Autismo
Disturbo autistico | |
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Ordinare o allineare gli oggetti è un comportamento spesso associato a persone con autismo[1] | |
Specialità | psicologia |
Eziologia | Cause dell'autismo, ereditarietà genetica e ambiente |
Classificazione e risorse esterne (EN) | |
ICD-9-CM | 299.00 |
ICD-10 | F84.0 |
OMIM | 209850 |
MeSH | D001321 |
MedlinePlus | 001526 |
eMedicine | 912781 |
GeneReviews | Panoramica |
Sinonimi | |
Sindrome di Kanner | |
Eponimi | |
Leo Kanner | |
L'autismo (dal greco αὐτός (aütós) - stesso) è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato dalla compromissione dell'interazione sociale e da deficit della comunicazione verbale e non verbale che provoca ristrettezza d'interessi e comportamenti ripetitivi.[2] I genitori di solito notano i primi segni entro i due anni di vita del bambino e la diagnosi certa spesso può essere fatta entro i trenta mesi di vita. Attualmente risultano ancora sconosciute le cause di tale manifestazione, divise tra cause neurobiologiche costituzionali e psicoambientali acquisite[3].
Più precisamente, data la varietà di sintomatologie e la complessità nel fornirne una definizione clinica coerente e unitaria, è recentemente invalso l'uso di parlare più correttamente di Disturbi dello Spettro Autistico (DSA o, in inglese, ASD, Autistic Spectrum Disorders), comprendendo tutta una serie di patologie o sindromi aventi come denominatore comune le suddette caratteristiche comportamentali, sebbene a vari gradi o livelli di intensità.
A livello di classificazione nosografica, nel DSM-IV è considerato rientrare nella categoria clinica dei disturbi pervasivi dello sviluppo, cui appartengono, fra le varie altre sindromi, anche la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e il disturbo disintegrativo dell'infanzia.
Con l'uscita del DSM-5, la categoria dei disturbi pervasivi dello sviluppo e tutti i disturbi in essa compresi (con l'eccezione della sindrome di Rett) è stata sostituita da un unico disturbo che li comprende tutti: il disturbo dello spettro dell'autismo o comunemente detto Disturbo dello spettro autistico. L'asse a cui il disturbo fa riferimento è, nella classificazione del DSM-5, quello dei disturbi del neurosviluppo.
Caratteristiche
L'autismo è un disturbo dello sviluppo neurologico altamente variabile[4] che inizialmente appare durante l'infanzia e in genere segue un percorso costante senza che vi sia una remissione.[5] Gli individui autistici possono avere alcuni aspetti della propria vita gravemente compromessi, ma altri possono essere normali o addirittura migliori.[6] I sintomi iniziano lentamente a manifestarsi a partire dall'età di sei mesi, fino ad essere più espliciti dall'età di due o tre anni[7] e continuando ad aumentare fino all'età adulta, anche se spesso in una forma meno evidente.[8] La condizione si distingue non da un singolo sintomo, ma da una triade di sintomi caratteristici: deficit nell'interazione sociale, deficit nella comunicazione, interessi e comportamenti limitati e ripetitivi. Altri aspetti, come una alimentazione atipica, sono anch'essi comuni, ma non sono essenziali per la diagnosi.[9] I singoli sintomi dell'autismo si possono riscontrare nella popolazione in generale ma perché si possa parlare di patologia è necessario distinguere la situazione per gravità.[10]
Sviluppo sociale
I deficit sociali distinguono l'autismo dagli altri disturbi dello sviluppo.[5] Gli individui affetti da autismo presentano difficoltà sociali e spesso non hanno gli stessi comportamenti che molte persone danno per scontati. La famosa autistica Temple Grandin ha spiegato che la sua incapacità nel comprendere la comunicazione sociale dei neurotipici, o persone con un normale sviluppo neurale, la fa sentire come "un antropologo su Marte".[11]
Lo sviluppo sociale insolito diventa evidente nella prima infanzia. I bambini autistici mostrano meno attenzione agli stimoli sociali, sorridono e osservano gli altri meno spesso e rispondono meno frequentemente al proprio nome. Inoltre essi differiscono più incisivamente riguardo alle norme sociali; per esempio, essi guardano meno gli altri negli occhi e non hanno la possibilità di utilizzare dei semplici movimenti per esprimersi, come ad esempio indicare le cose.[12] I bambini dai tre a cinque anni con autismo hanno meno probabilità di comprendere le dinamiche sociali, di avvicinare gli altri spontaneamente, di imitare e rispondere alle emozioni, di comunicare non verbalmente e alternarsi in una discussione.[13] La maggior parte dei bambini autistici mostra meno attaccamento sicuro rispetto ai bambini neurotipici, anche se questa differenza non si rileva in coloro che hanno un più alto sviluppo intellettivo o una condizione autistica meno grave.[14] I bambini più grandi e gli adulti con disturbo dello spettro autistico presentano risultati peggiori nei test visivi riguardo al riconoscimento delle emozioni facciali,[15] anche se ciò può essere in parte dovuto ad una minore capacità di definire le proprie emozioni.[16]
I bambini con autismo ad alto funzionamento soffrono di una solitudine più intensa e frequente rispetto ai coetanei non-autistici, nonostante l'erronea credenza comune che i bambini con autismo preferiscano essere soli. Crearsi amicizie e coltivarle si rivela spesso difficoltoso ma la qualità delle amicizie e non il numero di amici, influisce maggiormente sulla solitudine. Amicizie funzionali, quali quelle che scaturiscono da inviti alle feste o da attività sociali, possono influire più incisivamente sulla qualità della vita.[17]
Vi sono molti rapporti aneddotici, ma pochi studi sistematici, riguardo ad atteggiamenti aggressivi o violenti da parte di individui autistici; dati limitati indicano che, nei bambini con ritardo mentale, l'autismo può essere correlato con aggressività, danneggiamenti e capricci.[18]
Comunicazione
Da circa un terzo alla metà degli individui affetti da autismo, non è in grado di sviluppare un linguaggio sufficientemente naturale in grado di soddisfare le proprie esigenze di comunicazione quotidiana.[19] I deficit di comunicazione possono presentarsi fin dal primo anno di vita e possono includere insorgenza ritardata di lallazione, gesti inusuali, diminuzione della reattività e modelli vocali non sincronizzati. Nel secondo e terzo anno, i bambini con autismo hanno un utilizzo di consonanti, di parole, di combinazioni di parole e di lallazione, meno frequente e meno diversificata; i loro gesti sono meno frequentemente integrati con le parole. I bambini autistici sono meno inclini a fare richieste o a condividere esperienze e sono più propensi a ripetere semplicemente le parole degli altri (ecolalia)[20][21] o ricorrere all’inversione dei pronomi.[22] Vi possono essere dei problemi nel sostenere un discorso funzionale e il deficit di attenzione sembra essere comune nei bambini con autismo:[1] ad esempio, essi possono guardare la mano che punta al posto dell'oggetto puntato.[12][21] Inoltre, possono presentarsi difficoltà con il gioco fantasioso e nella simbolizzazione linguistica.[20][21]
In alcuni studi, bambini con autismo ad alto funzionamento di età compresa tra i 8 e i 15 anni, hanno eseguito come e meglio degli adulti controlli della lingua di base che coinvolgevano il vocabolario e l'ortografia, sia in abbinato che individualmente. Tuttavia si è visto che gli individui autistici avevano ottenuto risultati peggiori nei compiti linguistici complessi, come il linguaggio figurativo, la comprensione e l'inferenza. Questi studi hanno quindi suggerito che le persone che comunicano con individui autistici sono più propensi a sopravvalutare quello che il proprio interlocutore recepisce.[23]
Comportamento ripetitivo
Gli individui autistici mostrano molte forme di comportamento ripetitivo o limitato, categorizzati come segue secondo la Repetitive Behavior Scale-Revised (RBS-R):[24]
- La stereotipia è un movimento ripetitivo, come la mano svolazzante o il dondolio della testa.
- Un comportamento compulsivo è previsto e sembra seguire regole, come la disposizione degli oggetti in pile o linee.
- Monotonia: è la resistenza al cambiamento; per esempio, insistendo sul fatto che i mobili non debbano essere spostati.
- Un comportamento ritualistico comporta un modello invariabile delle attività quotidiane, come ad esempio una alimentazione immutabile e un rituale nella vestizione.[24]
- Il comportamento limitato è focalizzato sugli interessi o sulle attività, come ad esempio l'attenzione ad un unico programma televisivo, ad un unico giocattolo o un gioco in particolare.
- L'autolesionismo comprende movimenti che possono danneggiare o ferire le persone.[1]
Nessun singolo comportamento ripetitivo o autolesionistico sembra, tuttavia, essere specifico per l'autismo, ma l'autismo sembra avere una elevata insorgenza e gravità di questi comportamenti.[25]
Altri sintomi
Gli individui autistici possono presentare alcuni sintomi che sono indipendenti dalla diagnosi, ma che possono influenzare la loro vita o la loro sfera famigliare.[9] Si stima che da circa lo 0,5% al 10% degli autistici manifesta abilità inusuali, che vanno dalle grandi capacità in attività specifiche, come una straordinaria capacità di memorizzazione di dettagli irrilevanti, allo sviluppo di condizioni note come "sindrome del savant".[26] Molte persone con il disturbo dello spettro autistico mostrano abilità superiori alla popolazione generale, nella percezione e nell'attenzione.[27] Anomalie sensoriali si riscontrano in oltre il 90% dei casi,[28] anche se non vi è alcuna prova che i sintomi sensoriali differenzino l'autismo dagli altri disturbi dello sviluppo.[29][30] Si stima che circa dal 60% all'80% delle persone con autismo abbiano segni motori che includono scarso tono muscolare, aprassia e deambulazione prevalente sulle punte.[28] I deficit nella coordinazione motoria sono molto diffusi negli individui con autismo.[31]
In circa i tre quarti dei bambini con autismo, si riscontra un insolito comportamento alimentare. La selettività è il problema più comune, anche una alimentazione rituale e il rifiuto del cibo si possono verificare;[32] Tuttavia, ciò non sembra causare episodi di malnutrizione. Anche se alcuni bambini con autismo presentano sintomi gastrointestinali, vi è una mancanza di dati rigorosi pubblicati a sostegno che ciò si verifichi maggiormente rispetto alla media dei coetanei.[33][34]
I genitori dei bambini autistici sono colpiti da livelli più elevati di stress.[12] I fratelli di bambini con disturbo dello spettro autistico presentano generalmente un rapporto di maggiore ammirazione e di minor conflittualità con il fratello, in modo simile a quello che avviene con i fratelli di bambini con sindrome di Down. Tuttavia, si è osservato che i primi avevano livelli più bassi di vicinanza e di intimità rispetto ai fratelli di bambini con sindrome di Down.[35]
Epidemiologia
L'incidenza varia da 5 a 50 persone su 10.000,[36] a seconda dei criteri diagnostici impiegati, che si sono sviluppati e migliorati nel corso del tempo[37]. Colpisce prevalentemente i soggetti maschili[4] con un tasso dalle due alle quattro volte (e talvolta anche sei/otto volte) superiore rispetto al sesso femminile;[23] si manifesta quasi sempre entro i primi 3 anni di vita. Studi condotti in popolazioni generali in varie parti del mondo, senza tenere conto di criteri di esclusione o diagnosi differenziali, possono rilevare affidabilmente prevalenze attorno all'1% in tutte le fasce d'età.[38]
Uno studio epidemiologico finanziato dall'organizzazione Autism Speaks e pubblicato il 9 giugno 2015 sulla rivista Molecular Psychiatry mette in luce una correlazione tra il rischio di autismo e l'età dei genitori. Dall'analisi dei dati raccolti dall'International Collaboration for Autism Registry Epidemiology (iCARE) su 5,7 milioni di bambini in cinque paesi emerge che il rischio maggiore si registra nelle madri adolescenti e nei padri oltre i cinquant'anni. La percentuale di autismo è risultata infatti del 66% superiore nei figli nati da padri "over 50" rispetto a quelli nati da padri ventenni e del 18% superiore nei figli con madri adolescenti rispetto a madri ventenni.[39][40]
Cenni storici
Prima del Ventesimo secolo non esisteva il concetto clinico di autismo; tra i precursori della ricerca di merito nel XIX secolo, vi fu anche John Langdon Down (che nel 1862 scoprì la sindrome che porta il suo nome), e che aveva approfondito alcune manifestazioni cliniche che oggi verrebbero classificate come autismo[41] e Ludwig Binswanger per il quale “l'autismo consiste nel distacco dalla realtà, insieme con una prevalenza più o meno marcata della vita interiore”[42].
Il termine autismo deriva dal greco αuτός ([aw'tos], significa stesso), e fu inizialmente introdotto dallo psichiatra svizzero Eugen Bleuler nel 1911[43] per indicare un sintomo comportamentale della schizofrenia;[44] sui lavori precedentemente svolti da Emil Kraepelin.[45]
Nell'antichità e nel folklore europeo si attribuiva l'autismo e altri disturbi alle fate, che si credeva sostituissero di nascosto i propri neonati, denominati Changeling o Servan, con quelli umani.
Il termine autismo inteso in senso moderno è stato utilizzato per la prima volta da Hans Asperger (1906-1980) nel 1938.[46]
In seguito si passò a indicare una specifica sindrome patologica nel 1943[47] a opera di Leo Kanner (1894-1981), che parlò di "autismo infantile precoce".[48]
Rapporti storici fra autismo e psicoanalisi
Le origini dei rapporti
Prima di Leo Kanner, Melanie Klein descrisse negli anni Trenta del XX secolo un caso che lei chiama di psicosi infantile e che oggi verrebbe diagnosticato come autistico[49]. Dopo di lei e dopo Kanner, che dette il nome alla sindrome negli anni Quaranta, psicoanalisti come Margaret Mahler e altri (fra cui Bruno Bettelheim) in America, inoltre Frances Tustin, Donald Meltzer e altri in Inghilterra si occuparono di questi bambini negli anni '60-'80.
Con il loro stimolo, un crescente interesse veniva rivolto alle particolari anomalie di comportamento, comunicazione e sviluppo in generale dei bambini e delle persone con autismo, favorendo un aumento di conoscenze e di interesse nel campo della psicologia dello sviluppo e nella psichiatria dell'infanzia. Dagli anni Ottanta, trovarono grande sviluppo le ricerche sull'attaccamento, l'infant research sulle interazioni precoci, le ricerche cognitiviste sulla teoria della mente, e le indagini mediche epidemiologiche, genetiche e di neuroimaging, che svolgono attualmente un grande rilievo nella ricerca clinica sul disturbo.
Fin dalla sua prima descrizione dell'autismo, sia Leo Kanner (1943) sia Hans Asperger (1944) avevano intuito che si trattava di una sindrome dovuta a una condizione organica. A differenza di Asperger, Kanner ha successivamente ipotizzato che l'autismo fosse provocato da cause psicodinamiche.
Vi è tuttora, seppur in termini molto diversi rispetto alle originarie teorie di Kanner, una linea di riflessione sulle ipotetiche ed eventuali concause psicologiche dell'autismo, intese nel senso che, sulla base comunque di predisposizioni genetiche e col concorso di altri fattori ambientali o neurologici, eventuali fattori psicologici o relazionali potrebbero avere un ruolo complementare nell'attivazione dei disturbi dello spettro autistico.
L'evoluzione degli studi nel tempo
Nel 1943 Leo Kanner aveva descritto per primo la sindrome autistica su una rivista medica specializzata, ritenendola una patologia neurologica (organica): nei mesi successivi da tutti gli Stati Uniti d'America vennero a consulto da lui alcune decine di famiglie con un bambino corrispondente alla descrizione che egli aveva fatto dell'autismo.
Kanner osservò che si trattava di famiglie della media e alta classe borghese, con una madre acculturata e spesso "in carriera", e ritenne che fossero queste le caratteristiche e quindi le cause di tutti i casi di autismo; sottovalutando il fatto che soltanto persone afferenti a classi socioeconomiche più alte potevano riferirsi a lui, poiché avevano avuto notizia del suo articolo e perché avevano i mezzi per pagare le relative, ingenti, spese sanitarie.
Successivamente lo stesso Kanner si accorse che l'autismo era diffuso in maniera eguale anche nelle classi più povere, e nel 1969, durante la prima assemblea della National Society for Autistic Children (oggi Autism Society of America), riconobbe i limiti della sua ipotesi esplicativa, riducendo così lo stigma che si era creato in merito all'eccessiva responsabilizzazione dei genitori in ordine all'insorgenza del disturbo. Kanner lasciò l'eredità della direzione della rivista sull'autismo da lui fondata (il Journal of Autism) al professor Eric Schopler, che fra i primi si era accorto dei notevoli limiti esplicativi della sua ipotesi originale.
Dal 25 ottobre 2011 è stata pubblicata dall'Istituto superiore di sanità la Linea guida n. 21, nella versione estesa e anche in quella ridottissima per il pubblico.[50] Vi si trovano tutte le indicazioni degli interventi che sono stati dimostrati efficaci (come ad esempio quelli basati su ABA) e anche quelli sconsigliati perché rischiosi, come ad esempio la chelazione, la secretina e gli antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina.
Un'ipotesi consequenziale
Sulla base di questo errore di Kanner si era basata l'iniziale ipotesi che il bambino affetto da autismo fosse neurologicamente sano, e che la causa dell'autismo fosse individuabile solo in un ipotetico "rapporto inadeguato" con la madre. Per circa un ventennio questa ipotesi, oggi ritenuta scorretta, ha dominato la scena clinica internazionale, indirizzando spesso bambini e nuclei familiari esclusivamente verso trattamenti di dubbia utilità terapeutica nel trattamento diretto dell'autismo. Gli psichiatri Bettelheim[51] e Tustin (della Tavistock Clinic di Londra) sono stati tra i principali esponenti di questo approccio derivato dalle riflessioni di Kanner, che diffusero a livello internazionale, e ormai considerato desueto.
A. Freud e S. Dann (1951)[52], con un'indagine su alcuni bambini sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti alla fine della Seconda guerra mondiale, avevano dimostrato che neppure quelle condizioni estreme di privazione di affetto potevano indurre la patologia autistica.
Anche l'osservazione dei dati epidemiologici, che rileva spesso più di un caso fra i membri di una stessa famiglia, e una forte sproporzione nella prevalenza dell'autismo nei maschi (3 o 4 volte superiore rispetto alle femmine, dato che diventa addirittura 20 volte superiore per la sindrome di Asperger), fornisce elementi a conferma del fatto che l'autismo è generato da altre cause, diverse dall'inadeguatezza dell'amore materno.
Allo stesso modo, Asperger quasi contemporaneamente a Kanner aveva descritto dei soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico (nella forma clinica che da lui prese il nome di Sindrome di Asperger), indicando correttamente il cammino per identificarne le possibili cause, e sottolineando la rilevanza di effettuare interventi di abilitazione-riabilitazione delle capacità residue (da lui chiamato "pedagogia curativa").
Quando le ricerche epidemiologiche e l'osservazione scientifica hanno rilevato con chiarezza che alla base della sindrome autistica c'è un deficit neurologico, molti genitori hanno cominciato disperatamente a ricercare supposti rimedi farmacologici e dietetici. Il desiderio di guarire induce molti genitori a scambiare per risultati positivi di farmaci e diete quelle variazioni positive dello stato di salute che potrebbero essere ottenute anche mediante il placebo, il finto farmaco.
Su questo terreno giocano molti "venditori di illusioni" o di trattamenti pseudoscientifici, che, a volte approfittando dell'angoscia delle famiglie, propongono "cure nuove e miracolose", ma in realtà del tutto prive di effetti verificabili, o fanno pagare come "cura" ciò che al massimo, e solo a volte, potrebbe essere ritenuta solo un'ipotesi di ricerca[53].
Critiche alla psicoanalisi classica
La psicoanalisi classica è stata accusata di colpevolizzare le figure genitoriali, in particolare quella femminile definita madre frigorifero,[54][55] attribuendo la causa della sindrome a un disturbo dei rapporti primari con chi assume il ruolo di accudimento (lavoro di cura).[56]
Bettelheim giunse anche a proporre come "terapia riabilitativa" il distacco dal nucleo familiare, la cosiddetta "parentectomia":[57][58]
«"Fino a non molti anni fa c'era chi, guidato dalla teoria psicogenica che attribuiva ai genitori la responsabilità dell'autismo, consigliava l'allontanamento dei bambini dalle loro famiglie. Con la confutazione di questa teoria, e bandite le ingiuste accuse ai genitori, sono scomparsi anche gli "allontanamenti terapeutici", e i genitori sono ora visti dai medici e dagli psicologi come una risorsa di grande valore non solo nella fase diagnostica, ma anche in quella riabilitativa" (Surian, 2005).[59]»
Tale vecchio modello esplicativo e terapeutico è divenuto bersaglio di critiche e ostracismi, prima in America e poi in Europa, anche per via della progressiva maggiore diffusione di teorie biologiche nell'etiopatogenesi dei disturbi mentali rispetto alle teorie psicogene che avevano dominato il campo in precedenza.
Aspetti attuali del rapporto tra scienze psicologiche e autismo
Allo stato attuale, la questione del rapporto tra "psicoanalisi" e autismo (e, più in generale, psicologia e autismo) è complessa, ma le classiche contrapposizioni dicotomiche non rappresentano lo stato dell'arte della riflessione attuale sui rapporti tra scienze psicologiche e disturbi dello spettro autistico.
In primo luogo, non si deve erroneamente confondere la più ampia psicologia clinica con la psicoanalisi (la quale è un particolare indirizzo teorico della psicoterapia, che è a sua volta una parte della psicologia clinica); quelle contestate sono inoltre alcune vecchie ipotesi interpretative della psicoanalisi di più di mezzo secolo fa.
Al contrario, la ricerca e l'intervento in psicologia clinica dello sviluppo ha prodotto invece una significativa quantità di dati scientifici verificati sui vari aspetti della genesi, della valutazione clinica, delle caratteristiche funzionali e delle possibili linee di intervento riabilitativo e di sostegno nei confronti dei soggetti autistici e delle loro famiglie[59].
In secondo luogo, la stessa psicoanalisi, in parallelo al suo sviluppo clinico e teorico, ha abbandonato molte delle sue originali ipotesi in merito di cinquanta anni fa, revisionando significativamente le vecchie ipotesi sul ruolo dei genitori nella genesi dei disturbi dello spettro autistico.
In effetti, una grande quantità di ricerche, da John Bowlby in poi, ha mostrato come l'ambiente familiare influenzi grandemente lo sviluppo e le caratteristiche dei figli, malati e non, e come le dinamiche familiari e le relazioni genitori-figli possano essere soggette a disfunzioni, divenendo fonte di malesseri e gravi disagi.
Internet ha aiutato gli individui autistici a superare l'ostacolo della mancata percezione dei segnali non verbali e dello scambio emozionale che trovano così difficile da gestire, ed ha dato loro un modo per formare comunità in rete e lavorare da remoto.[60] Aspetti sociologici e culturali dell'autismo si sono sviluppati: alcuni nella comunità cercano cure, mentre altri credono che la neurodiversità autistica è semplicemente un altro modo di essere.[61][62]
Criteri diagnostici
Disturbo autistico è il termine tecnico con cui ci si riferisce all'autismo nel DSM IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders- Fourth Edition, manuale diagnostico e statistico dei disturbi psichiatrici dell'American Psychiatric Association). Il disturbo fa parte di una categoria più generale, i disordini generalizzati dello sviluppo (o disordini pervasivi dello sviluppo), e viene diagnosticato in base alla presenza di un certo numero di indicatori comportamentali presenti in specifiche aree dello sviluppo (si veda sotto).
Fattori di rischio
Costituiscono fattori di rischio, oltre a possibili anomalie genetiche e metaboliche, pregressi episodi familiari di autismo o di altri disordini pervasivi dello sviluppo,[63]. Altro fattore di rischio è la nascita pretermine del bambino[64], in particolare se alla nascita vi è un peso notevolmente sotto la media.[65]
Altro ipotetico fattore di rischio come possibile causa di sviluppo dell'autismo sarebbe la carenza di vitamina D durante la gravidanza.[66][67][68][69]
Comorbilità
L'autismo si trova a volte associato ad altri disturbi che alterano in qualche modo la normale funzionalità del Sistema Nervoso Centrale: disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), epilessia, sclerosi tuberosa, sindrome di Rett, sindrome di Down, sindrome di Landau-Kleffner, fenilchetonuria, sindrome dell'X fragile, rosolia congenita. Disordini geneticamente riconducibili a una alterazione dei normali meccanismi fisiologici espressi dal gene FMR-1[70][71]
Sintomatologia
Normalmente i sintomi, che solo ad un primo impatto possono sembrare simili alle caratteristiche dell'introversione, in realtà si manifestano come un vero e proprio ritiro autistico (nel senso di comportamenti notevolmente anomali e non sempre comprensibili, a causa dei quali la persona si trova esposta a un alto rischio di isolamento sociale), dovuto a gravi alterazioni nelle aree funzionali descritte qui di seguito:
Comunicazione verbale e non verbale
Per Vivanti G. ‹‹Molti bambini con autismo, una percentuale che varia tra il 20% e il 50%, non acquisiscono alcun tipo di linguaggio verbale. Un altro 25 % acquisisce alcune parole tra i 12 ed i 18 mesi e poi va incontro a una regressione associata alla perdita del linguaggio verbale››[72]. I soggetti che sono in grado di utilizzare il linguaggio si esprimono in molte occasioni in modo bizzarro; spesso ripetono parole, suoni o frasi sentite pronunciare (ecolalia). L'ecolalia può essere immediata (ripetizione di parole o frasi subito dopo l'ascolto),[73] oppure ecolalia differita (ripetizione a distanza di tempo di frasi o parole sentite in precedenza).[74]
Accanto alle ecolalie sono spesso presenti le stereotipie verbali (il bambino ripete parole o frasi non collegate alla situazione e ai vissuti del momento). Alcuni bambini con autismo inventano nuove parole (neolinguaggio)[75] Vi può essere anche un disturbo nella melodia del linguaggio che può apparire cantilenante o eccessivamente manierato. Anche se le capacità imitative sono integre, queste persone spesso hanno notevoli difficoltà a impiegare i nuovi apprendimenti in modo costruttivo a situazioni diverse da quelle che li hanno generati in prima istanza. Pertanto:
: ‹‹Comunicare con una persona con Disturbo Autistico può essere difficile o impossibile per motivi diversi e apparentemente opposti. Ai due estremi del continuum ci sono da un lato soggetti che non hanno mai acquisito il linguaggio e non rispondono e non danno inizio ad alcuno scambio comunicativo, dall'altro soggetti che avviano continuamente conversazioni utilizzando un vocabolario ricco e formalmente appropriato, ma che non sono in grado di adeguare in modo flessibile la comunicazione al contesto interattivo, di mantenere la reciprocità e l'alternanza di turni nello scambio comunicativo e di interpretare correttamente tutti gli scambi comunicativi espressi dall'interlocutore››.[76]
Per comprendere questa grave menomazione bisogna tener presente che la comunicazione sia verbale sia non verbale, si sviluppa correttamente quando sono presenti alcune precise condizioni: desiderio e piacere di scambio con l'altro e attenzione al mondo esterno; sufficiente serenità interiore; normali capacità sensoriali; età adeguata. Nel bambino autistico purtroppo mancano alcune e a volte tutte queste condizioni. Non avendo alcuna fiducia nei confronti del mondo esterno questi bambini non hanno desiderio di comunicare, ma avvertono soprattutto il bisogno di difendersi dagli altri. Essendo il loro mondo interiore notevolmente disturbato dalle ansie, dalle paure, dalla notevole inquietudine, non vi è quel minino di serenità interiore che può permettere loro di ascoltare, ed elaborare correttamente i suoni e i pensieri. Inoltre, nonostante i bambini con disturbo autistico sentano perfettamente, la reazione ad alcuni suoni produce in loro allarme. Pertanto cercano di difendersi da questa situazione frustrante estraniandosi per quanto possibile dal mondo esterno. Tuttavia quando il bambino riesce ad acquisire una migliore serenità interiore e una maggiore fiducia negli altri e in se stesso, migliora nettamente sia la comunicazione verbale, sia quella gestuale, quando questo miglioramento avviene prima dei cinque – sei anni, età nelle quali i centri per il linguaggio sono ancora ben attivi. Purtroppo quando il bambino supera questa età le maggiori acquisizioni sono soprattutto sul piano della comunicazione gestuale.
Interazione sociale
Gli autistici mostrano un'apparente carenza di interesse e di reciprocità relazionale con gli altri; tendenza all'isolamento e alla chiusura sociale; apparente indifferenza emotiva agli stimoli o, al contrario, ipereccitabilità agli stessi; difficoltà a instaurare un contatto visivo diretto: il bambino autistico che intorno ai due anni di età continui a evitare lo sguardo degli altri mostra, secondo diversi studi, una maggiore disabilità sociale in futuro.[77]
Gli autistici hanno difficoltà nel cominciare una conversazione o a rispettarne i "turni", oltre a difficoltà a rispondere alle domande e a partecipare alla vita o ai giochi di gruppo. Non è infrequente che bambini affetti da autismo vengano inizialmente sottoposti a controlli per verificare una sospetta sordità, dal momento che non mostrano apparenti reazioni (proprio come se avessero problemi uditivi) quando vengono chiamati per nome.
Immaginazione o repertorio di interessi
Di solito un limitato repertorio di comportamenti viene ripetuto in modo ossessivo; si possono osservare posture e sequenze di movimenti stereotipati (per es. torcersi o mordersi le mani, sventolarle in aria, dondolarsi, compiere complessi movimenti del capo, ecc.) detti appunto stereotipie. Queste persone possono manifestare eccessivo interesse per oggetti o parti di essi, in particolare se hanno forme tondeggianti o possono ruotare (palle ovali, biglie, trottole, eliche, ecc.). Talvolta la persona affetta da autismo tende ad astrarsi dalla realtà per isolarsi in una sorta di "mondo virtuale", in cui si sente di vivere a tutti gli effetti (dialogando talora con personaggi inventati). Pur mantenendo in molti casi la consapevolezza del proprio fantasticare, è con fatica e solo con delle sollecitazioni esterne (suoni improvvisi, richiami di altre persone) che riesce a essere in varia misura partecipe nella vita di gruppo.
Importanza dell'ordine
In alcuni soggetti, si riscontra una marcata resistenza al cambiamento, che per alcuni può assumere le caratteristiche di un vero e proprio terrore fobico. Questo può accadere se viene allontanato dal proprio ambiente (camera, studio, giardino, ecc.), o se nell'ambiente in cui vive si cambia inavvertitamente la collocazione di oggetti, del mobilio o comunque l'aspetto della stanza.
Lo stesso può verificarsi se si lasciano in disordine oggetti (sedie spostate, finestre aperte, giornali in disordine): la reazione spontanea della persona autistica sarà quella di riportare immediatamente le cose al loro ordine o, se impossibilitato a farlo, manifestare comunque inquietudine. La persona può allora esplodere in crisi di pianto o di riso, o anche diventare autolesionista e aggressiva verso gli altri o verso gli oggetti. Altri soggetti, al contrario, mostrano un'eccessiva passività, aprassia motoria e ipotonia[78], che sembra renderli impermeabili a qualsiasi stimolo.
Comportamenti ossessivo-compulsivi
Il soggetto manifesta un forte desiderio di ripetitività (Kanner), esternato mediante stereotipie verbali e nei movimenti ed accompagnato da una forte ansia. Ad esempio, il paziente può sentire la necessità di compiere un rito d'inizio/fine ogni qualvolta deve andare dal medico. Spesso, impedirgli di soddisfare tale bisogno, può scatenare scatti di ira e aggressione.
Vari aspetti dell'autismo
La gravità e la sintomatologia dell'autismo variano molto da individuo a individuo e tendono nella maggior parte dei casi a migliorare con l'età, in particolare se il ritardo mentale è lieve o assente, se è presente il linguaggio verbale, e se un trattamento terapeutico valido viene intrapreso in età precoce.
L'autismo può essere associato ad altri disturbi, ma è bene sottolineare che esistono gradi di autismo differenti tra loro. Alcune persone autistiche possiedono per esempio una straordinaria capacità di calcolo matematico, sensibilità musicale, eccezionale memoria audio-visiva o altri talenti in misura del tutto fuori dell'ordinario, come ad esempio la capacità di realizzare ritratti o paesaggi molto fedeli su tela senza possedere nozioni tecniche di disegno o pittura.
Le emozioni del bambino autistico
Molti pregiudizi accompagnano la sindrome autistica. Uno dei più diffusi è quello che vorrebbe che questi bambini non provassero o provassero solo in modo modesto le emozioni. Ciò non è assolutamente vero, in quanto in queste patologie ritroviamo invece alti livelli di ansia, numerose angoscianti paure, unite spesso a manifestazioni di rabbia e collera. La presenza di un mondo interiore emotivamente molto disturbato si rende evidente già dai racconti e dai disegni che, a volte, questi bambini riescono a costruire. Racconti e disegni nei quali predominano temi angoscianti, cruenti, raccapriccianti o coprolalici.[79] La professoressa Temple Grandin, una donna con autismo ad alto funzionamento, nel suo racconto-saggio “Pensare in immagini” così descrive le sue emozioni: “Alcuni ritengono che le persone con autismo non abbiano emozioni. Io ne ho eccome, ma sono più simili alle emozioni di un bambino che a quelle di un adulto”.[80]
L'ansia
Per quanto riguarda l'ansia, questa emozione, nelle forme lievi di autismo, si esprime soprattutto con sintomi come la labilità dell'attenzione, l'iperattività, l'ipercinesia, la notevole reattività anche alla piccole frustrazioni. In queste forme, quando il bambino desidera fare amicizia con i coetanei, l'ansia e l'eccitamento interiore inficiano gravemente le sue capacità relazionali, per cui, nei rapporti con i pari, poiché il bambino non ha la serenità necessaria per ascoltare l'altro, accettandone i bisogni e i desideri, è spesso respinto e rifiutato. Nelle gravi forme di autismo, nonostante l'ansia sia mascherata da sintomi più gravi come le stereotipie, l'apparente apatia e indifferenza, la si può evidenziare facilmente nelle imprevedibili, improvvise e frequenti, oscillazioni dell'umore e nelle crisi acute di angoscia, provocate da minime frustrazioni. Inoltre, in molti casi, questa penosa emozione riesce a sconvolgere l'organizzazione strutturale del pensiero con alterazioni del linguaggio che può diventare slegato e incoerente.
Le paure
Quando il bambino è messo di fronte ad alcune particolari situazioni, oggetti e stimoli tattili, visivi o uditivi, o quando deve affrontare minimi cambiamenti del mondo che lo circonda, le paure possono manifestarsi anche in modo drammatico, con urla e atteggiamenti scomposti.[81] Temple Grandin così descrive le sue paure: “I problemi di una persona come questa sono ulteriormente complicati da un sistema nervoso che è spesso in uno stato di maggiore paura e panico”.[82] “Poiché la paura era la mia emozione principale, essa si riversava in tutti gli eventi che avessero un qualche significato emozionale”. “Fin dalla pubertà avevo vissuto paure e ansie costanti, accompagnate da forte attacco di panico, che si presentavano a intervalli variabili, da poche settimane a diversi mesi. La mia vita si basava sul fatto di evitare le situazioni che potevano scatenare un attacco di panico”.[83] ”Con la pubertà la paura divenne la mia principale emozione”.[84]
La rabbia e la collera
Frequenti sono, in questi bambini, gli scoppi di rabbia con conseguente collera, che si rendono evidenti mediante le manifestazioni aggressive verso gli oggetti, le altre persone ma anche verso se stessi. Ciò avviene soprattutto quando il bambino avverte che il mondo fuori di lui manifesta scarso rispetto nei confronti delle sue paure, delle sue ansie o dei suoi bisogni più veri e profondi, Per fortuna, quando l'ambiente che lo circonda diventa pienamente e totalmente rispettoso dei suoi bisogni e desideri, ad esempio quando attua costantemente la tecnica del gioco libero autogestito, insieme alla diminuzione della sofferenza e del turbamento interiore, rabbia e collera regrediscono, mentre contemporaneamente sfumano anche tutti gli altri sintomi.[85]
La tristezza e la gioia
Non sempre è possibile evidenziare queste due emozioni in quanto a volte, e in alcuni bambini, si presentano in modo eccessivo e abnorme, mentre in altri soggetti o in altri momenti non sempre sono evidenti, in quanto mascherate da espressioni mimiche non congruenti.[86] Pertanto un'espressione facciale sempre uguale o atteggiamenti con manifestazioni di riso eccessivo e sboccato, possono nascondere una grande tristezza e angoscia o, al contrario momenti di vera serenità e gioia. Nonostante ciò quando gli adulti, siano essi genitori, insegnanti od operatori, riescono a mettersi in ascolto delle emozioni più profonde del bambino, senza essere distratti dai suoi comportamenti e dalle manifestazioni emotive più superficiali o estreme, non è poi così difficile cogliere le sue vere emozioni così da comportarsi conseguentemente.
La sfiducia e la diffidenza
Il mondo interiore dei bambini affetti da autismo è non solo notevolmente disturbato dall'ansia, dalla tristezza, dalle fobie e dalle paure e dall'abnorme stato di eccitamento, ma è anche alterato a causa della notevole sfiducia e diffidenza verso il mondo che li circonda.[87] Questo è avvertito frequentemente come cattivo, infido, incoerente e apportatore di continue angosciose frustrazioni. Pertanto i bambini affetti da autismo si ritrovano spesso soli in un ambiente nel quale non si sentono capiti e accettati e ciò li conduce sempre più alla chiusura.
Le difese del bambino autistico nei confronti delle emozioni negative
Da quanto abbiamo detto è facile capire che buona parte dei sintomi presenti nella sindrome autistica possono essere ricondotte a delle difese, spesso di tipo arcaico e quindi poco funzionali,[88] che questi bambini mettono in atto per evitare, alleviare o superare la loro sofferenza, causata da intense emozioni negative come l'ansia, la paura, la depressione e la notevole sfiducia verso gli altri e se stessi.
Questi bambini, ad esempio, cercano in tutti i modi di evitare, mediante la chiusura, le persone, i luoghi, gli oggetti e le situazioni nelle quali si trovano a disagio o che possono accentuare il loro malessere. Poiché ogni cambiamento accentua le loro ansie e le loro paure hanno avversione per ogni nuova esperienza, sia che si tratti di un nuovo cibo, sia che si tratti di un diverso oggetto, luogo o orario. Per diminuire la loro tristezza a volte ricorrono al riso nervoso, poiché ridendo, la loro tristezza e ansia diminuiscono, mentre, contemporaneamente, questa espressione mimica non solo non offende e non fa del male a nessuno ma è frequentemente accettata dagli altri, in quanto viene scambiata per una manifestazione di gioia.
Un'altra modalità per diminuire l'ansia e il malessere interiore è quella di attuare dei comportamenti ripetitivi, come sono le stereotipie. Anche l'autolesionismo, così come avviene in pazienti borderline, può essere utilizzato per diminuire la confusione e ridurre la tensione interiore, in quanto il dolore che viene a essere provocato serve a distrarli per qualche momento dai vissuti angoscianti, permettendogli contemporaneamente di essere più presenti.[89] Questi bambini cercano inoltre di liberarsi della tanta aggressività covata dentro, causata dalla tanta sofferenza provata, distruggendo gli oggetti, picchiando gli altri.
Cosa fare per migliorare il loro mondo interiore
Per contrastare e diminuire l'impatto che le emozioni negative hanno sull'animo di questi bambini, il principale obiettivo dovrebbe essere quello di riuscire a migliorare il loro mondo interiore, diminuendo il malessere che lo sconvolge. Compito degli adulti, siano essi genitori, terapeuti o educatori, sarà allora quello di portare serenità al posto dell'ansia, sarà quello di dare quella gioia che possa sconfiggere la tristezza, di offrire sicurezza al posto dell'insicurezza, di far nascere la fiducia al posto della sfiducia.
Per attuare tutto ciò:
- È necessario considerare i bambini affetti da autismo non come bambini da educare ma da liberare dalle tante confuse emozioni che sconvolgono il loro animo.[90]
- È importante che l'ambiente nel quale il bambino vive giornalmente sia il più sereno, gioioso, caldo e accogliente possibile.
- È bene non focalizzare l'attenzione sui sintomi, in quanto questi sono solo degli strumenti di difesa, che saranno abbandonati nel momento in cui il bambino avrà ritrovato la necessaria serenità e un buon equilibrio interiore. Se facciamo ciò ci accorgeremo che “essi amano gli adulti che sanno accogliere tutte le espressioni della loro sofferenza, anche quelle che possono sembrare strane ed inusuali”.[91]
- È indispensabile mettersi in ascolto del loro animo, in modo tale che i nostri comportamenti siano in sintonia con i bisogni più veri e profondi del bambino e non con i nostri contingenti desideri. Se riusciamo con coerenza ad attuare ciò ci accorgeremo che questi bambini non sono affatto “inaccessibili” alla comunicazione. “Essi si legano facilmente agli adulti che riescono a relazionarsi con loro come “una madre buona”. Una madre che sa entrare in empatia con il loro mondo, così da permettere al loro Io difeso, rattrappito e lacerato, di sviluppare tutte le sue potenzialità”.[92]
- È fondamentale lasciarsi coinvolgere con gioia dai giochi da essi proposti in un dato momento, nella modalità da essi desiderata (Gioco libero autogestito),[93] senza mai imporre le attività che noi consideriamo utili e importanti. Questo nostro comportamento permetterà loro di acquisire maggiore fiducia in noi e nel mondo che noi rappresentiamo.
L'inserimento del bambino autistico nell'ambito scolastico
Molti bambini con disturbo autistico hanno una notevole avversione nei confronti della scuola, così come molti insegnanti e genitori di bambini non autistici hanno rilevanti difficoltà ad accettare in classe questi bambini, a motivo dei loro comportamenti eccessivamente disturbanti. Se si vuole inserire in modo fisiologico i bambini con disturbo autistico nell'ambito delle scuole, così da favorire una buona socializzazione e nel contempo riuscire a evitare di creare problemi ai bambini normali e ulteriori traumi a questi bambini, è necessario capire le ragioni della loro avversione nei confronti di questa istituzione.[94] I loro comportamenti oppositivi e disturbanti sono attuati non perché siano “cattivi” o “capricciosi”, come spesso sono definiti, ma per due validi motivi:
1. Questa istituzione accentua molto il loro disagio interiore in quanto i bambini con disturbo autistico sono alla ricerca continua di ambienti tranquilli, stabili e ordinati, che li aiutino a diminuire le loro paure e angosce interiori,[95] mentre la normale vivacità di un ambiente scolastico, nel quale molti bambini si muovono, si agitano e interloquiscono, li impaurisce e disturba notevolmente.
2. Inoltre questi bambini mal sopportano che qualcuno chieda loro di fare o non fare una determinata cosa, per cui non riescono ad accettare le varie indicazioni date dagli insegnanti in quanto avvertono ogni richiesta come una violenza nei loro confronti. Invece vorrebbero effettuare liberamente i giochi che più li aiutano a ritrovare un minimo di serenità interiore.
Per tali motivi è bene sostituire, almeno per un certo periodo, l'ambiente classe, spesso rumoroso e inquieto, con un altro, molto silenzioso e tranquillo ma ricco di moltissimi giocattoli e materiali vari, nel quale sia presente soltanto un buon insegnante, capace di ascolto e comprensione dei loro problemi e bisogni interiori. Sarà quindi preferibile un insegnante che sia disposto a sovvertire le normali regole scolastiche, fino a quando questi bambini non avranno acquisito piena serenità interiore e buona fiducia negli altri. Infatti i bambini con disturbo autistico hanno la necessità di rapportarsi con un insegnante che riesca a evitare di chiedere loro cosa devono o non devono fare, ma sappia essere di aiuto, sostegno e incoraggiamento alle attività e giochi da loro liberamente scelti. Quest'insegnante deve quindi ben conoscere e attuare nei loro confronti il gioco libero autogestito, in quanto solo le attività e i giochi da loro scelti hanno il potere di diminuire il grave malessere interiore del quale soffrono questi bambini, nel mentre permette loro di acquisire sentimenti di maggiore sicurezza, serenità e fiducia negli altri e nel mondo. Solo in una fase successiva, con molta gradualità, l'insegnante potrà avvicinare i bambini con problemi di autismo ad altri adulti e coetanei, con i quali pensa possa stabilirsi una fruttuosa intesa reciproca, così come solo in un secondo momento potrà proporre delle attività didattiche se queste sono ben accettate da questi particolari allievi.
Altri sintomi
Si possono anche manifestare nell'autismo:
Eziologia
La prima ipotesi sviluppata sulle cause dell'autismo, ormai ai margini della ricerca scientifica anche se frequentemente citata, è quella di Leo Kanner, che per primo, nel 1943, pubblicò uno studio abbastanza esaustivo sulla sindrome. Nonostante avesse concluso trattarsi di un disturbo innato, Kanner che aveva individuato nelle famiglie con figli autistici molti genitori, nonni, e parenti di alto livello culturale, ipotizzò che l'ossessività fosse una sorta di caratteristica fondamentale di queste famiglie.
Leon Eisenberg, suo stretto collaboratore, più tardi sottolineò quanto fosse difficile non considerare la configurazione affettiva del nucleo familiare, ipotizzando che il comportamento dei genitori non aiutasse né stimolasse il bambino a uscire dal suo guscio di "refrigerazione affettiva".
La tesi di Kanner-Eisenberg è stata ripresa recentemente nel dibattito sull'etiopatogenesi del disturbo a seguito della scoperta del sistema dei neuroni specchio, che secondo alcuni autori potrebbe avere un ruolo nella genesi dell'autismo[99].
Molti dei primi studi sull'autismo successivi a quello di Kanner si sono poi concentrati prevalentemente sul ruolo dei genitori. Molti e diversi sono però i fattori osservati che possono contribuire allo sviluppo della sindrome, e comprendono sia fattori ereditari sia non ereditari.[100] Poiché nel 60% dei casi due gemelli monozigoti (che hanno lo stesso patrimonio genetico) risultano entrambi affetti, con tutta probabilità una componente genetica esiste,[101] anche se non è il solo fattore scatenante (altrimenti il 100% dei monozigoti svilupperebbe la sindrome); si ipotizza quindi una causa di tipo multifattoriale, con elementi genetici e ambientali.
La frode scientifica della falsa ipotesi vaccinale
È invece ormai completamente screditata una vecchia ipotesi[102] sulla presunta causa vaccinale: l'ipotesi, avanzata da Andrew Wakefield, si è rivelata poi una frode scientifica, in quanto il suo studio, poi ritrattato dall'editore, era fondato sulla scorretta manipolazione di dati sperimentali. Wakefield, come riporta il British Medical Journal,[103] percepì un compenso in denaro per asserire la falsa evidenza di una correlazione fra il disturbo e l'assunzione del vaccino trivalente (contro morbillo, parotite e rosolia);[104]. La pubblicazione di Wakefield spinse ad avviare una serie di altri studi su una più ampia popolazione, per comprendere se realmente esistesse una correlazione o meno. Nessuna di queste ricerche ha mai confermato i dati, del tutto errati, di Wakefield.
Ad esempio, un noto studio condotto in tutti i bambini nati in Danimarca dal 1991 al 1998, cui venne somministrato il vaccino (un ampio campione di quasi mezzo milione di bambini) non trovò alcuna differenza nell'incidenza di autismo rispetto ai bambini non vaccinati.[105] Quella non fu l'unica smentita di tale affermazione: nel corso del tempo sono stati condotti molti studi dalle conclusioni sovrapponibili a quello danese,[106][107] anche pubblicati sulla stessa rivista Lancet e su campioni differenziati per età e sesso,[108] arrivando sino al 2008.[109] Inoltre è stato anche escluso il ruolo del thimerosal quale fattore di rischio.[110] Infine, l'ipotesi ha subìto un'ulteriore forte smentita a opera di uno studio giapponese[111], nel quale si è evidenziato che, nonostante la sospensione completa della vaccinazione trivalente nel 1993, l'incidenza della patologia è continuata ad aumentare[112].
La vicenda terminò con la ritrattazione di 10 fra i 12 ricercatori che avevano pubblicato lo studio manipolato del 1998.[113].
Nel maggio 2010, al termine delle indagini del General Medical Council inglese, Wakefield è stato espulso dall'Albo dei Medici, per via del suo comportamento "disonesto, fuorviante e irresponsabile", nel corso di "numerosi gravi episodi di cattiva pratica professionale" legati alle sue scorrette ricerche sull'autismo[114], e Lancet ha definitivamente ritrattato lo studio erroneo che aveva pubblicato nel 1998.
Nel gennaio 2011, il British Medical Journal ha pubblicato un'ampia inchiesta sull'argomento, da cui emerge definitivamente il profilo fraudolento della falsa ipotesi vaccinale, e di come alcuni protagonisti della vicenda abbiano dichiarato il falso dietro compenso economico, realizzando, così, una fraudolenta campagna di raccolta fondi a scopo di lucro personale.[103][115][116][117]
Trattamenti
Data l'alta variabilità individuale, non esiste un unico intervento specifico che sia valido per tutti allo stesso modo.[118] Inoltre, raramente è possibile ottenere la remissione totale dei sintomi. Per questo, sono molti e diversi i trattamenti rivolti all'autismo. Le "Linee guida di intervento sull'autismo" pubblicate dal National Research Council[119] affermano:
- non esiste un unico intervento che vada bene per tutti i bambini autistici;
- non esiste un unico intervento che vada bene per tutte le età;
- non esiste un unico intervento che possa rispondere a tutte le molteplici esigenze direttamente o indirettamente legate all'autismo.
Per contro, la continuità e la qualità del percorso terapeutico sono garantite attraverso:
- il coinvolgimento dei genitori in tutto il percorso;
- la scelta in itinere degli obiettivi intermedi da raggiungere e quindi degli interventi da attivare (prospettiva diacronica);
- il coordinamento, in ogni fase dello sviluppo, dei vari interventi individuati per il conseguimento degli obiettivi (prospettiva sincronica);
- la verifica delle strategie messe in atto all'interno di ciascun intervento.
Si raccomanda un intervento precoce e intensivo, che tenga conto della necessità di intervenire sul disturbo dell'intenzionalità del bambino. È importante quindi lavorare precocemente non nel senso dell'addestramento comportamentale, ma proprio dello sviluppo dell'intenzionalità motoria e comunicativa autonoma[120].
Le persone con un importante disturbo della comunicazione, come nel DSA, nei disturbi con gravi difficoltà recettive e anche nella disprassia verbale, possono anche beneficiare, come suggerisce Rapin, di supporti cognitivi quali le tavole di comunicazione, del linguaggio dei segni, dell'apprendimento del linguaggio usando il computer[121], della lettura di materiale didattico illustrato predisposto e di altri strumenti comunicativi.
Tali supporti devono essere forniti precocemente, al fine di:
- aumentare il livello dell'apprendimento del linguaggio;
- sfruttare al massimo il periodo utile per l'apprendimento del linguaggio del bambino;
- minimizzare le conseguenze comportamentali secondarie a un'inadeguata capacità di comunicazione;
- anticipare le difficoltà potenziali successive con l'acquisizione del linguaggio scritto.[122]
L'impiego mirato dei farmaci è volto alla riduzione o all'estinzione di alcuni comportamenti problematici, o di disturbi clinici associati come l'epilessia e i deficit di attenzione[123], col fine di evitare ulteriori aggravamenti clinici o per migliorare la qualità della vita.
In gennaio 2012 è stata presentata dall'Istituto Superiore di Sanità anche la versione della Linea guida n.21 in una sintetica versione destinata al grande pubblico[124].
Intervento psicologico-clinico
In numerosi paesi, psicologi e psicoterapeuti (prevalentemente a orientamento cognitivo, ma anche sistemico o psicodinamico) sono coinvolti nell'intervento clinico nelle situazioni di autismo, così come di altri tipi di disturbi dello sviluppo: non tanto nel senso del vecchio tipo di intervento psicoanalitico diretto solo al bambino, ma anche e soprattutto nelle forme di sostegno psicoeducativo per il bambino, dell'aiuto alla famiglia per sostenerla e diminuirne possibili aspetti disfunzionali, nella valutazione clinica del disturbo e dei suoi correlati funzionali, oltre che nel lavoro di collaborazione con educatori, riabilitatori e insegnanti per accompagnare utilmente bambino e famiglia nella riabilitazione cognitiva e comunicativa, nel supporto psicopedagogico, nell'intervento clinico sui problemi del comportamento, e nel sostegno ai processi di sviluppo psicoaffettivo, integrando una serie di interventi multidimensionali in quella che è una situazione clinica complessa.[125][126]
Tra le tipologie di intervento psicologico più diffuse e potenzialmente efficaci nella gestione clinica del disturbo e nella riduzione delle sue conseguenze funzionali, vi sono le logiche Applied behavior analysis (ABA) (tra cui si ricorda l'Early Intensive Behavioural Intervention (EIBI), ideato dal professor Ole Ivar Lovaas della UCLA), il metodo TEACCH, e gli approcci cosiddetti "Eclettici". Recenti review hanno evidenziato tassi complessivi di efficacia piuttosto simili tra i vari approcci; in ogni caso, le tipologie di intervento clinico maggiormente utili sono solitamente di tipo intensivo, dovrebbero essere avviate il più precocemente possibile, e necessitano di essere proseguite per periodi di tempo piuttosto prolungati[127][128][129][130].
Prognosi
Al 2019, non esiste una cura nota.[131][132] Tuttavia, di tanto in tanto, alcuni bambini riescono a recuperare, tanto da perdere la diagnosi di autismo.[133] Ciò si verifica talvolta dopo un trattamento intensivo, ma in altri casi anche senza. Non si conosce quanto tempo si necessiti perché si possa riscontrare un recupero,[134] Studi su campioni selezionati di bambini con la condizione hanno riportato una remissione dell'autismo dal 3% al 25% dei casi.[133] La maggior parte dei bambini con autismo acquisiscono la capacità di linguaggio all'età di cinque anni o anche prima, anche se alcuni non riescono se non negli anni successivi.[135] La maggior parte dei bambini con autismo soffre la mancanza di un sostegno sociale, di relazioni significative, dell'opportunità futura di un lavoro o dell'autodeterminazione.[17] Anche se le difficoltà di base tendono a persistere, i sintomi spesso diventano meno gravi con l'età.[5]
Vi sono pochi studi di alta qualità che affrontino la prognosi a lungo termine. Alcuni adulti mostrano un modesto miglioramento nella capacità di comunicazione, ma in alcuni casi anche un declino; nessuno studio si è concentrato sull'autismo dopo la mezza età.[136] L'acquisizione di capacità linguistiche prima dei sei anni, con un QI superiore a 50, e con una certa competenza, possono far prevedere risultati migliori. Nei casi gravi, una vita indipendente è improbabile.[137] La maggior parte delle persone affette da autismo soffre di significativi ostacoli nella transizione verso l'età adulta.[138]
Ricerche
Ricerche scientifiche condotte recentemente hanno consentito di individuare un'associazione statisticamente significativa, non nota prima, tra la malattia di Kawasaki e la diagnosi di disturbo autistico utilizzando correlazioni statistiche e informatiche con Wikipedia insieme a note banche dati di medicina come Pubmed.[139]
Associazioni legate all'autismo
- Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici (acronimo: ANGSA)
- Federazione italiana per il superamento dell'handicap (acronimo: FISH)
- Autism Europe
Biografie
Oltre ai casi clinici sono stati scritti racconti biografici e autobiografici di persone autistiche, uno dei primi è stato "Via dal nirvana. Vita con una figlia autistica" di Clara Claiborne Park [140] .
Note
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Voci correlate
- Sindrome di Asperger
- Sindrome del savant
- Autismo in età adulta
- Cause dell'autismo
- Antropologia e autismo
- Stato mentale
- Teoria della mente#Teoria della mente e autismo
- Comunicazione aumentativa e alternativa
- Rain Man - L'uomo della pioggia
- Neuroni specchio
- Malassorbimento
- Temple Grandin
- Diritti dei disabili
Altri progetti
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Collegamenti esterni
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- Sito di Telethon, sezione sull'autismo, su telethon.it (archiviato dall'url originale il 19 dicembre 2008).
- Autismo, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Controllo di autorità | Thesaurus BNCF 4856 · LCCN (EN) sh85010038 · GND (DE) 4003932-8 · BNF (FR) cb119309913 (data) · J9U (EN, HE) 987007295715505171 · NSK (HR) 000102608 · NDL (EN, JA) 00574713 |
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