Diocesi di Piacenza-Bobbio

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Diocesi di Piacenza-Bobbio
Dioecesis Placentina-Bobiensis
Chiesa latina
Suffraganea dell'arcidiocesi di Modena-Nonantola
Regione ecclesiasticaEmilia-Romagna
 
Mappa della diocesi
 
VescovoAdriano Cevolotto
Vicario generaleGiuseppe Basini
Vescovi emeritiGianni Ambrosio
Presbiteri220, di cui 189 secolari e 31 regolari
1.302 battezzati per presbitero
Religiosi43 uomini, 256 donne
Diaconi50 permanenti
 
Abitanti324.685
Battezzati286.541 (88,3% del totale)
StatoItalia
Superficie3.714 km²
Parrocchie418 (7 vicariati)
 
ErezioneIV secolo (Piacenza)
XI secolo (Bobbio)
16 settembre 1989 (con l'attuale denominazione)
Ritoromano
CattedraleSanta Giustina e Santa Maria Assunta
ConcattedraleSanta Maria Assunta
Santi patroniSant'Antonino
Santa Giustina
San Colombano
IndirizzoPiazza Duomo 33, 29100 Piacenza
Sito webwww.diocesipiacenzabobbio.org
Dati dall'Annuario pontificio 2022 (ch · gc)
Chiesa cattolica in Italia
La concattedrale di Santa Maria Assunta a Bobbio
L'abbazia di San Colombano a Bobbio
La basilica di Sant'Antonino a Piacenza
La chiesa di San Sisto a Piacenza

La diocesi di Piacenza-Bobbio (in latino: Dioecesis Placentina-Bobiensis) è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea dell'arcidiocesi di Modena-Nonantola appartenente alla regione ecclesiastica Emilia-Romagna. Nel 2021 contava 286.541 battezzati su 324.685 abitanti. È retta dal vescovo Adriano Cevolotto.

Alla diocesi è unito il titolo abbaziale di San Colombano (Sancti Columbani).

Il territorio si estende su 3.714 km² e appartiene a 3 regioni amministrative: l'Emilia-Romagna, la Liguria e la Lombardia. È suddiviso in 7 vicariati, articolati in 38 comunità pastorali (guidate da un moderatore) che riuniscono le 418 parrocchie.

Comprende i seguenti comuni:

Sede vescovile è la città di Piacenza, dove si trova la cattedrale di Santa Giustina e Santa Maria Assunta. A Bobbio si erge la concattedrale di Santa Maria Assunta.

Nel territorio diocesano sorgono poi:

Vicariati e parrocchie

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Lo stesso argomento in dettaglio: Parrocchie della diocesi di Piacenza-Bobbio.

I vicariati, guidati da un vicario foraneo, sono:

  1. vicariato di Piacenza e Gossolengo: con 9 comunità pastorali;
  2. vicariato della val d'Arda: con 9 comunità pastorali;
  3. vicariato di val Nure: con 6 comunità pastorali;
  4. vicariato bassa e media val Trebbia e val Luretta: con 3 comunità pastorali;
  5. vicariato della val Tidone: con 4 comunità pastorali;
  6. vicariato di Bobbio, alta val Trebbia, Aveto e Oltre Penice: con 4 comunità pastorali;
  7. vicariato di val Taro e val Ceno: con 3 comunità pastorali.

Diocesi di Piacenza

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La diocesi di Piacenza fu eretta nel IV secolo. Il primo vescovo fu san Vittore, vissuto nel IV secolo: edificò la prima chiesa vescovile chiamata dapprima vittoriana e successivamente sant'Antonino. Fu dichiarato santo dal suo successore, san Savino, che era amico di sant'Ambrogio e partecipò a vari concili combattendo strenuamente l'eresia di Ario. Rinvenne il corpo di sant'Antonino, fondò l'antica basilica di san Pietro a Bobbio assieme ad un missionario, futura prima sede della successiva abbazia di San Colombano fondata da san Colombano nel 614.

A metà del V secolo il vescovo Avito fu anche imperatore romano d'Occidente.

Verso il 616 il vescovo franco Catarasino, già monaco benedettino,[1] fondò l'abbazia del Santissimo Salvatore e San Gallo in Val Tolla.[2] Donnino, suo successore, lottò contro l'eresia ariana diffusa sotto re Rotari anche in Piacenza, dove era stato eletto anche un antivescovo.

Nell'VIII secolo il vescovo Desiderio secondo la leggenda fu eletto miracolosamente. Era chiamato cancelliere della Vergine per la sua bravura nello scrivere lodi alla Madonna. Costruì la chiesa di san Giovanni Battista, detta de Domo, che sarà poi demolita nel 1544 per allargare piazza Duomo.

All'inizio del IX secolo il vescovo Podone eresse la chiesa di san Pietro in foro, nella quale fu poi sepolto; le sue due sorelle furono le promotrici della costruzione della chiesa di santa Maria in Caorso. Il suo successore Seufredo II diede principio alla costruzione di una nuova cattedrale entro le mura, dedicata a santa Giustina vergine e martire, sotto di lui si eresse la chiesa di santa Brigida d'Irlanda, dedicata alla patrona d'Irlanda Santa Brigida, venne fondata dall'irlandese San Donato vescovo di Fiesole per ospitare i pellegrini irlandesi. La chiesa, assieme all'annesso xenodochio, ospedale ed ospizio dei pellegrini, in onore alla Santa Risurrezione, con vari possedimenti e beni venne donata il 20 agosto dell'850 all'abbazia di San Colombano di Bobbio.[3] Donazione confermata con un inventario dei beni bobbiesi in Piacenza, arricchito di altre proprietà, beni e mezzi nell'anno 862 da parte dell'imperatore Ludovico II.[4]

Nella nuova cattedrale si trasferì nell'anno 887 il vescovo Paolo I con un capitolo di trenta canonici, lasciandone quattordici in sant'Antonino; durante il suo episcopato, nell'874, era stato fondato il monastero di San Sisto.

Il vescovo Everardo nel 903 fondò il monastero e la chiesa di San Savino, dove trasportò da Le Mose il corpo di san Savino.

Una controversia oppose il vescovo Guido I al monastero di Bobbio, in quanto il vescovo voleva annettere alla diocesi alcuni territori bobbiesi. I monaci colombaniani, per difendere i loro diritti, si recarono a Pavia, dal re Ugo, portando solennemente il corpo di san Colombano, attraverso la Val Luretta e la Val Tidone; ottennero soddisfazione e riportarono il corpo del santo a Bobbio. Alla morte del vescovo Guido venne eletto Bosone figlio del re Ugo.

Il vescovo benedettino Sigifredo ricostruì San Savino e anche Sant'Antonino che consacrò nel 1014 ed istituì la Congregazione dei Parroci urbani. Fu il vescovo Dionigi che fondò il monastero e l'ospedale del Santo Sepolcro. Fu scomunicato nel 1061 per aver partecipato all'elezione di Cadolao di Parma ad antipapa; in seguito fu assolto e rimase sulla cattedra piacentina. San Bonizzone fu osteggiato ed addirittura colpito per la severità da un gruppo di nobili piacentini durante una processione; trasportato a Cremona, nel 1089 morì in seguito alle ferite riportate. Fu poi canonizzato.

Il vescovo Aldo nel 1097 prese parte alla prima crociata; seguì più volte il papa in Francia e fu stretto collaboratore di quattro pontefici. Consacrò le chiese di san Savino e di sant'Eufemia e diede inizio alla costruzione dell'attuale cattedrale. Il suo successore fu l'abate Ardaino, che contribuì alla fondazione dell'abbazia di Chiaravalle della Colomba; introdusse a Piacenza i Templari ed eresse il monastero di Quartazzola.

Dopo l'assedio di Crema (1159-1160) e la distruzione di questa città (con un conseguente bando imperiale nel 1162), le autorità comunali chiesero di non dipendere più in campo ecclesiastico dalla diocesi di Cremona (anche perché i vescovi avevano poteri signorili su di essa), ma di ottenere una propria circoscrizione ecclesiastica o, in subordine, di dipendere da una diocesi che non avesse interessi di natura politica sul territorio cremasco. Papa Alessandro III affidò così nello stesso 1162 le parrocchie cremasche alla diocesi piacentina (lasciando all'arciprete della chiesa di Santa Maria, l'attuale duomo di Crema, poteri di vicario del vescovo). Tale decisione fu rivista e cancellata da papa Innocenzo III nel 1212, ma per le pressioni del comune cremasco si giunse nel 1284 alla divisione delle stesse parrocchie tra le due diocesi di Cremona e Piacenza con la città di Crema divisa tra le sue stesse mura tra le due diocesi (e due diverse province ecclesiastiche), una situazione destinata a durare fino all'erezione della diocesi di Crema nel 1580.[5]

Il vescovo Grimerio nel 1204 per le angherie dei consoli e del popolo piacentino riparò con il suo clero prima a Cremona e poi a Castell'Arquato. Nel 1206 papa Innocenzo III progettò di sopprimere la diocesi, ma il provvedimento non fu attuato. Nel 1208 Grimerio tenne a Piacenza un sinodo.

Vicedomino Alberico ottenne l'assoluzione dei piacentini dalla scomunica in cui erano incorsi per aver angariato il suo predecessore san Folco Scotti. Agevolò la costruzione dei monasteri di santa Chiara, di santa Franca a Pittolo e di quello dei domenicani in san Giovanni.

Nel 1580 cedette una porzione di territorio a vantaggio dell'erezione della diocesi di Crema.

Nella seconda metà del XVIII secolo la Chiesa piacentina ebbe a patire per la politica giurisdizionalista dell'infante Filippo I di Parma e del suo ministro Guillaume du Tillot, che ponevano pesanti limitazioni nella capacità della Chiesa di acquisire e possedere beni immobili e di ereditare. Addirittura gli ecclesiastici furono esclusi della successione ereditaria delle loro famiglie. Ai vescovi furono proibiti impiegati che non fossero laici e fu loro sottratta la giurisdizione sugli ospedali e sulle opere pie. Con Ferdinando di Borbone, pur profondamente credente e fautore di nuovi luoghi di culto, non cessarono ordinanze ducali per il clero e papa Clemente XIII fece affiggere un breve di protesta tanto esagerato (Monitorium), che suscitò tali reazioni che in breve tempo quasi tutti gli Stati d'Europa presero posizione contro il Papa.

Nel 1807, nel periodo napoleonico, l'Imperatore nominò vescovo di Piacenza Etienne de Paule de Fallot de Béaupré de Beaumont, fino ad allora vescovo di Gand; questo vescovo si mantenne schierato sulle posizioni gallicane che Napoleone imponeva alla Chiesa, perseguitando e imprigionando coloro che vi si opponevano. Come compenso dei suoi servigi, ricevette dall'imperatore la promozione all'arcivescovato di Bourges il 14 aprile 1813. I canonici del capitolo di Bourges furono però irremovibili nel respingere un arcivescovo che non aveva mai ottenuto un trasferimento canonicamente valido. Quando nel 1814 il Fallot fece installare il trono vescovile per celebrare il giorno seguente il solenne pontificale pasquale, i canonici lo abbatterono. Intanto la sede di Piacenza restava abbandonata, finché nel 1817 finalmente il vescovo rinunciava alla sede, pretendendo però una pingue pensione da pagarsi con le rendite della mensa vescovile.

Il 2 gennaio 1809 la diocesi di Pavia rinunciò alle parrocchie piacentine[6] della pieve di Fontana Fredda e Roveleto di Cadeo e della pieve di Val Nure[7] con Bettola e la pieve di Revigozzo,[8] San Bernardino, Bramaiano, Groppoducale, Rigolo, San Giovanni, Cogno San Bassano (oggi nel comune di Farini), Leggio, Monte Ossero, Santa Maria, La Costa, Olmo, Vigolo che passarono quindi alla diocesi di Piacenza. Queste modifiche trovarono tuttavia la loro sanzione canonica solo il 16 febbraio 1820 con la bolla Paternae charitatis di papa Pio VII; la stessa stabilì il passaggio alla diocesi piacentina di una parrocchia dell'arcidiocesi di Milano e di altre 7 dalla diocesi di Lodi, e la cessione alla diocesi pavese di 3 parrocchie piacentine.[9]

Nel luglio del 1860 il vescovo Antonio Ranza e dieci canonici furono condannati dal tribunale a quattordici mesi di reclusione per antipatriottismo. Si trattò di una condanna politica, perché il vescovo si era allontanato dalla città in occasione della visita del re Vittorio Emanuele II di Savoia e non aveva celebrato la festa dello Statuto. Durante il processo saranno testimoni contro il vescovo i sacerdoti liberali, parte di quei 63 sacerdoti (su circa 900) che avevano firmato la petizione di Carlo Passaglia a papa Pio IX, affinché rinunciasse al potere temporale. A un sacerdote che non aveva ritrattato la sua adesione al documento di Passaglia, il vescovo Ranza negò i sacramenti in punto di morte, il che gli costò un nuovo processo e una nuova condanna da parte del tribunale civile.[10]

Il 20 giugno 1964, in forza del decreto Quo aptius della Congregazione per i vescovi, acquisì dalla diocesi di Luni, ossia La Spezia, Sarzana e Brugnato la località di Case Fazzi, nel comune di Tornolo, fino ad allora appartenente alla parrocchia di Scurtabò.

In origine la diocesi piacentina era soggetta alla provincia ecclesiastica dell'arcidiocesi di Milano. Verso la fine del VII secolo divenne suffraganea dell'arcidiocesi di Ravenna fino al 1155, anno in cui fu resa immediatamente soggetta alla Santa Sede. Tranne una breve parentesi nel XVI secolo, in cui fu soggetta alla provincia ecclesiastica di Bologna, e all'inizio dell'Ottocento, quando fu legata alla metropolia genovese, Piacenza rimase sempre soggetta alla Santa Sede fino all'8 dicembre 1976, quando divenne suffraganea dell'arcidiocesi di Modena.[11]

In diocesi sono sorte numerose congregazioni religiose: Brigida Morello nel XVII secolo istituì le Suore orsoline di Maria Immacolata; Anna Rosa Gattorno fondò le Figlie di Sant'Anna; nel 1882 Giuseppe Masnini fondò le Suore ancelle del santuario; il vescovo Giovanni Battista Scalabrini istituì i missionari e le missionarie di San Carlo; Francesco Torta nel 1921 fondò le Suore della Divina Provvidenza per l'Infanzia Abbandonata.

Diocesi di Bobbio

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L'origine della sede di Bobbio risale alla creazione di un monastero da parte del santo irlandese Colombano, nell'autunno del 614.

L'11 giugno 628 per le istanze dell'abate san Bertulfo recatosi in pellegrinaggio a Roma, papa Onorio I, con la bolla Si semper sunt,[12] dichiarò l'abbazia di San Colombano di Bobbio immediatamente soggetta alla Santa Sede (nullius dioecesis) ed esente da ogni giurisdizione vescovile. All'epoca dell'abate san Bobuleno, papa Teodoro I confermò con dichiarazioni più precise l'indipendenza del monastero e delle sue dipendenze da qualsiasi giurisdizione vescovile.[13] In seguito l'abbazia, dal periodo longobardo al periodo dei sovrani carolingi.

Dopo la metà del X secolo il monastero iniziò a decadere. La protezione imperiale e quella pontificia iniziarono ad affievolirsi, mentre l'assegnazione della carica di abate a personalità che non la esercitavano effettivamente, considerandola soltanto una fonte di reddito, portò problemi amministrativi. Una ripresa si ebbe quando ne divenne abate Gerberto di Aurillac, futuro papa Silvestro II, nominato nel 982 da Ottone II. Gerberto rimase a Bobbio pochi mesi, tornando a Reims dopo la morte dell'Imperatore per contrasti ma rimanendo abate fino al 999 quando fu nominato papa.

La sede vescovile di Bobbio nacque il 14 febbraio del 1014,[14] per opera dell'imperatore Enrico II e di papa Benedetto VIII, primo vescovo diviene l'abate Pietroaldo (999-1017), designato in precedenza da Silvestro II come suo successore. A lui si deve la trasformazione in sede vescovile, per scongiurare i tentativi di usurpazione da parte dei vicini vescovi di Piacenza e Tortona. Il progetto fu definito nel dicembre del 1013 con l'incontro ufficiale a Pavia fra Enrico II e l'abate del monastero bobbiese Pietroaldo per cercare di porre definitivamente termine ai contrasti passati fra il monastero e le diocesi vicine con varie usurpazioni del patrimonio monastico. Con l'elevazione del monastero a sede vescovile si toglieva ogni pretesto di interferenza. Il 14 febbraio 1014 Enrico II è a Roma per la solenne incoronazione con la consorte Cunegonda, e lì viene dato seguito al progetto, elevando Bobbio a città e sede vescovile.

L'abate-vescovo Pietroaldo quindi assume entrambi i titoli, abbaziale e vescovile, che compaiono in un atto datato 7 aprile 1017[15][16] in cui Pietroaldo è chiamato abbate e vescovo: [domn]us Petroaldis abbas et episcopus monasterio sancti Columbani sito Bobio. L'unione delle due cariche e dei territori spettanti venne scissa dopo la morte di Pietroaldo, anche se in seguito vi furono ancora abati eletti vescovi; comunque il conferimento della dignità episcopale all'abate venne superato in breve tempo. A partire dal terzo decennio e fino al termine dell'XI secolo i vescovi che si succedettero non sembrano più coincidere con gli abati del monastero, mentre dalla fine del terzo e fino all'inizio del quinto decennio del XII secolo le dignità episcopale e abbaziale furono di nuovo assunte per l'ultima volta da una stessa persona, l'abate Simone.[17]

Il territorio della diocesi bobbiese fu ricavato in parte assommando i feudi del monastero rimasti indipendenti nell'area dell'Appennino in cui oggi si incontrano i territori regionali di Emilia, Liguria, Lombardia e Piemonte; e in parte dalla parziale restituzione di territori sia da parte della diocesi di Tortona (Oltrepò) che della diocesi di Piacenza.

Nel 1017, il vescovo e abate Attone decise di spostarsi temporaneamente nell'antica chiesa romana di Santa Maria (di cui rimangono i resti assieme alla torre detta "del vescovo" accanto al castello Malaspina-Dal Verme). Nominò come abate Bosone, separando il vescovato dall'abbazia. Successivamente il prestigio del vescovo di Bobbio aumentò grazie ad importanti donazioni che fecero espandere la diocesi su tutta la val Trebbia verso Genova, in val Tidone, in valle Staffora e dell'affluente Nizza verso Pavia, ed in val Nure, in Val d'Aveto, valle Sturla, valle del Ceno e val di Taro ed in val Fontanabuona fino in Lunigiana. La circoscrizione episcopale territoriale quindi era molto estesa e frastagliata, con una rete di chiese dispersa su un'area geografica molto vasta, ma stretta fra le diocesi di Tortona, Piacenza e Genova, e che soltanto intorno a Bobbio e alla val Trebbia era compatta.[18]

Sigifredo fu dal 1028 il primo vescovo-conte di Bobbio per concessione dell'imperatore Corrado II nel diploma del 23 dicembre 1027, con il quale l'imperatore determinò le proprietà e il territorio della diocesi.[19] Oltre ai beni della diocesi di Bobbio vennero definite anche le proprietà spettanti al monastero di San Paolo di Mezzano Scotti, a cui toccarono anche i beni posti nella valle del Tidoncello; al monastero di San Colombano di Bobbio andavano anche i fondi posti a Nibbiano e in Val Tidone. La quota dei beni toccati al vescovado bobbiese era per estensione e per importanza superiore a quella toccata al monastero: quest'enorme patrimonio, che nei secoli successivi fu in varie maniere dilapidato e perduto, nei primi tempi assicurò al vescovado una ricchezza enorme ed insperata.

Luizo (o Luizone) (1046-1058), vescovo e abate del monastero, intervenne nel 1046 ad un sinodo di Pavia. Fece una donazione di alcuni beni ai suoi canonici. Opizo (o Opizone) (1059-1068), vescovo e abate del monastero, partecipa al sinodo romano dell'aprile 1059.

Nel 1075, però, il vescovo-abate conte Guarnerio (1073-1095) spostò la sede della diocesi nella nuova cattedrale di Santa Maria Assunta, traslandone il titolo dalla precedente sede temporanea al castello, e costruì la prima chiesa del santuario della Madonna del Penice; nel 1081 tradì papa Gregorio VII per l'imperatore Enrico IV subendo la scomunica. Venne nominato come suo successore il vescovo Ugone, che poté insediarsi solo dopo la fuga di Guarnerio nel 1095. Da questo avvenimento iniziò il declino della diocesi e di Bobbio. Gli immediati successori di Guarnerio riusciranno a malapena a mantenere in vita il potere comitale, ma intorno al 1125 si ritorna alla formula vescovo-abate, con l'elezione del vescovo Simone Malvicino.

Il vescovo Ugo (o Ugone) è persona pressoché sconosciuta: di lui rimane traccia solo nella serie cronologica dei vescovi posta in atto alla fine del sinodo del 1729 dal vescovo Cornaccioli. Il vescovo Alberto I modificò l'altare della cattedrale facendolo girare verso l'abside e ponendo al centro una grande croce, donò una lampada e diede disposizioni perché continuasse ad ardere ininterrottamente davanti al crocifisso, fece donazioni anche al monastero.

All'epoca di Simone Malvicino la sede bobbiese divenne suffraganea della neoeretta sede metropolitana di Genova (1133). Secondo Savio la prima volta menzione di questa subordinazione si trova in una bolla di papa Alessandro III del 19 aprile 1161. Di tanto in tanto sorsero controversie sorte tra il vescovo ed i monaci, perciò, nel 1199, papa Innocenzo III pubblicò due bolle in cui restituiva all'abbazia poteri spirituali e temporali, ma, al contempo, autorizzava il vescovo a deporre un abate se questi non gli avesse obbedito.

Nel 1152 i ghibellini riuscirono ad impadronirsi del palazzo episcopale ed il vescovo Oberto Malvicino venne trucidato causando l'intervento dell'imperatore Federico Barbarossa, che nominò come amministratore apostolico temporaneo il vescovo Guglielmo da Oneto. Tuttavia, nel 1173, Piacenza espugnò Bobbio che entrò nella Lega Lombarda; con il recupero della città l'abate e vescovo titolare Oglero Malvicino recuperò la piena carica.

Nel 1184 venne nominato vescovo sant'Alberto Avogadro: resse la diocesi un solo anno e poi fu trasferito prima a Vercelli e poi divenne patriarca di Gerusalemme dove morì assassinato il 14 settembre 1214.

Il vescovo Oberto Rocca, dopo aver avuto fiere controversie con i monaci dell'abbazia, rispettò l'arbitrato di papa Innocenzo III che pose fine alle discordie nel 1218. Successivamente dovette però affrontare il malcontento popolare circa la sua amministrazione temporale, tantoché nel 1230 rimise al comune di Piacenza ogni potere temporale per cinquant'anni, in cambio di una pensione annua.

Sotto il vescovo Alberto de Andito iniziò a Bobbio la costruzione della chiesa e monastero di San Francesco, sopra il terreno donato allo stesso frate venuto in città a dirimere una delle solite controversie fra abate e vescovo. Nel 1273 abdicò sotto papa Gregorio X. All'epoca del vescovo Giovanni Gobbi iniziò invece la costruzione del convento di Santa Chiara. Il vescovo domenicano Giordano Montecucco riformerà il monastero e farà deporre l'abate Alberto. Sotto il vescovo Alessio Seregno venne edificata la chiesa di San Lorenzo e fu istituita l'omonima confraternita. Il vescovo Marziano Buccarini riedificò il palazzo vescovile devastato da un incendio e il 30 settembre 1448 eseguì la bolla di papa Niccolò V che soppresse l'ordine colombaniano e assegnò il monastero alla congregazione benedettina di Santa Giustina di Padova. Inoltre nel 1458 impose la clausura per le monache di Santa Chiara.

Nel 1565 il cardinale Francesco Abbondio Castiglioni celebrò il primo sinodo diocesano, il primo di una lunga serie che continuò fino al vescovo Antonio Maria Gianelli. Il vescovo Camillo Aulari decise la fondazione del seminario e pose, inoltre, gli Eremitani di Sant'Agostino provenienti da Montebruno nella chiesa di San Nicola (1604). Sotto il vescovo Marco Antonio Bellini vi fu il restauro della chiesa di San Lorenzo ed avvennero le manifestazioni miracolose della Madonna dell'Aiuto. La costruzione del santuario della Madonna dell'Aiuto iniziò con il successore Francesco Maria Abbiati, che restaurerà il palazzo vescovile ed il santuario del Penice. Il vescovo Alessandro Porro terminò il restauro della sede episcopale, la costruzione del santuario dell'Aiuto e consegnò al seminario la chiesa di San Nicola; il successore Bartolomeo Capra costruì la nuova sede del Seminario. Il vescovo Ildefonso Manara fece affrescare da Francesco Porro la cattedrale ed il palazzo vescovile. Il vescovo Carlo Cornaccioli terminò i lavori della cattedrale ed istituì l'archivio-biblioteca vescovile; a lui si deve nel 1729 una cronotassi dei presuli bobbiesi facendo decorare il salone d'onore dell'episcopio con le immagini di tutti i vescovi dallo stesso Porro; la serie verrà in seguito ridefinita dai successori. Il vescovo Gaspare Lancellotto Birago fu l'unico vescovo a farsi seppellire nel santuario della Madonna dell'Aiuto, cui era molto devoto. Il vescovo Ludovico Therin Bonesio iniziò la costruzione del nuovo ospedale vescovile di fronte al santuario dell'Aiuto.

Tra il XIV secolo ed il XVII secolo, il patrimonio fondiario della mensa vescovile di Bobbio e dintorni contava cinque pievi e ventuno chiese, mentre il territorio della diocesi contava cinque arcipresbiterati, ventiquattro rettorie e due annesse.

In epoca napoleonica, la diocesi fu soppressa dal 1803 al 1817, assieme a tutti i monasteri e conventi, compreso quello di San Colombano; in questo periodo il territorio bobbiese fu annesso, assieme alla soppressa diocesi di Tortona, dapprima alla diocesi di Alessandria e poi con quest'ultima, dal 17 luglio 1805, a quella ricostituitasi di Casale Monferrato. Bobbio fu declassato a distretto ecclesiastico, che accorpò le parrocchie dapprima tortonesi di Sant'Alberto di Butrio e Sant'Eusebio di Fortunago (sotto il vicariato già bobbiese di Val di Nizza); Cencerate, Colleri, Pregola (sotto il vicariato già bobbiese della Pieve di Montarsolo di Corte Brugnatella); Ottone, Campi, Gorreto, Cerignale, Carisasca, Orezzoli, Zerba, Selva, Alpepiana, Rezzoaglio, Allegrezze (con Ottone capopieve); Rovegno, Fontanarossa, Alpe, Casanova, Cabanne, Canale, Priosa, Fontanigorda (con Rovegno capopieve).[20][21][22][23][24]

Nel 1817 il re di Sardegna Vittorio Emanuele I propose a papa Pio VII la restaurazione della diocesi bobbiese. La diocesi fu nuovamente eretta il 17 luglio 1817 con la bolla Beati Petri e contestualmente aggregata alla provincia ecclesiastica di Genova.[25] Il 23 novembre il vicario apostolico Francesco Carnevale lesse nella cattedrale di Bobbio le lettere apostoliche della nuova erezione; nel maggio 1818 fu nominato vescovo Isaia Volpi.

Il territorio nel 1818 contava 44 parrocchie:[18] 14 parrocchie fra l'Oltrepò e la val Tidone nei vicariati di Zavattarello, Val di Nizza e Oramala, da sempre dipendenti da Bobbio, passarono alla diocesi di Tortona, mentre da quest'ultima diocesi furono acquisite le parrocchie di Allegrezze, Alpepiana, Cabanne, Canale, Cariseto, Casanova, Cerignale, Fontanigorda, Orezzoli, Ottone, Priosa, Rezzoaglio, Rovegno e Zerba; rimasero sotto Tortona i vicariati di Gorreto e di Pej di Zerba.

Dal 1838 al 1846 vescovo di Bobbio fu sant'Antonio Maria Gianelli, secondo patrono della città e fondatore dell'ordine delle Figlie di Maria Santissima dell'Orto, note come suore gianelline, che collocò nella chiesa di San Nicola e nell'ospedale vescovile.

Il vescovo Pasquale Morganti il 9 luglio 1903 fondò il settimanale cattolico diocesano La Trebbia.

Il 4 agosto 1923, in forza del breve Quandoquidem hoc di papa Pio XI, i vescovi di Bobbio aggiunsero al proprio il titolo honoris causa di abati di San Colombano.[26]

Il vescovo Pietro Zuccarino diede avvio alla costruzione del nuovo seminario, inaugurato nel 1960, e la trasformazione del vecchio seminario in archivio storico diocesano, dove sono stati scoperti alcuni codici pergamenacei miniati del monastero di San Colombano soppresso nel 1803.

Il 7 dicembre 1963, con la lettera apostolica Felix sane, papa Paolo VI proclamò Sant'Antonio Maria Gianelli e San Colombano, patroni principali della diocesi.[27]

Il 7 marzo 1974 venne nominato come amministratore apostolico della diocesi, vacante dopo la morte dell'ultimo vescovo Pietro Zuccarino, il cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova. A lui, il 16 maggio dello stesso anno, venne affiancato in qualità di vescovo ausiliare per questa diocesi monsignor Giacomo Barabino, rimasto fino al 1989, quando prese possesso della diocesi di Ventimiglia-Sanremo, cui era stato trasferito.

Il 30 settembre 1986 la diocesi bobbiese, costituita da 71 parrocchie,[28] suddivise fra le province di Piacenza, Genova, Pavia e Parma,[18] venne annessa plena unione a quella di Genova, in forza del decreto Instantibus votis della Congregazione per i vescovi; la nuova circoscrizione ecclesiastica assunse il nome di arcidiocesi di Genova-Bobbio.

Diocesi di Piacenza-Bobbio

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Il 16 settembre 1989, con il decreto Pastoralis collocatio della Congregazione per i vescovi, il territorio dell'antica diocesi di Bobbio venne staccato da Genova ed aggregato a Piacenza formando la nuova diocesi di Piacenza-Bobbio; contestualmente tre parrocchie in valle Sturla furono unite alla diocesi di Chiavari: San Bartolomeo a Borzonasca, Santi Vincenzo e Anastasio a Caregli e Santa Margherita a Brizzolara.[18]

Su ciò che rimane del territorio della diocesi di Bobbio è stato costituito il vicariato di Bobbio, con vari spostamenti territoriali fra vicariati; le parrocchie di Mezzano Scotti di Bobbio, Peli e Scabiazza di Coli, Ozzola di Corte Brugnatella, Castagnola, Cattaragna con Salsominore di Ferriere si sono aggregate al vicariato bobbiese; mentre le parrocchie di Caminata, Trebecco di Nibbiano e Lazzarello di Pecorara sono passate nel vicariato della val Tidone; e quelle di Calice, Casalporino, Drusco e Romezzano di Bedonia sono passate nel vicariato di val di Taro e val di Ceno.

Il territorio si è modificato il 14 gennaio 2003, quando la diocesi di Piacenza-Bobbio ha acquisito 6 parrocchie da Parma, Massa Carrara-Pontremoli e Fidenza, cedendo al contempo 2 parrocchie a Parma e 10 a Fidenza.[29]

Il 24 settembre 2018 la Congregazione per i vescovi ha confermato che il titolo di abate di San Colombano, attribuito il 4 agosto 1923 ai vescovi di Bobbio, è passato di diritto ai vescovi di Piacenza-Bobbio.[30]

Cronotassi dei vescovi

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Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.

Vescovi di Piacenza

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Vescovi di Bobbio

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Sant'Alberto Avogadro, vescovo di Bobbio dal 1184 al 1185
Ottone Ghilini, vescovo di Bobbio dal 1185 al 1203

Arcivescovi di Genova-Bobbio

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Vescovi di Piacenza-Bobbio

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Calendario liturgico proprio della diocesi

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Data Celebrazione
10 gennaio Beato Gregorio X, papa
18 gennaio Sante Liberata e Faustina, vergini
19 febbraio San Corrado Confalonieri, eremita
26 aprile Santa Franca, vergine
6 maggio Beata Rosa Gattorno, religiosa
2 giugno San Giovanni Battista Scalabrini, vescovo
7 giugno Sant'Antonio Gianelli, vescovo
17 giugno Beato Paolo Burali, vescovo
4 luglio Sant'Antonino, martire, patrono della città di Piacenza e della diocesi
28 luglio San Raimondo Palmerio, pellegrino
4 settembre Beata Brigida Morello, religiosa
26 settembre Santa Giustina, martire, compatrona della diocesi
12 ottobre Sant'Opilio, diacono
26 ottobre Santi Vittore, Mauro e Fulco Scotti, vescovi
5 novembre San Gerardo della Porta; santi Pellegrino, Gelasio, Eusebio, Vittoria, Donnino, Vittore, e beato Filippo Suzzani
13 novembre Sant'Andrea Avellino, sacerdote
23 novembre San Colombano, abate, compatrono della diocesi
11 dicembre San Savino, vescovo

La diocesi nel 2021 su una popolazione di 324.685 persone contava 286.541 battezzati, corrispondenti all'88,3% del totale.

anno popolazione presbiteri diaconi religiosi parrocchie
battezzati totale % numero secolari regolari battezzati per presbitero uomini donne
diocesi di Piacenza
1950 348.000 350.000 99,4 675 550 125 515 122 600 365
1969 301.500 304.000 99,2 596 480 116 505 198 944 332
1980 292.000 294.000 99,3 491 413 78 594 108 590 380
diocesi di Bobbio
1950 30.000 30.000 100,0 85 85 - 352 35 62
1958 32.000 32.000 100,0 98 98 - 326 31 70
1969 23.890 23.890 100,0 80 80 - 298 27 59
1980 17.300 17.800 97,2 71 71 - 243 27 71
diocesi di Piacenza-Bobbio
1990 296.000 298.000 99,3 478 411 67 619 19 94 586 428
1999 287.000 289.000 99,3 397 341 56 722 27 74 450 428
2000 279.000 285.000 97,9 396 342 54 704 30 69 448 428
2001 279.000 285.000 97,9 396 339 57 704 31 74 500 428
2002 290.000 295.000 98,3 386 329 57 751 33 69 399 428
2003 290.000 297.000 97,6 372 318 54 779 34 58 399 428
2004 265.000 275.000 96,4 374 323 51 708 34 55 365 428
2013 321.400 335.340 95,8 287 245 42 1.119 40 50 360 422
2016 325.250 337.632 96,3 225 218 7 1.445 42 11 298 420
2019 314.632 335.359 93,8 201 189 12 1.565 49 18 243 420
2021 286.541 324.685 88,3 220 189 31 1.302 50 43 256 418

Mezzi di comunicazione

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  • Il Nuovo giornale, dal 1909 settimanale della diocesi a Piacenza.[53]
  • La Trebbia, dal 1903 settimanale cattolico di Bobbio, Val Trebbia, Aveto e Oltrepenice.[54]
  • PiacenzaDiocesi.Tv, dal 15 ottobre 2010 webtv della diocesi di Piacenza-Bobbio.[55]
  1. ^ Pietro Maria Campi, Dell'historia ecclesiastica di Piacenza, Vol. I, 1651, p. 171. URL consultato il 6 settembre 2022.
  2. ^ Storia della Val Tolla - Comune di Morfasso, su comune.morfasso.pc.it. URL consultato il 7 dicembre 2013 (archiviato dall'url originale l'11 dicembre 2013).
  3. ^ San Donato di Fiesole in Santi e Beati
  4. ^ Codice Dipl. di S. Colombano di Bobbio, Vol. I, n. LXIII, p. 211
  5. ^ Si veda Francesco Piantelli, Folclore Cremasco, Crema, 2ª ediz. Arti Grafiche Cremasche, 1985, p. 103 e Cappelletti, op. cit., pp. 247-251 per la bolla di erezione della diocesi di Crema che mise una soluzione alla complicata situazione ecclesiastica di Crema. Si veda anche G. Zucchelli, La Cattedrale di Crema, Cremona, edizioni Il Nuovo Torrazzo, 2003, p. 64 (la costruzione del Duomo di Crema subì un'interruzione per il ritorno di Crema alla diocesi cremonese nel corso del Duecento).
  6. ^ Destefanis, Guglielmotti, p. 15, fig. 2: I territori diocesani di Piacenza e Bobbio.
  7. ^ Storia della Diocesi di Pavia (sec. IV - 1989) su Lombardia Beni Culturali
  8. ^ La Pieve di Revigozzo di Val Nure
  9. ^ (LA) Bolla Paternae charitatis, Bullarii romani continuatio, vol. VII, Roma, 1853, pp. 176-178, in particolare il paragrafo 9.
  10. ^ Maurilio Guasco, Storia del clero in Italia dall'Ottocento a oggi, Bari 1997, pp. 71-72
  11. ^ (LA) Congregazione per i vescovi, Decreto Ad maius Christifidelium, AAS 69 (1977), pp. 157-158.
  12. ^ Testo della bolla in: Cappelletti, op. cit., XIII, pp. 621-622.
  13. ^ Bolla Quamquam priscae in: Cappelletti, op. cit., XIII, pp. 624-627.
  14. ^ M. Tosi, Il Monastero Bobbiese diviene Sede Vescovile, in rivista Columba, Bobbio, marzo 1965 n.6
  15. ^ F. Savio, Gli Antichi Vescovi d'Italia, Piemonte, Torino 1899 - pp. 161-162
  16. ^ CDSCB - Codice Diplomatico di San Colombano, libro I, doc. n. CXIV
  17. ^ Vari, Le Diocesi d'Italia, Vol. II - Bobbio - l'Istituzione della diocesi di Angiolino Bulla, Ed. San Paolo 2008
  18. ^ a b c d Vari, Le Diocesi d'Italia, Vol. II - Bobbio - Il territorio diocesano di Angiolino Bulla, Ed. San Paolo 2008
  19. ^ Testo del diploma in: Cappelletti, op. cit., XIII, pp. 630-632.
  20. ^ Storia della Diocesi di Tortona (sec. IV - 1989) su Lombardia Beni Culturali
  21. ^ C. Goggi, Per la storia della diocesi di Tortona, Tortona, 1946
  22. ^ C. Goggi, Storia dei comuni e delle parrocchie della diocesi di Tortona, Tortona, 1973
  23. ^ X. Toscani (a cura di), Una provincia e molte diocesi. Confini amministrativi e giurisdizioni episcopali nel pavese, in Annali di storia pavese, n. 10, 1984
  24. ^ M. Borgarelli, Comuni e parrocchie della diocesi di Tortona, Tortona, 1996
  25. ^ (LA) Bolla Beati Petri, Bullarii Romani continuatio, vol. XIV, Romae, 1849, pp. 344-358 (in particolare p. 350, nº 21, e p. 357, nº 57).
  26. ^ Breve Quandoquidem hoc, AAS 15 (1923), pp. 445-448: Statuimus ut Episcopus Bobiensis pro tempore « Abbas sancti Columbani » honoris causa appelletur.
  27. ^ (LA) Lettera apostolica Felix sane, AAS 56 (1964), pp. 523-524.
  28. ^ Nuove parrocchie erano state erette tra il 1722 e il 1957, altre nei vicariati di Gorreto e Pej di Zerba, staccate dalla diocesi di Tortona, erano state annesse a Bobbio fra il 1951 e il 1953.
  29. ^ Decreto della Congregazione per i vescovi del 14 gennaio 2003 menzionato nel decreto del Presidente della Repubblica, che riconosce gli effetti civili di questo cambiamento, del 28 maggio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 162 del 13 luglio 2004, pp. 4-5.
  30. ^ Il vescovo Ambrosio annuncia il diritto del Vescovo di Piacenza-Bobbio di fregiarsi del titolo di abate di San Colombano.
  31. ^ Secondo Ughelli, questo vescovo (Flavianus o Florianus) avrebbe partecipato al sinodo milanese del 451. In realtà a quel sinodo partecipò Majorano, motivo per cui, secondo Lanzoni, questo vescovo è da escludere dalle liste episcopali piacentine.
  32. ^ Secondo Lanzoni «il nome Seufridus o Eufridus è inverosimile in un vescovo del VI secolo»; è omesso dal Gams.
  33. ^ Secondo Poggiali (Memoria storiche di Piacenza, II, 179), il nome di Bonifacio risulterebbe da un falso diploma di Gregorio Magno.
  34. ^ Secondo Giarelli (Storia di Piacenza, 1889), i vescovi da Placido a Giovanni II «sono da prendersi con grande beneficio di inventario». Secondo Lanzoni Silvino, Vindemiale e Siro sarebbero vescovi omonimi di Verona e di Pavia
  35. ^ Così Cappelletti. Questo vescovo è collocato da Ughelli dopo Desiderio.
  36. ^ Il 19 settembre 1302 verrà nominato vescovo di Bologna.
  37. ^ Secondo Eubel, Federico nel 1323 diede le dimissioni ed era ancora vivo nel 1329.
  38. ^ Gams aggiunge, tra Rogerio Caccia e Pietro Cocconato, due vescovi, Nicolò e Giovanni VI, con date diverse da quelle riportate da Eubel.
  39. ^ Di questo vescovo non esiste traccia in Eubel.
  40. ^ Nominato arcivescovo titolare, titolo personale, di Astigi.
  41. ^ a b c d Non computato nella serie del vescovo Cornaccioli.
  42. ^ Scomunicato nel 1081, abbandonerà la sede vescovile nel 1095. Secondo Savio, il vescovo Guarnerio è menzionato da tre documenti datati 1073, 1075 e 1080: non accenna inoltre a nessuna scomunica.
  43. ^ Persona e cronologia incerte, ma computato nella serie del vescovo Cornaccioli. Secondo Savio, questo vescovo è menzionato da Ughelli con la data del 1085, «ma senza addurre prove».
  44. ^ Sia Savio che Eubel propongono di distinguere due vescovi diversi per coprire quarant'anni di episcopato: un Alberto e un Uberto de Andito.
  45. ^ (ES) Rafael Lazcano, Episcopologio agustiniano, Guadarrama (Madrid), Agustiniana, 2014, vol. I, p. 639.
  46. ^ Eubel, Hierarchia catholica, vol. II, p. 108. Altri autori (Ughelli e Bima) indicano la data del 14 dicembre. Secondo Cappelletti, il predecessore di Trotti sarebbe morto il 15 dicembre, per cui è impossibile la sua nomina il giorno precedente.
  47. ^ Lazcano, o.c., vol. I, p. 640.
  48. ^ Era stato abate del monastero di San Colombano.
  49. ^ Eubel e Gams non accennano a questo vescovo eletto.
  50. ^ Lazcano, o.c., vol. I, pp. 640-642.
  51. ^ Dal 7 marzo 1974 fu amministratore apostolico della diocesi il cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, coadiuvato dal vescovo ausiliare Giacomo Barabino, residente a Bobbio.
  52. ^ Dal 1º dicembre 1994 al 3 settembre 1995, giorno della presa di possesso di mons. Luciano Monari, fu amministratore apostolico della diocesi Benito Cocchi, vescovo di Parma.
  53. ^ Il Nuovo Giornale
  54. ^ La Trebbia
  55. ^ Piacenzadiocesi.tv

Per la sede di Piacenza

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Per la sede di Bobbio

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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