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Amarcord

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Amarcord
Lingua originaleitaliano, emiliano-romagnolo
Paese di produzioneItalia, Francia
Anno1973
Durata123 min
Rapporto1,85:1
Generefantastico, commedia, grottesco, drammatico
RegiaFederico Fellini
SoggettoFederico Fellini, Tonino Guerra
SceneggiaturaFederico Fellini, Tonino Guerra
ProduttoreFranco Cristaldi
Casa di produzioneF.C. Produzioni, P.E.C.F.
Distribuzione in italianoP.I.C.
FotografiaGiuseppe Rotunno
MontaggioRuggero Mastroianni
Effetti specialiAdriano Pischiutta
MusicheNino Rota
ScenografiaDanilo Donati
CostumiDanilo Donati
TruccoRino Carboni
Interpreti e personaggi
Doppiatori originali
Logo ufficiale del film

Amarcord è un film del 1973 diretto da Federico Fellini.

È uno dei film più noti del regista, al punto che la parola Amarcord, univerbazione della frase in lingua romagnola "a m'arcord", cioè "io mi ricordo", è entrata nella cultura popolare diventando un neologismo della lingua italiana, con il significato di rievocazione in chiave nostalgica[1][2].

La vicenda narra la vita che si svolge nell'antico borgo di Rimini (San Giuliano, vicino al Ponte di Tiberio) da una primavera all'altra, nei primi anni trenta. Un anno esatto di storia, che rispecchia i miti, i valori e il quotidiano dell'epoca tramite gli abitanti della cittadina: la provocante parrucchiera Gradisca, la ninfomane Volpina, una tabaccaia formosa, un ampolloso avvocato dalla facile retorica, il matto Giudizio e un motociclista esibizionista (Scoreza di Corpolò).

Il passaggio del transatlantico Rex

Tutti loro interagiscono col folklore delle feste paesane, le adunate del sabato fascista, attendono al chiaro di luna il passaggio del transatlantico Rex e la famosa gara automobilistica delle Mille Miglia, osservano meravigliati la villeggiatura dell'emiro dalle trenta concubine. Ma i veri protagonisti sono i sogni ad occhi aperti dei giovani del paese, influenzati, come i loro coetanei di ogni tempo, dalla prepotente esplosione ormonale.

Tra questi adolescenti emerge Titta, che cresce subendo condizionamenti sia fuori che dentro le mura domestiche. La sua vita si divide tra l'inarrivabile Gradisca, i grossi seni della tabaccaia e i balli d'estate al Grand Hotel spiati da dietro le siepi. La sua famiglia è composta dall'anarchico padre Aurelio, piccolo imprenditore edile perennemente in discordia con la moglie Miranda, lo zio materno Lallo (tiepido milite fascista ma impenitente dongiovanni, che vegeta alle spalle dei parenti), lo zio paterno Teo, ricoverato in manicomio e il nonno che scoppia di salute e che tra un detto moraleggiante e l'altro non si fa mancare delle avances con la domestica.

Magali Noël interpreta la "Gradisca"

Il ruolo di Ninola, poi nota come "Gradisca", fu pensato per Sandra Milo e dato il rifiuto dell'attrice si optò per Edwige Fenech ma, alla firma del contratto, il regista la ritenne troppo magra e slanciata, diversamente dalla donna comune dell'epoca, scegliendo l'ultra quarantenne Magali Noël che aveva lavorato in altri film felliniani.

C’è anche un’apparizione di Francesco Di Giacomo, il cantante del gruppo Banco del Mutuo Soccorso. Il Principe Umberto fu interpretato dal caratterista Marcello Di Falco (poi Marcella Di Folco)[3] Nella scena del lancio di palle di neve compare tra i bambini il futuro cantante Eros Ramazzotti[4]. Oliva, il fratello di Titta, e altri coetanei sono ragazzi presi dalla strada, dal vicino quartiere di Cinecittà.

Aristide Caporale (sempre nel ruolo di Giudizio), Dante Cleri, Marcello di Falco, Francesco Di Giacomo, Nella Gambini[5], Franco Magno, Fides Stagni e Alvaro Vitali erano già presenti in Roma, film di Fellini a questo precedente. Per Alvaro Vitali questo fu il primo film recitato come attore professionista. Infatti egli lavorava principalmente come elettricista e il suo datore di lavoro, sapendo che si sarebbe assentato ancora una volta a lungo per darsi al cinema, lo licenziò. Federico Fellini sarebbe voluto intervenire nella questione, ma Alvaro Vitali gli disse di lasciar perdere, e così il regista decise di aumentargli le scene per potergli offrire un compenso più alto[6].

Federico Fellini avrebbe voluto affidare il ruolo di Aurelio Biondi all'allenatore di calcio Nereo Rocco, ma questi declinò la proposta.

Distribuzione

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Il film uscì nelle sale italiane il 13 dicembre 1973, e fu poi presentato fuori concorso al Festival di Cannes 1974.[7] La locandina e i titoli di testa sono opera del grafico statunitense John Alcorn. Il film è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare[8].

Amarcord, la storia e l'elemento autobiografico

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Una scena del film con (da sinistra) Pupella Maggio, Armando Brancia, Giuseppe Ianigro e Ciccio Ingrassia

Amarcord è senza dubbio il più autobiografico dei film del regista riminese: il titolo stesso è un'affermazione che in romagnolo significa "mi ricordo". I ricordi di Fellini sono raccontati attraverso gli occhi del personaggio di Titta, ispirato al miglior amico di Federico Fellini negli anni della giovinezza - e che gli rimarrà amico per tutta la vita - l'avvocato Luigi "Titta" Benzi, (interpretato da Bruno Zanin) e che in qualche modo gli fa da alter ego, potendo attraverso di lui illustrare il suo paese, la sua giovinezza, i suoi amici e tutte le figure che gli giravano attorno.

L'elemento autobiografico nell'arte di Fellini, comunque, è senza dubbio quello preponderante, basti pensare a Intervista, Roma ed a I vitelloni: quest'ultimo caso, può essere considerato il "seguito" di Amarcord: i ragazzi sono cresciuti, i problemi sono altri, ma possiamo sempre riconoscere in Moraldo, il giovane che alla fine del film abbandona il paese natale per andare a vivere in una grande città, il giovane Fellini, che abbandona Rimini verso Roma. Un'ulteriore vena di "passato" la troviamo nelle musiche del maestro Nino Rota: musiche dolci, leggere come i ricordi che accompagnano e mostrano agli occhi degli spettatori.

Il ritorno di Fellini in Romagna si celebra dunque attraverso i piccoli accadimenti di una Rimini in pieno trionfalismo fascista tutt'altro che esaltato.[9] Il ventaglio di una vita si apre nella coralità di un'opera degna del miglior Fellini, non a caso premiato con l'Oscar. Grazie alla collaborazione del poeta Tonino Guerra, davanti agli occhi dello spettatore sfila una ricchezza tale di volti e luoghi, divertimenti e finezze, malinconie e suggestioni, da far apprezzare il film a tutto il mondo. Attraverso i toni della commedia venata di malinconia, Amarcord distilla generosamente umori e sensazioni. Tutto ciò è riconoscibile nel film ma, come sottolinea Mario Del Vecchio, è la sostanza poetica che salta agli occhi. I protagonisti di Amarcord, e soprattutto le figure di contorno, non solo sono caricature di altrettante persone colte in un particolare momento storico; piuttosto, sono tipi universali, che vanno oltre la dimensione temporale per diventare immortali come, appunto, la poesia.[9]

Edizione italiana

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La versione italiana del film si avvalse del contributo di alcuni doppiatori per i personaggi interpretati da attori non italiani. Corrado Gaipa, Enzo Robutti, Paolo Carlini e Ave Ninchi prestarono le voci agli italiani Armando Brancia, Ciccio Ingrassia, Nando Orfei e Pupella Maggio.[10]

Il doppiaggio venne eseguito dalla C.V.D. presso la International Recording sotto la direzione di Mario Maldesi.[10]

Il titolo del film

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Secondo il poeta Tonino Guerra, co-sceneggiatore del film insieme al regista, il titolo Amarcord non fa riferimento solo all'espressione dialettale romagnola Mi ricordo:[11][12]

«Tutti pensano che sia solo il riferimento al dialetto mi ricordo: è vero, ma solo per assonanza, perché in realtà deriva dalla comanda dei ricchi che entravano al bar chiedendo l'amaro Cora. Da amaro, amaro Cora, è nato Amarcord.»

Ispirato da quell'espressione Guerra scriverà anche una poesia.

Nelle intenzioni di Fellini la parola Amarcord è un segno cabalistico, scelta per la particolare fonetica. Altre ipotesi per il titolo del film erano Il borgo o Viva l'Italia.[13]

Riconoscimenti

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Una parte del monologo di Giudizio sulle manine, dove cerca di dire che «vagano e gironzolano», è stato ripreso all'inizio della canzone I "ragazzi" sono in giro di Luciano Ligabue, inciso nell'album Buon compleanno Elvis del 1995.

  1. ^ Guerra Amarcord, su ricerca.repubblica.it, repubblica.it. URL consultato il 20 dicembre 2011.
  2. ^ amarcord in Vocabolario - Treccani, su treccani.it. URL consultato il 24 aprile 2022.
  3. ^ Marcella di Folco, comitato provinciale arcigay, citaz. presidente movimento, su cassero.it.
  4. ^ AMARCORD/Su Iris il film con Alvaro Vitali e Ciccio Ingrassia. Trailer
  5. ^ che è alla guida delle auto nella gara di Mille Miglia. Da non confondersi con Donatella, che interpreta Aldina Cordini. Vedasi la pagina di Discussione.
  6. ^ La cassettiera con Alvaro Vitali - Vieni da me 30/01/2020. URL consultato il 23 dicembre 2022.
  7. ^ (EN) Official Selection 1974, su festival-cannes.fr. URL consultato il 18 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 26 dicembre 2013).
  8. ^ Rete degli Spettatori
  9. ^ a b Cineteca di Bologna, Amarcord e la Storia - Il Cinema Ritrovato, su distribuzione.ilcinemaritrovato.it. URL consultato l'11 ottobre 2020.
  10. ^ a b Amarcord, su Il mondo dei doppiatori, AntonioGenna.net. Modifica su Wikidata
  11. ^ Guerra Amarcord - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 30 agosto 2020.
  12. ^ (FR) Véronique Van Geluwe, La nostalgie chez Federico Fellini, LettMotif, 13 marzo 2016, ISBN 978-2-36716-068-9. URL consultato il 30 agosto 2020.
  13. ^ Amarcord in "Enciclopedia del Cinema", su treccani.it. URL consultato il 30 agosto 2020.
  • Gianfranco Angelucci, Liliana Betti (a cura di). "Il Film Amarcord di Federico Fellini." Bologna: Cappelli editore, collana Fellini Federico: dal soggetto al Film, nº 48, 1974, 330 p.
  • Franco Pauletto, Marcella Delitala. Amarcord. Federico Fellini. Perugia: Guerra Edizioni, lingua italiana per stranieri, Collana: Quaderni di cinema italiano per stranieri, 2008, 32 p., ISBN 8855700979
  • Renato Minore (a cura di). Amarcord Fellini. Prefazione di Manuel Vàsquez Montalbàn, edizione speciale fuori commercio realizzata per il Gruppo SAI, Roma: ed. Cosmopoli, 1994.
  • Cesare Maccari. Caro Fellini, AmArcord, versi liberi e altre cronache. Parma: CEM Editrice, 1974.
  • Gianfranco Angelucci, Liliana Betti (a cura di). "Il film "Amarcord" di Federico Fellini". Bologna: Cappelli editore, 1974, 330 p.
  • (EN) Franco Sciannameo. "Nino Rota, Federico Fellini, and the Making of an Italian Cinematic Folk Opera, Amarcord." Lewiston (NY): Edwin Mellen Press, 2005, ISBN 0-7734-6099-3
  • (EN) Peter Bondanella. "Amarcord: The Impure Art of Federico Fellini." in: Western Humanities Review, Volume 30, nº 2, 1976.
  • (EN) Louis Gianetti. "Amarcord: Fellini & Politics." in: Cineaste, Volume XIX/1, nº 92, 1976, p. 36-43.
  • (EN) Millicent J. Marcus. "Fellini's Amarcord: Film as Memory." in: Quarterly Review of Film and Video, Volume 2, nº 4, 1977, p. 418-425.
  • (EN) Michael A. Ledeen. "Amarcord." in: Society, Volume 12, nº 2, 1974, p. 100-102.
  • (EN) Frank Burke, Marguerite R. Waller (a cura di). Federico Fellini: contemporary perspectives. Toronto [u.a.] : University of Toronto Press, 2002. ISBN 0-8020-0696-5
  • (EN) Dorothée Bonnigal. "Fellini's Amarcord: Variations on the Libidinal Limbo of Adolescence." in: Burke und Waller (a cura di), Federico Fellini: contemporary perspectives, 2002, p. 137-154.
  • (EN) Cosetta Gaudenzi. Memory, Dialect, Politics: Linguistic Strategies in Fellini's Amarcord. in: Burke e Waller (a cura di): Federico Fellini: contemporary perspectives, 2002, p. 155-168.
  • (EN) Theodore Price. Fellini's penance: the meaning of Amarcord. Old Bridge, N.J. : Boethius Press [u.a.], 1977.

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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