Domenico Cirillo
Domenico Cirillo (1739 – 1799), medico, entomologo e botanico italiano.
- L'esercizio della carità, gli effetti de' pronti soccorsi contro la fame, la nudità, il freddo, e le atroci e distruttrici malattie, formano la gioia dell'uomo veramente nato per giovare alla Società. (Domenico Cirillo, prefazione a Discorsi accademici, Filema Edizioni, 1997)
- Lo spirito di tristezza che regna ne' miei scritti disgusterà tutti quelli che vogliono occuparsi delle bagattelle che rallegrano, e sfuggono la tristezza che annoia, e la malinconia che umilia l'orgoglio dell'uomo. (Domenico Cirillo, prefazione a Discorsi accademici, Filema Edizioni, 1997)
- Pochi individui risentono quel piacere inesprimibile che le altrui miserie inspirano. Pochi sanno amare l'uomo, diventato rispettabile per le sue disavventure. Si crede per contrario fanatismo, e stravaganza il godere nella contemplazione delle disgrazie, de' torti, del isprezzo che l'opulenza, l'oppressione, l'avarizia fanno risentire alla Classe delle buone, oneste ed innocenti creature. Soccorrere la languente umanità, sollevarla nelle sue miserie, e diventare l'immediato istromento dell'altrui felicità, è stato sempre per me il massimo di tutt'i piaceri. L'esercizio della carità, gli effetti de' pronti soccorsi contro la fame, la nudità, il freddo, e le atroci e distruttrici malattie, formano la gioia dell'uomo veramente nato per giovare alla Società… (prefazione a Discorsi accademici, L'anno 1799, p. 4)
- Quando il generale Championnet venne a Napoli, mi fece chiamare e mi designò come uno dei membri del Governo Provvisorio, ch'egli stava per stabilire. Il giorno dopo gl'inviai una lettera, e rassegnai formalmente l'impiego, e non lo vidi più. Durante tre mesi, io non feci altro che aiutare col mio proprio denaro e con quello di alcuni amici caritatevoli il gran numero di [poveri] esistenti nella città. Io indussi tutti i medici, chirurgi ed associazione ad andare in giro a visitare gl'infermi poveri, che non avevano modo di curare i loro malanni. Da questo periodo, Barial venne a stabilire il nuovo governo, ed insistette perché io accettassi un posto nella Commissione legislativa. Io ricusai due o tre volte; ed in fine fui minacciato e forzato. Che cosa potevo fare, e in che modo, e che cosa potevo opporre? Tuttavia, nel breve tempo di questa amministrazione, io non feci mai un giuramento contro il re, né scrissi né mai dissi una sola parola offensiva contro alcuno della Famiglia Reale, né comparsi in alcuna delle pubbliche cerimonie, né venni ad alcun pubblico banchetto, né vestii l'uniforme nazionale: non maneggiai danaro pubblico, e i soli cento ducati in carta che mi dettero, furono distribuiti ai poveri. Le poche leggi, votate in quel tempo, furono soltanto quelle che potevano riuscire benefiche al popolo… (da Lettera a Lady Hamilton del 3 luglio 1799; citata in B. Croce, La Rivoluzione napoletana del 1799: biografie, racconti, ricerche, terza edizione aumentata, Bari, Laterza, 1912, pp. 252-53)
- Recherà forse non poca maraviglia come in mezzo a tante Dissertazioni che spirano di morte, orrore, e desolazione, abbia potuto trovar luogo un ragionamento intorno alle virtù morali dell'Asino. (Domenico Cirillo, prefazione a Discorsi accademici, Filema Edizioni, 1997)
Discorsi accademici
[modifica]La morte del cavaliere Gaetano Filangieri.
La dolce pace della vita oscura inondava il mio cuore, la tranquilla meditazione sospendeva nel mio eterno le passioni più vive. Riposava lo spirito sempre oppresso da tetri oggetti, e sempre occupato a riflettere alle miserie della umanità. In questi momenti si presentano a me due rispettabili amici, del numero di quelli, che la natura ha destinati alla grande opera della beneficenza, della classe di quelle anime sensibili, che cercano il dolore altrui per farselo proprio, ed altro non desiderano, che incontrare le amarezze, e le lagrime, per iscemarne il peso agl'infelici che soffrono.
Citazioni
[modifica]- I moti rapidi ed inquieti degli occhi, uniti alle lagrime involontarie e taciturne, sono i più sicuri attestati della sensibilità, e della compassione. (p. 19)
- Il delitto che la mente nasconde, li trasparisce sul viso. (p. 19)
- La gratitudine nudrisce la sensibilità, ed anima la beneficenza. (p. 21)
- La sensibilità, a creder mio, è l'idea dispiacevole del bisogno, in cui si trova il nostro simile; e nel tempo stesso la compiacenza che nasce dalla sicurezza di poterlo soccorrere. (p. 21)
- Vedendo la tenera età, per la sua naturale debolezza, esposta a qualunque sinistro accidente, noi sentiamo l'animo portato ad allontanare dal delicato ed innocente fanciullo, qualunque danno, e qualunque avversità. (p. 21)
- Tutto è in un movimento continuo sopra la Terra. Niente conserva una forma costante, e fissa, e le nostre affezioni, che si attaccano alle cose esterne, passano e cangiano necessariamente come quelle. (p. 35)
- Senza moto la vita non è che un letargo; se il moto è ineguale o troppo forte, risveglia. (p. 37)
- Un assoluto silenzio conduce alla tristezza. Egli offre una immagine della morte. (p. 37)
- Più un Contemplatore ha l'anima sensibile, più si abbandona all'estasi, che risveglia in lui questo accordo. (p. 44)
- Il primo Speziale fu Adamo; imperciocché non è facile immaginarsi un giardino meglio assortito di piante, che quello dell'Eden. (p. 47)
- La Svizzera intera non è, per così dire, che una gran Città, le di cui strade larghe e lunghe più che quella di S. Antonio, sono seminate di foreste, tagliate da montagne, le cui case sparse, e isolate non comunicano fra loro, che per mezzo di giardini Inglesi. (pp. 56-57)
- Le sensazioni morali che toccano la mente ed innalzano lo spirito dell'uomo, sono l'immediato effetto della meditazione, e queste sole ci conducono nel seno della verafelicità. (p. 145)
- La bianca, e silenziosa neve, che ricoprendo le orride rupi di Meillerie nel più rigido inverno, accresceva il pacifico riposo della solitudine, ed il languido lume della fredda Luna sul placido Lago di Ginevra, animarono la fervida penna di Gian Giacomo, ond'egli scrivendo vivamente dipinse le passioni, e rappresentando la natura ne superò le bellezze. Questo sublime filosofo terminò la sua carriera nello studio delle Piante. (p. 146)
- Senza le notturne ispirazioni della solitaria notte, sarebbero prive le lettere de' tristi e grandiosi sentimenti di Young, e l'amore dell'umanità non avrebbe acquistato gli ornamenti dell'entusiasmo, e le sorprendenti vaghezze della sensibilità. (p. 146)
- I tratti originali del poema di Ossian altro non sono, che il bello della natura descritto dalla semplicità, e dettato nella solitudine. (p. 146)
- Le Alpi adorne de' più vaghi tesori della natura, presentando ne' loro inaccessibili dirupi un sicuro asilo alla contemplazione, mutarono in Poeta il grande Allero. (p. 146)
- Ed io trovo che il gran Rousseau avea ben ragione di esclamare, parlando degli Uomini: Disgraziato colui, a chi è toccato in sorte di avere un'anima sensibile! (p. 161)
- Il sodo giudizio, e la costanza nelle risoluzioni, sono innegabili meriti della razza Asinina.
- Bastonate un Ciuccio quanto volete, non vi darà mai alcun segno di risentimento; cercate con freno, con sproni, colla voce di farlo uscire di strada già presa, tutto sarà inutile, riuscirà vano ogni sforzo; perché conosce l'Asino meglio di noi per quale strada deve camminare, e sa che non bisogna lasciar mai il certo, per tentar l'incerto. Gode del presente, e del futuro spera. (p. 161)
- L'età rallenta, ed ammorza il fisico, e la lunga sperienza ci rende saggi. (p. 161)
- L'Asino è stato a noi accordato come l'istrumento più necessario, e come la guida indispensabile, per l'acquisto della virtù, e del sapere. (p. 164)
- Il Ciuccio è l'unico tra tutta la razza de' quadrupedi, capace di portare con inalterabile coraggio i suoi passi sulle più orride, erte, e ruinose montagne, dove niuno generoso Cavallo, o niun altro animale agilissimo ardisce di ascendere. (p. 165)
- L'Asino colla sua pazienza, colla sua tolleranza, e colla fermezza della sua risoluzione, mentre guida l'uomo inesperto, e lo spinge dove la virtù soggiorna, lo port'a traverso, e lo fa passare senza timore di sorpresa, o di seduzione, in mezzo alle delizie che snervano, ed alle dissolutezze, che deviano. (p. 165)
- Se Cebete Tebano nella sua famosa Tavola, si fosse ricordato delle maravigliose proprietà del Ciuccio, avrebbe contato per niente il Vizio che trasportava l'Uomo lontano dal cammino della virtù, e la Falsa Erudizione, che confondendo la mente, allontanava ognuno dalla vera scienza, e dal vero sapere. (p. 165)
- Parlate voi o Asini delle due Sicilie, dite quante volte calcando il vostro pazientissimo dorso, ci avete condotto tra i vaghi Tesori di Flora, e tra i molto istruttivi orrori di Vulcano. Senza di voi ci sarebbero incognite le piì rare, ed utili piante de' nostri Appennini, e le stupende Etnee, e Vesuviane voragini. (pp. 165-166)
- Chi è quel vivente, o Signori, che possa più da vicino rappresentarci l'idea della Disgrazia, ed il Prototipo dell'Avversità educatrice, e posseditrice della Virtù? Al solo Asino dobbiamo ricorrere, e nel Ciuccio solo la troveremo. (p. 166)
- Beato dunque quell'uomo, a cui potesse toccare in sorte, di essere sotto l'educazione d'un Filosofo delle Asinesche virtù pienamente dotato. La pazienza oscurerebbe l'orgoglio, la posatezza nel giudizio cancellerebbe la frivolità, e la leggerezza; e la costanza in tutte le sue zioni, ci farebbe condurre a felice termine le più ardue imprese. (p. 167)
Sarà dunque, o Signori, sempre degno delle filosofiche contemplazioni lo studio del Ciuccio, perché se una volta arriveremo a conoscerne i grandi attributi, con accrescere le lodi di questo Eroico Vivente, ci avvicineremo sempre più al possesso delle sue rare virtù.
Citazioni su Domenico Cirillo
[modifica]- Cirillo è uno di quei pochi, pochi sempre, pochi in ogni luogo, che in mezzo ad una rivoluzione non amano che il bene pubblico. Non è questo il più sublime elogio che si possa formare di un cittadino e di un uomo? Io era secolui nelle carceri Hamilton e lo stesso Nelson, a' quali avea più volte prestato i soccorsi della sua scienza voleano salvarlo. Egli ricusò una grazia che gli sarebbe costato una viltà. (Vincenzo Cuoco)
- Domenico Cirillo, medico e naturalista, il cui nome suonava onoratamente in tutta l'Europa, non isfuggì il destino di chi ben ebbe amato in tempi tanto sinistri. Richiesto una prima volta di entrare nelle cariche repubblicane, aveva negato perché gl'incresceva l'allontanarsi dalle sue lucubrazioni tauto gradite di scienze benefiche e consolatorie. Gli fecero una seconda volta suonare agli orecchi il nome e la necessità della patria. Lasciossi, come buon cittadino, piegare a queste novelle esortazioni. (Carlo Botta)
- La dottrina l'ornava, la virtù l'illustrava, la canizie il rendeva venerando. Ma i carnefiici non si rimanevano, perché il tempo era venuto che una illusione proveniente da fonte buona coll'estremo sangue si punisse, ed alla virtù vera non si perdonasse. Se gli offerse la grazia, purché la domandasse, non perché virtuoso, dotto e da tutto il mondo onorato fosse, ma perché aveva servito della sua arte Nelson ed Emma Liona. Rispose sdegnato, non voler domandar grazia ai tiranni, e poiché i suoi fratelli morivano, voler morire ancor esso; né desiderio alcuno portar con se di un mondo che andava a seconda degli adulteri, dei fedifragi, dei perversi. La costanza medesima che mostrò coi detti, mostrò coi fatti: perì per mano del carnefice, ma perì immacolato e sereno. (Carlo Botta)
Bibliografia
[modifica]- Domenico Cirillo, Discorsi accademici, Filema Edizioni, Napoli, 1997. ISBN 88-86358-18-0
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