Amarcord
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[[File:|frameless|center|260x300px]]Titoli di testa | |
Durata | 127 min |
Regia | {{{regista}}} |
Logo ufficiale del film |
Amarcord è un film del 1973, tra i più famosi di Federico Fellini, certamente il più autobiografico.
La notorietà di questo film è tale che lo stesso titolo "Amarcord" (derivante per composizione dall'espressione in dialetto romagnolo "a ma r'cord", ossia "io mi ricordo") è diventato un neologismo della lingua italiana, con il significato di "rievocazione in chiave nostalgica".
Il film è stato presentato fuori concorso al Festival di Cannes 1974.
La locandina e i titoli di testa sono opera del grafico statunitense John Alcorn.
Trama
La vicenda, ambientata dall'inizio della primavera del 1932 all'inizio della primavera del 1933 (riferimento certo visto la corsa della VII edizione della Mille Miglia) in una Rimini onirica ricostruita a Cinecittà come la ricordava Fellini in sogno, narra la vita nell'antico borgo (o "e borgh" come a Rimini conoscono il quartiere di San Giuliano) e dei suoi più o meno particolari abitanti: le feste paesane, le adunate del "Sabato fascista", la scuola, i signori di città, i negozianti, il suonatore cieco, la donna procace ma un po' attempata alla ricerca di un marito, il venditore ambulante, il matto, l'avvocato, quella che va con tutti, la tabaccaia dalle forme giunoniche, i professori di liceo, i fascisti e gli antifascisti, ma soprattutto i giovani del paese; adolescenti presi da una prepotente "esplosione sessuale". Tra questi è messo in particolare risalto il personaggio di Titta Biondi (pseudonimo per Luigi "Titta" Benzi, amico d'infanzia di Fellini) e tutta la sua famiglia: il padre, la madre, il nonno, il fratello e uno zio un po' matto. Attraverso le vicende della sua adolescenza, il giovane inizierà un percorso che lo porterà, piano piano, alla maturità.
Scene famose
La scena più famosa è senza dubbio quella in cui il giovane Titta (Bruno Zanin) entra nel negozio di tabacchi dopo l'orario di chiusura per comprare "una (sigaretta) nazionale" e finisce, tra una scusa e l'altra, letteralmente immerso tra i giganteschi seni della tabaccaia (Maria Antonietta Beluzzi), fintanto da rischiare il soffocamento.
Nondimeno, sono celebri anche le scene in cui tutto il paese si ritrova in mare per salutare il passaggio del transatlantico Rex, quella in cui lo zio matto di Titta, interpretato da Ciccio Ingrassia, sale su un albero urlando disperatamente al mondo il suo desiderio di amore ("Voglio una donnaaaa!"), quella del nonno disperso nella nebbia, l'incontro di Oliva, il fratello del protagonista, con un "mostro magico" (che si rivelerà poi una mucca) e il volo del pavone del Conte, in mezzo ad una battaglia a palle di neve.
Amarcord e l'elemento autobiografico
Amarcord è senza dubbio il più autobiografico dei film del regista di Rimini: il titolo stesso è un'affermazione e una conferma di ciò, "a m'arcord", "mi ricordo" ed è proprio questo che Fellini ricorda attraverso gli occhi del suo alter ego (che per una volta non è Mastroianni ma Titta, ossia Bruno Zanin, il suo paese, la sua giovinezza, i suoi amici e tutte le figure che gli giravano attorno.
L'elemento autobiografico nell'arte di Fellini, comunque, è senza dubbio quello preponderante, basti pensare a Intervista, Roma ed a I Vitelloni: quest'ultimo caso, può essere considerato il "seguito" di Amarcord: i ragazzi sono cresciuti, i problemi sono altri, ma possiamo sempre riconoscere in Moraldo, il giovane che alla fine del film abbandona il paese natale per andare a vivere in una grande città, il giovane Fellini, che abbandona Rimini verso Roma. Un'ulteriore vena di "passato" la troviamo nelle musiche del maestro Nino Rota: musiche dolci, leggere come i ricordi che accompagnano e mostrano agli occhi degli spettatori. Il ritorno di Fellini in Romagna si celebra dunque attraverso i piccoli accadimenti di una Rimini in pieno trionfalismo fascista. Il ventaglio di una vita si apre nella coralità di un'opera degna del miglior Fellini, non a caso premiato con l'Oscar. Grazie alla collaborazione dello scrittore Tonino Guerra, davanti agli occhi dello spettatore sfila una ricchezza tale di volti e luoghi, divertimenti e finezze, malinconie e suggestioni, da far apprezzare il film a tutto il mondo. Attraverso i toni della commedia venata di malinconia, Amarcord distilla generosamente umori e sensazioni. In alcune interviste Fellini ha dichiarato che nel film risaltano l'asfittica condizione sociale, la miseria culturale e la limitatezza ideologica in cui il fascismo aveva relegato l'Italia. Tutto ciò è riconoscibile nel film ma, come sottolinea Mario Del Vecchio, è la sostanza poetica che salta agli occhi. I protagonisti di Amarcord, e soprattutto le figure di contorno, non solo sono caricature di altrettante persone colte in un particolare momento storico; piuttosto, sono tipi universali, che vanno oltre la dimensione temporale per diventare immortali come, appunto, la poesia.
Curiosità
- Nel film recita, in un breve cameo, anche il cantante del gruppo Banco del Mutuo Soccorso, Francesco Di Giacomo.
- Nella parte relativa al Sabato fascista, si può notare per alcuni secondi che il carabiniere inquadrato in primo piano di picchetto di fronte al palco delle autorità è Ciccio Ingrassia, già presente nella pellicola con il ruolo di Teo, zio di Titta.
- Maria Antonietta Beluzzi, l'indimenticabile ed indimenticata tabaccaia, fu in questa pellicola doppiata dalla brava Solvejg D'Assunta.
- La napoletana Pupella Maggio è doppiata da Ave Ninchi, che dà, all'attrice, una non facile inflessione romagnola.
- Fides Stagni, che ironia della sorte interpreta l'insegnante di storia dell'arte, era stata realmente una pittrice attiva nel periodo fascista.
- Nella scena del lancio di palle di neve, tra i bambini impegnati figura anche Eros Ramazzotti, il quale abitava proprio nel quartiere di Cinecittà.
- L'albero su cui lo zio Teo sale è in realtà finto.
- Il ruolo della Gradisca era stato affidato inizialmente ad Edwige Fenech, ma poco prima di firmare il contratto Fellini cambiò idea perché secondo lui Edwige era "troppo magra". La parte fu poi affidata a Magali Noël, di 16 anni più vecchia rispetto alla Fenech.
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