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di prosperità l’erudizione ordinariamente sovrabbonda, gli scrittori sono puri, le loro opere, le loro dottrine sono d’accordo col patto sociale.
Cominciano i mali, i tormenti, e questo sentimento doloroso manifestasi con rimpiangere il passato, con maledire i depravati costumi. La Divina Commedia fu il canto solenne con cui l’Italia manifestò i proprii dolori, e rimpianse l’antica purezza dei costumi.
I mali cessano, la depravazione generale produce la sfiducia, lo scetticismo. Allora vediamo sorgere sovente gli apologisti del sentimento, i nemici del calcolo e della ragione; scrittori generosi ma non profondi, i quali credono cagione dell’isolamento, dell’egoismo, non già i mali da cui l’uomo è tormentato, ma la facoltà che li fa discernere. Eglino vorrebbero porvi rimedio suscitando in altri quei generosi sentimenti dai quali si sentono animati. Melchiorre Delfico, Giacomo Leopardi sono di un tal genere; la loro voce è lamento, protesta della società contro i mali che tutti sentono.
Contemporanei di questi scrittori, si mostrano i riformatori, nunzii di speranza e di vita, uomini di squisita fibra, che sottopongono a sereno esame i mali che opprimono la società, mostrano a nudo le sue piaghe, ne ricercano la cagione, propongono i rimedii, e compongono la filosofia dell’epoca. Se i dolori non sono abbastanza sentiti, o l’indole nazionale è tarda ed incapace di forte passione, costoro rimangono nell’astratto; e se discendono ad applicare le loro dottrine, si allontanano ben poco dallo esistente, adattano ad esso i loro ragionamenti. Se i mali son gravi, le passioni violente, il ragionamento dei riformatori distrugge quanto esiste. Gli scrittori alemanni, e i francesi del presente secolo hanno questi due distinti caratteri. I riformatori debbono vincere l’aspra lotta del proprio convincimento, contro tutti i motivi esterni, i pregiudizi, la pubblica