in corso un'esibizione dei Quarrymen, un gruppo skiffle di cui era leader il sedicenne John Lennon. Ivan Vaughan, già compagno delle elementari di John e componente della band, gli presentò il quindicenne Paul McCartney, all'epoca suo compagno di scuola al Liverpool Institute. Paul si presentò suonando Long Tall Sally di Little Richard e Twenty Flight Rock di Eddie Cochran. Durante le sue esibizioni, John usava cambiare parole e accordi a suo piacimento; rimase quindi colpito dalla memoria di Paul che ricordava alla perfezione testi e melodie. Sebbene John ben sapesse che invitare Paul a far parte del gruppo avrebbe significato condividerne la leadership[6], si risolse ben presto a farlo entrare nei Quarrymen.

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Harrison, Sutcliffe e Lennon agli inizi della carriera

Un anno dopo l'ingresso nel gruppo di Paul, questi contattò per un provino un altro ragazzo che con lui frequentava il Liverpool Institute, l'amico e compagno di scuolabus George Harrison. Lennon ammise George nel gruppo in seguito a un provino che ebbe luogo proprio su un autobus, dopo averlo ascoltato cimentarsi in un pezzo strumentale, Raunchy. Nel 1960 fu un compagno di John all'Art College, lo scozzese Stuart "Stu" Sutcliffe, a divenire il bassista dei Quarrymen. Pittore di grande talento, acquistò un basso Höfner dopo aver venduto il suo primo quadro. Più tardi, quell'anno, prendendo spunto dai Crickets di Buddy Holly (grilli, in inglese)[7], il complesso prese il nome di Beatles (dopo essere passato per Johnny and the Moondogs, Long John & The Silver Beetles, Silver Beates, Silver Beats, Silver Beetles, Beetles[8]).

All’inizio loro carriera, i Beatles non eccellevano per bravura, e mancavano di un batterista fisso; a loro si unì per un breve tempo il batterista trentaseienne Tommy Moore, che li lasciò dopo una tournée in Scozia come gruppo di spalla del cantante Johnny Gentle. E soprattutto Sutcliffe aveva difficoltà a suonare il basso in modo soddisfacente[9]. Per una serie di fortunate coincidenze, poiché altri gruppi di Liverpool non erano disponibili, il loro primo manager, Allan Williams, procurò loro una scrittura ad Amburgo, dove un'altra band di Liverpool, Derry and the Seniors, stava esibendosi con successo. Mancavano però ancora di un batterista: esibendosi nel "The Casbah" di Mona Best, notarono il figlio della proprietaria, tale Pete Best, che possedeva e suonava una batteria ma non aveva un proprio gruppo. Fu reclutato pochi giorni prima di partire per Amburgo.

Il periodo di Amburgo (1960-1962)

 
L’Indra, il primo club di Amburgo in cui i Beatles si esibirono

Ad Amburgo iniziò una vera trasformazione. Costretti dall'esigente titolare dell'Indra, il locale dove si esibivano (al numero 36 di Große Freiheit, una laterale della Reeperbahn, la via a luci rosse del quartiere di St. Pauli) a lunghe performance in cui dovevano produrre il massimo volume, la loro musica acquistò potenza e consapevolezza. In quel periodo si formò lo stile e il repertorio che avrebbe caratterizzato i primi anni della loro attività e secondo una teoria[10] – successivamente contraddetta dall'interessato[11] – iniziò a emergere la volontà di Paul di prendere il posto di Stuart al basso. La prima volta che il gruppo si esibì con un contratto a nome "The Beatles" fu proprio ad Amburgo, il 17 agosto 1960[12] [13].

Presto furono costretti a tornare a Liverpool a causa di alcuni problemi con la polizia tedesca, imbeccata dal primo impresario che li aveva ingaggiati ma che essi avevano in seguito lasciato per un contratto più vantaggioso. George era minorenne e non poteva lavorare legalmente; Pete e Paul, trasferitisi nella sistemazione procurata dal loro nuovo datore di lavoro, rientrando nottetempo nel loro vecchio e precario alloggio per prendere le loro cose illuminarono la stanza dando fuoco a un profilattico appeso alla parete e incendiando così la carta da parati, evento che provocò il loro arresto e quindi l'espulsione[14]. Tuttavia, pochi mesi dopo essi ritornavano ad Amburgo con un contratto firmato senza l'intermediazione del loro manager, grazie agli estimatori che si erano conquistati.

Nella seconda spedizione nella città tedesca si iniziò a delineare la definitiva line-up della band. Stuart Sutcliffe, ammesso all'Accademia d'arte di Amburgo, lasciò la musica per dedicarsi alla pittura, suo vero interesse, e al basso subentrò Paul McCartney. Cambiò anche il loro look: i capelli pettinati in avanti con la frangetta, le giacche di pelle o senza risvolti, il tutto completato da stivaletti, furono il contributo all'immagine dei Beatles dato della fidanzata tedesca di Stuart, Astrid Kirchherr.

Gli esordi in studio (1962-1963)

 
L’ingresso del Cavern Club

Al loro ritorno a Liverpool dopo la trasferta amburghese, i Beatles iniziarono ad attrarre l'attenzione con la loro musica martellante e il loro nuovo aspetto estetico, originale per quei tempi. Cominciarono a suonare in un locale in Mathew Street, il Cavern Club, dove si erano precedentemente esibiti con scarsi risultati, ma in cui ora richiamavano un vasto pubblico, soprattutto femminile. Presto trovarono un manager in Brian Epstein che, all'epoca, gestiva un negozio di elettrodomestici e dischi a Liverpool.

Incuriosito dalla richiesta da parte di un loro fan di My Bonnie, un disco da loro registrato in Germania in cui in realtà essi accompagnavano il cantante solista Tony Sheridan, e incoraggiato dal fatto che essi si esibissero nel Cavern Club a poca distanza dal suo negozio, ci andò per conoscerli. Colpito dal loro carisma e dal richiamo di pubblico, si offrì di fare loro da manager. Anche per il fatto di aver rotto con il loro primo manager, Allan Williams, e limitandosi la loro attività quasi esclusivamente agli spettacoli quotidiani al Cavern Club, dopo un'iniziale esitazione accettarono. Da parte sua Epstein riuscì ad allargare il giro delle loro scritture, si impegnò a "ripulirli", a "civilizzarli" adeguatamente per poi ottenere un provino ai Beatles con la Decca Records per il giorno di capodanno del 1962.

Fu così che Mike Smith, osservatore della Decca Records, partì alla volta di Liverpool per ascoltare i Beatles e un altro gruppo locale, rimanendo favorevolmente impressionato dalle loro esibizioni al Cavern Club. Giunti a Londra per l'audizione, i Beatles sciorinarono il meglio del loro repertorio, conservato per la storia nelle registrazioni rimaste nell'archivio della casa discografica. Nonostante il gradimento di Smith, la Decca preferì mettere sotto contratto un altro gruppo – Brian Poole & The Tremeloes – per il fatto che quest'ultimo era di Londra e non della relativamente lontana Liverpool. L’errore di valutazione divenne aneddotico. Un paio d'anni dopo, la stessa Decca, per ironia della sorte su raccomandazione di George Harrison, mise sotto contratto i Rolling Stones.

Dopo questo insuccesso, mentre Brian Epstein faceva realizzare un acetato dei pezzi dei Beatles nel celebre negozio HMV in Oxford Street a Londra, per puro caso il tecnico Jim Foy, favorevolmente impressionato dalla musica che aveva sentito, lo indirizzò a Sid Colman, manager della EMI[15]. Fu solo l'insistenza di Brian Epstein e il fatto che egli fosse, con il negozio di famiglia NEMS (North End Music Stores), un importante distributore nel nord dell'Inghilterra, a convincere i dirigenti EMI, che demandarono a George Martin il compito di ascoltare qualche traccia incisa dai Beatles.

Martin, all'epoca, era responsabile per la EMI dell'etichetta sussidiaria Parlophone, che si occupava di jazz e musica classica. Era quindi piuttosto lontano dal genere musicale dei Beatles, ma avendo ascoltato su insistenza di Epstein parte del materiale da essi prodotto, decise di concedere loro un'audizione che si tenne il 6 giugno 1962 a Londra. Furono registrati quattro pezzi, tra cui una versione del classico Besame Mucho cantata da Paul, e tre composizioni originali: Love Me Do, P.S. I Love You e Ask Me Why, sulle quali l'assistente di studio di George Martin, Ron Richards (che si fece carico della seduta di registrazione in attesa dell'arrivo di Martin) riteneva si potesse lavorare.

 
Gli studi discografici EMI di Abbey Road

Fu solo a quel punto che i Beatles poterono avere un vero contratto discografico, anche se non molto vantaggioso per loro. Martin era convinto che si potesse trarre qualcosa di buono dal gruppo, ma certo non più di qualche migliaio di copie prima che la band cadesse nel dimenticatoio e si sciogliesse, come succedeva nella musica pop del tempo. Quando il 4 settembre 1962 i Beatles si ripresentarono ad Abbey Road in sala d'incisione, Ringo Starr sostituiva Pete Best alla batteria. Subito dopo la prima audizione, infatti, George Martin, insoddisfatto della batteria di Best, disse a Brian Epstein che avrebbe preferito un sessionman per le registrazioni in studio, mentre Best poteva andare bene per le esibizioni dal vivo. Questo fatto, oltre alla mancanza di un vero rapporto tra Best, dal carattere molto introverso, e gli altri componenti, nonché la convinzione che Starr, che conoscevano bene per averlo incrociato ad Amburgo con il suo gruppo Rory Storm & the Hurricanes e averci suonato in qualche occasione, fosse il sostituto adatto convinsero il gruppo alla sostituzione il 16 agosto. Love Me Do fu il primo brano a essere inciso.

Martin, che nulla sapeva del cambio di formazione, aveva chiamato un batterista per sostituire Best, il sessionman Andy White, che registrò Love Me Do e P.S. I Love You. Ringo si adattò a suonare il tamburello come rinforzo al rullante in Love Me Do, mentre in P.S. I Love You era alle maracas. Venne pubblicato come singolo la versione con Andy White, mentre la versione dell'album vide Starr alla batteria. Il disco raggiunse il diciassettesimo posto nelle classifiche di vendita del Regno Unito, ma a Liverpool vendette moltissimo. Una leggenda vuole che il successo di vendite a Liverpool fosse dovuto all'acquisto da parte di Brian Epstein di migliaia di copie del disco. A quarant'anni di distanza, quello che sembrava solo un episodio leggendario fu invece confermato da Alistair Taylor, a quel tempo assistente di Epstein[16].

Dopo la buona affermazione di Love Me Do, i Beatles tornarono in studio per dare un seguito al loro esordio. George Martin aveva trovato loro una canzone con cui pensava potessero scalare la classifica delle vendite. Il titolo del pezzo era How Do You Do It? e l'autore era Mitch Murray. I Beatles fecero chiaramente capire che era la loro nuova composizione, Please Please Me, che intendevano registrare.

Martin era di tutt'altro avviso, ma bastò che essi gliela facessero ascoltare perché il produttore cambiasse idea. Please Please Me fu il loro secondo 45 giri e raggiunse il primo posto della Hit parade inglese. Sarebbe stato il primo degli innumerevoli hits firmati Lennon-McCartney. Il successo del brano iniziò a far conoscere il gruppo su scala nazionale: uscito l'11 gennaio 1963, ebbe subito recensioni positive[17].

Due mesi dopo la pubblicazione di Please Please Me, il 22 marzo uscì l'album omonimo, che vendette subito 500.000 copie e raggiunse la vetta della classifica di vendita degli LP. Questo 33 giri, che vedeva una originale copertina con la loro foto in costume di scena affacciati, baldanzosi e sorridenti, dalla ringhiera della casa editrice della EMI in Manchester Street, fu di fatto il primo passo del loro ingresso nella storia della musica pop. Notevole era il fatto che per la prima volta non si trattava di cover raffazzonate alla buona per mettere insieme il formato a 33 giri, come era comune per sfruttare rapidamente singoli di successo; ben otto brani su quattordici erano infatti di loro composizione.

L'album seguente, With the Beatles, fu pubblicato il 22 novembre 1963 ed ebbe un consenso talmente grande, sia di pubblico sia di critica, che non fu nemmeno necessario promuoverlo con l'uscita di un singolo. La copertina era decisamente artistica e originale, così come i sette brani firmati da Lennon-McCartney e il primo firmato da Harrison intitolato Don't Bother Me. Divennero celeberrime All My Loving, ripresa da molti altri artisti, e I Wanna Be Your Man, con la quale i Rolling Stones centrarono il loro primo successo commerciale. Accanto all'intensa attività in studio, si susseguivano senza sosta i concerti e i tour in vari Paesi del mondo.

La scalata al successo – Le tournée (1963-1966)

 
McCartney, Harrison e Lennon con la cantante Lill-Babs alla televisione svedese (ottobre 1963)

Per la seconda volta dopo il 1960, la Scozia accolse i Beatles in un minitour dal 3 al 6 gennaio 1963. Questa esperienza permise ai quattro musicisti di uscire dalla routine delle esibizioni nello stesso club. John considerò il tour scozzese del 1963 «un sollievo. Cominciavamo a sentirci limitati, senza sbocchi. […] L’esperienza di Amburgo era ormai superata»[18]. Ancora più motivante fu la tournée successiva come gruppo di spalla di Helen Shapiro che si svolse dal 2 febbraio al 3 marzo dello stesso anno e che toccò quattordici centri inglesi. Il tour contribuì al definitivo amalgama di Ringo con gli altri tre Beatles e all’affiatamento del gruppo. Di nuovo John giudicò che «cambiare ogni sera locale fu un vero toccasana»[19]. Tornati a Liverpool il 4 marzo, dopo cinque giorni con altri artisti erano nuovamente in tournée – che sarebbe durata fino al 31 marzo – per le maggiori piazze inglesi, sempre più popolari fra il pubblico dei concerti, sempre più in risalto nei cartelloni pubblicitari e sempre più importanti tanto da essere loro a esibirsi in chiusura degli spettacoli[20].

In seguito, con le apparizioni televisive negli show musicali, la loro immagine innovativa, la pettinatura, i vestiti, essi conquistarono un istantaneo seguito tra gli adolescenti inglesi. Iniziò così la beatlemania: ogni loro concerto fu presto caratterizzato dalle urla assordanti delle fan che rendevano impossibile ascoltare il suono che producevano[21]. Erano inoltre costretti a rocambolesche fughe per evitare l'assalto delle orde di ammiratrici. Ben presto altri gruppi imitarono il loro look e il loro repertorio. Inizia così una fase nuova nella musica pop.

 
I Beatles al Teatro Adriano di Roma nel giugno 1965

Le scene di delirio collettivo che si erano verificate oltre Atlantico nel febbraio del 1964, in occasione della loro apparizione all’Ed Sullivan Show e dei concerti al Washington Coliseum e a Miami e poi durante il primo vero tour dell'estate successiva che li lanciava sul mercato americano sembravano intramontabili. Durante l'apparizione all’Ed Sullivan Show il numero di crimini riportati a New York fu molto vicino allo zero, e quelli minorili praticamente si azzerarono[22]. George Harrison affermò nel film The Beatles Anthology: «Anche i criminali si fermarono a guardarci!» prendendo spunto dalle notizie, forse un po' sensazionalistiche, apparse sui quotidiani anglo-americani dell'epoca.

Il 10 luglio 1964 venne dato alle stampe A Hard Day's Night: il film omonimo fu un vero e proprio tributo alla Beatlemania; l'idea portante era di riprendere 36 ore della vita dei quattro musicisti nello stile di un documentario. A Hard Day's Night si rivelò il loro migliore album fino a quel momento e per la prima volta un loro LP conteneva esclusivamente brani originali (fra l'altro tutti firmati dalla coppia Lennon/McCartney, caso unico nella discografia dei Beatles). Il disco viene ricordato anche per l'introduzione della Rickenbacker elettrica a dodici corde, e del rivoluzionario stile, contemporaneo a quello dei Byrds di Roger McGuinn. John Lennon con A Hard Day's Night incominciò a comporre una lunga serie di brani a sfondo filosofico-esistenziale-politico-sociale e non a caso i suoi libri, in quel periodo, ottennero premi letterari e riconoscimenti un po' ovunque. Paul McCartney si specializzò sempre di più nella produzione di canzoni melodiche, sentimentali e accattivanti come And I Love Her e Eight Days a Week, mostrando però una accuratezza tecnica sempre maggiore.

In quella fase creativa del gruppo, una parte di rilievo fu giocata dal loro incontro con le droghe “naturali”. Durante la tournée statunitense di agosto-settembre 1964, nella suite in cui alloggiavano, i Beatles fecero conoscenza con il folk-singer americano Bob Dylan che, vistesi offrire delle pasticche sintetiche – del tipo che essi assumevano come stimolanti durante la gavetta di Amburgo –, propose ai quattro in alternativa «qualcosa di più naturale [..] un po’ di marijuana»[23], con risultati esilaranti per tutti[24].

 
Giugno 1965: i Beatles in una celebre foto dell'Agenzia Farabola mentre si esibiscono nel concerto pomeridiano al velodromo Vigorelli

Instancabilmente proseguirono i loro tour dopo la pausa di quattordici giorni dovuta alla registrazione dell'album; le scene di folle deliranti, composte soprattutto da ragazze urlanti, culminarono con lo storico concerto dell'agosto 1965 allo Shea Stadium di New York, davanti ad un pubblico di 55.000 persone, e si sarebbero ripetute sempre uguali dall'Europa all'Australia.

Attesi spasmodicamente anche in Italia, nel giugno del 1965 i Beatles effettuarono un mini-tour italiano – organizzato dall'impresario Leo Watcher – e in ciascuno dei concerti – uno al pomeriggio e uno alla sera – suonarono per poco più di mezz'ora (preceduti da artisti rock italiani molti dei quali della scuderia Carisch come Angela, Peppino Di Capri, Fausto Leali e i New Dada); nonostante la brevità della performance dei Beatles, i fan che accorsero ad ascoltarli al Velodromo Vigorelli di Milano, al Palasport di Genova e al Teatro Adriano di Roma ne rimasero entusiasti. Fu quella l'unica volta che suonarono in Italia.

Nel giugno del 1965, nel pieno della loro carriera, venne annunciato che i componenti del complesso sarebbero stati insigniti della onorificenza di Membri dell'Ordine dell'Impero Britannico dalla regina Elisabetta II[25]. La nomina avvenne a seguito di richieste popolari, e fu sostenuta dall'allora Primo Ministro Harold Wilson[26]. La consegna dell'onorificenza avvenne il 26 ottobre 1965 a Buckingham Palace, in un'atmosfera cordiale stando a quanto riferito dagli stessi Beatles[27]. La motivazione ufficiale del riconoscimento evidenziò più che i loro meriti artistici quelli economici; infatti i Beatles avevano fatto da traino alla zoppicante economia inglese che trovò un immediato giovamento dal made in England artistico diffusosi ormai in quasi tutto il pianeta. Conviene rammentare che raramente nel passato la Gran Bretagna aveva esportato cantanti, canzoni e composizioni e ormai veniva considerata una colonia americana per la musica leggera[28] e una colonia italiana per il bel canto. (Anni più tardi, nel 1969, Lennon rinuncerà alle onorificenze restituendo la medaglia alla regina: fu un gesto clamoroso con cui intese protestare per il ruolo del Regno Unito nel Biafra e contro l'appoggio agli Stati Uniti in Vietnam e per il fatto che il suo disco Cold Turkey non arrivò in cima alla Hit Parade[29]. Nel 1997, invece, Paul McCartney sarà promosso al grado di Cavaliere dell'Ordine dell'Impero Britannico, il che comporta il diritto al titolo di Sir davanti al nome[30].)

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Il Candlestick Park, in una foto del 1960

Nel loro ultimo tour americano del 1966, subirono invece contestazioni da parte di alcuni gruppi di fanatici religiosi a causa di alcune dichiarazioni di John Lennon sulla presunta maggiore popolarità ed incidenza dei Beatles rispetto a quella di Gesù Cristo[31]. I giornalisti li assillarono continuamente su questo tema finché Lennon riuscì a chiarire le sue tesi un volta per tutte e a calmare un po' le acque[32]; i quattro musicisti però vissero ugualmente l'ultima fase della tournée con il terrore di essere bersaglio di qualche attentato[33]. Stressati dal clima minaccioso e logorati da anni di sfibranti tournée, i Beatles decisero che la loro ultima esibizione dal vivo sarebbe stata il concerto che tennero al Candlestick Park di San Francisco, il 29 agosto del 1966.

Verso la maturità musicale (1964-1965)

 
Paul, George e John durante un'esibizione alla TV tedesca nel 1964

Il poco tempo lasciato libero dalle tournée che si susseguivano a ritmo battente causò il passo indietro di Beatles for Sale, uscito il 27 novembre 1964. Il titolo sardonico ma emblematico, ideato da John Lennon, rifletteva le stesse impressioni del brano più gettonato che fu Eight Days A Week; la stanchezza aleggiava tra le note dell'album nonostante il più alto numero di cover presenti, ben sei, e per di più prese in prestito da autori della fama di Buddy Holly, Chuck Berry, Little Richard. Per queste ragioni viene considerato l'album meno incisivo del gruppo[34].

Tale lavoro fu però un passo necessario per consentire il percorso evolutivo musicale esplicato dapprima con Help!, altro album di supporto a un film omonimo piuttosto auto-indulgente nel quale i Beatles istrioneggiarono, evidenziando più che altro il buon talento recitativo di Ringo Starr e un certo disinteresse di John Lennon per le riprese (proprio lui in seguito otterrà premi cinematografici con la pellicola Come vinsi la guerra). Il disco evidenziò da una parte la passione di Lennon per Dylan manifestata nella ballata Youve Got to Hide Your Love Away e la sua ricerca di testi sempre più elaborati e impegnati, dall'altra la continua ricerca di brani melodici, romantici, ma indimenticabili condotta da Paul McCartney e culminata nella evergreen Yesterday.

Help! fu pubblicato nell'agosto 1965 e solo quattro mesi più tardi la loro evoluzione li portò al risultato straordinario di Rubber Soul, album raffinato e ricercato in cui compare per la prima volta nella musica leggera occidentale il suono del sitar indiano, e le cui le sonorità presero il sopravvento sui temi trattati nei primi anni di carriera, volutamente non impegnati e frivoli, atti a conquistare più pubblico possibile. I Beatles erano adesso pronti anche a mettere pubblicamente su disco le riflessioni sul proprio ruolo di star e sull'importanza che essi, all'inizio incoscientemente e, man mano, sempre più volontariamente, stavano assumendo nel panorama della musica occidentale e degli usi e dei costumi.

 
Immagine tratta dal trailer distribuito in USA del film Help!

Percepivano di trovarsi al centro del mondo occidentale avendo conquistato, per primi nella storia della musica moderna, fans trans-generazionali (dai teen-ager fino agli adulti e persino agli anziani); seguirono quindi la via della sperimentazione per innumerevoli motivi, cercando anche di stupire, di ammaliare e di guidare con ogni opera e ad ogni atto pubblico i loro fans. Assursero al ruolo di "profeti", più che ascetici, però, "mondani", necessari a una massa in divenire alla ricerca di nuovi punti di riferimento. E cominciò anche l'uso di stupefacenti come l'LSD, che ispirarono direttamente il testo e le suggestioni psichedeliche di molti loro brani.

Rubber Soul venne pubblicato nel dicembre del 1965. L'album è pervaso da una atmosfera misticheggiante, le musiche appaiono fresche, imprevedibili, trascinanti; Paul McCartney confermò i suoi talenti in Drive My Car orchestrata da un piano straripante e virtuoso, da una chitarra scintillante, e dalle voci allusive e sbeffeggianti, mentre con Michelle cantò un inno all'amore dolciastro e sentimentale meritevole di innumerevoli cover; John Lennon raggiunse picchi di umorismo sardonico memorabili nelle sue indimenticabili ballate: in Norwegian Wood, compose un quadretto di un'avventura extraconiugale tanto grottesca quanto esistenzialista; in Nowhere Man, delineò un ritratto dell'uomo medio contemporaneo proteso verso falsi e inutili traguardi a causa della perdita del senso della vita; in Girl e In My Life la vena ironica si accostò perfettamente a quella nostalgica e a quella romantica.

La vetta artistica (1966-1967)

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L'arrivo dei Beatles all'aeroporto di Tokyo-Haneda, Giappone (1966)

La maturità artistica del gruppo di Liverpool è da molti critici considerata il biennio 1966-67. Nel 1966 viene pubblicato Revolver, che molti critici musicali ritengono un picco nella creatività dei Beatles[35]. Il nuovo LP iniziò la fase in cui la musica dei Beatles prendeva forma in lunghe e articolate sessioni in studio, con l'assistenza di Geoff Emerick, giovane tecnico assunto in EMI cinque anni prima all'età di 15 anni, piuttosto insofferente alle normative consolidate da anni ad Abbey Road riguardanti le metodologie da usare nella presa del suono. Emerick sfruttò con abilità tutte le risorse fornite dalla primitiva tecnologia dell'epoca, ne introdusse di assai innovative, e così vennero alla luce capolavori sul piano del suono, che sarebbe stato impossibile riprodurre in concerti dal vivo. Revolver parlò di amore, di droga, ma anche di tasse con il pezzo di apertura Taxman, critico verso i politici inglesi dell'epoca, composto e cantato da George Harrison. Parlò anche di morte con Tomorrow Never Knows di John Lennon che si era ispirato al Libro tibetano dei morti con la voce immersa tra suoni di nastri riprodotti al contrario, anticipando Sgt. Pepper's; le canzoni di McCartney Eleanor Rigby, For No One, Good Day Sunshine e Here, There and Everywhere raggiungeranno una nitidezza non più eguagliata. I suoni si arricchirono di strumenti indiani e di molte altre innovazioni elaborate in studio in modo artigianale ma dalla grande resa finale.

Cominciarono gli anni delle lunghe sedute di registrazione in studio: non potendo riprodurre dal vivo le complesse sonorità dei brani presenti sui loro dischi a partire da Revolver, ma anche estenuati dalle tournée mondiali con tumultuose esibizioni in cui il suono del gruppo era letteralmente sommerso dalle urla delle fan, preoccupati per le prime minacce piovute dai fanatici religiosi e infine allettati dall'ambizione di entrare nei libri di storia, non solo musicale, i Beatles interruppero l'attività dal vivo e si dedicarono esclusivamente all'attività in studio di registrazione. Fu questa una scelta dolorosa per Brian Epstein che si sentì a quel punto persino inutile e ingombrante, anche se fu proprio lui a spingere i Beatles verso il progetto di una etichetta indipendente.

Il 1º giugno del 1967 fu pubblicato il disco considerato da molti il più importante della storia del rock: Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band, inizialmente pensato come un concept album che avrebbe dovuto rievocare gli anni della loro infanzia e adolescenza a Liverpool. Il titolo nacque su idea di Paul McCartney che voleva creare una nuova identità al gruppo. Tuttavia, esigenze contrattuali imposero che venissero commercializzati come 45 giri i due brani del progetto già registrati: Penny Lane e Strawberry Fields Forever. Veniva così pubblicato un 45 giri dal doppio lato A, cioè con due pezzi di pari livello (cosa questa "inventata" proprio per i Beatles, e avvenuta per la prima volta nel 1965 con "Day Tripper" / "We Can Work It Out"). Ciononostante, Sgt. Pepper conservò un'apparente compattezza, dovuta alle innovazioni sonore introdotte e al momento particolarmente ricettivo del pubblico, a dispetto della disomogeneità qualitativa dei brani presenti nel disco. Anni dopo, John Lennon rivendicherà l'individualità dei suoi pezzi (Lucy in the Sky with Diamonds, A Day in the Life i più notevoli) affermando che sarebbero potuti stare in qualunque 33 giri dei Beatles, negando implicitamente che Sgt. Pepper fosse un concept album.

 
Geoff Emerick (a sinistra), qui insieme al musicista polacco Maciek Miernik (2003)

L'uscita del disco provocò uno strappo nel panorama musicale mainstream: tutto, dalla copertina, ai suoni, alla chiusura con la "epica" e "apocalittica" A Day in the Life, era la riproposizione in chiave "moderata" e popolare delle pietre miliari del 1966 americano, ovvero gli album dei Byrds, Beach Boys (Pet Sounds) e Bob Dylan (Blonde on Blonde). Finalmente l'Europa per prima e il grande pubblico internazionale poi, legittimavano testi e suoni che fino ad allora avevano rappresentato la cultura alternativa, il prodotto dell'underground giovanile. Da questo momento la musica pop poteva a ben diritto essere considerata arte. Nella copertina c'è un messaggio ironico all'indirizzo del loro gruppo rivale, costituito dalla frase "Welcome The Rolling Stones" stampata sulla maglietta di un pupazzo dalle fattezze di una bimba col viso di Shirley Temple. Jimi Hendrix rese onore all'uscita dell'album producendo rapidamente una cover del brano di apertura spesso eseguita durante i suoi concerti.

Il 25 giugno il gruppo registrò dal vivo negli studi EMI la lennoniana All You Need Is Love che assurgerà al ruolo di inno dei figli dei fiori e dei movimenti di protesta sessantottini; lanciata in mondovisione durante la prima trasmissione internazionale televisiva via satellite, rappresentò simbolicamente tutto il movimento artistico musicale britannico e la nascente generazione dell'amore. Famosi ma non infallibili: così i Beatles si scoprirono in quella estate: tra le altre cose, il loro terzo film (destinato alla televisione) Magical Mystery Tour, di cui firmano - e sarà l'unica volta - la regia, si rivelerà un fiasco.

Tuttavia il progetto musicale alla base del film non è senza interesse. Magical Mystery Tour uscì come EP in Gran Bretagna con le sole sei canzoni del film, mentre in America (e in Italia) fu pubblicato un LP comprendente tutti i singoli del 1967, tra cui Strawberry Fields Forever e Penny Lane, i due grandi esclusi di Sgt. Pepper. Magical Mystery Tour venne concepito come un piccolo Sgt. Pepper, con la roboante canzone iniziale, appunto Magical Mystery Tour, di McCartney, un corpo centrale, e un pezzo finale di John Lennon, I Am the Walrus, dal sapore squisitamente psichedelico; ispirata da un poema di Lewis Carroll, The Walrus and the Carpenter, contenuto in Alice nel Paese delle Meraviglie, è una delle canzoni più notevoli in assoluto di John Lennon (gli Oasis, grandi estimatori dei Beatles, la inserivano spesso tra i brani finali dei loro concerti). Altro brano rilevante era The Fool on the Hill, composto da un lirico Paul McCartney.

Quella stessa estate, il loro "scopritore" e manager storico Brian Epstein sarebbe stato trovato morto nella sua stanza, per un letale mix di alcool e psicofarmaci. La complessa macchina organizzativa e soprattutto amministrativa del gruppo si trovò così all'improvviso senza una guida.

Primi contrasti (1968)

 
Il guru Maharishi (1973)

Il 1968 si aprì con un viaggio in India a Rishikesh, presso il Maharishi Mahesh Yogi, alla scuola di pensiero della "Rigenerazione spirituale" di cui i Beatles erano nel frattempo diventati adepti. Al ritorno dall'India, John e Paul volarono a New York per il lancio della loro società di produzione ribattezzata "Apple" e che aveva per simbolo una mela verde. Con la loro società, essi spiegarono, volevano offrire la possibilità a tutti gli artisti che avevano qualcosa da dire, fossero essi musicisti, scrittori, cineasti, di potersi esprimere senza passare dalla dura gavetta e dalla spasmodica ricerca di qualcuno che gli desse fiducia come era capitato a loro[36].

Paul disse in una conferenza stampa che l'idea era quella di un "comunismo occidentale"[37]. Di fatto, l'attività principale della Apple fu la produzione dei loro dischi, che dal White Album in poi iniziarono ad apparire con l'etichetta della mela verde, intera su un lato del disco e tagliata a metà sull'altro. Si trattò di un'impresa velleitaria che risucchiò molto denaro e dette risultati assai modesti rispetto alle aspettative artistiche, anche se alla fine uscirono per la Apple dischi di autori di talento, come il giovane James Taylor.

Con il contributo anche di molti brani composti durante il loro soggiorno presso l'ashram himalayano del Maharishi, conclusosi con una certa delusione da parte loro, nacque il doppio The Beatles (soprannominato White Album per la copertina completamente bianca), uscito nel novembre del 1968. Nel disco è evidente come il gruppo stesse perdendo la propria coesione, in quanto ogni brano riporta l'identificabile cifra stilistica del suo autore, ma anche in positivo il prepotente emergere come compositore di George Harrison (sua infatti la notevole While My Guitar Gently Weeps, che si segnalò anche per l'inedita presenza alla chitarra solista di Eric Clapton).

Ma il disco, oggi ampiamente rivalutato dalla critica e dai più grandi artisti, non riscosse lo stesso consenso dei precedenti, ed essi stessi si accorsero di non avere tra loro quella sintonia dei primi tempi. Nonostante questo, l'album presenta particolarissimi spunti innovativi psichedelici e di musica ambient-alternativa come Revolution 9 e alcune sonorità di contaminazione jazz, blues e musica etnica. In quel periodo i percorsi della musica cosiddetta "alta" e della musica "bassa", per così dire, si incrociarono e da questi accostamenti nacquero progetti, suite, opere sempre più avveniristici.

Per questi motivi e per rimediare ai sempre più frequenti contrasti interni (dovuti anche alla presenza ingombrante della nuova compagna di Lennon, Yoko Ono), nacque l'idea di "tornare alle origini" con un disco più spontaneo e meno ricercato, registrato in diretta senza le ricercatezze e le elaborazioni in studio dei loro ultimi lavori. Il progetto, dal nome Get Back, prevedeva anche un film sulla sua realizzazione e il ritorno a una performance dal vivo.

 
Billy Preston, tastierista in Let It Be, in una foto del 1974

Le riprese delle sedute di registrazione furono affidate al regista Michael Lindsay-Hogg. Venne così immortalato un litigio tra Paul e George a proposito del modo in cui il chitarrista "interpretava" la musica di McCartney: un episodio che ben rifletteva le tensioni latenti nel gruppo.

Le riprese, iniziate negli inospitali studi cinematografici di Twickenham a Londra, poi abbandonati per uno studio casalingo alla Apple Records in Savile Row, sarebbero diventate un film uscito con lo stesso titolo dell'album, Let It Be - Un giorno con i Beatles, destinato a restare – e a farli restare – nella storia della musica pop. Dopo molte ipotesi, tra cui quella di tenere un concerto di chiusura su una nave o suonando in un locale "a sorpresa" e all'insaputa del pubblico, il palcoscenico, l'ultimo stage, divenne la terrazza del loro quartier generale londinese, la Apple, al numero 3 di Savile Row dove, il 30 gennaio del 1969, ebbe luogo il loro ultimo concerto dal vivo.

Il pubblico era costituito, oltre che dagli operatori addetti alle riprese cinematografiche del concerto, da una manciata di fortunatissimi curiosi, per lo più impiegati dello stesso stabile, che scalando comignoli e tetti, mai potevano immaginare che sarebbero stati fortunati testimoni di un evento. In strada, per contro, decine e decine di bobbies (poliziotti) faticavano a tenere a bada ancora una volta l'ennesima (e ultima) massa di fans che avevano appreso in qualche modo la notizia della performance. Ma subito dopo l'interesse dei quattro per Get Back calò ed essi si dedicarono a diversi progetti solisti che avevano già pronti nel cassetto.

La fine (1969-1970)

 
Le strisce pedonali di Abbey Road, immortalate nella copertina del disco omonimo

Con la scusa dei ritardi nella confezione dell'album e nella postproduzione della pellicola, Get Back venne più volte rimandato. I problemi erano effettivamente altri: i piccoli rancori personali e i grandi disastri finanziari scaturiti dalla Apple. L'ingresso del manager Allan Klein, destinato a risanare il grave deficit, fu osteggiato dal solo Paul, il quale propose lo studio dell'avvocato Eastman, suo suocero. Su quella disputa, importante ma in altri tempi probabilmente superabile, i quattro ruppero del tutto i rapporti, e poco dopo persero anche il controllo sulla Northern Songs, che controlla tuttora i diritti editoriali di quasi tutto il catalogo dei Beatles.

L'unica che premeva per avere un disco nei negozi entro la fine dell'anno era la EMI, che riuscì a mandare in porto una tregua temporanea: tra luglio e agosto, negli studi di Abbey Road, richiamato George Martin che li aveva abbandonati dopo il White Album perché stanco dei continui litigi, i Beatles scrissero, provarono e registrarono le ultime canzoni della loro storia. Neppure un mese dopo fu pronto Abbey Road, il testamento artistico che conteneva capolavori quali Come Together, Here Comes the Sun, She Came In Through the Bathroom Window e Something. In Abbey Road i Beatles utilizzarono il moog (celebre sintetizzatore di suoni) nella canzone Because. Il disco è l'ultima opera dei Beatles, molto più significativo, compatto, omogeneo dell'ancora inedito Get Back, già pronto ma lontano dal vedere la luce.

Alla fine di quello stesso 1969 il tecnico del suono Glyn Johns ricevette l'incarico di rimettere mano a Get Back, in previsione della pubblicazione del film, programmato per il maggio dell'anno seguente. A quel punto però il gruppo era diviso: da un lato Paul, dall'altro i compagni e soprattutto John e Yoko (sempre più presente in sala di registrazione).

File:Lennon Ono Trudeau 1969 c.jpg
John Lennon e Yoko Ono (1969)

Mentre McCartney stava registrando i brani del suo primo album da solista, Lennon aveva da poco esordito in concerto con il suo nuovo gruppo, la Plastic Ono Band. Il 3 gennaio del 1970, Paul, George e Ringo effettuarono l'ultima seduta a nome Beatles e registrarono una canzone di Harrison, I Me Mine, ultima aggiunta all'album. Poche settimane dopo, Paul comunicò ai compagni l'intenzione di abbandonare il gruppo. Dopo l'uscita di Abbey Road, Harrison e Lennon (all'insaputa di McCartney) chiamarono l'affermato produttore Phil Spector per affidargli i nastri di Get Back: Spector rielaborò radicalmente molte canzoni, e ne uscì un album che, considerato il fatto di essere registrato praticamente alla vecchia maniera, tutto suonato dal vivo pezzo per pezzo, è oggi reputato un eccezionale esempio di coraggio di un gruppo che tornava a mettersi in discussione per l'ennesima volta.

Il prodotto è l'album Let It Be, che sarebbe uscito un mese dopo l'intervista con cui McCartney annunciò l'abbandono del gruppo (dopo aver ascoltato le modifiche apportate da Spector alla sua The Long and Winding Road). Fu l'atto finale. Seguiranno diverse cause legali, ma anche quattro carriere soliste certo non paragonabili tra loro (e difficilmente accostabili a quella del complesso unito), e una eredità pesantissima. A distanza di più di trent’anni, nel 2003 fu pubblicata la versione originale dell'album senza nessun ritocco e artificio, Let It Be Naked, disco campione d'incassi ancora una volta, e che consacrò, anche nel nuovo millennio, il gruppo di Liverpool.

"Mitologia"

Le molte (e controverse) informazioni sul gruppo nel suo insieme o sui singoli componenti - rilanciate dalla stampa specializzata e non in una sorta di caleidoscopico tam-tam mediatico - hanno spesso generato leggende e falsi miti tra coloro che nel corso degli anni ne hanno seguito vita e carriera.

La nascita del nome

Informazioni controverse e leggende si intrecciano a proposito della creazione della parola macedonia "Beatles", scelta come nome definitivo del gruppo nell'agosto del 1960.

È un fatto che "Beatles" fu il punto di arrivo di un percorso che portò il gruppo di Lennon, a cui si unirono in seguito McCartney e Harrison, a chiamarsi, anche per periodi molto brevi, con i seguenti nomi: "Black Jacks", "Quarrymen", "Johnny and the Moondogs", "Beatals", "Long John and the Silver Beetles", "Silver Beats", "Silver Beatles".[38]

"Beatals", simile nella pronuncia a "beetles" (coleotteri, scarabei), secondo il giornalista Bill Harry fu suggerita da Stuart Sutcliffe come un riferimento al gruppo di Buddy Holly "The Crickets" (I grilli). In una ricostruzione più tarda, Derek Taylor, press agent dei Beatles, sostenne invece che l'idea era venuta a Sutcliffe dopo aver visto il film The Wild One (in italiano Il selvaggio), in cui Marlon Brando ha a che fare con una gang di motociclisti chiamati "Beetles". Sutcliffe suggerì questo nome e Lennon, con uno dei suoi tipici giochi di parole, lo trasformò in "Beatles" per richiamare "beat" (battito, ritmo). Questa versione è però contestata da Bill Harry in quanto il film fu bandito in Gran Bretagna fino alla fine degli anni sessanta[38][39].

L'associazione in italiano fra il nome dei Beatles e quello degli scarafaggi è in realtà un errore grossolano anche se radicato: il nome comune inglese dello scarafaggio è cockroach, mentre con beetle si indicano genericamente i Coleotteri, come i maggiolini o gli scarabei. L'errore, presumibilmente solo italiano, è probabilmente nato da una traduzione infelice del termine beetle e da una conoscenza approssimativa degli Insetti[40][41].

Infine la "leggenda": Lennon dichiarò a più riprese di avere avuto a dodici anni la visione di un uomo che arrivava dal cielo su una torta fiammeggiante ("flaming pie") dicendo con tono biblico: «Voi sarete Beatles, con una 'a'»[38][42], rivendicando così la paternità del nome[38]. A ricordo di questo, Flaming Pie nel 1997 divenne il titolo di un album di Paul McCartney.

Morte di Paul

  Lo stesso argomento in dettaglio: Leggenda della morte di Paul McCartney.

La leggenda più nota, forse la prima leggenda metropolitana del rock, fu quella della morte di Paul McCartney (Paul Is Dead, PID): nel 1969 fu fatta circolare una voce secondo la quale il bassista sarebbe deceduto nel 1966 in un incidente stradale, e sarebbe stato sostituito da un sosia. La leggenda fu poi smentita, ma in qualche modo continuò a suscitare dubbi e interrogativi; alcuni accusarono gli stessi Beatles di averla alimentata di proposito; se ad esempio si ascoltano al contrario i secondi finali della canzone I'm So Tired, si può sentire John Lennon pronunciare le parole "Paul is dead, miss him... miss him" ("Paul è morto, mi manca... mi manca").

Altri divertenti "indizi" inseriti nei pezzi per alimentare la fantasia dei fan si possono trovare in Glass Onion (White Album), dove Lennon dice: " [...] Well here's another clue for you all, The walrus was Paul." ("C'è un altro indizio per tutti voi, il tricheco era Paul."; il tricheco secondo religioni che fanno capo all'esoterismo è simbolo di morte) o nel pezzo di Ringo Starr Don't Pass Me By, dove canta: "you were in a car crash and you lost your hair [...]" ("hai avuto un incidente in macchina e hai perso i capelli"). Inoltre la copertina dell'album Abbey Road mostra i quattro che attraversano la strada, come in una marcia funebre nella quale John vestito di bianco sarebbe l'angelo, Ringo in nero rappresenterebbe la morte e George sarebbe vestito da becchino. Tutti al passo con lo stesso piede tranne Paul, che fra di loro è il solo scalzo con una sigaretta nella mano destra (Paul era mancino) mentre l'automobile sulla sinistra è targata con la sigla "LMW 28 IF", interpretabile come "28 SE", cioè se Paul fosse ancora vivo, avrebbe 28 anni (in effetti, nel 1969 il Beatle compiva 27 anni).

Anche la copertina del disco Sgt. Pepper celerebbe due "indizi": sul fronte la composizione di fiori a forma di basso rappresenterebbe lo strumento per mancini di Paul; lo stesso Paul è l'unico con uno strumento in mano (un oboe nero) e sulla sua divisa può leggersi la sigla O.P.D. (Officially Pronounced Dead, ufficialmente dichiarato morto). Degno di nota è il particolare della bambola sulla destra con una macchina bianca (la stessa del fantomatico incidente) in grembo. Inoltre la figura di vecchietta che tiene la bambola sulle ginocchia, indossa un guanto da automobilista macchiato di sangue.

Il sosia si chiamerebbe William Campbell, un ex poliziotto ad Ontario, che si sarebbe sottoposto a delicati interventi di chirurgia estetica per assomigliare al Beatle. Questo spiegherebbe la decisione, secondo i seguaci della teoria, da parte dei Fab Four di non suonare più dal vivo. Gli indizi non sono tutti qui, ce ne sono infiniti altri che si possono estrapolare da siti dedicati proprio alla leggenda metropolitana del "P.I.D." (Paul Is Dead). Ultima fonte di incertezza arriva dall'Italia. Infatti le analisi sul cranio del bassista effettuate da due esperti connazionali, inizialmente tese alla definitiva smentita della leggenda, hanno confermato divergenze tra curva mandibolare, padiglioni auricolari, denti e palato nelle foto prima e dopo il 1966 creando sconcerto. Comunque, deve essere sottolineato un fatto: il presunto "sosia", negli anni seguenti alla presunta morte, è riuscito a comporre canzoni di enorme successo (anche dopo lo scioglimento del gruppo), a fondare i Wings, ad essere tuttora presente nel mondo della musica e dello spettacolo. Inoltre, anche se tutta la storia degli interventi chirurgici fosse vera, il sosia avrebbe dovuto ingannare amici, parenti del "defunto" oltre che il mondo intero e la stampa, ed avere la stessa voce del cantante scomparso.

Lo spinello di Buckingham Palace

«Ovviamente, quando qualcuno si trova a palazzo per una investitura, i servizi igienici sono a sua disposizione…»

La voce che i Fab Four avessero fumato uno spinello nelle toilettes di Buckingham Palace poco prima di presentarsi davanti alla regina per ricevere la medaglia dell'Ordine dell'Impero Britannico venne alimentata dalle dichiarazioni di John Lennon, ma in seguito George Harrison dichiarò che si era trattato di semplici sigarette.[43] Le dichiarazioni di Lennon seguirono le posizioni pubbliche che i Beatles assunsero nel 1967 contro le leggi che criminalizzavano in Gran Bretagna il consumo della cannabis, in particolare in residenze private.[44]

Importanza musicale e culturale

Lascito artistico

 
I Beatles al Teatro Adriano di Roma nel giugno 1965

Il nome stesso del gruppo evoca l'humus musicale in cui erano cresciuti: la musica beat (o merseybeat, dal nome del fiume Mersey che attraversa la loro città natale), un nome collettivo che richiamava impropriamente la corrente letteraria statunitense detta Beat generation, ma in realtà si riferiva al battito come unità del ritmo[45].

Fin dall'inizio, le canzoni dei Beatles non si limitarono ad attingere al rock'n'roll e al blues, ma accolsero diverse influenze musicali, dallo skiffle, allo stile Motown. A questa varietà di stimoli si aggiunsero via via la competizione con i rivali britannici Rolling Stones, il rapporto con Bob Dylan, il confronto a distanza (e i reciproci influssi) con i Monkees, i Byrds e soprattutto i Beach Boys[46]; e ancora la fascinazione per l'India, per le avanguardie musicali e per tutti i movimenti nascenti ma ancora sotterranei o poco noti (basti pensare alla comunità hippy di San Francisco visitata dai Beatles per trarne una fonte di ispirazione).

Fondamentale fu anche l'apporto nel campo delle innovazioni tecnologiche, che essi utilizzarono ed esplorarono con curiosità per la registrazione e la manipolazione del suono[47]. Durante gli anni trascorsi dal gruppo negli studi di Abbey Road, proprio per concretizzare le loro idee musicali furono elaborate soluzioni sonore, apparecchiature e tecniche ancora in uso dopo decenni[48], nonostante il fatto che l’evoluzione tecnica, partita dai registratori a nastro a quattro piste, dai semplici oscillatori audio e dai microfoni Neumann a valvole, abbia nel frattempo portato all'uso dei computer e delle tecnologie digitali. Dopo quasi quindici anni dalle produzioni più innovative dei Beatles, il tecnico Jerry Boys dichiarò nel 1980 che certi suoni presenti in quelle composizioni «sono ancora impossibili da creare, persino con le moderne attrezzature computerizzate a quarantotto piste.»[49] Nelle innovazioni tecniche del periodo rientrano a pieno titolo il mellotron e il moog, strumenti d'avanguardia che i Beatles furono i primi a utilizzare nelle loro creazioni musicali[50] e di cui successivamente avrebbero fatto largo uso diversi gruppi musicali (fra i piu noti i Pink Floyd, i Genesis, gli Yes, Emerson Lake and Palmer, i Who e i King Crimson), in particolare agli inizi degli anni settanta.

Per il sound psichedelico di alcuni brani dei Beatles (Tomorrow Never Knows, Lucy in the Sky with Diamonds, Strawberry Fields Forever, per citare solo alcuni esempi) si rivelò essenziale l'utilizzo in fase di mixaggio dei tape-loops, soprattutto a opera di Paul McCartney[51]. Durante i periodi in cui il gruppo si ritrovava in studio di registrazione, McCartney trascorreva parte del proprio tempo libero a incidere con un semplice registratore suoni naturali, percorrendo sentieri nei boschi, strade trafficate di città, luoghi pubblici. Il tutto, trasportato su nastro, sarebbe poi stato esaminato scrupolosamente al fine di comporre, come in una sorta di collage, suoni inediti. Si trattava di un meticoloso lavoro che consisteva nell'ascolto di migliaia di frammenti di nastro che venivano poi scelti, uniti e mixati. Validi esempi sono le sonorità diffuse da brani come Tomorrow Never Knows, Yellow Submarine e dagli album a partire da Sgt. Pepper's.

Con le loro doti creative e compositive, i Beatles sono riusciti a coniugare dei prodotti fruiti da una ampia massa di consumatori delle età più varie[52] – e perciò tendenzialmente di facile ascolto – con alcune opere sorprendentemente complesse e ricche di soluzioni originali. Secondo il giudizio di George Martin, Lennon e McCartney sono stati i Cole Porter e George Gershwin della loro generazione[53], opinione confortata dal grande numero di cover dei loro brani che si sono susseguite negli anni, a conferma della validità del loro canzoniere[54] e della loro influenza su gruppi delle generazioni musicali successive come i Queen e gli Oasis.

Eredità culturale

  Lo stesso argomento in dettaglio: Beatlemania.
 
Francobollo dedicato allo "Yellow submarine"

Le immagini che più simboleggiano l'impatto dei Beatles nella società del loro tempo sono le foto o i filmati di isteria collettiva che accompagnava i loro concerti e i loro trasferimenti nei logoranti tour da un continente all'altro[55], e queste scene testimoniano il fatto che il gruppo fu immediatamente un fenomeno musicale, commerciale e di costume di vastissima eco. Si diffusero gli stivaletti in pelle neri, gli abiti scuri abbottonati in alto e le zazzere a caschetto, nate al tempo dei loro concerti di esordio nei club dell'angiporto di Amburgo all'inizio degli anni sessanta.

Al di là della beatlemania, i Beatles ebbero negli anni un influsso non solo strettamente musicale ma anche culturale, letterario e sociologico. Oltre a innovare profondamente il panorama musicale degli anni sessanta, contribuirono all'evoluzione e all'affermazione di mode, costumi e stili di vita. Ad essi è associata la fioritura della Swinging London[56] uscita dal buio del dopoguerra, con le minigonne a quadretti in bianco e nero inventate da Mary Quant, indossate da Twiggy ed esposte nei mercatini di Carnaby Street.

L'immagine dei Beatles si affermò oltre i confini della Gran Bretagna e fu contigua anche a manifestazioni culturali internazionali come la psichedelia, il Flower Power e la cultura hippy[57]; le copertine dei loro album diventarono esse stesse prodotti artistici e in più casi oggetto di imitazione, proprio mentre oltreoceano fioriva la Pop Art di Andy Warhol. In un rapporto dialettico, i Beatles influenzarono e al tempo stesso incarnarono la gioventù occidentale nella sua presa di coscienza, intesa in vari sensi: estetica (i capelli lunghi, gli abiti), artistica (le contaminazioni musicali con la musica indiana e la musica d'avanguardia), politica (il pacifismo, l'opposizione alla guerra del Vietnam[58]), sociale (la sensibilità verso i temi dei diritti dei neri, dell'emancipazione femminile e dei diritti civili), culturale in senso ampio (il misticismo orientale, la filosofia indiana, l'uso delle droghe e le prese di posizione a favore della loro depenalizzazione[59], gli espliciti riferimenti al sesso), e queste influenze andarono nel tempo ben oltre lo scioglimento del complesso.

Con l'autorevolezza che gli deriva dalla sua esperienza e competenza, il compositore statunitense Aaron Copland evidenzia l'ampio spettro dell’influenza culturale del gruppo quando individua nel fattore Beatles la chiave di comprensione del decennio che li vide diretti protagonisti[60]:

«Se volete conoscere gli anni Sessanta, ascoltate la musica dei Beatles»

E la testimonianza dello scrittore e pittore Carlo Levi può aiutare a capire meglio e a decifrare in maniera più approfondita il fenomeno Beatles:

«Nei Beatles c'è un'eco di Stravinskij; sia negli uni che nell'altro vi è un languore che non si sa se attribuire più ad un'acerba giovinezza che ad un senso di mortale stanchezza»


A riprova dello spessore del loro lascito culturale, molte volte i Beatles, assieme o singolarmente, sono stati richiamati in opere musicali, cinematografiche, televisive e perfino ludiche, fino ai giorni nostri, ed è letteralmente impossibile citare ogni riferimento ai quattro musicisti. Quelli che seguono sono solamente alcuni esempi.


  • I King Crimson, nel loro album Lizard del 1970, misero in musica gli ultimi difficili momenti della carriera del gruppo di Liverpool. La terza traccia, dal titolo Happy Family, tratteggia le personalità dei quattro Beatles attraverso taglienti allusioni, alcune evidenti, altre oscure e criptiche. Nelle liriche di Happy Family compaiono nell’ordine ‘brother Judas’ (dietro cui si cela Paul McCartney), ‘uncle Rufus’ (Ringo Starr), ‘cousin Silas’ (George Harrison) e ‘nasty Jonah’ (John Lennon). Il riferimento al gruppo è ancora più evidente se si osserva la copertina dell’album. Essa è formata da quadri collegati alle diverse tracce, e in quello in alto a destra sono riconoscibili i bozzetti dei quattro musicisti.
  • Il musical Across the Universe, con colonna sonora basata sulle loro canzoni, contiene numerossisimi riferimenti ai Beatles.
  • Nella serie televisiva dei Simpsons compaiono, in forma di cartone animato
    • Ringo Starr nell'episodio "Spennellando alla grande" (2ª Stagione).
    • George Harrison nell'episodio "Il quartetto vocale di Homer" (5ª Stagione), che è un chiaro riferimento alla storia dei Beatles
    • Paul McCartney "Lisa la Vegetariana" (7ª Stagione)
    • John Lennon "La paura fa novanta XIX" nella seconda storia di Halloween "Come fare carriera nella pubblici-morte" si vede Lennon in paradiso che cavalca il "sottomarino giallo" (20ª Stagione)
    • Tutti e quattro a bordo dello "Yellow Submarine" quando Lisa viene anestetizzata nella puntata "Occhio per occhio, dente per dente" (4ª Stagione) riferendosi a canzoni quali "Lucy in the Sky with Diamonds" e "Help!"
  • Nella serie televisiva dei Griffin, nell'episodio speciale Something, Something, Something, Dark Side, compaiono i Beatles, sempre in forma di cartone animato, ma con lo stesso stile in cui sono disegnati nel film Yellow Submarine; la scena è, inoltre, un chiaro riferimento alla canzone Strawberry Fields Forever.
  • Una parodia dei Beatles è comparsa in un episodio della serie a cartoni animati Mignolo e Prof., "All you need is nacchio", prodotto dalla Warner Bros. Il quartetto porta qui il nome "Feebles"; nel cartone animato, il topo Mignolo prende il posto del guru Maharishi con il nome di "Topo-Arishi"; mentre dispensa consigli strampalati e canta insieme ai Feebles, il Prof. provoca quello che sarebbe il primo incontro tra "Jim Lemon" e "Yoyo Nono". Nell'episodio si citano le canzoni I Am the Walrus, Magical Mystery Tour, All You Need Is Love, Yellow Submarine, She Loves You, Give Peace a Chance.
  • Nel 2009, il publisher canadese EA ha pubblicato il videogioco The Beatles: Rock Band, dove è possibile ripercorrere le tappe più significative della carriera della band inglese suonando contemporaneamente chitarra, basso e batteria, oltre a cantare le loro canzoni.

Componenti del gruppo e collaboratori

I quattro componenti del gruppo erano:

 
Le cere dei quattro componenti del gruppo (da sinistra: Paul McCartney, Ringo Starr, John Lennon e George Harrison) al museo Madame Tussauds di Londra
  • Paul McCartney (James Paul McCartney, Liverpool, UK, 18 giugno 1942). Basso, voce solista, chitarra, pianoforte, batteria e, talvolta, il mandolino; condivide insieme a John Lennon la paternità della stragrande maggioranza dei brani dei Beatles; dopo i Beatles fondò il complesso dei Wings, sciolto nel 1980. È tuttora in piena attività. Particolare curioso: sua è la batteria in Back in the USSR, Dear Prudence e The Ballad of John and Yoko, brani registrati in assenza di Ringo Starr.
  • George Harrison (Liverpool, UK, 25 febbraio 1943 - Los Angeles, USA, 29 novembre 2001). Chitarra solista, sitar, talvolta voce solista e autore dei brani. Suoi sono brani spesso innovativi e diversi dalla linea melodica del gruppo, come Don't Bother Me o Within You Without You. Per i Beatles ha scritto, tra l'altro, anche While My Guitar Gently Weeps e Something. È morto il 29 novembre 2001 durante un soggiorno a Los Angeles (California) a causa di un carcinoma maligno. (Harrison ha sempre sostenuto di essere nato il 24 febbraio del 1943, sostenendo che il suo certificato di nascita fosse sbagliato, ma non gli è mai importato molto di correggere tale errore della sua biografia, per cui la data del 25 febbraio è valida).
  • Ringo Starr (Richard Starkey jr., Liverpool, UK, 7 luglio 1940). Batteria, percussioni e talvolta voce solista. Compose durante la sua carriera nei Beatles due canzoni soltanto: Don't Pass Me By e Octopus's Garden (scritta durante un soggiorno in Sardegna), che divenne molto celebre in tutto il mondo. Non particolarmente dotato dal punto di vista vocale, ebbe riservata in quasi tutti gli album una traccia da interpretare. Oltre a cantare i pezzi di sua composizione, venne scelto come voce solista in Boys, I Wanna Be Your Man, Honey Don’t, Act Naturally, What Goes On, Yellow Submarine, With a Little Help from My Friends, Good Night e in Matchbox, dell’EP Long Tall Sally. Rivelatosi particolarmente portato alla recitazione, fu il protagonista del film Help!, e mentre faceva ancora parte del gruppo recitò nel film The Magic Christian insieme a Peter Sellers.

Altre personalità hanno affiancato i Beatles sia prima della loro esplosione che durante la loro attività. La stampa e i fan si sono incaricati di creare la figura del "quinto Beatle" come personaggio a cui accreditare una parte di rilievo nel percorso artistico e personale del gruppo: un appellativo di volta in volta attribuito a diverse figure che ruotarono intorno alla storia del gruppo, ciascuna di esse con la propria fisionomia, funzione e importanza. Le principali a buon diritto sono:

  • Stuart "Stu" Sutcliffe (Stuart Fergusson Victor Sutcliffe, Edimburgo, UK, 23 giugno 1940 - Amburgo, Germania, 10 aprile 1962). Considerato a lungo il "Quinto Beatle", "Stu" Sutcliffe – figlio di un marinaio scozzese che si stabilì a Liverpool dopo la guerra – conobbe il coetaneo John Lennon alla scuola d'arte di quella città. Bassista della band, quando i Beatles nel 1961 tornarono in Inghilterra rimase ad Amburgo per continuare i suoi studi artistici e soprattutto per amore di Astrid Kirchherr, la fotografa e stilista tedesca che inventò le pettinature del gruppo e con la quale si era fidanzato. Un aneurisma cerebrale uccise il giovane Stu nel 1962, che morì tra le braccia della sua fidanzata. Non fu mai trattato e considerato come amico da Paul, tant'è che fra i due nacquero spesso litigi[61]. Nonostante tutto, fu proprio Stu a dare inconsapevolmente inizio alla moda del "Taglio Beatle", sperimentando per primo il nuovo quanto strano look[62]; da lui copiò il resto dei Beatles. Divenne con il tempo uno fra i migliori amici di John, tant'è che questi, in sua memoria, volle inserire il suo volto sulla copertina dell'album Sgt Pepper[63].
 
Pete Best, 2005
  • Pete Best (Peter Randolph Best, Madras, India, 24 novembre 1941). Batterista, era uno dei migliori strumentisti (nonché uno dei più famosi musicisti) di Liverpool. Molto del successo iniziale dei Beatles prima delle prime incisioni discografiche fu dovuto proprio alla sua notorietà. Per motivi mai del tutto chiariti, fu "licenziato" da John Lennon e Paul McCartney qualche settimana prima della messa sotto contratto da parte della Parlophone (agosto 1962). La responsabilità sembra potersi attribuire tuttavia a George Martin, che dopo il primo provino della band non era soddisfatto delle sue capacità (vedi sotto)[64]. Il posto di Pete fu preso da Ringo Starr. Successivamente, pur non rimanendo mai del tutto fuori dalla scena musicale, si impiegò in un ufficio pubblico a Liverpool, dove rimase fino alla pensione. Recentemente, dopo la pubblicazione, da parte dei Beatles superstiti, di alcuni brani inediti che lo vedevano alla batteria, pare che Pete Best sia stato gratificato di un assegno dell'ordine del milione di sterline, risarcimento postumo per il licenziamento imprevisto di più di trent'anni prima[65].
     
    Billy Preston, qui nel 1974
  • Billy Preston (William Everett Preston, Houston, Texas, USA, 9 settembre 1946 - Scottsdale, Arizona, USA, 5 giugno 2006). Tastierista jazz-blues, ha collaborato con i Beatles nell'ultimo periodo di attività del gruppo. È, tra l'altro, l'unico musicista con il quale i Beatles abbiano condiviso il nome sull'etichetta di un disco: il singolo Get Back (1969), infatti, figura eseguito da «I Beatles con Billy Preston». Ha collaborato anche a brani come Let It Be, I Me Mine e I've Got a Feeling. In seguito, avrebbe avuto un discreto successo come autore di You're So Beautiful (scritta per Joe Cocker) e come interprete, in coppia con Syreeta Wright, del brano With You I'm Born Again (1980)[66]. Deceduto nel 2006 dopo alcuni mesi di coma, a causa di complicanze di una ipertensione maligna.
  • Brian Epstein (Brian Samuel Epstein, Liverpool, UK, 19 settembre 1934 - Londra, UK, 27 agosto 1967), di origini ebraiche, titolare di un negozio di dischi a Liverpool, fu lo "scopritore" del complesso, di cui diventò manager alla fine del 1961. Fu per tutta la vita emarginato dal resto dalle altre persone a causa della sua omosessualità tranne che dal suo caro amico John Lennon, peraltro amico anche di altri cantanti e di altri attori con tendenze omosessuali e bisessuali; quando John venne a sapere che era in corso la stesura per un libro sulla sua vita, scherzò pesantemente sul titolo da affibbiargli. Il libro poi uscì, con il titolo: "A cellarful of noise", che John parodiò in "A cellarful of boys". Curò gli interessi del gruppo (talvolta in modo avventato ed inesperto) fino alla morte, avvenuta per overdose di medicinali, forse intenzionale.
  • George Martin (Londra, UK, 3 gennaio 1926) fu il produttore di tutti gli album dei Beatles (con l'eccezione di Let It Be). Di formazione classica, è considerato da molti la persona che fu capace di tradurre le idee dei quattro, del tutto digiuni di teoria musicale, negli arrangiamenti divenuti storici e nell'innovativa tecnica del suono. Il merito del successo dei Beatles è in parte suo, comportandosi nei loro confronti come un padre, talvolta generoso e talvolta rude. Collaborò anche con i Beach Boys.

Inoltre, fra i musicisti che contribuirono alla vita del gruppo sono meritevoli di citazione:

 
I Beatles con Jimmy Nicol alla batteria
  • Andy White (1930). Batterista professionista, session-man della EMI. Negli anni sessanta era consuetudine registrare in studio usando strumentisti professionisti da sala, e i Beatles non sfuggirono alla prassi: siccome George Martin, dopo la prova del 4 settembre del 1962 non aveva apprezzato il lavoro di Ringo alla batteria, per la seduta della settimana successiva chiamò Andy White a incidere la batteria in Love Me Do e in P.S. I Love You, mentre Ringo fu dirottato a suonare il tamburello. La batteria nella versione di Love Me Do dell'LP Please Please Me è quella incisa da Andy White. L'incisione con Ringo alla batteria – quella effettuata il 4 settembre – rimane nel 45 giri dello stesso pezzo[67].

Discografia

La discografia ufficiale si basa sulle edizioni inglesi degli album (spesso venivano modificati e rititolati per l'uscita in USA), che sono alla base delle riedizioni in compact disc. Data la rarità di apparecchi stereofonici, i Beatles e il loro produttore George Martin si applicarono tardi a produrre master stereofonici dei brani. Così i primi quattro album furono pubblicati in mono, e fino al 2009 anche i CD da essi ricavati sono monofonici.

Molti singoli contengono brani di grande importanza e fama non usciti su album. La EMI ha provveduto a rendere reperibili tutti i singoli su CD con due raccolte. Al catalogo ufficiale si aggiungono alcune raccolte che si distinguono dalle altre (mere ricompilazioni di brani già editi) per alcune caratteristiche particolari. Vanno ricordati i due doppi album: 1962-1966 (noto come The Red Album) e 1967-1970 (noto come The Blue Album) a cui vanno aggiunti i due album Past Masters, Volume One e Past Masters, Volume Two. In questo modo, con gli album "inglesi" si hanno a disposizione tutte le canzoni dei "fab four" non pubblicate su questi.

Il 9 settembre 2009 l'intero catalogo dei Beatles è stato riproposto in versione CD in seguito a un processo di rimasterizzazione digitale durato quattro anni.[70] Le edizioni stereo di tutti i dodici album originali (versione inglese), Magical Mystery Tour e una coppia di CD dei Past Masters sono stati riproposti sia individualmente sia in forma di raccolta. Una seconda raccolta comprende tutte le tracce mono.[71]

Studio

Nella lista degli album inglesi si comprende per tradizione il doppio EP Magical Mystery Tour, che in USA uscì come album con l'aggiunta di brani già pubblicati su singolo: tale versione è alla base dell'edizione su compact disc.

Tutti i dischi fino a Magical Mystery Tour uscirono su etichetta Parlophone. Dal White Album in poi uscirono su etichetta Apple, di proprietà degli stessi Beatles, distribuita dalla EMI.

45 giri

I 45 giri originariamente pubblicati furono monofonici fino a Get Back. The Ballad of John & Yoko fu il primo singolo uscito in versione stereo.

Tutti i singoli fino a Lady Madonna uscirono su etichetta Parlophone. Da Hey Jude in poi uscirono su etichetta Apple Records, di proprietà degli stessi Beatles, distribuita dalla EMI Le canzoni totali effettive dei Beatles sono 203; la quasi totalità delle canzoni è di proprietà delle Edizioni musicali Northern Songs.

Precedente ai 45 giri ufficiali è My Bonnie/The Saints, pubblicato nel 1961 in Germania dalla Polydor (numero di catalogo: 1024 673); si tratta in realtà di un disco del cantante Tony Sheridan, accompagnato dai Beatles (in questa occasione con la denominazione The Beat Brothers).

Raccolte

Le prime raccolte dopo lo scioglimento del gruppo, conosciute anche come il "doppio rosso" e il "doppio blu".
Compilation nate con lo scopo di rendere disponibile su CD tutte le canzoni non pubblicate all'interno di album dal 1962 al 1970. Contengono tutti i singoli (comprese le versioni alternative di Get Back e Let It Be), le versioni in tedesco di She Loves You e I Want To Hold Your Hand, i 4 brani dell'EP Long Tall Sally del 1964 e la versione originale di Across The Universe, originariamente uscita in No One's Gonna Change Our World, una compilation benefica di artisti vari.
69 brani registrati dal vivo per vari show della BBC. Importante perché unico documento ufficiale dal vivo (escludendo i brani di Let It Be - Un giorno con i Beatles), e perché contiene alcune canzoni scritte ed eseguite solo qui, prima di essere cedute ad altri artisti.
Materiale inedito, frammenti di conversazioni, versioni alternative e di prova di brani dall'intera carriera del gruppo. A differenza di analoghe operazioni, l'interesse storico è molto alto, perché è possibile seguire spesso l'evoluzione di un brano e il metodo di lavoro del gruppo, grazie anche alle note di copertina. Sono presenti anche i due "nuovi" brani incisi dal gruppo: Free As a Bird e Real Love, ottenuti con sovraincisioni su registrazioni domestiche di John Lennon fornite dalla vedova Yoko Ono.
Non è una riedizione della colonna sonora, ma la compilation di tutte le canzoni presenti nel film (riproposto in quell'anno nelle sale in versione restaurata), per l'occasione remixate dai nastri originali.
Compilation con le 27 canzoni da singolo che raggiunsero la vetta della classifica. Non ci sono inediti, ma tutti i brani sono stati rimasterizzati, per una qualità superiore a quella degli album editi in CD nel 1988.
Riedizione dell'ultimo album pubblicato, nella forma in cui Paul McCartney intendeva inizialmente, senza l'intervento di Phil Spector (che modificò interi brani su mandato di George Harrison e John Lennon, mesi dopo che il progetto era stato abbandonato). L'aderenza all'idea originaria, viste anche le note di Lewisohn e le Anthology, è stata messa in dubbio da molti critici ed esperti.
Una raccolta di 26 canzoni editate e remixate attraverso le registrazioni originali degli Abbey Road Studios da George Martin (detto anche il "quinto Beatle") e il figlio Giles sotto richiesta di Paul McCartney, Ringo Starr e dalle signore Lennon e Harrison. L'album uscito in collaborazione con il Cirque du Soleil, risulta essere pieno di sorprese, un album che tenderà ad essere un'icona delle collezioni dei Beatles, tra l'altro primo album in qualità dolby digital 5.1.. Nella sua produzione George Martin ha riversato la sua profonda conoscenza e il suo sconfinato amore per la musica dei Beatles.

Live

Escludendo i bootlegs, solo due album restano delle registrazioni dei loro concerti dal vivo:

Contiene 27 canzoni registrate mediante un magnetofono da Kingsize Taylor, cantante dei Dominoes di Liverpool che si esibivano negli stessi giorni ad Amburgo. I nastri furono acquistati da un ex manager dei Beatles, Allan Williams, dopo lo scioglimento del gruppo e pubblicati dalla RCA. La qualità del disco è quindi pari a un bootleg ma l'atmosfera e l'energia che si percepiscono sono esplosive.


Vale comunque la pena citare anche il film sul concerto allo Shea Stadium:

Il 15 agosto 1965 i Beatles si esibirono a New York davanti a 55.600 spettatori deliranti nel più grande concerto mai tenuto fino ad allora. L'evento fu eccezionalmente ripreso in un documentario per la TV di 48 minuti. Esistono due bootlegs con questo titolo, uno dei quali però contiene solo sei brani e per giunta non registrati allo Shea Stadium ma all'Hollywood Bowl!

Discografia italiana

In Italia le emissioni discografiche dei Beatles furono curate dalla Parlophon (che era distribuita dalla Carisch), e differiscono da quelle inglesi sia per i titoli degli album che per gli abbinamenti delle canzoni dei 45 giri, oltre che per le copertine; Beatles in Italy è invece un album pubblicato solo in Italia in occasione del tour del complesso, e per questo motivo molto ricercato dai collezionisti internazionali.

Dopo il successo dei primi 45 giri, la Bluebell, distributrice in Italia dell'etichetta statunitense Vee Jay Records, pubblicò due 45 giri di cui la casa americana aveva ottenuto la licenza per gli Stati Uniti, ma la diffusione di essi fu ostacolata dalla Parlophon, che deteneva i diritti per l'Italia, e dalla Carisch che la distribuiva.

Con il passaggio alla Apple, le differenze tra le emissioni in parte si ridurranno, anche se l'etichetta continuerà, in Italia, la numerazione di catalogo della Parlophon; inoltre il catalogo della Parlophon passò, con la fusione delle varie case discografiche originali nella EMI Italiana, a quest'ultima etichetta, che ha ripubblicato quindi i dischi dei Beatles uniformandosi alle uscite inglesi.

33 giri

I primi quattro album, pubblicati in mono su etichetta rossa, vennero in seguito ristampati in versione stereo con l'etichetta nera e la sigla del numero di catalogo preceduta da una S

45 giri

Filmografia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Filmografia dei Beatles.

Fin dagli esordi la personalità dei quattro, e l'immagine mediatica che li aveva resi famosi, ispirarono la possibilità di sfruttare anche cinematograficamente la notorietà del complesso.

Nacquero così due pellicole, A Hard Day's Night (1964) e Help! (1965), entrambe firmate da Richard Lester. Il noto regista fu capace di ricavare da un fenomeno all'epoca ancora potenzialmente effimero come la Beatlemania due opere molto apprezzate dalla critica, ancora oggi considerate fondamentali per la storia del cinema musicale.

La successiva incursione del gruppo nella celluloide fu con un anarchico e scombussolato film per la televisione, Magical Mystery Tour, diretto dai quattro Beatles e andato in onda il giorno di Santo Stefano del 1967. Gli ascolti e le critiche furono molto deludenti, anche se il film è stato in parte rivalutato per l'interesse storico e documentario. Il progetto, nato dopo il suicidio di Brian Epstein, soffre di una mancanza di direzione: alcune voci critiche ritengono che sia stato un progetto essenzialmente di Paul, che non aveva idea della complessità di un simile lavoro.

Forse per questo fiasco, ma più probabilmente perché il progetto non interessava loro ma erano costretti a fare un altro lungometraggio, i quattro si dedicarono poco a Yellow Submarine diretto da George Dunning per la parte d'animazione, e da Dennis Abey: i Beatles si limitarono a fornire solo 4 nuovi brani (alcuni dei quali erano scarti delle sessioni per i dischi precedenti). Ciononostante il film, uscito nel 1968, ebbe un grande successo e segnò una tappa importante per il cinema d'animazione.

L'ultimo film dei Beatles - Let It Be - Un giorno con i Beatles - corrisponde a quello che fu il loro ultimo concerto. Il documentario è stato diretto da Michael Lindsay-Hogg nel 1969 ed ha avuto una irregolare distribuzione nell'aprile 1970, dopo cioè lo scioglimento informale del gruppo, pur essendo stato girato un anno e mezzo prima, durante la lavorazione del progetto Get Back.

Videografia

I Beatles iniziarono a girare video musicali, per diffonderli mediante le reti televisive di tutto il mondo, fin dal 1965 con Day Tripper e We Can Work It Out.
Ciò che li spinse a diffondere le loro canzoni sotto forma di video musicale fu l'impossibilità di apparire ovunque venissero invitati: fu così che decisero di adottare, grazie anche all'estro del manager Brian Epstein e del produttore George Martin, l'innovazione della diffusione di canzoni in video.
Il primo videoclip della storia della musica, inteso come tale è Paperback Writer, del 1966, seguito da Rain, dello stesso anno, entrambi girati in una serra. Ciò viene confermato anche in un'intervista a George Harrison del 1993, reperibile in Anthology, dove sosteneva che "praticamente avevano inventato MTV".

Apparizioni televisive

I Beatles apparirono il 25 giugno 1967 in Our World, il primo programma televisivo in diretta planetaria. Si calcola che la tramissione in collegamento satellite con ventisei nazioni fu vista da 350 milioni di persone (150 milioni secondo Roy Carr).[72] In quell'occasione i Beatles cantarono All You Need Is Love, accompagnati dal pubblico di cui faceva parte anche Mick Jagger, con una maglietta raffigurante John Lennon.[73]

I Beatles in italiano

Le canzoni dei Beatles sono state spesso tradotte in italiano: i Meteors hanno dedicato al gruppo un intero album, intitolato Beatlesmania, nel 1965, mentre recentemente Fabio KoRyu Calabrò ha realizzato dapprima una versione in italiano dell'intero Album bianco nel 2000, intitolata Albume bianco, e poi, nel 2007, ha ripetuto l'operazione con Sergio Pepe e l'orchestrina cuori solitari, cioè Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band.

Da ricordare inoltre gli Shampoo, gruppo demenziale napoletano che, nell'album In Naples 1980/81 hanno riproposto alcune canzoni dei Beatles tradotte...in napoletano (per cui Help! è diventata Peppe, Day Tripper 'e zizze, e così via).

Di seguito riportiamo un elenco non esaustivo delle principali cover (con l'indicazione del titolo in italiano, dell'interprete e dell'anno di pubblicazione).

Anno Titolo originale Titolo italiano Autore del testo in italiano Esecutori
1963 Please please me Please please me Danpa Fausto Leali
1964 She loves you Lei ti ama Giuseppe Cassia e P. Salinelli Fausto Leali
1964 From me to you Cambia tattica Vito Pallavicini Ricky Gianco
1964 All my loving Non cercarmi Vito Pallavicini Ricky Gianco
1965 I should have known better Cerca di capire Don Backy Dino
1965 Yesterday Ieri Marcello Minerbi e Tullio Romano Los Marcellos Ferial (e, nel 1970, Claudio Villa)
1965 I feel fine Lasciami con lei, senza lei Mogol Meteors
1965 P.S. I love you P.S. I love you Pinchi Riki Maiocchi
1966 Michelle Michelle Vito Pallavicini e Ricky Gianco Don Miko, Augusto Righetti
1966 Girl Girl Mario Cenci Peppino Di Capri
1966 I need you Mi manchi Giorgio Calabrese Meri Marabini
1966 Paperback writer Quello che manca Giorgio Calabrese Augusto Righetti
1966 Day tripper Non sei dritta Augusto Righetti
1966 Run for your life Cara mia Augusto Righetti
1966 Drive my car Fammi fare un giro Augusto Righetti
1966 Rain Pioggia Vito Pallavicini Bushmen, Augusto Righetti
1966 We can work it out Nelle mani tue Carlo Rossi Mike Liddell e gli Atomi, Augusto Righetti
1966 Norvegian wood Se ritornerai Domenico Seren Gay e Menegazzi Camaleonti
1967 With a little help from my friend Un piccolo aiuto dagli amici Mogol I soliti ignoti
1967 Penny Lane Penny Lane Mogol I Castellani
1968 Hello goodbye Hello goodbye Mogol Bit-nik
1968 I'll be back Cos'hai Rolando Giambelli Rolando Giambelli
1968 Get back Chi è Sergio Bardotti The Juniors
1969 Carry that weight Il dubbio Paolo Limiti e Felice Piccarreda I Nuovi Angeli
1969 Yellow submarine Yellow submarine Mogol Nada
1969 Ob-la-di, ob-la-da Obladì Oblada Mogol e Felice Piccarreda I Nuovi Angeli, I Ribelli, Dino
1969 Back in the USSR Torno in Russia Felice Piccarreda Chriss and the Stroke
1969 Golden Slumbers Per niente al mondo Paolo Limiti e Felice Piccarreda Chriss and the Stroke, Wess
1970 Oh darling Oh darling Luigi Albertelli I Ribelli
1970 And I love her La tua voce Mogol e Don Backy Patty Pravo
1970 Let it be Dille sì Cristiano Minellono Patrick Samson
1970 I am the walrus Non sono solo Domenico Serengay Uh!
1970 The Long And Winding Road La lunga strada che Felice Piccarreda Day Costello
1971 Here, there and everywhere Una che dice di sì Bruno Lauzi Gianni Morandi
1979 Here, there and everywhere Se mai ti stancassi Gian Pieretti Laura Luca
1983 Golden slumbers Non ti cambierei Paolo Limiti e Felice Piccarreda Fred Bongusto
1988 Let it be Lato b Vincenzo Ricotta Powerillusi
2000 Back in the U.S.S.R. Torno in C.C.C.P. Fabio KoRyu Calabrò Fabio KoRyu Calabrò
2000 Dear Prudence Prudenza cara Fabio KoRyu Calabrò Fabio KoRyu Calabrò
2000 While my guitar gently weeps Piangi ukulele con me Fabio KoRyu Calabrò Fabio KoRyu Calabrò
2000 Honey Pie Monica Fabio KoRyu Calabrò Fabio KoRyu Calabrò
2000 Revolution Devolution Fabio KoRyu Calabrò Fabio KoRyu Calabrò
2000 Helter Skelter Alka Seltzer Fabio KoRyu Calabrò Fabio KoRyu Calabrò
2004 Let it be L'è de 'lbì Luciano Ravasio Luciano Ravasio
Come Together Venuto Insieme Elio e le Storie Tese

Premi e riconoscimenti

  • 1963, 27 dicembre. Il Times definisce Lennon e McCartney «i migliori compositori inglesi del 1963», sottolineando che essi sono «gli esempi più creativi e inventivi di uno stile che in questi ultimi anni si va sviluppando nel Merseyside.»[74]
  • 1965, 26 ottobre. I Beatles sono insigniti dell'Ordine dell'Impero Britannico.
  • 1998, 8 giugno. La rivista Time li inserisce tra le 100 personalità più importanti e influenti del medesimo secolo, definendoli "la più sorprendente rock-'n'-roll band al mondo".[75]
  • Nel 2004 i Beatles sono inseriti nella Vocal Group Hall of Fame.
  • Nel 2004 la rivista Rolling Stone li colloca al numero 1 nella lista dei 100 più grandi artisti di tutti i tempi[5] e 4 dei loro album risultavano nei primi dieci della lista dei 500 più grandi album di tutti i tempi.
  • 2008, 11 settembre. La rivista Billboard li pone al primo posto nella classifica basata sulla permanenza dei singoli nella Single Chart americana nel periodo dal 1958 al 2008.[76]
  • A loro è dedicata una stella nella Hollywood Walk of Fame (7080 Hollywood Boulevard).
  • Secondo la RIAA, nessun altro artista ha venduto più album negli Stati Uniti (176 milioni)[77].
  • Fino al 2010 i Beatles risultano ancora il gruppo che ha venduto, superando di molto il miliardo, la maggiore quantità di dischi in assoluto.

Grammy

  • Grammy Award attribuito a A Hard Day’s Night quale migliore interpretazione vocale dell’anno (1964)
  • Grammy Award attribuito ai Beatles quali migliori artisti esordienti (1964)
  • Grammy Award attribuito a Paul McCartney per Eleanor Rigby quale migliore interpretazione vocale contemporanea (1966)
  • Grammy Award attribuito a John Lennon e Paul McCartney quali compositori di Michelle, miglior canzone dell'anno (1966)
  • Grammy Award attribuito a Klaus Voormann quale miglior grafico per la copertina dell'album Revolver (1966)
  • Grammy Award attribuito a Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band quale miglior album dell’anno (1967)
  • Grammy Award attribuito a Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band quale miglior disco contemporaneo (1967)
  • Grammy Award attribuito a Geoff Emerick quale miglior ingegnere dei suoni per Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band (1967)
  • Grammy Award attribuito a Geoff Emerick e Phil McDonald quali migliori ingegneri dei suoni per Abbey Road (1969)
  • Grammy Award attribuito a Let It Be quale migliore colonna sonora (1970)
  • Grammy Award attribuito a Free As a Bird quale migliore interpretazione vocale dell’anno (1996)
  • Grammy Award attribuito a Free As a Bird quale miglior videoclip breve (1996)
  • Grammy Award attribuito a Free As a Bird quale miglior videoclip lungo (1996)
  • Grammy Award attribuito a The Beatles Anthology quale miglior videoclip lungo (1996)
  • Grammy Award attribuito a George Martin e Giles Martin per Love quale miglior compilation della colonna sonora (compilation di brani dei Beatles) di film (2007)
  • Recording Academy Grammy Hall of Fame Award attribuito all’album Sgt Pepper's Lonely Heart Club Band (1993)
  • Recording Academy Grammy Hall of Fame Award attribuito all’album Abbey Road (1995)
  • Recording Academy Grammy Hall of Fame Award attribuito al singolo Yesterday (1997)
  • Recording Academy Grammy Hall of Fame Award attribuito al singolo I Want to Hold Your Hand (1998)
  • Recording Academy Grammy Hall of Fame Award attribuito al singolo Strawberry Fields Forever (1999)
  • Recording Academy Grammy Hall of Fame Award attribuito all’album Revolver (1999)
  • Recording Academy Grammy Hall of Fame Award attribuito al singolo Eleanor Rigby (2000)
  • Recording Academy Grammy Hall of Fame Award attribuito all’album A Hard Day’s Night (2000)
  • Recording Academy Grammy Hall of Fame Award attribuito all’album Rubber Soul (2000)
  • Recording Academy Grammy Hall of Fame Award attribuito al singolo Hey Jude (2001)
  • Recording Academy Grammy Hall of Fame Award attribuito all’album Meet The Beatles! (2001)
  • Recording Academy Grammy Hall of Fame Award attribuito all’album The Beatles (White Album) (2002)
  • Recording Academy Grammy Hall of Fame Award attribuito al singolo Let It Be (2004)

Ivor Novello Award

  • Ivor Novello Award attribuito ai Beatles nel 1964 per il più importante contributo alla musica britannica del 1963
  • Ivor Novello Award attribuito a She Loves You quale canzone più diffusa nel 1963
  • Ivor Novello Award attribuito a She Loves You quale disco più venduto nel 1963
  • Ivor Novello Award attribuito a I Want to Hold Your Hand quale secondo disco più venduto nel 1963
  • Ivor Novello Award attribuito a All My Loving quale seconda canzone più importante dell'anno 1963
  • Ivor Novello Award attribuito a Michelle quale canzone più suonata nel 1966
  • Ivor Novello Award attribuito a Yellow Submarine quale singolo più venduto nel 1966
  • Ivor Novello Award attribuito a She's Leaving Home quale migliore canzone britannica del 1967
  • Ivor Novello Award attribuito a She's Leaving Home quale miglior musica del 1967
  • Ivor Novello Award attribuito a She's Leaving Home quale miglior testo del 1967
  • Ivor Novello Award attribuito a Hello Goodbye quale secondo disco più venduto nel 1967
  • Ivor Novello Award attribuito a Hey Jude quale singolo più venduto in Gran Bretagna nel 1968
  • Ivor Novello Award attribuito a Get Back quale singolo britannico più venduto (1972)
  • Ivor Novello Award attribuito a Ob-La-Di Ob-La-Da quale canzone più richiesta alla radio (1972)

Cinema

  • Special Award, New York Film Critics Circle Awards, attribuito a Yellow Submarine quale miglior lungometraggio di animazione (1968)
  • Special Award, National Society Film Critics Awards, USA, attribuito a George Dunning per il film Yellow Submarine (1969)
  • Academy Awards attribuito a Let It Be quale migliore colonna sonora (1971)

Altro

  • National Academy of Recording Arts and Sciences President's Award attribuito ai Beatles (2004)
  • Trustees Award attribuito a George Martin (1996)
  • Trustees Award attribuito ai Beatles (1972)
  • Recording Academy Grammy Hall of Fame Award attribuito al singolo Help! (2008)

Bibliografia

  • Maurizio Angelucci, Gli Inclonabili The Beatles, Edizioni Cinque Terre, 2008.
  • Alan Aldridge, Il libro delle canzoni dei Beatles (The Beatles Illustrated Lyrics, Macdonald, London 1969), Mondadori, Milano 2001, ISBN 88-04-43294-2.
  • Marco Bonfiglio, Beatles For Sale - Il Romanzo, Fermento, Roma 2005, ISBN 8889207280.
  • Roy Carr e Tony Tyler, I favolosi Beatles. Euroclub, Bergamo 1979.
  • Alan Clayson, The Beatles Box, Mondadori, Milano 2003.
  • Alan Clayson, The Beatles, Mondadori, Milano 2004.
  • Roberto Colonna, Dalla prospettiva degli scarafaggi, in Napolipiù - La verità, 8 dicembre 2005, p. 21.
  • Giuseppe Fiorentino e Gaetano Vallini, La rivoluzione bianca della banda dei quattro, in L'Osservatore Romano, 22 novembre 2008.
  • Giuseppe Fiorentino e Gaetano Vallini I sette anni che sconvolsero la musica, in L'Osservatore Romano, 10 aprile 2010.
  • Bill Harry, The Beatles. L'Enciclopedia (The Beatles Encyclopedia, 1992), Arcana Musica, Roma 2001, ISBN 88-7966-232-5
  • Mark Hertsgaard, La musica e l'arte dei Beatles (A Day In The Life), Baldini e Castoldi, Torino 2002.
  • Chris Ingham, Guida completa ai Beatles (The Rough Guide to the Beatles), Vallardi, Milano 2005, ISBN 88-8211-986-6.
  • Michelangelo Iossa e Roberto Caselli, The Beatles, Collana "Legends Classic Rock", Editori Riuniti, Roma 2003, ISBN 88-359-5352-9.
  • Michelangelo Iossa, Le Canzoni dei Beatles. Collana "Pensieri e Parole", Editori Riuniti, Roma 2004.
  • Michelangelo Iossa, Campi di Celluloide per Sempre: il Cinema dei Beatles. volume "Rock Around The Screen", Liguori Editore, Napoli 2010.
  • Donatella Franzoni e Antonio Taormina (a cura di), "Beatles tutti i testi. 1962-1970" Arcana Editore, Milano, 1992.
  • Eric Krasker, Les Beatles - Enquête sur un mythe 1960-1962, Paris, Séguier, 2003, ISBN 2-84049-373-X
  • Eric Krasker, The Beatles - Fact and Fiction 1960-1962, Paris, Séguier, 2009, ISBN 978-2-84049-523-9
  • Lapham Lewis, I Beatles in India. Altri dieci giorni che cambiarono il mondo. Collana Assolo, E/O, Roma 2007, ISBN 978-88-7641-762-7.
  • Mark Lewisohn, Beatles - Otto anni ad Abbey Road (The Complete Beatles Recording Sessions), Arcana Editrice, Milano 1990, ISBN 88-85859-59-3.
  • Mark Lewisohn, The Beatles Chronology, Giunti, Firenze 1995.
  • Ian MacDonald. The Beatles. L'opera completa (Revolution In The Head, Fourth Estate, London 1994), Mondadori, Milano 1994, ISBN 88-04-42300-5.
  • George Martin, Summer of Love - The Making of Sgt. Pepper (Summer of Love - The Making of Sgt. Pepper, Macmillan, London 1994), Coniglio Editore, Roma 2008, ISBN 978-88-6063-160-2.
  • Philip Norman, "Shout", la vera storia dei Beatles, Oscar Mondadori, Milano 1984.
  • Bob Spitz, The Beatles. La vera storia (The Beatles – The Biography), Sperling & Kupfer, Milano 2006 ISBN 88-200-4161-8.
  • John Swenson, The Beatles. Yesterday & Today Zebra Books, New York 1977
  • Steve Turner, La storia dietro ogni canzone dei Beatles (A Hard Day's Write - The Stories Behind Every Beatles Song), Tarab, Firenze 1997, ISBN 88-86675-23-2.
  • The Beatles Anthology, Rizzoli, Milano 2000.
  • Dopo i Beatles Musica e Società negli anni '70, Carabba, Lanciano 2003.

Note

  1. ^ a b c d e f allmusic.com - The Beatles
  2. ^ Rolling Stone - The Beatles
  3. ^ [1]
  4. ^ [2]
  5. ^ a b Rolling Stone
  6. ^ Bob Spitz, The Beatles. La vera storia, Sperling & Kupfer, Milano 2006, pagg. 63-4.
  7. ^ Bob Spitz, The Beatles. La vera storia, Sperling & Kupfer, Milano 2006, pag. 112.
  8. ^ Barry Miles, Paul McCartney – Many Years From Now, Rizzoli, Milano 1997, pag. 51.
  9. ^ Barry Miles, Paul McCartney – Many Years From Now, Rizzoli, Milano 1997, pag. 61.
  10. ^ Philip Norman, Shout! - La vera storia dei Beatles, Mondadori, Milano 1981, pagg. 136 e 154-7.
  11. ^ Smentì Paul: «C’è una teoria secondo cui sarei stato io a darmi da fare perché Stu lasciasse il gruppo così da assicurarmi il posto di bassista. Figurarsi! Nessuno vuol suonare il basso […]», in Barry Miles, Paul McCartney – Many Years From Now, Rizzoli, Milano 1997, pag. 67.
  12. ^ http://www.beatlesource.com/savage/1960/60.08.18%20indra/60.08.17indra.html
  13. ^ (EN) Tim Hill, Then There Was Music: The Beatles, Daily Mail, 2007, p.13, ISBN 0-9545267-7-5.
  14. ^ Bob Spitz, The Beatles. La vera storia, Sperling & Kupfer, Milano 2006, pag. 147.
  15. ^ P. Schreuders, M. Lewisohn e A. Smith, The Beatles’ London, Portico Books, London 1994, pag. 31.
  16. ^ «Brian comprò interi scatoloni di Love Me Do. Poi, quando entrò in classifica, ne comprò altre migliaia» in Bob Spitz, The Beatles. La vera storia, Sperling & Kupfer, Milano 2006, pag. 227.
  17. ^ Bob Spitz, The Beatles. La vera storia, Sperling & Kupfer, Milano 2006, pag. 234 e seg.
  18. ^ Bill Harry, Beatles - L’enciclopedia, Arcana, Roma 2001, pag. 741.
  19. ^ Bill Harry, Beatles - L’enciclopedia, Arcana, Roma 2001, pag. 742.
  20. ^ Bill Harry, Beatles - L’enciclopedia, Arcana, Roma 2001, pag. 743.
  21. ^ Nei concerti di Sydney del 1964, un tecnico misurò il livello di rumore delle urla che accolsero i Beatles sul palco, e lo valutò in 114 decibel. Per avere una pietra di paragone, un Boeing 707 in volo produceva dai 90 ai 100 decibel. Questo fece scrivere ai giornali che «I fan dei Beatles fanno il rumore di un jet in volo.» In Bill Harry, Beatles - L’enciclopedia, Arcana, Roma 2001, pag. 720.
  22. ^ Philip Norman, Shout! – La vera storia dei Beatles, Mondadori, Milano 1981, pag. 314.
  23. ^ Bob Spitz, The Beatles. La vera storia, Sperling & Kupfer, Milano 2006, pag. 338.
  24. ^ Lo stesso episodio viene descritto come svoltosi nel maggio dello stesso anno, durante il tour inglese di Dylan. Cfr. Anthony Scaduto, Bob Dylan – la biografia, Arcana Editrice, Milano 1972, pagg. 208-9.
  25. ^ http://www.london-gazette.co.uk/issues/43667/supplements/5488 London Gazette 12 giugno 1965
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