Coordinate: 43°46′07.15″N 11°15′18.71″E

Collezione Contini Bonacossi

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Collezione Contini Bonacossi
Porta delle suppliche degli Uffizi, uno degli ingressi da cui si poteva accedere alla collezione da via Lambertesca
Ubicazione
StatoItalia (bandiera) Italia
LocalitàFirenze
IndirizzoPiazzale degli Uffizi, 6
Coordinate43°46′07.15″N 11°15′18.71″E
Caratteristiche
TipoArte
Istituzione2018 (allestimento attuale)
ProprietàGalleria degli Uffizi
GestioneGallerie degli Uffizi
DirettoreSimone Verde
Sito web

La collezione Contini Bonacossi è una raccolta di pittura, scultura e arte applicata donata nel 1969 dagli eredi dei coniugi Contini Bonacossi alla Galleria degli Uffizi di Firenze.

Si tratta di parte delle opere d'arte della collezione privata del conte antiquario e collezionista Alessandro Contini Bonacossi (1878-1955) e della moglie Vittoria, donata allo Stato italiano nel 1969 da parte degli eredi.

Villa Vittoria, sede originaria della collezione

Alessandro Contini Bonacossi venne nominato senatore a vita del Regno d'Italia da Benito Mussolini, in cambio Alessandro aveva promesso la sua collezione d'arte allo Stato, ritenendone tuttavia l'usufrutto a vita[1]. Successivamente, fin dal 1945 i coniugi Contini Bonacossi avevano reiterato la loro intenzione di mantenere integra e donare l'intera loro collezione. Alessandro aveva pensato inizialmente allo Stato del Vaticano, ma in seguito si orientò per lo Stato italiano con la clausola che la collezione fosse integra ed inalienabile da Firenze.[2] Alessandro non perfezionò i termini della donazione prima di morire nel 1955 e la decisione sull'asse ereditario passò ai figli.

Non ci fu accordo tra gli eredi, tra chi voleva proseguire nelle intenzioni paterne e chi voleva invece mantenere la proprietà della collezione, mentre erano in gioco anche enormi interessi economici, legati alla possibile vendita all'estero della collezione. Alla fine si giunse a una situazione giuridica paradossale, che necessitò di un decreto legge ad hoc, firmato dal presidente della repubblica Giuseppe Saragat. Per ottenere dalla famiglia una parte della collezione a titolo di donazione gratuita (da destinare ai musei di Firenze), si autorizzava ad esportare tutto il resto, togliendo il vincolo di esportazione, derivante dallo straordinario interesse artistico, per dodici anni a partire dall'11 marzo 1969[3]. "Un errore colossale", come ebbe a definirlo lo storico dell'arte Federico Zeri, amico e consulente del Contini, alludendo anche alle trattative che seguirono la commissione di storici dell'arte che si era riunita con lo scopo di aggiudicarsi le opere ritenute più adatte a colmare eventuali lacune nelle raccolte statali fiorentine: all'interno della commissione operarono alcune delle più eminenti personalità cattedratiche dell'epoca (Roberto Longhi, Bruno Molajoli, N. Fiocco, N. Castelfranco, Mario Salmi, F. Rossi, G. Pozzi, Ugo Procacci e Piero Bargellini).[4]

La commissione selezionò trentacinque opere pittoriche sulle 148 dichiarate dagli eredi come collezione completa (in realtà il contesto complessivo prevedeva 1066 oggetti fra dipinti, disegni, sculture, maioliche, mobilio e opere d'arte contemporanea). Alcuni dei più significativi capolavori presenti nella collezione furono esclusi dalla lista a favore di altre opere. In questo modo, si venne a trovare sul mercato internazionale una quantità di opere che furono contese dai maggiori collezionisti e istituti stranieri (fu il caso della Natura morta di Zurbaran ora a Pasadena): questi fatti fecero emergere ripensamenti da parte delle autorità, al punto che si intervenne con interrogazioni parlamentari e con provvedimenti giudiziari nei confronti degli eredi e della commissione di esperti, dando luogo a un iter complesso.

Secondo la pubblica accusa, la mancata segnalazione alle autorità della vendita all'estero delle opere da parte degli eredi Contini Bonacossi impediva di fatto alle sovrintendenze l'esercizio del diritto di prelazione dello Stato, venendo pertanto configurata un'omissione di atti d'ufficio. In seconda battuta, i Contini Bonacossi avrebbero esportato le opere a prezzi enormemente superiori a quelli stimate dalle sovrintendenze, trattenendo all'estero la differenza. In realtà, tutte le accuse caddero o per assoluzione, per prescrizione dei termini o per depenalizzazione dei reati valutari. Grazie ai decreti emanati vent'anni prima, la famiglia ottenne anche in primo grado il sequestro delle opere ora esposte a Firenze, proprio per il blocco delle esportazioni che la legge del '69 offriva loro come clausola imprescindibile alla donazione.[5]

Madonna di casa Pazzi, di Andrea del Castagno

La collezione fu depositata a lungo nella palazzina della Meridiana di palazzo Pitti, finché a metà degli anni novanta, su diretto interesse dell'allora ministro dei beni culturali Walter Veltroni, fu iniziato il trasferimento in un ambiente della soprintendenza in via Lambertesca, confinante con gli Uffizi, con apertura al pubblico gratuita ma solo su prenotazione[6]. Dal 1º marzo 2018, per il diretto interessamento di Eike Schmidt, la collezione è stata integrata nel normale percorso museale degli Uffizi (ex-sale "blu" o degli stranieri)[7]

Polemiche successive

[modifica | modifica wikitesto]

La vicenda della collezione si trascinò con strascichi polemici. André Malraux scrisse come fosse ormai impossibile pensare che un Piero della Francesca potesse mai più entrare al Louvre, non tenendo evidentemente conto della provvidenzialità delle autorità italiane che ne autorizzarono le esportazioni di due.

Gli atteggiamenti successivi delle autorità verso questa vicenda e la collezione stessa sono ambigui. Da un lato, a distanza di pochi anni dal decreto Saragat, alcune opere escluse dalla commissione ministeriale sono state acquistate sul mercato antiquario dallo stesso Stato italiano ma non ricongiunte al resto della collezione. Fra queste la Santa monaca con due fanciulle di Paolo Uccello, la Susanna del Lotto, il Cristo risorto di Tiziano, o la Santa Caterina d'Alessandria di Raffaello. In tutti questi casi, la targhetta dell'opera recita sempre "Galleria degli Uffizi" e mai "Collezione Contini Bonacossi". Dall'altro, la sovrintendenza dei poli museali fiorentini, in un saggio in merito alla questione dell'eredità Bardini (per cui i musei fiorentini si trovarono nell'eccezionale condizione di disporre di una cifra molto elevata, circa 33 miliardi, per l'acquisto di opere da destinare all'incremento delle collezioni fiorentine), nella persona di Cristina Acidini escludeva qualsiasi acquisto dei "...dipinti già appartenuti alla collezione fiorentina Contini Bonacossi per la quale nel 1969 era stato concesso il permesso di esportazione, che, se accolti nell'acquisto Bardini, sarebbero tornate a Firenze a caro prezzo, solo pochi anni dopo che una commissione di tecnici aveva giudicato che essi non costituissero un arricchimento indispensabile dei musei statali della città[8]".

Similmente, dopo lo scioglimento dei termini previsti dal decreto Saragat, alcune opere vennero dichiarate di particolare interesse storico artistico con nuovo decreto ministeriale come Ritratto di dama col liuto attribuito al Bacchiacca, Ritratto di giovane del Jacometto Veneziano o la Chiamata di sant'Andrea del Barocci rimanendo pertanto nel mercato antiquario italiano con vincolo all'esportazione[9].

Elenco delle opere acquisite nel 1969

[modifica | modifica wikitesto]

Della collezione attualmente sono esposti 38 pezzi di mobilio antico, 48 maioliche d'epoca, 11 grandi robbiane raffiguranti vari stemmi, e soprattutto una notevole serie di opere di scultura e pittura.

Sculture (12)

[modifica | modifica wikitesto]

Opere rifiutate

[modifica | modifica wikitesto]

Un elenco incompleto delle maggiori opere della collezione disperse e conservate in altra sede.

. Zacchia il Vecchio (attr.), Suonatrice di liuto, 1530-1540; donazione al museo Poldi Pezzoli di Milano nel 2020

Opere contese con il Museo nazionale di Belgrado

[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di otto dipinti appartenenti al nucleo originale della collezione e conservati oggi presso il Narodni Muzej a Belgrado[25][26]. Sono oggetto di contesa tra lo Stato italiano e quello serbo.[27]

  1. ^ Dealer Records: Count Alessandro Contini-Bonacossi (1878-1955), su lootedart.com. URL consultato il 17 gennaio 2019.
  2. ^ ledonline.it, http://www.ledonline.it/acme/allegati/Acme-05-III-08-Rovati.pdf.
  3. ^ Un articolo su Repubblica.it
  4. ^ CONTINI BONACOSSI, Alessandro in "Dizionario Biografico", su treccani.it. URL consultato il 1º settembre 2018.
  5. ^ I CONTINI BONACOSSI DI NUOVO SOTT' ACCUSA - la Repubblica.it, in Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 1º settembre 2018.
  6. ^ A Firenze, gli Uffizi svelano la collezione Contini Bonacossi, in LaStampa.it. URL consultato il 28 agosto 2018.
  7. ^ Uffizi, riapre al pubblico la collezione Contini Bonacossi: in mostra capolavori di Bernini e Paolo Uccello, su La Repubblica. Firenze.it, 28 febbraio 2018.
  8. ^ Cristina Acidini Luchinat e Antonio Paolucci, Antonello agli Uffizi: un acquisto dello stato per il riscatto dell'eredità Bardini, Giunti Editore, 2002, ISBN 978-88-09-02651-3. URL consultato il 1º settembre 2018.
  9. ^ Tre Contini Bonacossi, in Il Sole 24 ORE. URL consultato il 28 agosto 2018.
  10. ^ http://www.wga.hu/art/b/bellini/giovanni/1460-69/061calva.jpg
  11. ^ http://www.ansa.it/webimages/ch_700/2018/3/22/6ef8230e1f70be0439aeeb563539ad3f.jpg
  12. ^ Copia archiviata (JPG), su scalarchives.it. URL consultato il 13 luglio 2012 (archiviato dall'url originale il 18 febbraio 2022).
  13. ^ https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/fc/Orazio_Gentileschi_001.jpg
  14. ^ File:La familia del infante don Luis.jpg - Wikimedia Commons
  15. ^ http://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/07/El-Greco-St-Dominic-in-Prayer.jpg
  16. ^ Autoritratto, su arteantica.eu. URL consultato il 10 giugno 2021 (archiviato dall'url originale il 12 aprile 2013).
  17. ^ http://www.mlmagazine.it/wp-content/uploads/2012/05/raffaello.jpg
  18. ^ http://www.wga.hu/art/s/savoldo/shepherd.jpg
  19. ^ The Triumph of Virtue and Nobility Over Ignorance -Norton Simon Museum
  20. ^ http://www.wga.hu/art/z/zurbaran/1/stillife.jpg
  21. ^ The Birth of the Virgin - Norton Simon Museum
  22. ^ Copia archiviata, su sothebys.com. URL consultato il 28 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 28 agosto 2018).
  23. ^ http://www.sothebys.com/en/auctions/ecatalogue/2009/old-master-paintings-xix-century-paintings-furniture-ceramics-and-works-of-art-and-books-mi0299/lot.16.html
  24. ^ http://www.sothebys.com/en/auctions/ecatalogue/2009/old-master-paintings-xix-century-paintings-furniture-ceramics-and-works-of-art-and-books-mi0299/lot.15.html
  25. ^ bologna.repubblica.it, http://bologna.repubblica.it/cronaca/2016/11/26/news/arte_cosi_l_italia_vuole_riprendersi_i_suoi_capolavori_prigioni_di_guerra_-152881586/.
  26. ^ I quadri del nazista Goering, la guerra legale dei pm italiani: "A Belgrado 8 capolavori italiani scippati dal vice di Hitler" - Il Fatto Quotidiano, in Il Fatto Quotidiano, 7 novembre 2017. URL consultato il 28 agosto 2018.
  27. ^ ilsole24ore.com, http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2017-11-29/la-serbia-tiene-ostaggio-otto-capolavori-italiani-trafugati-hitler-155757_PRV.shtml?uuid=AEsj0NKD.
  28. ^ https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:National_Museum_of_Serbia?uselang=it#/media/File:Madonna-and-child-giotto.jpg

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]