Alla fine Giorgia Meloni alza il telefono. «Elon, bisogna chiarire». Si chiude così, alla cornetta, un pomeriggio di fuoco per la presidente del Consiglio. La scarica di tweet del patron di Tesla contro le toghe italiane ha aperto un caso istituzionale a Roma. Il Colle è infuriato, Sergio Mattarella tuona contro le «ingerenze». E a Palazzo Chigi il Musk-gate monta come panna. In mezzo, la premier tornata da una trasferta lampo alla Cop29 in Azerbaijan. Costretta a mediare per frenare l’amico Elon, convincerlo a uscire con un comunicato che smorzi le tensioni.
I DISTINGUO
Sono ore concitate nel cerchio magico della leader del governo. Dove l’intervento di Mattarella viene accolto con grande freddezza. Una stringata nota di “fonti” della presidenza si limita al minimo indispensabile. Meloni «ha ascoltato con rispetto» le parole del Capo dello Stato. Rispetto però non vuol dire condivisione. E a sgombrare i dubbi ci pensa un comunicato di Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario e braccio destro della premier, interprete autentico del verbo meloniano.
Definisce «giusto e doveroso» l’appunto di Mattarella contro Musk, «l’Italia sa badare a se stessa». Poi una postilla che svela il vero retropensiero. «Non ci servono ingerenze straniere di altri governi, di ong, di grandi media». Governi, ong, media: tre categorie che con Musk, «che a oggi non è in carica in nessun governo», nulla hanno a che fare. Tradotta dai consiglieri di Meloni suona così: «Quando Soros e Macron hanno interferito nella politica italiana, nessuno si è strappato le vesti». Questo è il clima. E se la premier si decide a intervenire prima che una nuova scarica di tweet del guru sudafricano con una gamba nell’amministrazione Trump rialzi un polverone, è solo per evitare un nuovo caso con il Quirinale.
Bastano e avanzano gli attriti delle ultime settimane sulla magistratura e la questione migranti. Fino all’incontro di Meloni con il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Fabio Pinelli a Palazzo Chigi. Di cui il Colle, così ha fatto sapere, non era stato avvisato se non all’ultimo. Musk spiega le sue ragioni all’amica italiana. Da libero cittadino, ha detto in libertà quello che pensa sul suo social network. Non è questa evidentemente la lettura del Quirinale. Che non a caso è intervenuto solo dopo che il presidente eletto americano Trump ha ufficializzato la nomina di Musk al Dipartimento per la sburocratizzazione della nuova amministrazione Usa. Ora non sono più solo parole di un genio miliardario. Ora è un futuro ministro a fustigare la magistratura di un Paese alleato. Come a mettere le mani avanti, nella nota il Colle specifica che anche nel 2022, quando il ministro francese Laurence Boone si proponeva di “vigilare” sul rispetto dei diritti in Italia, prese una posizione nettissima.
Musk accondiscende alle richieste. Tempo un paio d’ore ed esce il comunicato della tregua diffuso da Andrea Stroppa, informatico italiano diventato braccio destro del Tycoon. Di più: dallo staff di Musk viene fatta circolare l’intenzione di incontrare di persona il Capo dello Stato italiano, discutere a tu per tu, magari a passeggio nei giardini del Quirinale, di innovazione, spazio, burocrazia e giustizia. Chissà se l’invito arriverà.
I DUBBI
Caso chiuso? Non proprio. Resta la delusione, tra gli uomini più vicini alla presidente del Consiglio, per il durissimo intervento su Musk che alle loro orecchie è suonato tanto come un monito a chi, nel governo, fa a gara per stringere amicizia con il guru miliardario e il nuovo inquilino della Casa Bianca. A Palazzo Chigi c’è chi esprime sorpresa per non aver sentito dal Quirinale una parola pubblica in difesa di Raffaele Fitto, il commissario-in-pectore alle prese con l’esame dell’Europarlamento dove i socialisti, dunque anche il Pd, potrebbero votargli contro. Meloni, al netto delle scaramanzie, è fiduciosa che la missione Fitto vada a segno. Ma con i suoi si è detta «sconcertata» per il muro dei rivali democratici.